(dal greco
ánemos: vento). Principio
dell'attività cosciente nell'uomo e della vita in ogni essere vivente.
║ Origine di ogni funzione vitale e delle varie forme di azione:
spontanea, vegetativa, sensibile, sensitiva, intellettiva. ║ Parte
immortale dell'uomo, di origine divina, destinata, dopo la morte del corpo, a
essere premiata o condannata a seconda di come ha agito sulla terra. ║
Fig. - Parte essenziale di una cosa, ciò che dà impulso.
• Filos. - Il principio della vita e del
pensiero, concepito come entità distinta dal corpo ma che manifesta la
sua attività per mezzo di esso. A questa realtà può essere
attribuita una consistenza materiale ("l'
a. è un corpo composto di
parti minute", Epicuro) oppure del tutto immateriale ("l'
a. è di
natura tale che non ha rapporto alcuno con l'estensione né con le
dimensioni o altre proprietà della materia di cui il corpo è
composto", Cartesio). Inoltre il concetto di
a. è sovente legato a
quello di immortalità e all'idea di Dio, come nel Cristianesimo. La
concezione dell'
a., intesa come soffio vitale, distinto dal corpo e
destinato a sopravvivere dopo la morte, ricorre in numerose civiltà
antiche (babilonese, egiziana, iranica) e in alcune religioni orientali
(Brahmanesimo e Buddhismo) che ammettono anche la trasmigrazione delle
a.
(la "metempsicosi"). Originariamente l'
a. veniva considerata, presso
molti popoli, come un principio analogo all'aria: una simile concezione
dell'
a. - identificata con l'idea del respiro e del soffio vitale -
appare ancora molto lontana dall'interpretazione dualistica dell'uomo, concepito
come risultante di un principio materiale (corpo) e di uno spirituale
(
a.). Tale concezione compare in Omero, secondo cui il termine
psyché indica il principio vitale che riproduce la forma del corpo
e alla cui morte fuoriesce per vivere come ombra inconsistente. Mentre nei primi
filosofi greci (Anassagora, Anassimene) la distinzione tra
a. e corpo era
ancora appena accennata, la teoria spiritualistica dell'
a. è
compiutamente formulata per la prima volta da Platone, in modo particolare nel
Fedone. L'
a. è caratterizzata da tre attività: la
ragione, il desiderio e l'appetito irascibile che fa da intermediario tra le
prime due. Nel
Timeo Platone ammette il concetto di "
a. del
mondo", inteso come principio unificatore dell'ordine cosmico, una sorta di
traduzione sul piano universale dell'
a. individuale. Per Aristotele
l'
a. è la forma (
entelechia) del corpo, "l'atto perfetto
primo di un corpo naturale organico che ha la vita in potenza". Egli distingue
tre facoltà dell'
a. preposte ad assolvere diverse funzioni negli
esseri viventi:
a. vegetativa, propria delle piante, che ha il compito di
presiedere alla generazione, alla nutrizione e alla crescita;
a.
sensitiva, propria degli animali, che regola l'attività sensitiva e
il movimento;
a. intellettiva o
razionale, propria dell'uomo, che
presiede alla conoscenza, alla deliberazione e alla scelta ("l'
a.
è il principio primo per il quale viviamo, sentiamo e pensiamo"). Gli
epicurei, seguendo Democrito, pensano l'
a. materiale, costituita di atomi
e perciò mortale. Gli stoici, seguendo Eraclito, concepiscono l'
a.
come un fuoco sottile e pensante. Nel Medioevo la Scolastica, soprattutto con
San Tommaso d'Aquino, riprende le teorie di Aristotele cercando di conciliarle
col dogma della fede. L'
a. è dunque forma senza materia, intera in
ogni parte del corpo, creata da Dio e infusa nel corpo al quale è
destinata a sopravvivere. L'
a. esercita inoltre le sue funzioni
più nobili e alte mediante gli organi che si trovano nel capo. Per San
Tommaso "l'
a. è il principio per cui ci nutriamo, sentiamo, ci
muoviamo, ed è pure il principio per cui conosciamo intellettivamente".
Pertanto l'
a. è "forma sostanziale del corpo", a cui è per
sua natura unita, e principio della profonda unità della vita umana nelle
sue molteplici manifestazioni. Per sostenere la tesi dell'unità dell'uomo
e conciliarla con quelle attività intellettive che pure trascendono la
sfera corporea, San Tommaso dovette combattere varie teorie sull'unione del
principio intellettivo con il corpo. Prima fra tutte, quella averroistica, che
risolveva questo complesso nodo problematico ipotizzando l'esistenza di un
intelletto possibile, sganciato dal corpo e separato dall'individuo, cui l'uomo
parteciperebbe solo nel momento dell'attività intellettiva. In tal modo,
per salvaguardare la pura spiritualità della conoscenza, Averroè
concepiva un intelletto separato e unico per tutta l'umanità,
riconoscendo all'uomo in quanto individuo un'
a. solo sensitiva, sia pure
più perfetta delle altre. Pertanto, l'obiezione mossa da San Tommaso alle
teorie averroistiche si fondava sulla duplice motivazione che, da un lato, era
attribuita all'uomo un'
a. individuale corruttibile (come quella delle
bestie) mentre dall'altro venivano fatte salve l'immortalità e la pura
spiritualità di un intelletto "astratto", impersonale, non coincidente
con l'uomo nella sua concreta soggettività. Nell'epoca moderna, dopo la
scoperta della circolazione del sangue compiuta da Harvey nel 1619, l'
a.
cessa di essere considerata come principio vitale e del pensiero. La biologia
avanza sul binario imposto dal meccanicismo e viene progressivamente enfatizzato
il dualismo, l'opposizione concettuale tra
a. e corpo. Emblematica in
questo senso la tesi di Cartesio, che istituisce un dualismo "sostanziale" tra
corpo ed
a.: quest'ultima è
res cogitans, sostanza
pensante, il primo
res extensa, materia. Nel tentativo di giungere ad un
superamento del dualismo cartesiano, Leibniz spiritualizzò tutta la
realtà attribuendo tanto alle manifestazioni dell'
a. quanto alle
entità corporee il valore di atomi spirituali (monadi). La filosofia
empirista rifiutò il concetto di
a. come sostanza; David Hume,
affermò che lo spirito umano poteva essere definito come un insieme di
percezioni particolari, un fascio di fatti e di eventi psichici in divenire. Il
pensiero di Hume fu ripreso da Kant, il quale dichiarò
l'impossibilità di considerare l'
a. come oggetto di conoscenza, in
quanto essa era un
noumeno e come tale apparteneva all'universo della
metafisica. Dalla filosofia idealista l'
a. venne considerata come
coscienza soggettiva, mentre nel Positivismo lo studio dell'
a. fu
limitato alle sue manifestazioni esterne, intese come fenomeni psichici.
L'intento era quello di avviare la fondazione di una scienza dei fatti psichici
che possedesse il medesimo rigore delle scienze della natura. Nella filosofia
successiva il termine
a. venne utilizzato per designare l'insieme delle
esperienze psichiche. In particolare Wundt volle indicare con il termine
"unità" l'unità della coscienza. Sulla stessa linea Dewey
affermò: "In conclusione si può affermare che la parola
a.,
quando è liberata da tutte le tracce del tradizionale animismo
materialistico, denota la qualità delle attività psico-fisiche, in
quanto sono organizzate in unità...". •
Arch. - Qualsiasi sporgenza sulla quale sono applicate delle modanature.
• Arte - Armatura in legno di figure rivestite
di metallo. • Edil. - Nei ferri laminati, faccia
piana o costola normale alle ali. ║ Nella nervatura delle travi a
traliccio, lamiera alla quale vengono ribaditi i cantonati della nervatura e le
aste di parete. • Mil. -
A. delle bocche da
fuoco: parte interna della bocca da fuoco, attraverso cui scorre il
proietto. L'
a. fu dapprima liscia, poi venne solcata da righe rettilinee;
infine, in tempi più moderni, per dare al proiettile un tiro più
sicuro, la rigatura dell'
a. divenne elicoidale.