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Apologìa.

(o Della Magìa). Orazione di Apuleio di Madaura (II sec.), composta dall'autore per discolparsi dall'accusa di magia. Ingiustamente accusato di aver sedotto una ricca vedova, Pudentilla, e di aver fatto uso di filtri magici, fu processato nel 151 circa a Sabratha davanti al proconsole Claudio Massimo; in propria difesa, Apuleio pronunciò l'orazione nella quale ripercorse l'intera vicenda del fidanzamento e delle nozze con Pudentilla, ritorcendo contro gli avversari ogni accusa. Viaggiando in Africa e trovandosi ad Oea (Tripoli), Apuleio aveva accettato l'ospitalità del giovane Ponziano, già suo condiscepolo in Atene. Qui aveva conosciuto la madre di lui, Emilia Pudentilla, molto ricca e vedova, e su suggerimento dello stesso amico si era persuaso a sposarla. Invano si erano opposti i parenti di lei, i quali temevano di perdere l'eredità: il matrimonio era stato celebrato. Dopo breve tempo Ponziano era morto. Allora i parenti della donna, dopo aver diffuso calunnie sul conto di Apuleio, lo avevano denunciato come responsabile della morte di Ponziano e reo di magia per aver adescato con sortilegi la donna allo scopo di appropriarsi dei suoi beni. L'accusa era gravissima e la Lex Cornelia de sicariis et de veneficiis, invocata dagli accusatori, equiparava i malefici magici all'assassinio, comminando le pene più severe. Apuleio, difesosi con abilità, fu infine assolto. Benché quasi in ogni parte dell'orazione sia mescolata l'invettiva al sarcasmo, vi predomina il tono scherzoso e beffardo, vi abbondano aneddoti, motti di spirito, giochi di parole, e tutto è pretesto a digressioni e amplificazioni di ogni sorta.