Proprio dell'Arabia o degli Arabi. ║ Abitante dell'Arabia, chi fa parte
della nazione
a. ║ Fig. - Lingua, espressione o scrittura
incomprensibile. • Ling. - L'
a. appartiene al gruppo linguistico
semita meridionale. La lingua usata dagli Arabi nella loro diaspora si
presentò inizialmente abbastanza unitaria, ma si divise presto in una
forma parlata che diede luogo ai diversi dialetti, e in una forma letteraria
scritta che rimane ancora oggi immutata, identica alla lingua tradizionale del
Corano, e che costituisce per il popolo
a. il simbolo
dell'unità etnica. Dell'
a. meridionale, parlato nello Yemen fino
al I sec. a.C., rimangono ora solamente alcune tracce nei dialetti del Sud.
L'
a. settentrionale, i cui primi documenti risalgono al IV sec., fu
invece nobilitato dal
Corano e divenne la lingua ufficiale della
civiltà islamica, diffondendosi per tutta l'area delle conquiste
a. Questa area si restrinse poi col formarsi delle diverse lingue
nazionali alle quali però l'
a. rimase sempre affiancato quale
lingua di cultura religiosa e filosofica. Tra i dialetti si distinguono per aree
geografiche:
a. d'Arabia, iracheno, siriano, egiziano, occidentale
(maltese, libico tunisino), e poi varietà ormai estinte quali l'
a.
siculo e andaluso. L'
a. è composto da 28 consonanti, che
comprendono anche le semivocali e l'alef (') con il quale si indicano le vocali
lunghe. La scrittura usuale è il
nashkhi mentre per le iscrizioni
monumentali venne usata una varietà chiamata
cufica. L'
a.
presenta molte caratteristiche comuni alle lingue semitiche: la formazione di
nomi e verbi attraverso prefissi vocalici e sillabici che modificano le radici
trilittere; la presenza di una morfologia verbale caratterizzata da due tempi
(perfetto e imperfetto), con varie forme che esprimono la causalità, la
finalità; peculiare è inoltre il plurale fratto dato da modifiche
vocaliche all'interno del singolare. I caratteri della scrittura
a.
derivano dalla lingua nabatea e corrono da destra verso sinistra. • Rel. -
Già in epoca preislamica le popolazioni del Nord adoravano un dio
solitario Allah nella forma del
dio otiosus, separatosi dal mondo,
sopraffatto dalle figure di altre divinità. La figura di questo dio
sembra rispondere alle esigenze degli Arabi di riunire in una figura spirituale
unica le numerose particelle del divino sparso in varie divinità
antropomorfiche. La figura di Allah non sfuggì però a delle
antropomorfizzazioni come non soppiantò altre divinità.
Così le popolazioni antiche credevano che fosse il padre di al-Lat, di
al-Uzza e di Manh, dio della morte e del destino. Altre divinità adorate
erano Ruda, Hubal, Wadd, il dio luna, Rahim, il misericordioso. Nelle
popolazioni meridionali si aveva una maggiore frammentazione. Molte
divinità coincidevano con quelle del Nord; venivano inoltre venerati il
dio luna, la dea sole e soprattutto Athtar, la dea che mandava la pioggia e la
prosperità. Al Nord il culto si svolgeva in luoghi sacri invalicabili e i
riti prevedevano sacrifici di animali, balli, pasti in comune. Grande importanza
rivestivano già nell'antichità i viaggi ai luoghi santi. •
Lett. - I documenti più antichi della letteratura
a. risalgono
alla poesia preislamica del VI sec., la cui fioritura durò fino
all'affermarsi dell'Islam. Questa poesia che si presenta in una metrica ben
definita e in una lingua abbastanza unitaria e compatta, svolge temi
convenzionali quali la vita nomade, l'amore, la descrizione della natura e
l'elogio encomiastico delle virtù beduine. Prima personalità
storica fu Imru al-Qays del sec. VI, autore secondo la raccolta del sec. VIII di
una delle sette odi dorate. Tra i cantori beduini emergono i cosiddetti
miserabili ladroni i
sa lik, che emarginati dalle tribù
cantavano con orgoglio la propria relegazione e l'infrazione della legge
beduina. Oltre ai poeti beduini vi erano poi poeti di corte nella cui produzione
si attenuavano le asprezze degli uomini del deserto. Per quanto riguarda la
prosa, il primo monumento prosastico è il
Corano
(V.), dove è adottata la medesima lingua
della poesia preislamica, che costituisce la base della successiva evoluzione
della letteratura e del pensiero
a. Indipendentemente dalle forme
letterarie del
Corano, si sviluppò invece la poesia, che assunse
nell'epoca omayyade (secc. VII-VIII d.C.) un particolare carattere sentimentale
e galante. Accanto ai poeti galanti emersero anche i poeti guerrieri che
descrissero in quadretti realistici le epoche delle conquiste. La prosa
conservò molte caratteristiche di quella preislamica: massime, brevi
discorsi, alcuni attribuiti anche al Profeta e ai suoi successori. È in
questo periodo che si sviluppò inoltre la storiografia. In particolare si
ricorda la
Storia generale degli Arabi composta da una serie di
hadit (brevi racconti) e della quale ci è rimasta la
rielaborazione successiva del IX sec. di Ibn Hisam. Agli inizi del califfato
abbaside si ebbe un rinnovamento spirituale che segnò il passaggio dalla
vita nomade a una vita relativamente sedentaria, urbana e raffinata. Questo
periodo (secc. VIII-XII d.C.) vide la grande fioritura della letteratura
a. che, se da una parte continuò la tradizione nazionale,
dall'altra assorbì gli influssi delle letterature straniere con le quali
era venuta in contatto. Vennero assimilati elementi ellenistici che
determinarono lo sviluppo della cultura filosofica (al-Kindi, Averroè,
Avicenna, al Farabi), teologica, matematica (al-Biruni) e dei generi letterari
persiani e indiani che diedero luogo alla narrativa e alla favolistica (parti
più antiche delle
Mille e una notte, la cui definitiva scrittura
è però assai più tarda, Egitto del XV sec.);
contemporaneamente la letteratura
a. sentì il bisogno di fissare
importanti avvenimenti religiosi e profani e le fondamentali scoperte
scientifiche; nacquero così la storiografia, la bibliografia, la
geografia e le scienze esatte. Questo periodo fulgido della letteratura
a. caratterizzò tutto il Medioevo orientale. Dal XIII al XIX sec.
la letteratura
a. registrò invece un lungo periodo di ristagno, e
solo alla metà del 1800 in Siria e in Egitto si attuò un
rinnovamento basato sia sulla emulazione delle moderne letterature europee, sia
su una originale interpretazione di antichi elementi della tradizione culturale
a. Nell'opera dei rappresentanti di questa nuova corrente, quindi,
accanto a una moderna concezione della letteratura, è presente una forte
coscienza della tradizione che si riscontra soprattutto nella lingua che, pur
snellita nella sintassi e nel lessico, rimane pressoché identica a quella
del
Corano. • Fil. - La filosofia
a. fu opera in gran parte
anche di pensatori persiani turchi, siri, e perciò meglio si definirebbe
musulmana: giustifica la dicitura
a. il fatto che sia scritta in lingua
a., che grazie alla sua duttilità ben riesce a esprimere le
sfumature del pensiero dialettico. La filosofia nacque con l'introduzione della
dialettica greca nel IX sec. Il califfato di Harunar-Rasid (786-809) si
caratterizzò infatti per un intenso sviluppo culturale. Come opposizione
al formalismo dei teologi e del
Corano sorse una corrente mistica (il
sufismo) che predicava l'idea del ritorno dell'uomo a Dio con il conseguente
abbandono dell'amore di sé. Ogni conoscenza intellettuale doveva essere
superata da questa unione-possesso con Dio. Accanto a questa forma di mistica si
sviluppò anche un pensiero più propriamente filosofico che tendeva
ad armonizzare Aristotele e Platone. Tra i filosofi
a. fu al-Kindi (morto
nel 870), persiano al-Razi (morto nel 925), turco al-Farabi (morto nel 950), e
persiano anche Avicenna (morto nel 1307).
A.-spagnolo fu Averroè.
Ad al-Ghazzali (morto nel 1111) si deve l'introduzione di un filone mistico, al
filosofo della storia Ibn Khaldiun (morto nel 1406) la prima formulazione e
anticipazione della filosofia della storia. Il pragmatismo tipico degli Arabi si
riflette nella scarsa importanza data ad esempio alla speculazione teologica, e
viceversa, nel grande contribuito dato alla scienza giuridica e al pensiero
scientifico. Il merito degli Arabi non fu solo quello di trasmettere
all'Occidente le opere di scienza della Grecia, ma nel fatto di averle
approfondite tecnicamente e nel lato pratico. Si svilupparono in particolar modo
certe tendenze sperimentalistiche in contrasto con l'intellettualismo
ellenistico. Tra i maggiori contributi vanno ricordati quelli di al-Razi, di
Avicenna, il cui
Canone medico servì come manuale di studio fino
al sec. XVIII, di Ibn al-Nafis che scoprì la piccola circolazione
sanguigna, del matematico al-Kharezmi che inventò il calcolo algebrico e
i numeri
a., dell'astronomo al-Battani, dell'ottico Ibn al-Haitham, del
fisico al-Biruni che condusse studi sul peso specifico delle sostanze. •
Arte - Generalmente si considera arte
a. quelle islamica a cui si
rimanda, trattando in questa sede solo dell'arte preislamica in Arabia. Si
possono innanzitutto distinguere tre zone geografiche: zona orientale,
occidentale e orientale. Per la zona orientale i frammenti sono talmente scarsi
da non permettere una valutazione. La zona nord-occidentale presenta numerosi
resti di architettura nabateo-romana: il migliore tempio conservato è
quello di Ramm rivestito in stucco colorato. Le tombe delle necropoli di Midian
e di Hegra si caratterizzano per una struttura greca, architravata e per una
decorazione di tipo locale con merlature a scala. Forme egiziane e mesopotamiche
si fondono con elementi greci. Dell'Arabia sud-occidentale le fonti riferiscono
di edifici decorati in materiali preziosi e di opere di ingegneria idraulica e
sculture. Del ricco regno di Saba si ha testimonianza dai bronzi e dai lavori di
ingegneria idraulica. Le case venivano costruite con blocchi monolitici, spesso
smussati in modo da ottenere una certa pendenza. Le mura venivano poi intonacate
e decorate con tralci e virgulti. Le colonne si svilupparono dalle forme
semplici a quelle più complesse. • Mus. - Nonostante l'avversione
di Maometto per la musica, a partire dal VII sec. si formò una raffinata
civiltà musicale. Malgrado manchino monumenti musicali propriamente
detti, è giunta a noi una vasta documentazione teorica riguardante le
premesse fisico-matematiche alla musica, la varia formazione delle scale, la
ritmica e l'organologia, e appunto da questi trattati apprendiamo che la
tradizione musicale
a. si differenzia notevolmente da quella occidentale,
per l'armonia, per la ritmica, e anche per gli strumenti, la cui grande
varietà si può far risalire ad alcuni archetipi, quali il liuto,
il piffero e il tamburo. Dopo il XV sec. della musica
a. non si hanno
più né trattati teorici, né testimonianze pratiche; si
può solo annotare che alcune antiche tradizioni sono ancora presenti e
vivono nelle attuali manifestazioni musicali delle popolazioni
a.