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Amplificatore.

Apparecchio o parte di un apparecchio destinato ad aumentare, secondo un rapporto noto, l'intensità di un fenomeno, attraverso l'apporto di energia erogata da una fonte esterna. È costituito da un organo d'entrata e da uno di uscita, rispettivamente atti all'applicazione e alla estrazione di segnali: questi devono essere della stessa specie fisica e avere forme d'onda simili. I più importanti tra gli apparecchi indicati col termine generico di a. sono quelli usati nella telegrafia e nella telefonia. L'a. per radiotrasmissioni, raccolto un debolissimo segnale, riesce a farlo agire su un organo (relais) che, sviluppando una forte energia locale, consente all'apparecchio ricevente di captare chiaramente i suoni. L'a. telefonico consta di due triodi; l'azione amplificatrice si esercita da Est a Ovest e viceversa. Gli a. hanno il compito importantissimo di correggere i suoni confusi o distorti per la distanza. Tuttavia esistono delle limitazioni nelle prestazioni di un a., soprattutto a causa di segnali d'ingresso troppo piccoli o di segnali d'uscita troppo grandi. || A. molecolare: particolare tipo di a. per microonde a bassissimo rumore proprio (1 db circa), largamente utilizzato per aumentare l'ampiezza di segnali deboli: il funzionamento è basato sull'emissione di energia elettromagnetica da parte di atomi o sistemi molecolari. || A. operazionale: denominazione generica degli a. impiegati nei calcolatori elettronici analogici. Le sue caratteristiche si mantengono stabili nel tempo e sono insensibili alle variazioni di temperatura ambiente. || A. parametrico: a. ad alta frequenza, di basso rumore proprio, il quale sfrutta la variazione non lineare di capacità o induttanza per ottenere l'amplificazione; i primi esemplari furono realizzati negli Stati Uniti nel 1957.