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Alchimia.

(dall'arabo al-Kimya': pietra filosofale). Credenza magico-religiosa che tendeva a rivestire di un alone sacro le prime esperienze artigianali della lavorazione dei metalli. Aveva come fine principale quello di trasformare metalli vili in preziosi. Essa implicava inoltre una esperienza conoscitiva e psicologica sui problemi dell'origine dell'uomo e sulla ricerca della sua felicità. Già nota nell'età protostorica sia in oriente che in occidente, si sviluppò principalmente durante il Medioevo e il Rinascimento, decadendo nel corso del Settecento quando fu sostituita dalla chimica. È però comunque impropria l'opinione per cui essa sarebbe l'antenata di questa scienza quantitativa che ha alla base principi razionali ed è ben diversa quindi dall'a. che ricerca una conoscenza globale e intuitiva del mondo e che ritiene i suoi risultati dipendenti da volontà extraumane. La scienza moderna tende a rivalutare l'a. riconoscendo che il principio fondamentale degli alchimisti (che cioè i corpi fossero fenomeni di una materia prima e perciò reciprocamente trasmutabili) partiva da una concezione in qualche modo scientifica. Alla luce di questa moderna valutazione i vantaggi derivati dall'a. (scoperta dei processi di distillazione, di sublimazione, di calcinazione; scoperta dall'antimonio, della potassa, ecc.) hanno fatto di quest'arte un fattore non indifferente nella storia del progresso umano. Molteplici sono le leggende sull'origine dell'a. Per alcuni storici essa sarebbe stata creata da Ermete Trimegisto, un saggio egiziano del II millennio a.C. Secondo altre fonti (Libro di Enoc apocrifo) l'a. fu insegnata a un gruppo ristretto di uomini da angeli che avrebbero svelato i segreti di quest'arte indotti dall'amore di alcune donne. Un'altra tradizione lega l'a. allo sviluppo di antiche civiltà particolarmente avanzate e poi travolte da eventi naturali (è il caso di Atlantide, a cui molti scrittori del passato attribuiscono un'elevata cultura tecnologica). È però molto più probabile che l'a. sia sorta dalla credenza che la lavorazione dei metalli avesse in sé poteri taumaturgici e magici, forse perché connessa al fuoco e alla terra, tradizionalmente due sedi di potenze religiose e magiche. La prima fase sarebbe stata quella della formazione di gruppi di associazioni di artigiani abili a lavorare i metalli: poi in un secondo tempo essi avrebbero assunto funzioni religiose, forse per connessione coll'idea della preparazione di armi per gli eroi e per gli dei (si pensi alle armi dei personaggi omerici) o per il fatto che in alcuni popoli preeelleni determinati artigiani fossero adibiti alla preparazione delle armi sacre. Vi sono sicuramente implicite anche motivazioni di ordine psicologico e gnoseologico, che si possono riassumere nella naturale curiosità verso la lavorazione e la trasformazione di sostanze naturali. Proprio questa presenza di una autenticità psicologica ha fatto sì che, dopo il periodo di totale abbandono e di critica dell'a. durante l'Ottocento, causato principalmente dal diffondersi del pensiero positivista, essa sia stata invece rivalutata nel nostro secolo e spesso indagata con differenti chiavi di lettura. Ad esempio per Jung, il simbolismo ben presente nell'a. fonderebbe un sistema di archetipi che stanno alla base dell'inconscio collettivo. Bachelard a sua volta ha posto l'attenzione sui miti primordiali di fuoco, terra, acqua, aria, esaminandone le implicazioni psicoanalitiche. A questo tipo di analisi dell'a. si possono ricondurre anche alcune esperienze artistiche e in particolar modo quella dei surrealisti (Salvator Dalì, Leonor Fini). Per gli alchimisti fondamentale era il principio della indistruttibilità della materia e quello della sua unità. Essi volevano quindi riprodurre fenomeni naturali con un intervento umano che fosse però in piena armonia con le leggi del cosmo. Inoltre era per loro essenziale l'idea di una corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, tra anima singola e anima del mondo. Ecco perché la loro pratica era inscindibile da una speculazione, da un momento teorico col quale intendevano inserirsi nel ritmo del cosmo: l'alchimista aveva come fine ultimo una ascesi verso Dio; per questo agli esperimenti si associavano pratiche ascetiche, digiuni, veglie, che dovevano servire appunto per l'elevazione alla sfera celeste. Proprio questa componente mistico religiosa, rendeva l'a. una pratica esoterica riservata esclusivamente agli adepti e spesso svolta in clandestinità. La trasformazione dei metalli in argento o in oro si chiamava nel primo caso piccolo magistero, nel secondo grande magistero. L'attrezzatura per svolgere l'esperimento consisteva in un fornello (detto athanor), in una storta di terracotta o di cristallo e in un crogiolo. Si poteva procedere sia per via umida, con la storta, o per via secca, con il crogiolo. Inoltre perché l'esperimento riuscisse bisognava fare ricorso alla pietra filosofale disponibile o in soluzione (elisir di lunga vita) o polverizzata (polvere di proiezione). Inoltre poiché i metalli erano legati a divinità celesti era molto importante il momento astrologico in cui si operava e l'alchimista doveva essere ferrato anche in questa materia. Del resto poiché si volevano ricostruire i ritmi delle onde che animano la materia, si giustificava la presenza di una musica detta alchimistica ossia si accompagnavano gli esperimenti col canto di formule propiziatorie per ottenere le dovute trasformazioni. L'a. si estendeva anche alla sfera biologica e alla medicina. Si riteneva possibile ad esempio ricostruire una pianta dalle sue ceneri. Ma l'operazione più incredibile che si credeva che l'a. potesse compiere era quella della creazione della vita umana, ossia del cosiddetto homunculus, un procedimento che venne descritto meticolosamente da Paracelso. Inoltre si attribuivano alla pietra filosofale poteri taumaturgici: secondo gli alchimisti essa poteva dare l'immortalità, consentiva di fare a meno di necessità biologiche, e permetteva ad esempio di non nutrirsi: addirittura riusciva a spogliare l'adepto delle sue forme umane e a riportarlo alla condizione di ente angelicato. • St. - L'a. è documenta a partire dal II sec. ma è molto probabile che la sua origine fosse molto più antica. In Cina, dove l'a. fu preceduta da una lunga tradizione orale, si conosce il nome di un maestro del IV sec., Tsu Yen. Rifacendosi al Taoismo, secondo il quale vi è un'unità cosmica data dalla dialettica tra il principio maschile (Yang) e quello femminile (Yin), gli alchimisti (si ricordano Wei Po-yang e Ko Hung), diffusero tecniche di ascesi spirituale e ipotizzarono uno stadio di completa perfezione immateriale (l'isola degli Immortali); inoltre si dedicarono anche loro alla fabbricazione di pillole dell'immortalità e cercarono di praticare norme di vita che consentissero il raggiungimento dell'equilibrio psicofisico. In particolar modo si concentrarono sull'energia sessuale, punto quest'ultimo ripreso soprattutto dalla a. indiana, che ebbe alla base il tantrismo, una corrente magico-religiosa che considerava l'energia manifestazione del divino e identificava nell'unione della coppia originaria, (Kami e Rati), l'unità del cosmo. Gli alchimisti indiani si dedicarono soprattutto alle ricerche sul controllo dell'impulso sessuale che poteva realizzarsi o nella castità (via della mano destra) o del rapporto con la donna (via della mano sinistra). È probabile o comunque non si può escludere che l'a. cinese e orientale esercitò una certa influenza sullo sviluppo di quella occidentale che però nacque propriamente in Egitto (la stessa radice del nome Kem richiama il nome del delta del Nilo detto terra nera). Gli Egizi svilupparono sicuramente una tecnica metallurgica molto avanzata e nel Libro dei morti si ritrova descritto il rituale di un culto mirante al ricongiungimento dell'uno col tutto. Non è però facile stabilire gli apporti originari della cultura egiziana, alla quale si fusero elementi greci di tipo gnostico durante l'età ellenistica, che fu caratterizzata da un'intensa fioritura di letteratura alchimistica (si ricordano il Corpus Ermeticum che contiene il celebre Pimandro). Tra le personalità legate alla pratica alchimistica si ricordano Ermete Trimegisto, autore della Tavola di smeraldo, il più importante trattato delle origini, lo Pseudo Democrito, Zosimo di Panopoli, Maria l'Ebrea (a lei si attribuisce il procedimento detto per via umida o bagnomaria), Sinesio di Tolemaide, Enea di Gaza. Successivamente gli Arabi portarono un notevole apporto alla a. Studiosi e alchimisti furono Khalid ibn Yazid, Geber al-Sufi, Artefio, al-Toghra-i. Ma il loro maggiore contribuito fu la trasmissione della cultura alchimistica egiziana all'occidente. Lo stesso testo di Ermete Trimegisto su menzionato ci è giunto nella versione araba. Durante il Medioevo l'a. si circondò di un alone di magia e di satanismo. Secondo la tradizione l'ordine dei cavalieri teutonici avrebbe posseduto un ricco tesoro di oggetti prodotti con metodi alchimistici. Ma l'a. fu praticata anche da uomini considerati pienamente ortodossi quali Alberto Magno e Tommaso d'Aquino a cui si attribuisce un trattato sulla pietra filosofale. Altri alchimisti furono Ruggero Bacone, Arnaldo da Villanova, Raimondo Lullo. Dal Trecento l'a. si diffuse rapidamente in tutti i ceti sociali e in tutta Europa (in Germania si ricordano Basilio Vamentono, in Italia Bernardo Trevigino che scrisse Il sogno verde) ma fu durante il Rinascimento che si ebbe la sua maggiore diffusione favorita dall'allegorismo del platonismo allora dominante. È da notare però che è proprio durante questa epoca che inizia a crearsi un divario: da un lato vi era l'a. intesa come tentativo di raggiungere veri e propri risultati scientifici e dall'altro l'a. vista come prosecuzione di pratiche mistiche e magiche ormai inconciliabili con l'affermarsi del primato del pensiero scientifico. Così se da una parte si hanno i casi del Della Porta che ottenne la riduzione degli ossidi metallici, o di Paracelso che studiò le connessioni tra fenomeni biologici e psichici e pose le basi della moderna omeopatia, dall'altra si assiste contemporaneamente al formarsi della setta chiamata Società dei Fratelli della Rosa Croce. Con l'affermarsi dell'Illuminismo nel Settecento l'a. si ridusse a una piena clandestinità: sono di questo secolo i personaggi di Cagliostro, quello del protetto di Madame de Pompadour il conte di Saint-Germain a cui si attribuiva una terapia di ringiovanimento; né mancarono studiosi ancora interessati a tale pratica (Ghoethe ad esempio, che sull'idea di una corrispondenza tra leggi naturali e quelle umane fonderà anche il suo romanzo delle Affinità Elettive). Riguardo alla pratica alchimistica differenti furono le legislazioni: Carlo V re di Francia nel 1380 proibì ai privati di tenere strumenti per esperimenti di a.; Enrico IV di Inghilterra nel 1404 decise pene varie dalla confisca alla morte per gli alchimisti. Uguale fu la legislazione di Venezia approvata nel 1418. Qualche anno dopo però nella stessa Inghilterra vennero concesse licenze ai cultori di questa pratica. Generalmente si puniva la fabbricazione di monete false. La Chiesa non condannò mai la pratica della trasformazione dei metalli mentre biasimò l'uso di oro alchimistico in quanto considerato meno puro e di inferiore qualità rispetto a quello naturale.