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Altoforno.

Particolare tipo di forno verticale a tino, di grandi dimensioni e a funzionamento continuo, utilizzato per la produzione di ghisa grezza, mediante riduzione e carburazione dei minerali ferrosi. La sua forma è simile a quella di una imponente torre, costituita da due tronchi di cono opposti per la base maggiore e di altezza differente (il minore, posto nella posizione inferiore, è detto sacca, mentre l'altro, superiore, prende il nome di tino). All'estremità superiore del tino si apre la bocca, attraverso la quale si introduce la carica, per mezzo di nastri trasportatori o carrelli elevatori. All'estremità inferiore della sacca, invece, è posto il crogiolo, di forma cilindrica. Gli a. vengono costruiti con materiali refrattari alluminosi e all'esterno hanno un rinforzo in ferro. Tale struttura viene raffreddata di continuo mediante circolazione d'acqua. I moderni a., che possono raggiungere altezze di 40 m, hanno una produttività massima di ghisa di 4.000 t giornaliere (considerando le 24 ore). I materiali solidi vengono introdotti dalla bocca. Le cariche sono formate da minerali di ferro (ematite, limonite, macinati o agglomerati), da coke (prodotto dalla distillazione di litantraci particolari) e da fondente (generalmente calcare). Mentre il coke ha la duplice funzione di combustibile e di reagente, il fondente, che reagisce con la ganga del minerale, dà luogo alla formazione di scorie (loppe), facilmente separabili dal metallo allo stato liquido, dal momento che sono più fluide e hanno un punto di fusione inferiore a quello della ghisa. Nella sacca, la carica viene a contatto con aria preriscaldata a 800 - 1.000 °C, la quale viene immessa attraverso fori (tubiere) praticati all'estremità inferiore della sacca e proviene dai preriscaldatori Cowper. Dapprima si ha un processo di essiccazione della carica, quindi di combustione parziale del coke, da cui si forma ossido di carbonio. Questo, in combinazione con l'elevatissima temperatura, determina la riduzione graduale degli ossidi di ferro a ferro, che diventa liquido poiché la temperatura raggiunge i 2.000 °C. Allo stato liquido il ferro si carbura, ovvero porta con sé in soluzione parte del carbonio e del coke (fino al 45%), costituendo così la ghisa liquida. I gas formatisi vengono scaricati verso l'alto, per venire poi reimpiegati, dopo opportuna depurazione dalle polveri contenute, come combustibile a basso potere calorifico, dal momento che contengono ancora ossido di carbonio, azoto e anidride carbonica. La ghisa e le scorie fuse si scaricano dal foro di colata del crogiolo. Tali scorie possono essere riciclate e impiegate nell'industria del cemento per la produzione di agglomerati, oppure possono essere usate per fabbricare la cosiddetta lana di scoria, impiegata nell'edilizia come isolante termoacustico. Il processo così schematizzato porta alla produzione della comune ghisa al carbonio. Per i tipi speciali di ghisa con altri componenti (come per esempio silicio o manganese) il processo di fabbricazione è più complesso. || A. elettrico: a. nel quale la ghisa è prodotta seguendo un processo elettrosiderurgico. Mentre i primi modelli avevano le stesse forme degli altri a., i tipi moderni sono essenzialmente costituiti da un grande crogiolo chiuso e rivestito di carbone, recante apertura per l'introduzione delle cariche e per il passaggio degli elettrodi. Innovazione fondamentale, rispetto ai precedenti a., è l'impiego di coke esclusivamente come agente riducente.