L'insieme delle dottrine teologiche e filosofiche di
Sant'Agostino d'Ippona e di tutte le correnti dottrinarie facenti capo al
pensiero di S. Agostino. Il termine risale al 1889, quando fu usato per la prima
volta da Franz Ehrle in un suo saggio, e in seguito il suo uso divenne comune.
Bisogna innanzitutto distinguere tra
a. filosofico e
a. teologico:
il primo prese origine dagli scritti agostiniani del periodo precedente
all'episcopato, mentre il secondo attinse principalmente agli scritti
antipelagiani. Le dottrine ecclesiologiche e politiche si basano soprattutto
sugli scritti inerenti alla polemica antidonatista. In campo teologico
l'
a. causò una forte reazione che raggiunse il suo apice con la
condanna del predestinazionismo (nel Concilio di Orange del 529 contro il
semipelagianismo). L'
a. teologico divenne così temperato: per la
salvezza è necessaria la grazia e l'
initium salitus è un
dono divino. Tuttavia, se lo vogliono veramente, tutti i battezzati possono
salvarsi. L'opera di S. Agostino influenza tutta la cultura occidentale
dell'epoca pre e post-carolingia; inoltre la sua autorità è
indiscussa circa la natura della Chiesa e dei suoi rapporti con lo Stato. Le
dottrine politiche e i concetti fondamentali, riuniti nel
De civitate
Dei, conferirono al pensiero del tempo un indirizzo comune. Il predominio
del vescovo di Ippona rimase incontrastato per tutto il XIII sec. (si ricordano
i due massimi teologici Anselmo d'Aosta e Abelardo); anche l'avanzare del
Tomismo e dei principi della Nuova Scolastica non riuscirono a infrangere la sua
influenza, anche se si creò una commistione tra i due indirizzi. Rimasero
intatti i principi dell'
a. e il pensiero cristiano che muove dalle
dottrine agostiniane si può riassumere in queste idee fondamentali: non
vi è nessuna distinzione formale tra teologia e filosofia, tra le
verità razionali e quelle rivelate; la volontà ha la preminenza
sull'intelletto e quindi la vita affettiva deve prevalere sulla vita
intellettuale; Dio, la fede hanno una funzione illuminatrice sulla conoscenza
umana; nella materia sono presenti i principi delle cose e l'ileomorfismo
è universale. Fondamentale è anche l'individuazione dell'anima per
virtù propria, non conseguente alla unione della creazione del mondo
ab aeterno. Tra i principali rappresentanti dell'
a. di questo
periodo si ricordano Guglielmo d'Auvergne, Alessandro di Hales, S. Bonaventura,
Ruggero Bacone, Matteo d'Acquasparta e Duns Scoto. Alcuni agostiniani, tra cui
S. Bonaventura, accolsero alcuni dei principi aristotelici: in particolar modo
fu importante l'opera degli Eremitani di S. Agostino che aderirono al Tomismo,
ma finirono con l'immettere le tesi fondamentali dell'
a. nel nuovo
indirizzo (Egidio Romano); rimasero intatti i principi della superiorità
della volontà sull'intelletto, l'idea dell'amore come oggetto della
teologia, la necessità della grazia e la preminenza del potere
spirituale, della Chiesa, su quello temporale. In merito alla questione della
grazia molti studiosi mantennero la posizione agostiniana (Giovanni da Basilea,
Egidio da Viterbo). La filosofia di S. Agostino fece entrare nell'orbita del
Neoplatonismo cristiano gli umanisti del XIV e del XV sec., tra i quali F.
Petrarca. Al pensiero di S. Agostino si rifece anche Lutero nei suoi scritti
sulla grazia: egli intendeva diffondere l'
a. nella sua patria, ma presto
giunse a un aperto contrasto con la scuola agostiniana, tanto da sostenere la
servitù dell'arbitrio contro Erasmo. Il Concilio di Trento
confermò la validità delle tesi fondamentali dell'
a.:
seguaci del pensiero di S. Agostino presenti al concilio, quali Seripando,
Agostino Moreschini, Gregorio da Padova, Mariano da Feltre e altri, dibatterono
i temi centrali dell'
a. e in particolar modo il problema della
predestinazione e della grazia. Essi sostennero che l'uomo desidera naturalmente
Dio che considera unica e vera felicità; ma il peccato originale ha
gettato l'umanità in uno stato di disordine morale, a causa del quale
essa è attratta dal male. Per sollevare l'uomo è dunque necessaria
la grazia. Esistono due tipi di grazia: la grazia sufficiente, che però
se associata a una forte inclinazione al male non è efficace, e la grazia
efficace, che viene concessa da Dio solo ad alcuni secondo un disegno
incomprensibile per l'umanità ma proveniente sicuramente da un giudizio
perfetto e giusto. Durante i secc. XVI e XVII alcuni temi in merito alla
predestinazione vennero ripresi dal Giansenismo (Giansenio e Pascal).
Contemporaneamente al diffondersi in Francia di quest'ultimo indirizzo, sorsero
all'interno della Chiesa cattolica varie controversie tra tomisti, gesuiti,
molinisti e domenicani. In queste dispute ebbero una parte preminente i seguaci
della nuova scuola, tra i quali spiccano E. Noris, A. Piette, F. Belelli, L.
Berti, G. Simon e F. La Fosse. Essi sostennero che il peccato originale corrompe
la natura umana anche nei doni avuti da Dio, il quale concede la grazia per la
salvezza solo a pochi uomini e indipendentemente dai meriti; inoltre il
peccatore è giustificato solo con il pentimento dettato da un vero amore
per Dio. Dispute e controversie simili a queste si accesero nelle varie
confessioni affermatesi in seguito alla Riforma: nel Luteranesimo, soprattutto
con Melantone, prevalsero le tesi che riconoscevano l'efficacia della ragione e
la libertà umana. Questa tendenza, anche se contrastata, confluì
nel Calvinismo e nell'Anglicanesimo. Tra i filosofi moderni sono considerati
agostiniani, tra gli altri, Cartesio e Malebranche: il primo per aver ripreso,
con il concetto di
cogito ergo sum, una tesi dell'
a.; il secondo
perché volle conciliare filosofia e Cristianesimo, scienza e fede nella
sua filosofia speculativa di tendenza chiaramente mistica.