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Afghànistan.

Stato (652.225 kmq; 27.196.000 ab.) dell'Asia Centrale. Confina a Nord con il Turkmenistan, l'Uzbekistan e il Tagikistan, a Nord-Est per brevissimo tratto con la Cina, a Est e a Sud con il Pakistan, a Ovest con l'Iran. Capitale: Kabul. Città principali: Kandahar, Herat, Mazar-i-Sharif. Ordinamento: Repubblica islamica presidenziale. Il potere esecutivo è affidato al presidente, mentre quello legislativo a un Parlamento bicamerale, composto da Camera e Senato, i cui membri sono eletti dalle liste del Fronte Nazionale distinto dal Partito popolare democratico trasformatosi in PDP. Il Paese è membro dell'ONU. Moneta: afghani. Lingue ufficiali: pashto e dari. Religione: musulmana di rito sunnita.

GEOGRAFIA

Morfologia: l'A. presenta un territorio prevalentemente montuoso con le caratteristiche della steppa. Il territorio centro-orientale è occupato da un imponente sistema montuoso la cui spina dorsale è la catena dell'Hindukush e del Kuh-i-Baba, che raggiunge l'altezza massima di 5.143 m. Questo sistema si irradia a ventaglio in una serie di catene le cui altitudini medie variano tra i 3.000 e i 5.000 m, e che attraversano da Ovest a Est il Paese (Band-i Turkestan, Band-i Baba e l'insieme dei gruppi meridionali): a Sud degradano verso la zona desertica dell'altopiano del Regsitran, a Sud-Ovest verso la depressione del Sistan e ad Ovest verso l'altopiano iranico. A Nord-Est l'Hindukush si salda al Pamir e alla catena himalaiana. ║ Idrografia: le catene sono solcate dai corsi di grandi fiumi che nascono o dall'Hindukush o dal Kuh-i-Baba irradiandosi a Sud-Ovest verso il Sistan, verso il bacino dell'Amu Darja a Nord e verso quello dell'Indo a Est. Altri fiumi importanti sono poi l' Helmand, lo Hari Rud, il Murgab, che però si perdono nelle zone desertiche. Il più grande fiume è il Kabul (700 km, di cui 569 in territorio afghano), che si versa nell'Indo, la cui gola costituisce la principale via di accesso al Pakistan (passo del Khyber, 1.030 m, detto la porta dell'India). ║ Clima: il clima è nettamente continentale. Le piogge si verificano nei periodi invernali e primaverili, ma sono molto scarse: da 50 a 150 mm nelle pianure, fino 1.300 mm sui rilievi. Forti sono le escursioni termiche: la temperatura media è di 12-13 °C, passando a Kabul da una media invernale di 0 °C a una media estiva di 25 °C. Nelle zone meridionali e orientali prevale un clima mite di tipo mediterraneo. Le pianure sono prevalentemente steppiche mentre le acque fluviali formano oasi dove domina il pioppo.
Cartina dell'Afghanistan


ECONOMIA

L'economia afghana, prevalentemente agricola, è ancora caratterizzata da sistemi tradizionali. Dagli anni Cinquanta lo Stato, supplendo alla mancanza di una classe imprenditoriale, ha attuato dei piani quinquennali cercando, attraverso la creazione di infrastrutture, di formare una base industriale che servisse almeno i bisogni primari della popolazione. Parte decisiva hanno svolto le potenze straniere: Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania Occidentale, Cina e soprattutto l'Unione Sovietica. I risultati sono stati modesti e resi vani dal conflitto che ha coinvolto il Paese per oltre dieci anni e che ha fatto giungere il reddito pro capite ai livelli più bassi del mondo. L'economia afghana rimane comunque prevalentemente agricolo-pastorale. Gravi conseguenze hanno determinato le tremende carestie degli anni 1971 e 1972 che hanno fatto diminuire il patrimonio zootecnico. Grazie all'aiuto esterno si sono realizzate alcune importanti opere quali quelle di sbarramento e canalizzazione dei fiumi Helmand e Arghandab, che hanno permesso di guadagnare terre prima desertiche; altri progetti sono in fase di realizzazione nelle valli del Kabul e a Jalalabad. Tra i cereali si coltivano mais, riso, frumento; tra le colture industriali il primo posto spetta al cotone, che ha alimentato alcune industrie tessili, e alla barbabietola da zucchero. Settore particolarmente fiorente è la frutticoltura con prodotti tipici quali meloni, albicocche e uva utilizzata per produrre uva passa. La risorsa più importante è l'allevamento, soprattutto di ovini di razza karakul dai quali si ottiene una lana pregiata. La scoperta di minerali nel sottosuolo non ha portato a un incremento della ricchezza: infatti le difficoltà di estrazione e soprattutto quelle di trasporto e la mancanza di un accesso diretto al mare renderebbero poco competitivi i prodotti afghani. Difficile infatti è ancora la situazione delle comunicazioni.

STORIA

Il territorio dell'attuale A., situato tra l'altopiano iranico, il Pamir e la valle dell'Indo, costituì fino all'età moderna l'unica via di accesso all'India. La sua storia, a partire dal II millennio a.C., fu caratterizzata dalle invasioni di alcuni popoli che fecero dei passi afghani il centro di irradiazione del loro potere. Abitata nel VI sec. a.C. dai Persiani, la regione venne in seguito interessata dalla spedizione di Alessandro Magno (330-323 a.C.) e subì l'invasione degli Indiani dell'Impero Maurya durante il regno di Asoka (metà del III sec. a.C. circa). Entrata a far parte del regno greco-buddhista di Battriana nel 196 a.C. fu in seguito assorbita dal regno dei Kusana (50 a.C.), divenendo l'avamposto della penetrazione del Buddhismo in India. I Kusana rimasero al potere fino al 480, anno in cui vennero sopraffatti dagli Unni eftaliti, a loro volta cacciati dai Persiani sassanidi nel 557. Nel 962 l'avvento della dinastia turca dei Ghaznavidi determinò la formazione di un importante Impero musulmano e la completa islamizzazione della regione. Nel 1186 ai Ghaznavidi subentrò la dinastia dei Ghordi, signori di Delhi; l'A. subì le sorti del sultanato di Delhi fino al 1526, anno in cui parte del territorio venne annesso all'Impero indio di Moghul, mentre le regioni di Herat e di Kandhar passarono poi alla Persia (1648). Nello stesso periodo ebbe inizio l'espansione degli Afghani; a metà del XVIII sec. il popolo afghano riuscì a unificare il Paese sotto Ahmed scià (1747-73), capostipite della dinastia Durrani. Il Paese, diviso in tribù e privo di una ferma organizzazione, fu progressivamente indebolito da guerre interne. Alla morte di Ahmed il figlio Timur scià non riuscì a mantenere il Paese unito e alla sua morte, nel 1793, le guerre interne portarono al potere i Barakzay, con Dost Mohammed. Il sovrano dovette far fronte all'espansionismo inglese e russo, che determinò tre conflitti (guerre afghane). Nel 1838 gli Inglesi invasero l'A. e vi restaurarono la dinastia dei Durrani; nel 1842, tuttavia, una rivolta popolare riportò al potere Dost Mohammed, che si vide riconosciuta l'autorità dagli Inglesi con il trattato di Peshawar (1855). Nel 1878 la Gran Bretagna, per fronteggiare l'espansionismo russo in Turkestan, riaprì le ostilità che si conclusero nel 1879 con il trattato di Gandamak, con il quale gli Inglesi ottennero una sorta di protettorato su Kabul, confermato da successivi accordi nel 1887 e poi nel 1907. Dopo la prima guerra mondiale un nuovo conflitto fu suscitato da Aman Ullah, e si concluse con la pace di Rawalpindi (1919), in cui veniva sancita l'indipendenza del Paese. L'emiro Aman Ullah, salito al trono con il titolo di padishah, attuò una politica di modernizzazione duramente avversata dalle forze conservatrici, che costrinsero il detentore del potere ad abdicare nel 1929. Dopo un periodo di disordini fu restaurata la dinastia dei Durrani con l'ascesa al potere di Nadir Khan, generale dell'esercito, assassinato nel 1933. A lui successe Mohammed Zahir che, sfuggendo alle mire protezionistiche dell'URSS e dell'Inghilterra, seppe tutelare l'indipendenza dell'A., mantenendo la neutralità del Paese durante la seconda guerra mondiale e ottenendo l'ammissione all'ONU. Detronizzato da un colpo di Stato il 17 luglio 1973, il re Mohammed Zahir venne sostituito dal generale Sardar Mohammed Daud; nell'agosto 1973 venne proclamata la Repubblica. Durante la permanenza al potere di Daud si sviluppò un partito di ispirazione marxista, il Partito democratico popolare (PDP), diviso nelle sue fazioni Parcham (bandiera) e Khalq (popolo), che trovò largo seguito nell'esercito e nella classe degli intellettuali. Il Paese si avvicinò dal punto di vista politico all'URSS, all'India e soprattutto all'Iran dello scià. L'A. fu costituito in Repubblica democratica nell'aprile del 1978, quando con un colpo di Stato prese il potere un Consiglio rivoluzionario militare (il PPDA), espressione del Partito democratico popolare. Presidente della Repubblica divenne Mohammed Taraki, capo della fazione Khalq. Il programma del nuovo Governo comprendeva una radicale riforma agraria, un piano per promuovere l'istruzione generalizzata e l'emancipazione della donna. La popolazione si oppose al regime, che osteggiava l'Islam come uno degli elementi del contesto feudale in cui l'A. viveva ancora. Nel 1979 il primo ministro Hafizullah Amin si impadronì del potere con un atto di forza. La progressiva recrudescenza delle sollevazioni popolari offrì al Governo sovietico il pretesto per inviare in A., nel settembre del 1979, duemila soldati con il compito di appoggiare gli altri tremila militari già dislocati nel Paese con la qualifica ufficiale di consiglieri civili. Un tentativo di colpo di Stato fallì nell'ottobre dello stesso anno: il presidente Amin riuscì a sventare un complotto, ordito da militari appartenenti all'Afghan Millat, il partito nazionale di ispirazione liberale che raccoglieva i consensi della forte borghesia di Kabul. Il 27 dicembre 1979 i Sovietici, che nel frattempo avevano fatto affluire in A. nuovi reparti militari, organizzarono un nuovo colpo di Stato che risultò fatale alla giunta di governo. Il presidente Amin venne catturato e giustiziato con i suoi più stretti collaboratori, mentre il potere passava nelle mani di Babrak Karmal (già espulso dal Paese nel 1978), capo della fazione comunista Parcham, messa in minoranza nei Governi precedenti dal Gruppo del popolo (Khalq), cui appartenevano sia Amin che il suo predecessore M. Taraki. Ma Karmal costituiva solo un paravento: il vero controllo di Kabul era nelle mani dei Sovietici, che si trovarono a dover fronteggiare prima la resistenza delle forze fedeli ad Amin, poi le continue offensive dei ribelli islamici, a loro agio nell'impervio territorio afghano, ideale per le operazioni di guerriglia. La situazione, per le forze di occupazione russe, peggiorò quando nel 1980 i cinque più importanti gruppi di guerriglia si riunirono in un'alleanza islamica per la liberazione dell'A. (IALA), con l'intento di unire e coordinare le operazioni della resistenza musulmana. Da allora, in un'escalation di violenza, si verificarono a ritmo frenetico attentati, scontri a fuoco, uccisioni di personalità politiche e militari, senza che, per questo, una delle due parti riuscisse a prevalere sull'altra, finché il nuovo corso inaugurato da Gorbaciov nella politica estera dell'URSS rafforzò la volontà sovietica di chiudere al più presto la "piaga sanguinante" di una guerra interminabile e inconcludente. A un primo simbolico ritiro di 8.000 soldati sovietici (su di un totale di circa 120.000) verso la fine del 1986, fece seguito un ritiro generale che venne completato all'inizio del 1989. Nel frattempo, nel 1987 assunse la carica di capo dello Stato M. Najibullah, il quale avviò una politica di riconciliazione nazionale, promettendo una vasta amnistia e la restituzione dei beni agli esuli, invitati a rimpatriare. Venne approvata una nuova Costituzione che stabiliva la trasformazione dell'A. in Repubblica presidenziale. Nei primi mesi del 1989 si verificarono diversi tentativi da parte di Najibullah di ammorbidire le posizioni intransigenti dei guerriglieri integralisti. Nel marzo del 1990, un tentativo di colpo di Stato ad opera del ministro della Difesa Shanavaz Tanai venne sventato dalle truppe rimaste fedeli al presidente. Nell'aprile del 1992 Najibullah fu destituito da un colpo di Stato attuato dai vertici militari. Pochi giorni più tardi, come stabilito dai capi delle varie fazioni islamiche nell'incontro avvenuto il 24 aprile a Peshawar, in Pakistan, Sibghatullah Mujaddidi assunse la presidenza della Repubblica e A.S. Massud fu nominato ministro della Difesa con il compito di fronteggiare le milizie islamiche avverse al nuovo regime. In base agli accordi stipulati il 24 aprile fu creato un Consiglio direttivo, composto da dieci membri, che elesse presidente della Repubblica Burhanuddin Rabbani, membro dello Jamat, e nominò primo ministro Abdul Sabur Fareed, esponente dello Hzeb i Islami. Immediatamente dopo la costituzione del nuovo Governo, a Kabul scoppiarono terribili scontri tra gli integralisti dello Hzeb guidati da Gulbuddin Hekmatyar e l'esercito capeggiato dal ministro della difesa Massud. Alla fine di maggio, la maggioranza dei gruppi ribelli afghani, compresi l'Hezb-i-Islami e il Jamat-i-Islami, annunciarono un accordo di pace. Il punto principale di convergenza fu la realizzazione di elezioni entro il termine di un anno e la fuoriuscita da Kabul delle milizie del ministro della Difesa, Ahmed Shah Massud, e di quelle uzbeche di Abdul Rashid Dostam. Il 31 maggio venne rotta la tregua tra le due principali fazioni di guerriglieri; in una settimana di combattimenti si registrarono 5.000 morti. L'ONU annunciò un programma di aiuti per l'ammontare di 10 milioni di dollari per fornire cibo e medicinali alla popolazione civile fuggita da Kabul per evitare la violenza. Nel marzo 1993, i dirigenti di otto fazioni rivali annunciarono la firma di un accordo di pace a Islamabad, in Pakistan; nell'accordo, auspicato dal primo ministro pachistano Nawaz Sharif, Rabbani e Hekmatyar risolsero di condividere il potere per un lasso di 18 mesi, fino alle elezioni. Rabbani avrebbe mantenuto il suo incarico di presidente e Hekmatyar sarebbe divenuto primo ministro. Il potente generale Abdul Rashid Dostam, le cui milizie controllavano gran parte del Nord del Paese, non prese parte alla conferenza di pace. Il 17 giugno Hekmatyar assunse la carica di primo ministro e pochi giorni dopo le sue truppe bombardarono Kabul. In settembre forze governative russe e tagiche si scontrarono con ribelli tagichi alleati ai combattenti afghani lungo la frontiera con il Tagikistan. Nonostante le accuse di Mosca, le autorità afghane negarono la propria partecipazione al conflitto e chiesero il ritiro delle forze russe dal loro territorio. Nel gennaio 1994, le milizie di Dostam, alleate con il primo ministro Hekmatyar, avviarono un'offensiva contro la capitale. La lotta tra i due gruppi continuò a disintegrare lo stato centrale; Kabul rimase divisa in zone controllate da gruppi rivali, mentre il 75% dei due milioni di abitanti della capitale si rifugiarono in altre regioni. A giugno Rabbani si rifiutò di consegnare il potere al termine del suo mandato, che alla fine fu prorogato dalla suprema corte. Nel 1995 la nascita del gruppo armato dei Talebani (“studenti” in persiano) nel Sud dell'A. modificò il corso della guerra. In febbraio i Talebani occuparono il quartier generale di Hekmatyar, al centro del Paese. In un periodo in cui non si riusciva a vedere alcuna soluzione alla guerra civile, verso la metà del 1996, circa 8.000 guerriglieri Talebani cominciarono a bombardare il centro di Kabul dai sobborghi, rafforzando l'assedio della capitale. A settembre la capitale cadde in mano dei Talebani mentre il Governo si trasferì a Nord del Paese. Nei primi mesi del 1997 la situazione rimase immutata, ma alla fine di maggio, Dostam tentò di abbandonare la sua alleanza con il deposto presidente Rabbani e di associarsi alle milizie dei Talebani. La nuova alleanza durò solo due settimane e il vantaggio realizzato dalle forze di Kabul fu rapidamente rovesciato. Ahmed Shah Massud, ex capo militare di Rabbani, divenne l'asse della nuova alleanza anti Talebani e ottenne il controllo della zona nord-orientale, che divenne virtualmente una Repubblica indipendente. Per raggiungere il controllo della maggior parte del territorio afghano, i Talebani contarono sull'appoggio di Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti. Una volta preso possesso di Kabul, il partito dei Talebani, seguendo la legge coranica, allontaò le donne dalla sfera pubblica, eliminandole dal sistema educativo. Il Governo integralista dei Talebani estese, nel 1998, ulteriormente il proprio controllo a più dell'80% del territorio conquistando la città di Mazar-i-Sharif, principale roccaforte dell'opposizione. Il 20 agosto 1998 la marina USA lanciò un attacco missilistico contro alcuni campi dei mujaheddin presso Khost e Zhawar Kili Al-Badr, non lontano dalla capitale, come rappresaglia per gli attentati alle ambasciate statunitensi di Nairobi e di Dar es Salama, attribuiti all'organizzazione terroristica di Osama Bin Laden, miliardario di origine saudita rifugiato in A. Gli sforzi compiuti nel marzo 1999 per giungere a un accordo di pace sotto l'egida dell'ONU fallirono in seguito al rifiuto del Governo talebano di consegnare Bin Laden; il Paese fu quindi sottoposto a embargo internazionale. Nel gennaio 2001 le sanzioni economiche nei confronti del Paese furono incrementate dall'ONU allo scopo di ottenere la consegna di Bin Laden. In aprile l'intransigenza talebana si rivelò in tutta la sua potenza con la distruzione delle gigantesche statue di Buddha scolpite nella roccia nella valle di Bamiyan, risalenti al V sec.; i Talebani sostennero di aver applicato strettamente le regole del Corano, che non ammette alcuna raffigurazione di volti umani. A maggio i non musulmani furono obbligati a indossare elementi identificativi. Dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre alle Torri Gemelle e al Pentagono, dei quali fu accusata Al-Qaeda, l'organizzazione capeggiata da Osama Bin Laden, l'attenzione internazionale si focalizzò sul regime talebano. Pochi giorni prima era stato ucciso Massud, il capo dell'Alleanza del Nord. Alla richiesta degli Stati Uniti e dei Paesi della NATO di consegnare il presunto mandante delle stragi, il regime afghano, capeggiato dal Mullah Mohammed Omar, oppose un fermo rifiuto. Il 7 ottobre le forze anglo-statunitensi sferrarono il primo attacco aereo in A., sulla capitale e sulle città di Mazar-i-Sharif, Konduz, Farah, Jalalabad e Kandahar; nei giorni successivi l'offensiva, che inizialmente aveva interessato solo gli aeroporti e obiettivi militari e strategici, proseguì coinvolgendo anche la popolazione civile. In novembre, contemporaneamente all'intervento di terra dei marines, le forze dell'Alleanza del Nord presero la città di Mazar-i-Sharif ed entrarono in Kabul (13 novembre), determinando di fatto il ritiro dei Talebani sulle montagne. Il 5 dicembre, a Bonn, venne raggiunto un accordo tra gli esponenti delle varie etnie afghane per la formazione di un Governo di transizione da insediare al potere. Due giorni dopo anche l'ultima roccaforte talebana, Kandahar, venne abbandonata, ma né Bin Laden né il Mullah Omar vennero catturati. Il 22 dicembre Hamed Karzai, leader della componente pashtun, fu ufficialmente proclamato capo del Governo ad interim, sostenuto dalle Nazioni Unite. Il neo premier promise di rispettare la legge islamica e i diritti delle donne. Nell'aprile 2002 l'ex re Mohammed Zaher Shah, in esilio a Roma, fece ritorno in A., affermando tuttavia di non voler in alcun modo reclamare il trono. In giugno la Loja Jirga (la riunione dei capi delle tribù) confermò Karzai a capo di un Governo di transizione destinato a rimanere in carica fino al 2004. Si scatenarono allora i tentativi di destabilizzare la leadership governativa, culminati in luglio nell'assassinio del vice presidente Haji Abdul Qadir e in settembre nel fallito attentato allo stesso Karzai, che provocò la morte di 30 persone. Nel 2002 l'A. fu colpito da due terremoti: quello del 3 marzo, che interessò la regione dell'Hindu Kush, a Nord di Kabul, provocò la morte di un centinaio di persone; quello del 25 marzo, che devastò il Nord del Paese, causò circa 5.000 morti e rase completamente al suolo la città di Nahirn. Dopo l'attentato, riconducibile ad Al-Qaeda, attuato il 31 gennaio 2003 nelle vicinanze di Rambaha, il presidente Karzai chiese un potenziamento delle truppe internazionali in A. Nel gennaio 2004 venne approvata la nuova Costituzione, in base alla quale l'A. è una Repubblica islamica presidenziale che riconosce la parità di diritti tra uomini e donne di fronte alla legge. Nel corso di tutto il 2004 le milizie talebane, riorganizzate lungo le zone di confine con il Pakistan, sferrarono attacchi contro postazioni militari, strutture governative e organizzazioni umanitarie, provocando la reazione degli Americani che risposero con pesanti raid. Il 9 ottobre 2004 si tennero le prime elezioni democratiche nella storia del Paese, indette per la nomina del nuovo presidente della Repubblica. Nonostante il clima di stato d'assedio, date le minacce talebane di boicottarle con attacchi armati, le votazioni si svolsero in modo sostanzialmente pacifico, registrando una grande e ordinata partecipazione popolare (67%) e decretando il trionfo di Karzai. Le manifestazioni contro gli Stati Uniti funestarono anche il 2005. Il 18 settembre 2005 si svolsero, all'insegna della violenza, le prime elezioni parlamentari dal 1969. La popolazione fu chiamata a votare per eleggere i deputati della Camera Bassa del Parlamento e dei 34 consigli provinciali. Nel nuovo Parlamento sedettero, fianco a fianco, grandi signori della guerra accusati di crimini contro l'umanità, ex comunisti, talebani "pentiti" e un numero alto di donne. Il 2006 si aprì con l'incoraggiante Conferenza Internazionale di Londra sull'A. (gennaio), durante la quale venne rilanciato l'appoggio al Paese centro-asiatico in vista della sua completa stabilizzazione a quattro anni dal rovesciamento del regime dei Talebani e a cinque dagli accordi di Bonn che nel 2001, a guerra ancora in corso, avevano posto le basi per la futura ricostruzione.Ma la situazione in A. si fece sempre più delicata. Nel 2006 i circa 10.000 guerriglieri talebani continuarono a sferrare attacchi sanguinosi contro i 45.000 soldati USA e della missione di pace ISAF-NATO: nell'arco dell'anno gli scontri provocarono quasi 6.000 morti. Il 2006 si chiuse, inoltre, con un triste primato: grazie alla enorme crescita dell'industria dell'oppio, da sempre una delle principali fonti di ricchezza del Paese (le terre coltivate a papavero sarebbero aumentate del 59% rispetto al 2005), l'A. diventò il principale fornitore di eroina al mondo. Anche i primi mesi del 2007 furono funestati da ripetuti attacchi alle forze della coalizione (in febbraio il vicepresidente americano Dick Cheney, in visita in A., uscì illeso da un attentato suicida).

ANTROPOLOGIA

La popolazione dell'A. presenta caratteri compositi, poiché è sorta dalla mescolanza di popolazioni mongole e iraniche. Queste ultime (Afghani e Tagiki) sono le più numerose: molto meno presenti sono le prime, ossia gli Usbechi, i Turkemani, gli Hazar e altri. I Kafiri e i Dardi costituiscono il gruppo a se stante degli Indoari. Gli Afghani si distinguono in pashtan che costituiscono il gruppo più puro e pakhtun portato dalla tribù dominante dei Durrani o Abdali. Gli Afghani pakistani sono detti pathan. Il gruppo più numeroso è costituito dai Ghilzai, che sono i fondatori dello Stato nazionale. Tra le popolazioni periferiche si ricordano gli Afridi, che negli anni Cinquanta tentarono un colpo di Stato di secessione nel territorio del Nord-Ovest del Pakistan. La densità è molto bassa e la distribuzione è del resto irregolare, condizionata dalle risorse idriche del Paese. La maggiore concentrazione si registra infatti presso le vallate dei principali fiumi: Kabul, Arghandab, Helmand; Hari Rod, Murghab, Surkhab, Ghorband. I villaggi sono di tipo fortificato: l'insediamento ha origini antichissime (risale all'era neolitica) e si sviluppò lungo le grandi vie carovaniere (ad esempio la famosa via della seta). Molto diffuso è il nomadismo, praticato in particolare da appartenenti al gruppo dei Pathan. Essi coi loro armenti si spostano, ignorando i confini col Pakistan, tra l'Hindukusu e la valle dell'Indo.

LETTERATURA

La letteratura afghana si è sviluppata prevalentemente in persiano, lingua ufficiale fino al 1936 quando è prevalso il pashto. Molto incerte sono le origini della letteratura in pashto. Nel 1944 fu edita a Kabul da A.H. Habibi un'opera antologica dal titolo Tesoro nascosto, forse composta nel 1729 a Kandhar da Muhammad Hotak. In quest'opera sarebbero racchiusi alcuni dei brani più antichi di poesia in pashto, addirittura risalenti al 756. La data rimane incerta anche se è sicuro che questi documenti sono i più antichi di poesia in pashto. La più antica opera prosastica è invece costituita da una raccolta, le Biografie di Santi, scritta agli inizi del XIII sec. da Sulayman Maku. La grande fioritura letteraria si ebbe solo all'epoca dell'impero Moghul con l'eretico Miyn Bayazid Ansari detto Pir Rosan (Maestro luminoso), che scrisse La miglior esposizione, scoperta nel 1962. Si sono conservate opere anche del suo avversario, il dottore ortodosso Ahun Darwezah. Tra gli allievi di Pir vanno ricordati Ansari, mistico e poeta, e Hushal Khan Hatak. Altre figure di rilievo furono Abd ur Rahman (XVII sec.), autore di liriche erotiche; Abd ul-Hamid (XVIII sec.), che ebbe come discepoli Qualndar e Hamid Gul, autore di numerose ballate. Tra le opere in prosa del XVIII sec. si ricordano quelle di Afzal Khan Hatk e soprattutto la Storia incrostata di gemme, e quelle di Hafiz Rahmat. Nell'Ottocento si distinse Munsi Ahamd Gan, autore di tre volumi di novelle. Un vero e proprio risveglio della letteratura in pashto si ebbe solo dopo il 1937 con la fondazione dell'Accademia Afghana, che promosse una serie di studi e di pubblicazioni. Già nel 1920 una prima spinta al rinnovamento letterario si era però avuta con la fondazione dell'Islamia College e dell'Edward College.

ARTE

Crocevia tra il mondo iranico e quello indiano, l'A. risente di questa posizione anche nelle forme artistiche, che assorbono e assommano le esperienze dell'Asia centrale e del Vicino Oriente. Ne è un tipico esempio la grande costruzione risalente al III millennio a.C. scoperta a Mundigak. Gli elementi strutturali richiamano infatti il mondo persiano (ornamenti a merlature, mezze colonne come prospetto), ma i resti di pittura coeva e il vasellame risalenti alla stessa epoca sono esempio dell'arte del Belucistan e della Valle dell'Indo. Del periodo ellenistico si ricordano gli stucchi di Hadda. Con la penetrazione islamica l'arte dovette assumere un volto nuovo, che è però in gran parte sconosciuto a causa delle distruzioni portate soprattutto dai Mongoli durante le invasioni. Si sono però conservati esempi di arte metallica, decorata a sbalzo, con niellature. Nel XV sec. si ebbe inoltre una fioritura architettonica che portò alla costruzione di numerose moschee (moschea e sepolcri dei Timuridi a Herat).

FOLCLORE

La popolazione conserva l'antica suddivisione in sedentaria e nomade. La forma elementare di insediamento è il villaggio fortificato (qala), più presente che non quello aperto (deh). Le facciate esterne delle costruzioni sono generalmente prive di finestre e aperture, mentre all'interno le case si articolano in cortili, magazzini, stalle, sale comuni. Nel qala la muraglia esterna si caratterizza per alcune torrette; le abitazioni addossate una all'altra formano un cortile all'interno del quale il bestiame viene ritirato di notte. Si può avvertire nella struttura così chiusa del qala da un lato il terrore ancestrale delle invasioni e dall'altro lo stato di segregazione in cui è tenuta la donna. L'origine nomade del popolo afghano spiega inoltre l'assenza quasi totale di mobilio, eccezion fatta per tappeti, per bauli intarsiati nei quali si ripone la biancheria e per alcuni letti (i ciaparket). Centri della vita comunitaria sono la moschea, il bazar e la casa da tè (ciayaneh). Gli accampamenti dei nomadi raggruppano spesso fino a cento tende. I pastori kuci migrano in carovane numerosissime, dove gli uomini in genere viaggiano sui cammelli mentre le donne seguono a piedi. Alle donne toccano i lavori domestici e ad esse è affidato il compito di montare le tende e di mungere le mucche. Tra i nomadi è molto sentito il culto della persona: gli uomini sottolineano gli occhi con cosmetici dal colore bluastro o rosso e disegnano sulla fronte dei nei; le donne si adornano con grande abbondanza di monili, bracciali, anelli. Tra i balli si ricordano l'atan, nel quale un gruppo di uomini danza in cerchio fino allo sfinimento attorno al suonatore di tamburo, il dull, accompagnato talvolta dal surna, un oboe semplice. Il buzkaci è invece un gioco di destrezza nel quale due gruppi di cavalieri si fronteggiano cercando di accaparrarsi una carcassa di vitello. Oltre ai nomadi e ai sedentari vi è una forma intermedia di bracciantato seminomade. Ad esempio il fatto che nella Battriana molti nomadi siano anche proprietari di campi determina una integrazione tra allevamento e agricoltura.
Moschea e mausoleo di 'Ali ibn Abi Tàlib a Màzar-i Sherif

Caravanserraglio nel deserto del Registan

La Grande Moschea a Herat

La Madrassan di Husayn Baiqara a Herat

Herat: resti delle antiche Mura dei Timuridi

Band-i-Amir (Afghanistan): i laghi

Paesaggio montano dell'Afghanistan: il Passo di Shibar