Attività umana che ha come scopo la scalata delle
montagne o delle pareti di ghiaccio e/o di roccia. ||
Scala delle
difficoltà: la valutazione delle difficoltà su roccia utilizza
la scala che l'alpinista tedesco Willy Welzenbach propose nel 1925 in sei gradi,
e che l'UIAA (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche) aprì
successivamente verso l'alto per tener conto dell'evoluzione tecnica della
scalata. La valutazione dei passaggi è espressa con numeri romani
crescenti dalla forma più elementare di arrampicata (I) fino alle
difficoltà più estreme che corrispondono oggi al X. Per quanto
riguarda le difficoltà su neve o ghiaccio si considera l'inclinazione in
gradi del pendio (dagli 0° di un piano orizzontale ai 90° di un pendio
verticale). Esiste anche una scala che esprime una valutazione di insieme di una
scalata tenendo conto, oltre che delle difficoltà dei singoli passaggi,
anche del dislivello, dello sviluppo e della continuità delle
difficoltà, vale a dire dell'impegno globale richiesto dall'ascensione.
La difficoltà è espressa mediante sigle che, allo stato attuale,
sono le seguenti sette: F - facile; PD - poco difficile; AD - abbastanza
difficile; D - difficile; TD - molto difficile; ED - estremamente difficile; EX
- eccezionalmente difficile. Quelle citate sono le scale più utilizzate.
• Encicl. - Le origini dell'
a. si fanno
normalmente risalire al 1786, in occasione della conquista del Monte Bianco,
vetta più alta delle Alpi, da parte del cercatore di cristalli J. Balmat
e del medico M.-G. Paccard. L'impresa, compiuta dal versante francese di
Chamonix, fu ispirata dal naturalista ginevrino O.B. de Saussure, interessato a
trovare una via di salita alla montagna per compiervi esperimenti scientifici.
Successivamente ebbe inizio la fase esplorativa, durata fin verso il 1880,
durante la quale vennero sistematicamente salite tutte le cime più
importanti delle Alpi. I protagonisti principali di questo periodo, nelle Alpi
Occidentali, furono soprattutto alpinisti inglesi: tra questi un posto di
rilievo fu occupato da E. Whymper, primo scalatore nel 1865 di Cervino, Grandes
Jorasses e Aiguille Verte. Suoi connazionali furono A.W. Moore e C.T. Dent.
Accanto a questi alpinisti operarono valenti guide quali M.A. Croz, M. Anderegg
e C. Almer. Le Alpi Orientali furono il terreno d'azione preferito dagli
Austriaci fra cui si segnalarono soprattutto P. Grohmann, i fratelli Zsigmondy e
L. Purtscheller. Le guide più forti delle Dolomiti furono in questo
periodo Sepp e Michel Innerkofler. Terminata la conquista delle principali vette
alpine, l'attenzione fu rivolta alla conquista di cime minori particolarmente
ardite o all'apertura di vie difficili. È questa l'epoca d'oro
dell'
a. classico. L'iniziatore di questa nuova fase nelle Alpi
Occidentali fu il britannico A.F. Mummery, che compì le sue imprese
più belle sulle Aiguilles de Chamonix (Gruppo del Monte Bianco) con A.
Burgener; la loro via più importante è la cresta Nord
dell'Aiguille du Grépon, salita nel 1881 con B. Venetz. Altre figure di
primissimo piano in questo periodo furono il britannico G. Winthrop Young, che
portò a termine con la guida J. Knubel numerose salite di alta classe, e
l'italiano E. Rey, operante nel gruppo del Monte Bianco. I grandi protagonisti
dell'
a. dolomitico tra la fine dell'Ottocento e la grande guerra furono
soprattutto Austriaci e Italiani. La prima impresa rilevante fu la conquista
solitaria nel 1887, da parte del diciassettenne G. Winkler, dell'ardita torre
che oggi porta il suo nome (Torri del Vaiolet). I primi anni del Novecento
videro operare in Dolomiti veri fuoriclasse quali A. Dibona, T. Piaz, P. Preuss
e H. Dülfer. Le loro imprese furono notevolissime, raggiungendo spesso i
limiti del quinto grado. Soprattutto Preuss va considerato il più grande
arrampicatore di tutti i tempi. La sua severa etica alpinistica, che comportava
il rifiuto di ogni mezzo artificiale di progressione a vantaggio di
un'arrampicata libera assurta a valore assoluto, ha costituito, per tutte le
successive generazioni di alpinisti, una sfida continua. L'impresa più
bella di Preuss fu la prima salita della parete Est del Campanil Basso (Gruppo
di Brenta), portata a termine slegato nel 1911. Negli anni compresi tra i due
conflitti mondiali la superiorità tecnica degli alpinisti della "scuola
orientale", Austriaci, Tedeschi e Italiani abituati ad arrampicare sulla roccia
dolomitica, apparve in tutta la sua evidenza. Questi alpinisti seppero per primi
comprendere l'importanza di un allenamento sistematico e di un'attrezzatura
tecnica curata, che permisero loro di affrontare difficoltà sempre
maggiori. L'era del sesto grado, la massima difficoltà allora
concepibile, fu inaugurata nel 1925 sulla parete Nord-Ovest del Civetta dai
tedeschi E. Solleder e G. Lettenbauer. Altre grandi imprese in cui furono
superati lunghi tratti di sesto grado portano la firma di L. Micheluzzi, A.
Tissi, E. Comici, B. Detassis e H. Vinatzer. Sulle placche granitiche e sul
terreno misto delle Alpi Occidentali difficoltà del genere non erano
ancora state superate; l'ambiente alpinistico occidentale era oltretutto chiuso
e tradizionalista, sebbene non mancassero figure di grande valore quali i
francesi A. Charlet e P. Allain. L'evidente divario tecnico con le salite
compiute in Dolomiti fu colmato nelle Alpi Occidentali proprio dagli alpinisti
della "scuola orientale", a dimostrazione della loro maggiore preparazione. Il
primo segnale fu la salita dell'Aiguille Noire de Peutérey per la cresta
Sud, vinta nel 1930 dai tedeschi K. Brendel e H. Schaller. Negli anni
immediatamente successivi si scatenò una vera e propria competizione tra
le migliori cordate d'Europa per scalare le tre vie più impegnative sulle
Alpi Occidentali: le pareti Nord del Cervino, delle Grandes Jorasses e
dell'Eiger. La prima fu vinta nel 1931 ad opera dei fratelli austriaci Franz e
Toni Schmid; la parete Nord delle Grandes Jorasses fu salita nel 1938 da R.
Cassin con i compagni di cordata Esposito e Tizzoni. Nello stesso anno i
tedeschi Heckmair e Vörg e gli austriaci Kasparek e Harrer salirono la
parete Nord dell'Eiger. Nel 1942 le Grandes Jorasses furono teatro di un'altra
grandissima impresa: la salita della parete Est da parte del friulano G.
Gervasutti. Gli anni del secondo dopoguerra videro un progressivo aumento delle
difficoltà, superate con l'ausilio crescente di mezzi tecnici sempre
più perfezionati. Accanto ai chiodi tradizionali, che vengono infilati
nelle fessure e nei fori che la roccia naturalmente presenta, comparvero i
chiodi a pressione, o
spit, piantati in un foro praticato in precedenza
con un trapano. L'uso sconsiderato dei chiodi a pressione, specialmente negli
anni Sessanta, portò all'apertura di vie il cui tracciato, del tutto
artificioso, si sostituiva completamente alle linee suggerite dalla
conformazione della roccia. I protagonisti del periodo compreso tra il secondo
dopoguerra e gli anni Settanta sono moltissimi; si citano qui solo i più
significativi, incominciando dal monzese W. Bonatti, che non rifiutò
l'uso dei mezzi artificiali di progressione, ma fu sempre fedele ad un'etica
rigorosa, che ne limitava l'uso. La sua impresa più grande è la
conquista, nel 1955, del pilastro Sud-Ovest del Petit Dru (gruppo del Monte
Bianco), dove superò, in 6 giorni di durissima arrampicata solitaria,
enormi difficoltà tecniche e psicologiche. J. Couzy e R. Desmaison furono
i rappresentanti di punta dell'
a. francese. La carriera di Couzy fu
purtroppo interrotta nel 1958 da un incidente mortale, mentre Desmaison
proseguì la sua attività di altissimo livello fino alla fine degli
anni Settanta, compiendo prime ascensioni, prime invernali e prime solitarie di
grande prestigio sulle montagne di tutto il mondo. Tra gli alpinisti tedeschi H.
Buhl emerse come uno dei più forti e preparati. Gli arrampicatori della
"scuola sassone" furono invece veri e propri maestri dell'arrampicata
artificiale. C. Maestri si può considerare la sintesi delle
contraddizioni dell'
a. di questo periodo: in possesso di doti tecniche
straordinarie, salì e discese slegato vie di altissima difficoltà
nello stile di Preuss, e al tempo stesso ne rinnegò totalmente i principi
ricoprendo di chiodi a pressione placche levigate. L'altoatesino R. Messner
è stato tra i più grandi innovatori di tutti i tempi, figura
centrale nella storia dell'
a. al pari di Preuss, ai cui principi ha
sempre cercato di ispirarsi, attualizzandoli a un'epoca più moderna.
Messner è un alpinista completo: fortissimo su roccia come su ghiaccio,
sulle Alpi come sugli Ottomila, vanta un curriculum senza confronto. È
stato il primo uomo a calcare la vetta di tutti i 14 Ottomila della terra. Fu
tra i primi a spingersi ben oltre i vecchi limiti del sesto grado, contribuendo
in modo decisivo all'apertura verso l'alto della scala delle difficoltà.
Gli anni Ottanta hanno segnato per l'
a. l'inizio di una nuova fase:
quella della specializzazione. Le branche principali in cui l'
a. è
andato specializzandosi sono l'arrampicata sul ghiaccio di stretti colatoi
"fantasma", le cosiddette
goulottes, la ricerca di nuove terreni per
l'arrampicata estrema su roccia, la scoperta di settori e placche sempre
più lisce o verticali, superabili in arrampicata libera protetta
(cioè con l'ausilio di
spit, utilizzati esclusivamente come mezzi
di protezione, ma non di progressione), e il cosiddetto
a. di
velocità, ovvero le ripetizione e il concatenamento di itinerari di alta
difficoltà con il minimo ricorso all'equipaggiamento e la massima
velocità di progressione, resa possibile dalla leggerezza e dalla
preparazione fisica e tecnica. In questo periodo di crescente specializzazione
moltissimi sono i protagonisti dell'evoluzione. Due alpinisti si sono comunque
distinti per il valore delle loro imprese: l'italiano R. Casarotto e il francese
J.M. Boivin, morti tragicamente il primo nel 1986, il secondo nel 1990.
Memorabile nel 1977 la conquista solitaria della parete Nord del Nevado
Huascarán (Ande Peruviane) che impegnò Casarotto per 17 giorni di
arrampicata durissima. Boivin in tutti i settori della sua multiforme
attività lasciò l'impronta del fuoriclasse. Dotato di tecnica
raffinatissima, eccelse su roccia, su ghiaccio, nello sci estremo e nel volo a
vela (deltaplano, parapendio, paracadute acrobatico). La sua incredibile
padronanza della tecnica gli consentì di portare a termine le salite in
tempi incredibilmente bassi. ||
Storia dell'a. extraeuropeo: l'
a.
extraeuropeo, in particolare in Himalaya e Karakorum, ebbe inizio nei primi anni
del Novecento con una fase esplorativa, in cui l'attenzione venne rivolta alle
cime più alte e prestigiose (gli Ottomila) per la cui conquista si
organizzarono vere e proprie spedizioni "pesanti" che facevano abbondante
impiego di materiali (ad esempio maschere e bombole per l'ossigeno) e portatori
locali. Tali spedizioni ebbero spesso carattere nazionale, essendo finanziate
dai Club Alpini e talvolta persino dalle autorità governative. Il primo
Ottomila ad essere conquistato fu l'Annapurna, salito nel 1950 da una spedizione
francese. L'Everest, cima più alta della Terra, fu salito nel 1953 ad
opera di una spedizione inglese che portò in vetta E.P. Hillary e lo
sherpa T. Norkey. Nel 1954 gli italiani si aggiudicarono il successo sul K2 con
A. Compagnoni e L. Lacedelli. La prima impresa a distaccarsi nettamente dalle
altre per concezione e stile fu la conquista del Nanga Parbat del 1953 ad opera
di H. Buhl. L'attacco finale alla cima fu condotto senza bombole d'ossigeno e
addirittura in solitaria. Questa salita segnò l'inizio di una nuova fase,
caratterizzata dalla graduale rinuncia all'uso dell'ossigeno, da una drastica
riduzione del materiale e dei portatori, da una velocità d'esecuzione
decisamente superiore e dalla ricerca di difficoltà crescenti. Il
principale protagonista di questa evoluzione fu R. Messner che, con diversi
compagni, a partire dal 1970, incominciò la conquista degli Ottomila
applicando all'
a. extraeuropeo i principi severi e lo stile elegante che
ne avevano caratterizzato l'attività sulle Alpi. Gli anni Ottanta e
Novanta furono caratterizzati dalla ricerca delle più alte
difficoltà su roccia e su ghiaccio. Gli alpinisti dell'Est europeo,
soprattutto polacchi e sloveni, furono i primi a raccogliere la sfida lanciata
da Messner. Tra i Polacchi bisogna citare J. Kukuczka, W. Kurtika e K. Wielicki;
tra gli Sloveni F. Knez e T. Cesen. Soprattutto Tomo Cesen si è imposto
all'attenzione dell'ambiente internazionale come uno dei più forti e
preparati alpinisti dei nostri tempi. L'evoluzione dell'
a. extraeuropeo
sembra ricalcare a grandi linee quella sperimentata sulle Alpi esigendo peraltro
un oneroso tributo in vite umane a causa delle superiori difficoltà
ambientali, del maggior impegno psico-fisico e delle condizioni climatiche
spesso instabili.
LE PRINCIPALI CONQUISTE DELL'ALPINISMO
|
Anno
|
Vetta
|
Alpinisti
|
1786 1800 1804 1811 1850 1855 1858 1862 1864 1865 1865 1867 1869 1869 1874 1878 1881 1887 1889 1897 1899 1950 1951 1953 1953 1954 1954 1954 1955 1956 1956 1957 1958 1959 1960
|
Monte
Bianco Grossglockner Ortles Jungfrau Pizzo
Bernina Monte Rosa (Punta
Dufour) Eiger Disgrazia Adamello Grandes
Jorasses Cervino Pizzo
Badile Sassolungo Cima
Grande di Lavaredo Croda dei
Toni Grand
Dru Cima Piccola di
Lavaredo Prima Torre del
Vaiolet Kilimangiaro Aconcagua Campanile
Basso di
Brenta Annapurna Fitz
Roy Everest Nanga
Parbat Makalu K2 Cho
Oyu Kanchenjunga Lhotse Manaslu Broad
Peak Gasherbrum
I Cerro
Torre Dhaulagiri
|
J. Balmat, M.
Paccard F.
Altgraf J. Pichler, J. Leitner, J.
Klauser R. Meyer, G.
Meyer J. Coaz, l.
Rgut-Tscharner J.G. Smyth, C. Smyth e
compagni Barrington, C. Almer, P.
Bohren E.S. Kennedy, L. Stephen, T. Cox,
M. Anderegg J. Payer, G.
Catturani E. Whymper, M. Croz, C. Almer,
Biner E. Whymper, M. Croz e
compagni Coolidge, F. e H.
Dévouassoud P. Grohmann, P.
Salcher, F. Innerkofler P. Grohmann, P.
Salcher, F. Innerkofler M e J.
Innerkofler Dent, Hartley, A. Burgener,
Maurer M. e J.
Innerkofler Winkler H.
Meyer,
Purtscheller Zurbriggen Ampferer,
Berger M. Herzog,
Lachenal L. Terray, G.
Magnone E. Hillary, n.
Tensing E.
Buhl Tre spediz.: americana,
neozelandese, francese A. Compagnoni, L.
Lacedelli H. Tichy, S.
Jöchler C.
Evans F. Luchsinger, E.
Reiss Y. Maki, T. Imanishi,
Gyalzen Schmuck, Wintersteller,
Diemberger, E. Buhl A. Kauffmann, P.
Schoening C. Maestri, T.
Egger M. Eiselin
|