Popolazione appartenente al ramo semitico occidentale. In genere si indicano con
questo nome genti che hanno in comune la lingua (l'arabo) e alcune
caratteristiche fisiche, e che sono stanziate nelle regioni dell'Africa
settentrionale, in Arabia, in Siria e in Iraq. Molte comunità arabe si
trovano sparse anche nell'Africa e nell'Asia meridionale e il nome è
inoltre esteso a tutti gli abitanti di buona parte del Sudan, sebbene in tutte
queste regioni siano parlate anche altre lingue non appartenenti al ceppo arabo;
non sono invece considerate arabe le comunità di religione ebraica. Gli
A. sono l'unico popolo tra quelli semitici ad avere una continuità
storica e culturale dalle origini fino ad oggi. L'inizio della loro storia
è costituito dall'opera religiosa di Maometto: sono il suo messaggio e la
successiva organizzazione e diffusione dell'Islamismo a determinare infatti
quelle caratteristiche che contraddistinguono la storia degli
A. La
religione riveste un ruolo fondamentale ed è la spinta all'espansionismo
che caratterizza tutta la storia araba. Un universalismo religioso che,
eliminando ogni possibile nazionalismo, fece diventare la storia araba storia
plurirazziale e non nazionale. La perdita dell'unità politica e del
califfato riuscì in un primo tempo a essere superata dalla
omogeneità culturale degli
A., la quale attrasse nella sua orbita
anche i popoli invasori (Turchi e Mongoli), come la romanizzazione subita dai
popoli barbari penetrati in territorio romano. La storia araba può in
questo senso dirsi conclusa dopo l'invasione dei Turchi, quando la debolezza in
cui versava l'Impero fece prevalere le spinte centrifughe. La Nazione araba vive
ancora oggi in una condizione dove prevale questa forza centrifuga: la mancanza
di un centro propulsore impedisce l'affermarsi dell'elemento unitario, che pur
accrescendosi non ha ancora superato il predominio delle singole realtà
nazionali. • St. - Documentazioni della civiltà araba, iniziata nei
secc. XI-VIII a.C., si trovano già in alcuni passi della Bibbia oltre che
in alcune iscrizioni assire. Non tutti gli studiosi sono però d'accordo
sull'origine della stirpe araba: secondo alcuni da un primitivo stanziamento a
Sud della penisola arabica si sarebbero poi diffuse varie tribù nella
zona settentrionale. È del resto molto chiara la distinzione tra i popoli
del Nord, nomadi, e quelli del Sud, agricoli e sedentari. La regione meridionale
si caratterizzò per una civiltà più recente e della quale
ci rimangono maggiori documentazioni: l'Arabia Felix fu sede di Stati fiorenti e
si alternarono sul suo suolo gli Stati dei Minei e dei Sabei (famosi per le
leggende della regina di Saba). I regni del Nord conosciuti furono quello dei
Nabatei, romanizzato dal I sec. a.C, e quello di Tadmor (Siria e Palmira),
anch'esso vassallo di Roma. Indebolitosi il dominio romano a Nord e accentuatasi
la supremazia delle regioni del meridione, si creò uno squilibrio tra
popolazioni nomadi e sedentarie. Nello stesso periodo, IV-VI sec. d.C., si
crearono due Stati cuscinetto ai confini con Bisanzio. La religione di queste
primitive tribù era di tipo politeista e si caratterizzava per la
venerazione dei betili (pietre sacre) e vi apparivano tracce di un culto per un
deus otiosus, ritiratosi dal mondo, base del successivo dio Allah. Con
Maometto nel VII sec. la società araba subì un radicale
cambiamento: è con lui che si ha la formazione della Nazione araba, e
l'inizio effettivo della sua storia. Anche se la religione islamica fondata dal
profeta meccano si diffuse poi largamente al di fuori del mondo arabo, ebbe
inizialmente la funzione di unire le popolazioni dell'Arabia in una massa
compatta e di permettere attraverso l'eliminazione del particolarismo tribale un
breve periodo di grandi e rapidissime conquiste. Alla morte di Maometto si pose
il problema della successione non tanto come profeta ma come capo politico. Un
collaboratore di Maometto, Omar, impose nel 632 Abu Bakr. Si iniziò da
allora a ritenere che la scelta del successore dovesse essere fatta tra i membri
della tribù di Maometto, i
quaraish o
coreicisti. Il
califfo nei due anni di regno ebbe il merito di reprimere la ribellione di
quelle tribù nomadi che ritenevano la loro adesione all'Islamismo un
patto privato con Maometto da sciogliersi dopo la sua morte. Il secondo califfo
fu Omar (634-644), con il quale ebbe inizio l'epoca delle grandi conquiste: la
Palestina fu sottratta all'Impero bizantino (634-636), l'Impero persiano venne
distrutto (635-642) e l'Egitto conquistato (640-642). Le province vennero
organizzate in una sorta di democrazia teocratica: ai popoli sottomessi venne
imposta una tassa personale e una tassa fondiaria differente per i musulmani e
per i non musulmani. Alla morte di Omar successe Othman (644-656), sotto il
quale continuò la politica espansionistica degli
A. che
penetrarono nella Persia orientale, conquistarono l'Armenia e in Africa si
spinsero fino a occupare l'odierna Tunisia e, a Sud dell'Egitto, la Nubia.
Accusato di nepotismo, per aver favorito la sua famiglia, gli Omayyadi, il Regno
di Othman vide il sorgere di una serie di conflitti interni. Come suo successore
fu scelto Talib (656-661) genero e cugino di Maometto. Ostile agli Omayyadi,
riuscì a sconfiggere gli avversari nelle battaglie del cammello (656) e
di Siffin (657). Nel 661 il califfato passò nuovamente in mano degli
Omayyadi che lo tennero fino al 750. Con Muawyyah (661-680), che
trasportò la capitale da La Mecca a Damasco, si fa iniziare la Monarchia
araba. Suo figlio Yazid (680-683) fu riconosciuto da tutti gli
A. tranne
che dai partigiani di Alì, che elessero invece come califfo Husai, ucciso
però da Yazid nel 680. Il dominio arabo crebbe ulteriormente sotto gli
altri califfi, Marwan (684-685), Abd-al-Malik (685-705), al Walid (705-715): gli
A. giunsero fino all'Atlantico, sbarcarono in Spagna nel 711 e giunsero
fino al Turkestan cinese. Sotto Hisham (624-743) fallì il tentato assedio
di Costantinopoli e le truppe vennero fermate a Poitiers da Carlo Martello nel
733. Nello stesso periodo, rivolte nella parte orientale del dominio, alimentate
da sciiti e _khargiti_ e Abbasidi (discendenti di Abbas zio di Maometto),
portarono all'uccisione di Marwan II e alla fondazione della nuova dinastia
abbaside con Abu al- 'Abbas. Durante il califfato abbaside la classe dirigente
araba venne soppiantata da elementi iranici e turchi, e anche la cultura perse
il suo carattere nazionale e diventò islamica. Sotto il califfato
abbaside si sfaldò l'unità dell'Impero: la Spagna sfuggì al
controllo abbaside e l'unico successore degli Omayyadi, Abd al-Rahman I, vi
stabilì un califfato autonomo; in Marocco nel 788, sotto il califfato di
Harun al Rashid (786-809), venne fondato uno Stato indipendente e nel 799 a
Tunisi ebbe inizio la dinastia degli Aghlabidi. Sotto al-Mamun (813-833), il
califfato fu caratterizzato da una immensa fioritura culturale, alla quale
seguì però un periodo di gravi turbamenti interni. Si accentuarono
le tendenze autonomistiche locali: si formarono le dinastie Saffaridi in Persia
(868), Tulunidi in Egitto (868) e Siria (877), dei Samanidi nel Khurasan (900).
In Persia assunsero sempre più potere i Carmati ismailiti. Un ramo degli
ismailiti, i Fatimidi, occupò l'Egitto nel 969. Intanto a Occidente,
esauritosi il califfato omayyade nel 1031, il Regno si scisse in piccoli
staterelli poi riuniti dagli Almoravidi (1090) e dagli Almohadi (1147). A
Oriente il pericolo fu invece rappresentato dai Turchi. Nell'XI sec. i
Selgiuchidi giunsero a Baghdad che divenne sede sia del califfo che del sultano.
A Occidente la
reconquista spagnola portò alla sconfitta degli
A. prima nel 1212 nella battaglia di Las Navas de Tolosa e poi nel 1492
con la conquista di Granada. In Egitto la dinastia dei Fatimidi venne eliminata
dal curdo Saladino che fondò la dinastia ayyubide o ayyubita (1174). Nel
1219 iniziò la penetrazione nell'Asia centrale dei Mongoli, che sotto la
guida di Gengis Khan e dei suoi successori penetrarono nel cuore del dominio
arabo arrivando nel 1268 a occupare Baghdad. Il secolo successivo vide un'altra
invasione di popolazione mongole ad opera di Tamerlano. Rimase estraneo alle
invasioni l'Egitto, dove alla dinastia degli Ayyubidi si sostituì quella
dei Mamelucchi nel 1250, che visse però una profonda crisi economica dopo
le scoperte delle rotte atlantiche da parte dei Portoghesi. Unico Stato potente
rimase quello della dinastia turca dell'Anatolia (gli Ottomani o Osmanli), che
nel 1453 sconfisse l'Impero Romano d'Oriente. Nel 1513 il sultano ottomano Selim
I conquistò l'Egitto, la Siria e molte altre province che passarono sotto
il suo dominio; nel 1543 Solimano il Magnifico si fece conferire il titolo di
califfo. Il dominio turco, durato fino al Novecento, segnò un periodo di
decadenza dell'arabismo. Alla rovina del mondo islamico pose fine solo la
penetrazione europea che, scalzando il dominio della Turchia, stabilì il
contatto fra gli
A. e l'Occidente. Un primo tentativo di ripresa fu opera
di una setta religiosa, i wahhabiti, tesa a una restaurazione della primitiva
purezza islamica. Fallito questo tentativo, l'occasione della rinascita fu data
dal contatto con le Nazioni europee. L'occupazione da parte degli Stati europei
portò il progresso tecnico, quegli ideali di libertà e autonomia
già vivi nel continente europeo e un crescente rinnovamento culturale;
dal XX sec. si fece strada l'interesse per i problemi politici e sociali. La
partecipazione degli Stati arabi alla prima guerra mondiale portò a
maturazione le tendenze liberalistiche, e il successivo crollo della potenza
turca diede luogo alla formazione di una serie di Stati arabi che, pur non
godendo di una completa autonomia rispetto all'Europa conquistatrice, poterono
preparare le basi di un processo di affrancamento, del quale costituisce un
esempio l'Egitto, che già nel 1922 ottenne l'autonomia dall'Inghilterra.
Ma la logica imperialista della Gran Bretagna e della Francia (che già
nel XVIII sec. avevano occupato alcuni territori arabi) spense le illusioni
degli
A. Le due Nazioni si spartirono le zone perdute dall'Impero turco a
eccezione dell'Arabia, che riuscì in parte a sottrarsi alla nuova
colonizzazione. La Palestina e l'Iraq toccarono alla Gran Bretagna, il Libano e
la Siria alla Francia. Fu solo dopo la seconda guerra mondiale che venne posto
fine al dominio straniero. Molti Stati ottennero progressivamente l'indipendenza
(la Libia nel 1952 e l'Algeria nel 1962), e inoltre si profilò un moto
panarabo che portò alla nascita nel 1945 della Lega Araba
(V. ARABA, LEGA), avente lo scopo di una collaborazione
politico-economica e di una liberazione definitiva degli Stati arabi non ancora
indipendenti. Intanto dopo il trattato di Balfour (1917) cominciò in
Arabia un'immigrazione di Israeliti che raggiunse nel 1948 un assetto statale
ufficialmente riconosciuto. La nascita di Israele urtò il nazionalismo
arabo e spinse gli Stati confinanti a scendere in guerra l'anno stesso della
fondazione del nuovo Stato. In politica interna si registrò uno
spostamento della direzione politica dalle oligarchie alla media borghesia
generalmente sostenuta dai militari, che incrementò la speranza del
successo di una politica panaraba progressista. Ai sogni di un'unità
panaraba posero però fine le vicende dell'unione tra Siria ed Egitto
(1958-61), l'insurrezione irachena (1958) e il fallito tentativo di unione tra
Siria, Egitto e Iraq (1963). Negli stessi anni la formazione della Repubblica
Democratica Popolare dello Yemen e la conseguente nascita di uno Stato
progressista contribuirono a rompere l'unità panaraba. La scarsa
unità dei Paesi arabi favorì lo Stato di Israele che lanciò
l'offensiva contro la Repubblica Araba Unita e contro la Siria e la Giordania.
La mancata risposta comune al problema dei Palestinesi portò questo
popolo a organizzarsi nell'OLP (V.), riconosciuto
nel 1974 dai Paesi arabi nella conferenza di Rabat. La solidarietà araba
subì però un profondo colpo per la politica egiziana promossa da
Sadat. Il presidente egiziano nel 1966 si recò a Gerusalemme per
rivolgere parole di pace alla comunità arabica: ma il messaggio fu
accolto come una minaccia di rompere la solidarietà con i Palestinesi ed
ebbe come conseguenza immediata la formazione di un "fronte del rifiuto" l'anno
successivo. Sadat continuò la sua politica e, appoggiato dagli Stati
Uniti, con l'intermediazione degli stessi e in presenza del presidente Jimmy
Carter, sottoscrisse a Camp David nel marzo 1979 degli accordi con il presidente
israeliano Begin. Gli anni Ottanta videro da un lato la lunga guerra tra Iran e
Iraq conclusasi con la mediazione dell'ONU nel 1988, e inoltre di nuovo
l'inasprirsi della questione israeliana, prima con l'occupazione israeliana
delle alture del Golan (1981) e successivamente con quella del Libano
meridionale (1982), che causò una lunga guerra civile e indusse l'ONU a
inviare le sue forze di pace. Alla fine degli anni Ottanta si posero le basi
della cessazione delle ostilità: nel maggio 1994 l'accordo tra il
presidente israeliano Rabin e il capo dell'OLP Yasser Arafat sancì il
riconoscimento di una autonomia amministrativa ai Palestinesi nella striscia di
Gaza. Un nuovo momento di crisi per le regioni del mondo arabo si
determinò con la guerra del Golfo causata dall'occupazione irachena del
Kuwait e dalla conseguente richiesta di intervento da parte della Arabia Saudita
in difesa dei suoi territori. La guerra conclusasi a sfavore dell'Iraq grazie
all'intervento americano e delle truppe alleate, determinò però
nuovi contrasti tra i Paesi islamici. Inoltre in molti Stati, masse popolari
aderirono al progetto di una grande Nazione araba promossa dal presidente
iracheno Saddam Husayn. A ciò si aggiunse il diffondersi del
fondamentalismo islamico registrato anche nel Nord Africa, in particolar modo in
Algeria.
Espansione degli Arabi: cartina storica