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Acròstico.

Componimento poetico in cui le iniziali di ciascun verso, lette verticalmente, formano una parola, una frase o un altro componimento minore. Talvolta questo artificio viene realizzato a metà verso, ed è perciò chiamato mesostico o, se alla fine, telestico. Queste tre varianti fanno parte di quel genere più ampio, detto dei carmi figurati, in cui la disposizione fisica delle lettere viene a formare delle figure graficamente regolari, come quadrati, trapezi e così via. • Encicl. - In letteratura l'uso dell'a. sembra originare dal poeta Epicarmo di Cos, che nel V sec. a.C. siglava in questo modo i suoi drammi in versi. La vera fioritura del genere è però legata alla poesia di tendenza allegorica, come testimoniano numerosi epigrammi dell'Antologia Palatina, di età ellenistica; nella letteratura tardo-latina a. erano gli argumenta di età antonina delle commedie plautine, che indicavano in questo modo il titolo del dramma. All'ambito latino-cristiano appartengono sia poemetti ad a., sia composizioni "abbecedarie", in cui le lettere iniziali di ogni strofa si susseguivano in ordine alfabetico. L'uso dell'a. si è mantenuto fino ad arrivare alla poesia provenzale e, attraverso questa, anche alla lirica italiana del Medioevo. Valga per tutti l'esempio macroscopico dell'Amorosa visione di Boccaccio, in cui le iniziali di ciascuna terzina e quelle dei versi finali dei canti compongono due sonetti, indirizzati a Fiammetta e ai lettori. Mai abbandonato, l'a. ha ritrovato fortuna nel nostro secolo, attraverso la poetica futurista, dadaista e surrealista.