Atteggiamento di avversione e intolleranza nei confronti
degli Ebrei, sfociante anche in manifestazioni di carattere violentemente
persecutorio che sono espressione di un profondo disagio sociale e della
permanenza di antichi pregiudizi, di natura sia ideologico-religiosa sia
economico-politica. Tra il XIX e il XX sec. questi sentimenti irrazionali hanno
trovato un fertile terreno di espansione nel clima nazionalistico dominante in
Europa: di qui il tentativo di legittimare l'ostilità antisemita con il
riferimento al presunto fondamento scientifico di una dottrina sistematica a
sfondo razziale, che si nutriva del mito della superiorità degli
ariano-germanici. Pertanto l'introduzione del termine risale agli ultimi decenni
del secolo scorso e risponde all'esigenza di differenziare le manifestazioni
antisemite più recenti dall'avversione e dalle persecuzioni contro gli
Ebrei perpetrate nel corso della storia, a partire dall'epoca romana imperiale.
• St. - L'ostilità antisemita fu in
origine collegata alla diaspora (dispersione) ebraica, che ebbe l'effetto di
innestare nel tessuto sociale di numerosi Paesi la presenza di nuclei ebraici
tenacemente chiusi in se stessi e nell'esclusivistica difesa del proprio
patrimonio culturale e religioso. Questa impermeabilità alle influenze
del contesto sociale sfociò dapprima in un atteggiamento di diffidenza,
presto degenerato in vera e propria ostilità. Questo clima si
instaurò sin dall'età classica, come dimostrano gli accenni
polemici dei massimi scrittori dell'età imperiale, in un perverso
intreccio di ragioni economiche, politiche e religiose: agli Ebrei erano infatti
rimproverati il fanatismo religioso, l'esclusivismo del rituale, l'insofferenza
alle leggi dello Stato e la pratica di forme abominevoli di culto. Nonostante
ciò, di tanto in tanto gli imperatori romani intervennero in favore degli
Ebrei che, dopo la distruzione definitiva di Gerusalemme nel 135 d.C. e il
divieto ai Giudei di risiedere nella città riedificata, si dispersero in
ogni parte dell'Impero romano, continuando però a conservare le loro
prerogative etniche, religiose e culturali. Durante il Medioevo
l'ostilità antisemita dilagò, sia per motivi religiosi sia
economico-sociali. La diffusione del Cristianesimo contribuì infatti a
radicare nella coscienza popolare l'accusa di deicidio rivolta agli Ebrei (per
aver crocefisso Gesù) e a far fiorire leggende sulla presunta origine
demoniaca della razza ebraica e sui riti di profanazione dell'ostia consacrata.
A ciò si aggiunse l'esclusione dalla vita politica e l'interdizione da
alcune attività economiche e diritti giuridici (quali il possesso di
terre e il diritto di esercitare alcune professioni), che spinsero gli Ebrei
verso le attività creditizie (cessione del prestito a interesse) proibite
ai cristiani. Fu così che gli Ebrei conquistarono posizioni di
incontrastata preminenza nel commercio del denaro, divenendo oggetto di
pregiudizi di natura - oltre che religiosa - socio-economica. Ciò li
portò ad inasprire il loro già esasperato isolamento e a vivere
segregati nei loro quartieri, accumulando ricchezze e attirandosi l'odio del
resto della popolazione. In Italia furono emanate alcune ordinanze papali in
funzione antiebraica ma, nel complesso, non si ebbero persecuzioni paragonabili
a quelle verificatesi in altri Paesi, come la Spagna, dove nel periodo della
reconquista cristiana la lotta antiebraica si associò a quella
contro la popolazione araba e arabizzata, culminata in un decreto di espulsione
nel 1492. Dal nome della località assegnata nel 1516 agli Ebrei di
Venezia, la parola "ghetto" venne assunta in tutta Europa per indicare il
quartiere destinato nelle varie città ad ospitare la popolazione ebraica.
Si trattava di quartieri "chiusi" alla cui abolizione si procedette solo nel
corso del XIX sec. quando, con la laicizzazione dello Stato, vennero
riconosciuti agli Ebrei i diritti civili spettanti agli altri cittadini. Ma
già con l'egualitarismo razionalista del secolo dei "lumi" e la
Rivoluzione francese, che condannò le forme di segregazione approvando
l'emancipazione degli Ebrei, cominciarono a venir meno le antiche restrizioni.
In quasi tutti i Paesi europei si affacciò la tendenza ad integrare gli
Ebrei come cittadini a tutti gli effetti, assimilandoli nei rispettivi contesti
nazionali e sottraendoli all'isolamento entro una ristretta comunità
razziale e religiosa: in questo rinnovato clima di apertura non furono pochi gli
Ebrei che assunsero un notevole peso nella vita politica, sociale ed economica
dei vari Paesi. Ebrei erano uomini come Disraeli, Marx, Engels, Durkheim, Freud,
Einstein. Ma proprio questa liberalizzazione e la crescente ascesa sociale di
molti Ebrei contribuirono a fomentare una reazione che sfociò in nuova
ondata di
a., cui corrispose un irrigidimento degli ambienti sionisti.
Pertanto, alla fine dell'Ottocento, si manifestarono due tendenze contrapposte,
entrambe ostili all'assorbimento degli Ebrei nei nuovi Stati nazionali sorti con
la diffusione dei principi e delle istituzioni liberal-democratiche. Da un lato,
si ebbe la nascita di un movimento sionista, che diede espressione alle correnti
del nazionalismo ebraico; dall'altro, il diffondersi di un movimento razzista,
violentemente antisemita, che fece numerosi proseliti in quella parte
dell'opinione pubblica che mal tollerava le posizioni di preminenza assunte
dagli Ebrei nella vita pubblica ed economica. Il propagarsi delle ideologie
ultranazionalistiche e l'elaborazione di teorie pseudo-scientifiche sulla
presunta inferiorità della razza ebraica diedero alimento alle idee
discriminatorie e ai fermenti antisemiti che, verso la fine del secolo,
trovarono grande riscontro presso l'opinione pubblica in molti Paesi europei.
Con il sorgere del "panslavismo" nell'Europa orientale furono emanante leggi
antiebraiche e si ebbero manifestazioni popolari antisemite (
pogrom) in
Polonia e in Russia, mentre in Germania si costituirono forti gruppi antisemiti
guidati da Adolf Stöcker, un pastore luterano che seppe guidare il clima di
reazione conservatrice e di diffuso malcontento per le posizioni di predominanza
capitalistica conquistate dagli Ebrei. In Francia il "caso Dreyfus" (l'ufficiale
ebreo accusato di aver consegnato documenti militari ad agenti di una potenza
straniera) diede il via nel 1897 a una violenta campagna antisemita che, con il
pretesto del patriottismo, fu abilmente sfruttata dalle forze clericali e
monarchiche per condurre l'affondo alla Terza Repubblica. A quell'epoca
l'
a. era già molto radicato nei circoli reazionari francesi,
fomentato da un gruppo di destra organizzatosi sotto la guida di Edouard Drumont
che, dopo aver scritto violenti articoli contro gli Ebrei, nel 1892 aveva
fondato il periodico antisemita "La Libre Parole", in cui attaccava soprattutto
gli Ebrei coinvolti negli scandali finanziari di quegli anni, in particolare
nella vicenda del Canale di Panama del 1892. Ulteriore alimento alle correnti
antisemite venne dai movimenti sciovinisti come la "Ligue des Patriotes" di Paul
Deroulède. L'
a. non fu identificato con alcuna formazione
politica, ma tra i temi favoriti dalla propaganda ultranazionalista vi era
proprio quello della presunta partecipazione degli Ebrei a una grande
cospirazione internazionale nell'intento di perseguire un piano di conquista del
mondo, attraverso infiltrazioni nell'organizzazione di tutti gli Stati a danno
dell'integrità e della sicurezza nazionale. Questa ipotesi fantapolitica
fu suffragata dalla circolazione di un documento, i
Protocolli degli anziani
di Sion, di cui il "Times" avrebbe nel 1921 dimostrato la falsità.
L'
a. aveva radici profonde soprattutto nella società tedesca e,
sul finire dell'Ottocento, si sviluppò dal tronco del pangermanesimo come
diretta emanazione del nazionalismo tedesco. Forme particolarmente virulente
assunse anche in Russia e nei Paesi dell'Europa orientale. Alla fine
dell'Ottocento vivevano in Russia circa cinque milioni di Ebrei disseminati
lungo tutta la fascia occidentale dell'Impero zarista e soprattutto concentrati
nelle province polacche, in Bessarabia e nelle città delle marche
orientali. Il Governo aveva posto severe limitazioni alle loro
possibilità di movimento e di impiego, costringendoli a vivere nelle zone
di confine e concedendo loro di svolgere solo attività commerciali. Dopo
il 1870 la maggiore diffusione delle comunità ebraiche provocò
l'inasprimento delle manifestazioni antisemite, poi degenerate nei
pogrom: nel 1892 il Governo zarista si risolse a porre nuove restrizioni
legali e severe discriminazioni che costrinsero molti Ebrei a emigrare,
soprattutto verso l'America. L'
a., fomentato dalle autorità, si
accentuò in Russia dopo la nomina nel 1902 a ministro dell'Interno
dell'ex capo della polizia Pleve, un reazionario di origine tedesca
violentemente antisemita, sotto la cui direzione le forze dell'ordine avevano
organizzato società segrete per inscenare dimostrazioni, saccheggi di
negozi, invasioni di luoghi di culto e veri e propri
pogrom, con
uccisioni e violenze fisiche contro la popolazione ebraica. Queste azioni
eclatanti trovarono sostegno in quella parte dell'opinione pubblica che
riversava su obiettivi fittizi il proprio malcontento, identificando in un capro
espiatorio le cause del disagio sociale. Le sommosse e i disordini che ne
seguirono ebbero pertanto carattere antiebraico a causa dell'impopolarità
di cui godevano i commercianti e gli usurai ebrei, invisi alla gente per
l'onerosità dei prezzi e dei tassi d'interesse praticati. L'
a. era
inoltre diffuso nelle masse del contadinato rumeno, ungherese, polacco e degli
altri Paesi dell'Est europeo, non meno che tra la borghesia e le classi
dirigenti nazionali. In Romania, la numerosa popolazione ebrea, dedita in
maggioranza al commercio al minuto e alla produzione artigiana, era priva di
tutti i diritti politici. Anche in Ungheria, gli Ebrei, pur occupando posizioni
dominanti nel campo della finanza, delle libere professioni e del commercio,
costituirono un gruppo separato e mal tollerato almeno finché rimasero
fedeli alle proprie radici culturali e religiose. Ciò spiega il motivo
per cui molti Ebrei, anche appartenenti ai ceti sociali più ricchi e
influenti, furono indotti a convertirsi al Cristianesimo e a cambiare il proprio
nome. Non molto diversa era la situazione in Austria e nei Paesi vicini. In
Germania l'
a. assunse nuove forme e acquisì toni più accesi
a partire dal 1918, anche sotto la pressione delle correnti immigratorie di
Ebrei orientali durante la guerra. A ciò si aggiunse il desiderio dei
nazionalisti di trovare un capro espiatorio per la difficile situazione
economico-sociale tedesca. Nel gennaio 1919 venne fondato a Monaco il Partito
degli operai tedeschi (Deutsche Arbeiter Partei) che si collocava tra i numerosi
piccoli movimenti che in quel periodo davano sfogo al dilagante malcontento. In
settembre entrò a farne parte A. Hitler, e nel marzo dell'anno successivo
il movimento fu ribattezzato Partito nazionalista degli operai tedeschi,
assumendo una più precisa configurazione eversiva, con un programma
antisemita, anticomunista e antiparlamentare. L'
a. divenne così
una componente essenziale della dottrina nazista. Il programma originario del
Partito nazista, steso nel 1920 ad opera di G. Feder, affermava, al quarto
punto, che solo individui di sangue tedesco potevano essere considerati
cittadini dello Stato e che pertanto nessun Ebreo poteva "essere considerato un
connazionale". Dopo il fallito
putsch di Monaco del 1923 e la condanna a
cinque anni di Hitler, questi scrisse in carcere il primo volume di
Mein
Kampf (La mia lotta) dove erano tracciate le basi teoriche del Nazismo e la
sua dottrina antisemita. Una volta conquistato il potere nel 1933, i nazisti
iniziarono la campagna antisemita: gli Ebrei tedeschi furono soggetti, oltre che
a limitazioni giuridiche, anche a persecuzioni e violenze personali. I nazisti
non nascosero la loro intenzione di arianizzare il più rapidamente
possibile ogni settore professionale e, in concomitanza con l'allontanamento
immediato dei numerosi Ebrei che esercitavano professioni come la medicina e
l'avvocatura, vi fu la drastica riduzione del numero di coloro ai quali fu
concesso di continuare a esercitare. Inoltre, data l'impossibilità di
ordinare l'immediata chiusura di tutti i negozi ebraici, venne imposto, con la
violenza, il loro boicottaggio. Nel 1933 si era ancora lontani dagli orrori
dell'
a. nazista degli anni successivi, ma sin da allora si ebbero
manifestazioni che provocarono numerose proteste internazionali e crearono una
corrente di Ebrei tedeschi in fuga verso l'estero. La dottrina della razza era
stata compiutamente elaborata da A. Rosenberg nell'opera
Der Mythus des 20
Jahrhunderts, pubblicata nel 1930, massima espressione dell'ideologia
nazista. Tale dottrina investiva di valenze positive il ruolo storico della
razza ariana, considerata all'origine di tutte le civiltà e delle
principali culture europee e asiatiche. Di contro, veniva accreditata
l'esistenza di un'antirazza "parassitaria", identificata in quella giudea, che
si presumeva colpevole di aver generato i "veleni" della civiltà moderna:
Marxismo e democrazia, capitalismo e finanza, intellettualismo e un insieme di
falsi ideali di amore e di umiltà propri di un Cristianesimo deteriore.
Pertanto, anche il Cristianesimo veniva riletto in chiave radicalmente
discriminatoria e razzista, partendo dal presupposto che Gesù stesso era
ariano. La dottrina razziale nazista produsse in Germania la legislazione
antisemita del 1935 e del 1938, che mise fuori legge i matrimoni fra Tedeschi e
persone con un quarto o più di sangue ebraico. I beni degli Ebrei furono
soggetti a confisca e gli appartenenti alla comunità ebraica vennero
definitivamente esclusi dalle professioni e dagli affari. L'insieme di queste
misure restrittive si inasprì e raggiunse il punto culminante nella
politica di totale sterminio che Hitler preannunciò nel 1939. L'
a.
rappresentò un movente psicologico importante ai fini del consolidamento
del consenso popolare intorno al regime nazista: ciò rese possibile la
coagulazione e il trasferimento di un complesso intreccio di odi, di timori, di
risentimenti e di antagonismi su un unico nemico tangibile. In tal modo, la
carente identità nazionale generò la fobia di una cospirazione
giudaica per il dominio del mondo e l'incertezza economica si tradusse in odio
per le classi ebraiche in quanto detentrici del potere finanziario. All'inizio
degli anni Trenta, oltre che in Germania, l'
a. fu un elemento importante
nella creazione di movimenti fascisti in Polonia, Ungheria, Romania, cioè
in Paesi in cui l'avversione contro gli Ebrei aveva radici profonde. In Italia,
invece, il numero limitato di Ebrei impedì all'
a. di avere una
parte importante nell'ideologia fascista e i tentativi di sistemazione teorica
compiuti dopo il 1939 si ridussero a una squallida imitazione della dottrina
razziale nazista. Tra il 1939 e il 1945, la persecuzione degli Ebrei in Germania
e nei Paesi invasi e occupati dai nazisti assunse dimensioni spaventose. Sin dal
1938 i
pogrom non erano più casi isolati e le autorità
incoraggiavano l'incendio delle sinagoghe e la devastazione degli esercizi
commerciali in mano agli Ebrei. Furono imposte tasse collettive e i patrimoni
degli Ebrei vennero confiscati. Inoltre, vennero riaperti i ghetti e gli Ebrei
furono costretti a portare sugli abiti la stella di David come segno di
riconoscimento. Un'ordinanza di Rosenberg stabiliva che gli Ebrei fossero
privati di ogni diritto di libertà, trasferiti nei ghetti e separati
secondo il sesso. Nel 1940, l'organo ufficiale delle SS formulava dichiarazioni
di questo tono: "poiché la questione ebraica sarà risolta in
Germania solo dopo la fine dell'ultimo ebreo... la pace tedesca... sarà
una pace senza Ebrei". Nell'aprile 1943 nel ghetto di Varsavia, uno dei
più popolosi, cominciò la liquidazione dei quattrocentomila Ebrei
che lo occupavano, definitivamente compiutasi il 16 maggio con il macabro
annuncio datone dal generale delle SS Stoop. Inoltre, sin dal 1942 erano sorti a
Treblinka campi di sterminio che rientravano nel programma per l'annientamento
totale della popolazione ebraica polacca. Questo atroce disegno di annientamento
totale, o "soluzione finale", fu ordinato da Himmler nel 1942 e pressoché
compiuto nel 1945, alla fine della guerra. Degli oltre tre milioni di Ebrei
residenti in Polonia nel 1939, si calcola che oltre due milioni e mezzo furono
sterminati: alla fine non ne rimasero che cinquantamila. Non molto migliore fu
il destino degli Ebrei negli altri Paesi occupati. Basti l'esempio dell'Olanda
dove, su un totale di 140.000 Ebrei residenti, oltre 115.000 furono deportati
nei campi di concentramento e di sterminio polacchi. Complessivamente oltre
cinque milioni furono gli Ebrei sterminati in Europa nel giro di pochi anni.
L'atrocità dell'olocausto e delle persecuzioni attuate dai nazisti nel
corso della seconda guerra mondiale a danno di intere comunità ebraiche
non è però bastata a eliminare le tentazioni discriminatorie dalla
vita politica e sociale di molti Paesi. Alcuni focolai di
a. sono ancora
vivi in Germania e nel settore orientale dell'Europa. Sul piano culturale ha
comunque avuto un'importanza determinante la svolta rappresentata dal Concilio
Vaticano II, che ha segnato la fine di ogni discriminazione antiebraica da parte
della Chiesa cattolica: nel documento sono state infatti condannate le
persecuzioni antisemite ed è stata rimossa l'accusa di deicidio, che
tanta parte ha avuto nel fomentare l'odio razziale (V.
RAZZISMO).