(dal greco
anabaptistés: ribattezzatore).
Seguace dell'anabattismo, movimento che, originatosi nel clima della riforma
protestante (XVI sec.), sviluppò istanze di rinnovamento religioso
già presenti nel clima spirituale del Medioevo e sfocianti in un
più generale atteggiamento critico e protestatario nei confronti del
sistema economico-sociale vigente. Pertanto, benché le problematiche di
natura religiosa, teologica ed ecclesiastica costituissero il fulcro della
polemica condotta dagli
a., vi erano nell'azione e nella predicazione di
queste sette innegabili risvolti di carattere politico e sociale, di ispirazione
vagamente rivoluzionaria e riconducibili a principi di marca "comunistica". I
motivi ispiratori del movimento vennero in piena luce solo col primo
Protestantesimo, quando l'ordine costituito cominciò a vacillare sotto i
colpi della Riforma. Th. Münzer e N. Storch furono gli ispiratori del
movimento
a. che si diffuse rapidamente in Svizzera, Germania
meridionale, Austria, e successivamente in Boemia e Moravia, sotto la guida di
H. Denck, L. Hötzer, H. Hut, H. Hubmaier. La dottrina si basava su una
concezione religiosa individualistica e sul concetto di comunità
ecclesiastica riservata a pochi eletti. Il nome di
a. fu coniato dagli
avversari, con riferimento dispregiativo alla condotta da essi seguita, che
implicava la negazione del Battesimo ricevuto in un'età in cui si
è ancora incapaci di un'adesione cosciente alla fede e la
necessità di conferirlo esclusivamente ai credenti adulti, che sono
ancora in attesa di ricevere il vero Battesimo, data l'invalidità del
primo. Inoltre nel movimento confluivano suggestioni millenariste, basate
sull'attesa apocalittica della fine del mondo, unite a fermenti pacifisti e
antiecclesiali. L'opposizione al papato e alla gerarchia ecclesiastica si
ricollegava infatti a una concezione della Chiesa come comunità di Santi.
Alla contestazione radicale di ogni attività politica e al rigetto di
qualunque forma di sfruttamento, di violenza e di guerra, si riconnettevano
anche le venature "comuniste" del movimento. Tali aspirazioni erano legittimate
dal ripudio della proprietà privata, considerata fonte del male e causa
di tutte le forme di abuso e di corruzione sociale. L'anabattismo, soprattutto
quando fu accompagnato dalle rivolte contadine, fu guardato dalla nascente
borghesia del XVI sec. con forte ostilità: contro i suoi adepti furono
usati metodi repressivi di feroce crudeltà che provocarono numerosissime
vittime. Questa violenta discriminazione fu tollerata sia da Lutero sia da
Calvino, i quali intendevano distinguere il Protestantesimo "serio", alleato a
potenti forze politiche nell'intento di consacrare l'assolutismo regio a modello
istituzionale dell'assetto politico europeo, da quei movimenti più oscuri
e radicali di riforma religiosa e sociale che minacciavano l'assetto del potere
costituito. Indicativo è il disprezzo con cui Calvino bollò gli
a., definendoli "coloro che vivono come topi nello strame". Per sfuggire
alle feroci repressioni di cui erano fatti oggetto, gli
a. organizzarono
una diaspora clandestina, diffondendosi in Olanda, Inghilterra, Ucraina, Stati
Uniti. Questi gruppi abbandonarono però le primitive rivendicazioni
sociali e rivoluzionarie, limitandosi a cercare di realizzare i loro ideali di
fratellanza all'interno delle singole comunità. I seguaci di questa
corrente moderata furono detti
mennoniti
(V.).