(o
Alemanni; dal gotico
alamans: uomini).
Gruppo di popolazioni germaniche, principalmente Suebi e Semnoni, che a partire
dal III sec. d.C. cominciò a esercitare una pressione minacciosa ai
confini dell'Impero romano. Affrontati sul Meno da Caracalla nel 213 e da
Gallieno presso Milano nel 260, furono respinti oltre il Reno da Giuliano
l'Apostata nel 357, che li sconfisse nei pressi di Argentoratum (odierna
Strasburgo). Nel corso del V sec. si scontrarono con le popolazioni franche: nel
450 furono sconfitti dai Franchi Ripuari guidati dal re Childeberto e in seguito
vennero sottomessi da Clodoveo. Poche tuttavia sono le notizie sulla sconfitta
inflitta loro da Clodoveo e avvenuta, secondo la testimonianza di Gregorio di
Tours, nella battaglia di Tolbiac del 496; altre notizie però
sposterebbero l'avvenimento più tardi, nel 506. Entrati a far parte del
regno franco di Austrasia, gli
A. godettero di una relativa autonomia:
furono infatti sempre subordinati a duchi prescelti dai re franchi ma
provenienti dalle loro stirpi. Inoltre conservarono leggi proprie, codificate
nel
Pactus Alamannorum, di cui è stato tramandato un frammento del
VII sec., e nella
Lex Alamannorum, risalente all'inizio dell'VIII sec.
Nel corso dei secc. VII e VIII si convertirono al Cristianesimo, in seguito
all'opera evangelizzatrice svolta dall'irlandese San Colombano e continuata poi
da Pirmino, che nel 724 fondò l'abbazia di Reichenau. Riacquistarono per
breve tempo l'indipendenza in concomitanza alla decadenza dei re merovingi, ma
con l'avvento dei Pipinidi furono nuovamente sottomessi da Carlo Martello che
alla sua morte, divise il regno franco tra i due figli Carlomanno e Pipino il
Breve, assegnando al primo tra l'altro anche il dominio sull'Alemannia. Poco
dopo il 900, con la dissoluzione dell'impero carolingio, una parte degli
A. costituì il ducato autonomo di Svevia
(V.).