Di farmaco in grado di eliminare o diminuire le reazioni
immunitarie con le quali l'organismo provoca il rigetto di organi o tessuti
estranei trapiantati. È definito anche immunosuppressore. Perché
il trapianto abbia un esito positivo è essenziale che la tolleranza
immunitaria dell'organismo nei confronti degli organi trapiantati sia molto
alta. È quindi compito fondamentale della ricerca farmaceutica
controllare le risposte immunitarie del soggetto, soprattutto dopo gli esiti
poco soddisfacenti della tecnica radioterapica. La maggior parte dei farmaci
a. svolge un'azione antilinfocitica. Sono infatti i linfociti che
riconoscono gli antigeni istocompatibili, e svolgono una azione distruttiva nei
confronti delle cellule in cui sono presenti. Uno dei farmaci maggiormente
impiegato, soprattutto perché svolge una azione efficace senza eliminare
del tutto le difese immunitarie dell'organismo ed è senza conseguenza
tossiche, è l'azatioprina, che deriva dalla 6-mercaptopurina. Se ne fa
largo impiego soprattutto nelle crisi di rigetto al seguito di trapianti di
rene. In fase di crisi acuta si fa invece uso preferibilmente della actinomicina
C, associata a corticosteroidi soprattutto prednisone. L'uso di corticosteroidi
ha però l'effetto di aumentare il rischio di complicazioni di tipo
infettivo generando talvolta ulcere o emorragie gastroenteriche. Recentemente si
è efficacemente applicata la terapia di somministrazione del siero
antilinfocitico S.A.L., che si ottiene dal sangue di animali nei quali
precedentemente sono stati iniettati linfociti del futuro ricevente. Se al
S.A.L. si unisce inoltre la frazione globulinica, (globulina antilinfocitica o
G.A.L.), diminuisce ulteriormente la possibilità di reazioni
anafilattiche. La ancora scarsa sperimentazione non può però
permettere finora una valutazione della sieroterapia, anche perché si
deve valutare la possibile azione cancerogena del S.A.L. sui tessuti
linfoidi.