PRESENTAZIONE
L'
Abruzzo è la regione più montuosa dell'Italia peninsulare, con le vette
più elevate del sistema appenninico. È delimitata a Nord dalle
Marche, a Ovest dal Lazio, a Sud dalla Campania e dal Molise e a Est si affaccia
sul Mare Adriatico.
Il confine con le Marche è segnato dal fiume
Tronto, mentre quello col Molise coincide con un tratto dei fiumi Trigno e
Sangro.
La sua superficie è di 10.798 kmq e ospita una popolazione
di 1.262.392 abitanti, con una densità media di 118 abitanti per kmq.
Tale valore, piuttosto basso rispetto a quello nazionale, è motivato
dalla montuosità e dal carattere impervio del suo territorio. Il livello
di spopolamento dei rilievi piuttosto alto, ha determinato uno
sviluppo abitativo lungo le coste soprattutto per via delle maggiori possibilità
di impiego che esse offrono.
Il capoluogo di regione è L'Aquila (che è anche capoluogo di
provincia), mentre gli altri capoluoghi di provincia sono Pescara, Chieti e
Teramo.
Se in passato la regione aveva subito un'intensa emigrazione (dall'Unità
d'Italia alla prima guerra mondiale furono 700.000 le persone che lasciarono
la regione, a cui se ne aggiunsero altri 450.000 nel secondo dopoguerra) oggi
si registra un andamento contrario.
Cartina dell'Abruzzo
IL TERRITORIO
Il territorio abruzzese è costituito
essenzialmente da zone montuose e collinari appartenenti all'Appennino Centrale.
La zona montuosa presenta le cime più alte dell'Appennino Centrale ed
occupa più di metà della regione. È costituita da un
insieme di massicci separati da conche e valloni e si possono distinguere tre
fasce parallele con andamento da Nord-Ovest e Sud-Est. La prima fascia, in cui
si elevano i gruppi più imponenti, è costituita dai Monti della
Laga (Gorzano, 2.455 m), dal Gran Sasso d'Italia (che ha nei 2.512 m d'altezza
del Corno Grande la cima più alta del massiccio e dell'intera catena
appenninica), dai Monti del Morrone e dal massiccio della Maiella (Monte Amaro,
2.795 m). La seconda fascia risulta formata dai nodi montuosi del Velino (2.487
m), del Sirente (2.349 m) e dalla Montagna Grande (2.151 m). La terza fascia
è infine composta dai Monti Simbruini, che hanno nei 2.156 m del Monte
Viglio la cima più alta, e dai Monti della Meta.
Il paesaggio si
presenta molto aspro con notevoli fenomeni di carsismo, a cui si deve la
formazione di doline ed inghiottitoi. Numerose sono le conche carsiche, dette
comunemente "piani": quella di L'Aquila, tra i massicci del Gran Sasso e del
Velino; quella di Sulmona, tra le vallate dell'Aterno e di L'Aquila; quella
corrispondente alla Marsica, cioè la piana del Fucino racchiusa tra i
Monti Simbruini, il massiccio del Velino e quello della Montagna Grande che, a
sua volta, sovrasta l'altopiano delle Cinquemiglia ed infine la conca
intermontana della Val Roveto, che si insinua tra il Monte Viglio ed il Monte
Cornacchia (2.003 m).
Tra l'Appennino (Gran Sasso d'Italia e Maiella) e
l'Adriatico si estende la zona collinare del Subappennino Abruzzese. Le colline
presentano forme dolci, spesso con profonde solcature. Questo fenomeno è
particolarmente evidente nella zona di Atri (Bolge di Atri), in provincia di
Teramo, dove il terreno è franoso e inciso da numerosi calanchi. Questo
paesaggio è dovuto all'azione erosiva dei corsi d'acqua che sfociano nel
mare lungo la stretta fascia costiera. Quest'ultima, generalmente molto uniforme
e compatta, si allarga quando si identifica con la foce di un fiume.
I
corsi d'acqua della regione abruzzese hanno carattere per lo più
torrentizio. Gli unici veri fiumi sono: l'Aterno-Pescara ed il Sangro.
L'Aterno-Pescara ha una lunghezza di 145 chilometri, un bacino idrografico di
3.188 kmq e la portata media delle sue acque è di circa 53,6 metri cubi
al secondo. L'Aterno (si dice che abbia le acque più fredde d'Italia)
nasce dai Monti della Laga, confluisce nel Pescara a Sud delle Gole di Pepoli e
sfocia in mare presso la città omonima. Il Sangro, lungo 117 chilometri,
ha origine dal massiccio della Montagna Grande e si getta nel Mare Adriatico a Sud
di Pescara. Tra gli altri corsi d'acqua si ricordano: il Tordino, il Trigno e il
Vomano. Tra i laghi una certa importanza rivestono quello di Scanno, in
prossimità del Piano delle Cinquemiglia e il lago artificiale di
Campotosto.
In conseguenza della particolare struttura morfologica delle
sue montagne, l'Abruzzo è, fra le zone mediterranee, quella più
soggetta a terremoti. La città di Sulmona è stata colpita
più volte in epoche diverse da scosse sismiche di rovinosa
intensità, che l'hanno quasi totalmente distrutta. Terremoti disastrosi
furono quelli di L'Aquila nel 1394, nel 1456 e nel 1703. Altri sismi che
produssero notevoli distruzioni furono quelli del 1706 nella zona della Maiella
e del 1915 nella Marsica, quando la città di Avezzano venne quasi
interamente rasa al suolo.
Il clima della fascia costiera è caldo e
secco, mentre inverni freddi e nevosi ed estati calde caratterizzano i rilievi
appenninici.
PARCHI NAZIONALI E REGIONALI
Parco Nazionale d'Abruzzo
Il Parco Nazionale d'Abruzzo, nato nel 1922 per
iniziativa privata ed istituzionalizzato legislativamente l'anno successivo,
occupa tre regioni (Abruzzo, Lazio, Molise) e si estende su un territorio
tipicamente montano dell'Appennino Centrale. Questo territorio si può
distinguere in quattro aree geografiche: l'Alto Sangro, la Marsica Fucense, la
Valle del Volturno e il versante laziale. L'Alto Sangro che comprende il tratto
della vallata che va dalle sorgenti del fiume Sangro alla Foce di Barrea,
è la zona più frequentata del Parco dove si trovano i paesi
più importanti (Pescasseroli, Opi, Villetta Barrea, Civitella Alfedena,
Barrea, Alfedena) e le principali attrattive (Difesa di Pescasseroli, Monte
Marsicano, Val Fondillo, Camosciara, lago artificiale di Barrea, Lago
Vivo).
Panorama di Opi (L’Aquila)
Pescasseroli: rocce in Val di Rose (Parco Nazionale d’Abruzzo)La
Marsica Fucense, situata attorno alla conca del Fucino, ha un clima meno rigido
dell'Alta Valle del Sangro, a cui è collegata da imponenti montagne, ed
è anch'essa ricca di interessanti villaggi (Villavallelunga, Lecce nei
Marsi, Gioia dei Marsi, Bisegna) e luoghi famosi (Prati d'Angro, Cicerana,
altopiano di Templo, Passo del Diavolo, in cui si trovano le rovine di Gioia
Vecchia, un antico centro distrutto dal terremoto del 1915). Su questo versante
nella zona esterna del Parco, si trova il paese di Scanno che conserva il nucleo
antico dalle caratteristiche scalinate e stradine strette. La Valle del
Volturno, in territorio molisano, è circondata dalla catena delle
Mainarde. Il centro più importante è il pittoresco villaggio di
Pizzone. Il versante laziale ridente e assolato, si affaccia sulla val di
Comino. I centri principali di questa zona sono: San Biagio Saracinisco,
Picinisco, Settefrati, San Donato, Val Comino, Campoli Appennino e
Alvito.
I massicci montuosi che costituiscono il Parco Nazionale d'Abruzzo
hanno una struttura geologica complessa: sono rocce sedimentarie di origine
marina e hanno una natura calcarea in cui talvolta sono presenti formazioni
arenaceo-argillose. Queste montagne si formarono durante il periodo compreso fra
il Mesozoico ed il Terziario e nei periodi seguenti la loro struttura venne
modificata e modellata da due importanti fattori naturali: l'azione dei
ghiacciai (glacialismo) che, scendendo da Nord, scavarono le valli a "U", ed il
carsismo (escavazione di grotte, cavità e doline dovuta all'azione
dell'acqua) che ha portato alla formazione di veri e propri fiumi sotterranei.
La zona è infatti ricca di acque (nel Parco nasce il fiume Sangro e
scorrono altri importanti corsi d'acqua come il Giovenco, il Melfa e il
Volturno) che però, proprio per il fenomeno del carsismo, vengono
inghiottite nel sottosuolo per riaffiorare ad una grande distanza e ad una quota
inferiore, creando polle e risorgive.
L'unico lago di origine naturale
è il Lago Vivo.
Altri laghi formatisi lungo il corso del Sangro
durante il Pleistocene, sono scomparsi a causa del lento processo di escavazione
del fiume: le gole o foci nei pressi di Opi e Barrea sono infatti archi profondi
scavati dal Sangro nelle rocce calcaree.
Altri due laghi si trovano nella
zona esterna al Parco (zona di protezione esterna): il piccolissimo Lago
Pantaniello, di origine carsica e glaciale, situato presso il monte Greco e il
Lago di Scanno che sembra essere stato originato da una frana del monte Genzana
che sbarrò la valle del Sagittario nel periodo delle guerre puniche. Gli
altri due laghi importanti interni al Parco sono il Lago di Barrea e quello di
Grottacampanaro, entrambi artificiali.
Nato sotto la spinta
dell'interessamento di uomini di cultura come Benedetto Croce che temevano la
scomparsa della zona, un tempo adibita alla riserva reale di caccia, e degli
animali che vi abitavano (orso bruno marsicano, camoscio d'Abruzzo, lupo
appenninico), il Parco Nazionale d'Abruzzo svolge una funzione importante per la
salvezza e la conservazione della flora e della fauna appenniniche
salvaguardandole dai pericoli del disboscamento e dell'estinzione. Le zone di
riserva integrale assicurano infatti al bosco e agli animali che lo popolano
quiete e protezione. La vegetazione del Parco è costituita per la maggior
parte da estese e profonde foreste di faggi (faggete) a cui si alternano pinete
(fra le specie più interessanti troviamo il pino nero di Villetta Barrea
e il ino mugo, che sopravvivono solo nel Parco e sulla Maiella). Frequenti sono
anche i querceti (rustica roverella, cerro); la rarissima selva ripariale, che
nasce lungo le rive dei fiumi e, nelle zone più calde, la macchia
mediterranea.
Fra le altre specie arboree sono diffuse l'acero italico,
l'acero di monte, il tasso, l'agrifoglio, la betulla; ad altitudini inferiori e
lungo i corsi dei fiumi si trovano il salice bianco, il carpino bianco, il
pioppo nero e il tiglio nostrale. Numerosi sono anche i fiori fra cui spiccano
rarità quali la scarpetta di Venere e la nigritella, il giglio martagone,
la peonia, la genziana maggiore, la genziana appenninica e il giaggiolo
marsicano.
La popolazione animale del Parco è molto ricca e ha un
grande valore zoologico soprattutto per la presenza dei grandi predatori che
sono scomparsi quasi ovunque in Italia. L'orso bruno marsicano, il lupo
appenninico, il gatto selvatico, la martora, la lontra, la volpe e il tasso
hanno ritrovato nel Parco il loro ambiente naturale e non si deve dimenticare il
bellissimo camoscio d'Abruzzo, una delle specie che il Parco ha salvato da
sicura estinzione. Negli ultimi anni sono stati introdotti il cervo e il
capriolo, mentre il cinghiale è ritornato spontaneamente. Fra i volatili
assieme ai grandi rapaci come l'aquila reale, la poiana, l'astore, il falco
pellegrino e il gheppio spiccano gli uccelli notturni: il gufo reale, l'allocco,
il barbagianni e la civetta. Altri abitatori del Parco sono quei volatili che
hanno un ruolo importante per l'equilibrio ecologico: il merlo acquaiolo, il
picchio muraiolo e il rarissimo picchio di Lilford. Nelle zone umide si trovano
uccelli acquatici migratori come il germano reale, la ballerina bianca e l'airone
cinerino. Fra i rettili e gli anfibi molto importanti sono la vipera dell'Orsini
e la salamandra pezzata appenninica; numerose sono le trote di torrente e le
alborelle.
Parco Nazionale d’Abruzzo: lupo appenninico
Panorama del Parco Nazionale d'Abruzzo
Il camoscio del Parco Nazionale d’Abruzzo
Parco Nazionale della Maiella
Istituito nel 1991, il parco si estende per 74.095 ettari nel cuore dell'Abruzzo
e prende nome dal massiccio della Maiella, seconda montagna della regione,
dopo il Gran Sasso.
La montagna, formata da possenti calcari emersi cinque milioni di
anni fa dal fondo dell'antico mare chiamato Tetide, è caratterizzata da una
serie di vasti pianori sulle vette tondeggianti per effetto
dell'azione dei ghiacciai molto estesi durante le ere glaciali, e da lunghissimi
e aspri valloni che solcano la montagna dalla cima fino alla base, tra cui
il Vallone dell'Orfento, attraversato dall'omonimo fiume ricco di acque e costeggiato
da faggete. Altre valli sono quella del Foro modellata dal fiume Foro, anch'essa
carica di acque e habitat di specie rare e pregiate quali il picchio dorsobianco,
l'astore, la baia dal collare ed il gufo reale; il Vallone di Selvaromana,
nel comune di Pennapiedimonte;
la Valle delle Mandrelle-Valle di S. Spirito nella zona di Fara San Martino; il Vallone di
Taranta con la splendida Grotta del Cavallone.
Ai piedi del Monte Pizzalto, i magnifici piani carsici noti come Altipiani
Maggiori d'Abruzzo, detti anche Quarti (Santa Chiara, Barone, Grande e Molino)
posti a 1250 metri s/m, fanno da cerniera con l'area dei Monti Pizzi-Monte Secine,
complesso di natura marnosa e argillosa, riccamente abitato da faggi, aceri
di Lobel e diverse altre specie. La presenza di vaste e ben conservate distese di
boschi misti, unitamente alla copiosità di acque, con la conseguente ricchezza
di nicchie ecologiche, fa sì che l'area dei Monti Pizzi, costituisca rifugio
ideale per le specie più rare e pregiate della fauna del Parco.
Il comprensorio, geograficamente costituito da quattro grandi entità orografiche
(la Maiella, il Morrone, il Porrara ed i Monti Pizzi,
con le valli ed i piani carsici che fra esse si interpongono),
è unico nel suo genere grazie alla sua posizione geografica, alle caratteristiche ambientali
(oltre 60 rilievi montuosi di cui 30
superano i 2.000 metri, tra i quali svettano il Monte Amaro, 2793 metri,
la seconda vetta dell'Appennino; il Monte Acquaviva, 2737 m; il Monte Focalone,
2676 m; il Monte Rotondo, 2656 m; il Monte Macellaro, 2646 m; Pesco Falcone,
2546 m; Cima delle Murelle 2598 m) e alle condizioni climatiche; inoltre
racchiude al suo interno, in vaste aree che offrono aspetti peculiari di natura
selvaggia, la parte più pregevole e rara del patrimonio nazionale di biodiversità,
fra i più importanti a livello europeo e mondiale.
Per quanto riguarda la vegetazione si contano più di 2000 specie. Grande spazio
occupa la foresta temperata costituita da querceti, ostrieti, cerreti, faggeti, mugheti,
piantagioni di betulle, pini neri e lecci. Fino ai 1700-1800 metri predominano i faggi
(notevole è il Bosco di Sant'Antonio, nel comune di Pescocostanzo, alle pendici
del Monte Pizzalto) alternati spesso a tassi, agrifogli, sorbi, aceri e ornielli.
Nella fascia superiore numerosissimi sono i pini mugo, accompagnati da specie arbustive
quali il sorbo alpino, piuttosto raro, l'uva d'orso, la sabina, il ginepro nano e il mirtillo.
Sulle vette innevate da ottobre a giugno, si incontrano ranuncoli, stelle alpine, ginepri,
viole e altre specie particolari quali la genziana, il tarassaco glaciale, l'aquilegia
della Maiella, l'adonide distorta, la soldanella, la scarpetta di Venere, l'androsace
abruzzese, il carice capillare e la centaurea di Tenore.
Tra gli animali che popolano il comprensorio, numerosi sono i cervi, i caprioli e i camosci
(ogni specie vanta più di un centinaio di esemplari sul territorio), in numero minore
ma ugualmente importanti sono il lupo appenninico (circa 30), l'orso bruno marsicano
(15/20 esemplari) e la lontra. Tra le specie più comuni si annoverano il gatto
selvatico, la martora, la faina, la puzzola, la donnola, il picchio, l'astore e il falco
pecchiaiolo. Più rari sono invece alcuni anfibi come l'ululone dal ventre giallo,
la salamandra appenninica, la salamandrina dagli occhiali e la vipera dell'Orsini;
tra i grandi valloni calcarei si rifugiano anche volatili molto prestigiosi quali
l'aquila reale, il gracchio alpino e quello corallino, il picchio muraiolo e il falco
pellegrino, mentre meno frequenti sono gli avvistamenti di fringuelli alpini, sordoni,
arvicole e del piviere tortolino.
Il comprensorio costituisce un'area particolarmente attenta alla conservazione di
specie minacciate di estinzione.
La bellezza selvaggia del massiccio della Maiella
Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga
Il parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, una delle più vaste aree
protette d'Europa, fu istituito nel 1991. Occupato da tre gruppi montuosi, la catena del
Gran Sasso, il massiccio della Laga e i Monti Gemelli, si distingue per la presenza
della vetta più alta degli Appennini, il Corno Grande, 2912 m, dove si trova l'unico
ghiacciaio di tutta la dorsale, il Calderone, il più meridionale di tutta l'Europa.
I rilievi presentano una costituzione geologica differente. La catena del Gran Sasso e i
Monti Gemelli, caratterizzati da dolomie, calcari e pareti altissime che conferiscono
alla montagna un aspetto maestoso, sono segnati da fenomeni carsici come conche, grotte,
doline e gole scavate dalle acque, molto frequenti sull'altopiano di Campo Imperatore.
I Monti della Laga, di natura arenaria e marnosa, presentano cime più arrotondate
(la più alta è il Monte Gorzano 2458 m) e valli profonde. L'area, ricca di acque (numerosi
sono i torrenti, ruscelli e fiumi che scorrono in superficie proprio per via della
costituzione del terreno) è habitat ideale per numerose specie
vegetali e animali.
Il parco vanta una varietà di ecosistemi e paesaggi davvero unica. La vegetazione
molto ricca, si distingue non solo a seconda dell'altezza a cui si trova ma anche in
base al tipo di terreno. Sui versanti del Gran Sasso si trovano soprattutto pascoli,
mentre su quelli dei Monti della Laga si incontrano vaste foreste. A quote inferiori
sono presenti querceti e castagneti. Tra i 1000 e 1800 m piuttosto folta è la faggetta, spesso
accompagnata da tassi e agrifogli, mentre nei dirupi crescono aceri, tigli, olmi montani
e frassini. Sulla Laga si possono anche scorgere abeti bianchi e betulle, oramai piuttosto
rari per via del cambiamento di clima. Numerose sono invece le piantagioni di mirtilli.
Tra le specie endemiche si ricordano l'androsace di Matilde e quello maggiore (quasi in via
d'estinzione), la viola della Maiella, la stella alpina dell'Appennino, l'adonide ricurva,
il genepì, la sassifraga, il limonio aquilano e l'astragalo aquilano.
Anche in questo comprensorio gli animali più frequenti sono cervi, caprioli, martore,
tassi, faine, gatti selvatici, puzzole, istrici e altre specie di roditori, ma si
possono anche avvistare camosci (reintrodotti recentemente dopo essere stati tutti cacciati
alla fine dell'Ottocento), lupi e orsi marsicani. Tra le specie avicole si segnala la
presenza di alcuni rari rapaci come l'aquila reale, il gufo reale, il falco pellegrino,
l'astore e il lanario; più frequenti sono invece il fringuello alpino, lo spioncello, la
pispola, il sordone, la coturnice, il codirossone, il gracchio alpino e quello corallino.
Sui pascoli e sulle aree a bassa quota si vedono volteggiare anche specie più comuni,
come l'ortolano, la cappellaccia, il calandro, la passera lagia e l'averla piccola.
Tra i rettili notevole è la presenza della vipera dell'Orsini, del colupio di Esculapio e
della coronella austriaca; mentre gli anfibi sono rappresentati da alcune specie endemiche
quali la salamandrina dagli occhiali, il geotritone, la rana temporaria e il tritone
alpestre.
Nel territorio del parco, i tesori della natura si sposano con quelli del patrimonio
culturale delle popolazioni locali. Le bellezze dei quarantaquattro comuni del
comprensorio (borghi antichi e castelli, siti archeologici, santuari e abbazie,
chiesette, eremi e grotte) sono infatti numerosissime e meritevoli di attenzione, così come
le produzioni artigianali, folkloristiche ed enogastronomiche.
Parco regionale del Sirente-Velino
Istituito nel 1989, il parco comprende i territori della Valle dell'Aterno, della Valle
Subequana, dell'Altopiano delle Rocche e della Marsica settentrionale. Si tratta di quattro
zone con caratteristiche ben diverse, nelle quali vivono differenti specie vegetali e
animali. L'Altopiano delle Rocche, caratterizzato da un sistema di altipiani circondati
da montagne imponenti quali il Monte Velino (2486 m), il Monte Cafornia (2424 m) e il
massiccio del Sirente (2348 m), è ricoperto da pascoli di quota e da faggete (la più
nota è quella del Sirente che si estende per più di 12 km) e spesso sorvolato dalle aquile
reali. Tra gli altri animali che popolano il parco si ricordano, volpi, donnole, faine,
istrici, cinghiali e gatti selvatici (anche se piuttosto rari); l'avifauna è piuttosto ricca:
oltre alle già citate aquile reali, si possono scorgere poiane, sparvieri, gheppi e numerosi
uccelli di passo, tra cui cicogne, gru e aironi. Anche in questo parco è stata prevista la
reintroduzione di caprioli e camosci, mentre sono stati già reintegrati cervi, corvi
imperiali e grifoni. I diversi ambienti compresi all'interno del comprensorio hanno
consentito lo sviluppo di svariate specie floristiche, dalle più comuni alle più rare ed
endemiche presenti sia sul Sirente che sul Velino. Estesi sono i boschi di faggi (i
principali sono quello del Sirente, quello della Val d'Arano, quello di Capo Pezza, quello
di Valle Maielama e quello di Vallone di Teve), quelli di aceri e i rimboschimenti con
il pino nero di Villetta Barrea. Si possono inoltre incontrare ornielli, rovelle, carpini e
betulle. Molto bello è il querceto misto nell'area della Valle dell'Aterno.
Tra le colture più comuni si ricordano invece il narciso (soprattutto nella zona
dell'Altopiano delle Rocche), la genziana maggiore, la belladonna, l'iperico, l'olmaria
e la frangola; abbondanti anche le piantagioni di frutti di bosco, fragole, lamponi,
more e ribes.
L'ECONOMIA
Le risorse pervengono soprattutto dall'agricoltura, anche se la percentuale dei
lavoratori impiegati nel settore primario equivale al 6%. Gli ostacoli
maggiori ad un più intenso sviluppo agricolo sono rappresentati
dalla scarsa produttività dei terreni e dalla
presenza di vaste aree impraticabili, a causa delle frane e dei calanchi.
Comunque la produttività raggiunta per ettaro risulta la più
elevata fra quelle che si riscontrano a Sud della linea Lazio-Umbria. Molta
importanza nella storia economica della regione ha avuto l'acquisizione della
superficie agraria bonificata del Fucino. Un tempo questo territorio era
occupato dal lago omonimo, più grande del Lago di Como e del Lago
Trasimeno. Già prosciugato dagli antichi Romani che si avvalsero del
lavoro di ben trentamila schiavi, come ricorda lo storico Svetonio, questo si
ricostituì nuovamente con l'ostruzione della galleria di scolo che aveva
lo scopo di svuotare il lago convogliando le acque nel fiume Liri. Il Lago di
Fucino venne definitivamente prosciugato dal 1854 al 1876, per iniziativa del re
Ferdinando II delle Due Sicilie e del principe Alessandro Torlonia. La bonifica
permise l'acquisizione di 165 chilometri quadrati di area
seminativa.
Attualmente il comprensorio agricolo del Fucino produce
cereali, legumi e barbabietole per una forza lavorativa di molte migliaia di
unità.
Importanti zone agricole sono pure la conca di L'Aquila,
dove oltre ai seminativi è assai diffusa la coltivazione dello zafferano,
e quella di Sulmona dove sono presenti le coltivazioni di foraggi, cereali,
ortaggi e la frutticoltura. Nella zona collinare del Teramano e nelle terre del
Pescarese numerose aziende si dedicano alla coltivazione in serra per la
produzione di primizie. I prodotti agricoli sono svariati. Le zone interne
producono specialmente barbabietole da zucchero, cereali e patate. Nelle zone
subappenniniche e costiere prevalgono l'orticoltura e la frutticoltura
(soprattutto i vigneti). Di rilievo è la produzione di
olive.
L'allevamento ovino, una volta molto fiorente, non raggiunge oggi il
mezzo milione di capi. La pastorizia transumante, oramai in crisi, si è
notevolmente trasformata. La tradizionale migrazione invernale delle greggi, che
dai monti e altopiani abruzzesi scendevano verso le zone pianeggianti di Puglia
e Lazio, è stata sostituita dal trasporto su autocarri. Anche l'allevamento
bovino è piuttosto locale.
Negli ultimi
anni l'attività peschereccia si è sviluppata soprattutto nelle
città di Giulianova, Pescara, Ortona e Vasto, che sono
diventate fiorenti centri pescherecci, soprattutto grazie a un notevole
miglioramento della rete stradale, che ha permesso un celere trasporto del
pescato anche nelle zone più interne.
Il vero sviluppo industriale
è praticamente ancora agli inizi, nonostante il 31% della popolazione sia
impegnata in questo settore. Negli ultimi tempi si registra uno
sviluppo della piccola e media impresa locale, principalmente nella zona di Teramo e nel
Pescarese, orientata verso la produzione di abbigliamento, pelletteria, calzature e
arredamento, che ha ridotto il tasso di disoccupazione. Una certa importanza hanno
assunto l'industria chimica del Pescarese e a Bassi sul Trigno, dove vengono
utilizzate le risorse idroelettriche della valle, e quella della metallurgia
dell'alluminio, quest'ultimo estratto dalla bauxite proveniente dai giacimenti
della Marsica. L'industria alimentare è rappresentata principalmente dal
settore caseario, dalla produzione dolciaria e dagli zuccherifici di Avezzano e
Celano, che impiegano la barbabietola da zucchero prodotta localmente. Di
rilievo le vetrerie che si trovano a Vasto, San Salvo, Cagnano Aminterno. Grandi
cementifici sono a Pescara e Scafa.
Il sottosuolo offre modeste risorse
petrolifere (nella vallata del fiume Pescara presso Alanno). Giacimenti di
metano si trovano nel Vastese e nel Teramano. Notevole è la produzione
di energia elettrica (novantanove centrali) e termoelettrica (nove centrali).
Tenacemente sopravvivono le tradizionali lavorazioni artigianali
abruzzesi. Di notevole livello è la produzione delle ceramiche artistiche
provenienti da Teramo, Pescara e Castelli. Pescocostanzo è nota per i
suoi ferri battuti, i merletti, i tappeti e l'oreficeria.
Nel settore terziario sono in ascesa le imprese immobiliari, quelle delle
telecomunicazioni, dell'informatica e dei trasporti. Ma è il turismo, l'attività
in maggiore espansione, sia sul mare sia in montagna. La mitezza del clima
e la bellezza delle spiagge hanno portato al moltiplicarsi di infrastrutture
sempre più rispondenti alle esigenze odierne. I centri più
frequentati dai turisti sono Francavilla, Roseto degli Abruzzi, Tortoreto,
Giulianova, Ortona e Vasto. Centri sciistici rinomati sono quelli di Campo
Imperatore e di Prati di Tivo, sulle falde del Gran Sasso e quello di Campo
Felice, sulle falde del Velino. Altri centri ormai affermati sono quelli di
Pescasseroli, nel Parco Nazionale d'Abruzzo, e Roccaraso. Di un certo richiamo
sono anche taluni prodotti locali.
La regione abruzzese conserva
manifestazioni folcloristiche di grande interesse e spettacolarità che
contribuiscono ad aumentare l'afflusso turistico. Tra esse ricordiamo il famoso
"Presepe vivente" di Rivisondoli: i seicento protagonisti sono impersonati da
veri pastori locali che si vestono dei panni biblici per recarsi in
pellegrinaggio alla grotta della Natività. Altri spettacoli del folclore
abruzzese sono la processione del Venerdì Santo a Chieti (che risale al
Cinquecento), nonché la "Sacra Rappresentazione", che si tiene a Sulmona.
Singolare infine e caratteristica è la "Festa dei Serpari" a
Cocullo.
CENNI STORICI
Abitato sin dall'epoca preistorica da popolazioni dedite alla caccia, l'Abruzzo
fu in seguito occupato da tribù di agricoltori (periodo Neolitico) e nell'Età
del Ferro da genti della cosiddetta civiltà subappenninica: Vestini,
Peligni, Marsi, Equi e Sanniti. Dal V secolo queste tribù italiche iniziarono
uno scontro con i Romani. Durante il periodo della rivolta
Corfinium, nel
territorio dei Peligni, divenne la base operativa degli Italici oppressi.
Nel 90 a.C. il paese fu chiamato
Italica e venne eletta capitale dei popoli
confederati. Alleatisi poi con i Romani, gli Italici acquistarono il diritto
alla cittadinanza.
Dopo la caduta dell'Impero romano, grazie all'opera dei monaci benedettini,
che fondarono numerosi monasteri (i più noti sono quello di Casauria, 871, e
quello presso Serramonacesca di S. Liberatore a Maiella, 1007), si diffuse
sempre più il cristianesimo, che influenzò positivamente la popolazione.
Il nome di Abruzzo compare per la prima volta verso la fine del VI secolo
dopo Cristo. Lo si ritrova infatti in tre lettere di papa Gregorio Magno dirette al
vescovo di
Teramo Oportunus de Apritius. Nel Quattrocento, poi, lo storico
Flavio Biondo divulgò il nome di
Aprutius, giustificandone l'origine e
la provenienza dal nome dei Pretuti, stabilitisi nella zona di Teramo. Viene
però anche sostenuto che l'origine del nome Abruzzo derivi dall'antico
popolo italico dei Brutii, che erano stanziati nella regione prima di emigrare
più a Sud, nella Calabria.
Comunque, quando nella seconda metà
del XIV secolo Carlo d'Angiò divise amministrativamente l'Abruzzo in due
parti, si parlò da allora di Abruzzo e tale nome rimase definitivamente.
Nel Medioevo l'Abruzzo venne spartito fra i Longobardi del Ducato di
Spoleto e il Vescovo di Sulmona. La regione fu però riunita nel XII secolo
sotto i Normanni, a cui seguirono la dominazione Sveva e in seguito quella
Angioina. Numerose furono le chiese edificate durante il periodo normanno-svevo
(S. Maria in Valle Porclaneta, S. Pelino a Corfinio, S. Clemente al Vomano,
S. Maria di Propezzano, S. Pietro nella Marsica, S. Maria del Lago presso
Moscufo, S. Maria di Ronzano e S. Maria in Piano a Loreto Aprutino), tutte di
stile romanico. Nel 1254 venne fondata L'Aquila, città prediletta da Carlo d'Angiò
e dai pontefici che si susseguirono in quel periodo. Divenuta presto
importantissimo centro culturale ed economico, tra il XVI e il XVII visse
un tracollo che colpì anche il resto della regione. Il diffuso malcontento
fece scoppiare diversi tumulti e nel 1528 dopo una violenta insurrezione,
Filiberto di Chalons ordinò ai Lanzichenecchi di distruggere l'Aquila, ma nel
1632 la città riuscì ad insorgere nuovamente. Tra il 1647-48, sulla scia
della rivolta di Masaniello a Napoli, le sommosse si sollevarono un po' ovunque.
Tra il 1713 e il 1734 la regione fu nelle mani degli austriaci e in seguito
cadde sotto il lungo dominio dei Borboni, non accolto di buon grado. Nel
1798 infatti Teramo avanzò un'ostinata resistenza contro le truppe francesi
e l'anno successivo fu Pescara a respingere i borbonici di Ferdinando IV.
Dopo aver partecipato ai moti insurrezionali del 1821, 1841 e 1848, l'Abruzzo
fu annesso al Regno d'Italia nel 1860. Con l'annessione la condizione di
marginalità della regione non mutò subito, ma lentamente qualcosa cambiò.
La fascia costiera divenne centro propulsivo di tutte le attività
politico-economiche, con la conseguente crescita di prestigio di Pescara,
che nel 1927 fu proclamata capoluogo di provincia. Inoltre lo sviluppo di
linee ferroviarie e la costruzione di strade e autostrade, determinò
contatti sempre più frequenti con Roma anziché con Napoli. Negli ultimi tempi,
grazie ad un'economia sempre più fiorente e dopo aver superato il problema
dell'emigrazione iniziato nel secondo dopoguerra e lenito quello della
profonda disparità tra terre interne e aree marittime, l'Abruzzo è uscito dallo
stato di emarginazione e ha assunto un ruolo di raccordo tra Nord e Sud.
IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALE
Dalle origini al periodo romano
Nonostante il territorio impervio, la regione fu abitata sin dal Paleolitico
inferiore, a testimonianza di ciò numerosi sono stati i ritrovamenti nella
zona della Maiella, nella conca peligna vicino a Popoli, nella Valle Giumentina
e lungo il fiume Foro. Risalenti al Paleolitico superiore sono invece i
resti di un insediamento di cacciatori scoperti a Montebello di Bertona.
Durante il Neolitico inizia la produzione della ceramica impressa e dipinta
e di questo periodo sono anche il villaggio Leopardi risalente al 6500 a.C.,
nelle vicinanze di Penne, e quello di Ripoli lungo il torrente Vibrata.
Consistenti sono stati i ritrovamenti che attestano la presenza delle
tribù italiche: si tratta di tombe a tumulo circondate da pietre, come a
Campovalano, e stele funerarie, tra le quali quella di Penna Sant'Andrea,
ora conservata nel Museo Archeologico di Chieti, determinanti per la conoscenza
linguistica e sociale delle comunità del V secolo a.C. Tra i resti più
rilevanti di questo periodo è la statua del Guerriero di Capestrano
(Museo Archeologico nazionale di Chieti) della metà del VI secolo a.C.,
trovata nel 1935 nella valle del Tirino. Dopo l'unificazione politica
sotto i Romani, i centri italici assunsero la loro definitiva forma
urbanistica. Tra il III-II secolo a.C. furono edificati diversi edifici
cultuali (come ad esempio il santuario di Ercole Curino presso Sulmona e
i templi di
Iuvanum, di
Alba Fucens e della Civitella di Chieti), mentre
tra il I e II secolo d.C. le città si rinnovarono grazie alla costruzione
di edifici pubblici e privati di cui sono rimasti interessanti resti presso
i siti archeologici di
Amiternum, Corfinium, Iuvanum, Alba Fucens, e nelle
città di Teramo e Chieti.
Con la caduta dell'impero romano e l'avvento delle invasioni barbariche
(alcune tombe ostrogote sono state scoperte a Controguerra, Civitella del
Tronto, Campli e Notaresco, mentre a Montepagano è stato rinvenuto un elmo
goto in ferro con decorazioni in rame dorato) le città vissero una
profonda crisi che intaccò anche l'espressione artistica e culturale.
Il Medioevo
Non molto è rimasto del periodo bizantino: i resti della chiesa di S. Maria
Aprutiensis di Teramo (oggi S. Getulio) ne costituiscono la testimonianza
principale. Tra la fine del VI secolo e il IX vennero costruite numerose
abbazie dipendenti da quelle di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno,
edificate spesso su antichi templi romani, distrutti durante le invasioni
arabe e dai terremoti. Degne di nota sono le cripte (IX secolo) dell'abbazia
di S. Clemente a Casauria e della cattedrale di Penne, e la chiesa di S.
Maria a Vico (seconda metà del X secolo ), ma fu nell'XI secolo che avvenne
una profonda ripresa dell'attività edilizia, grazie soprattutto al consolidamento
e alla diffusione delle comunità benedettine. I secoli XI e XII furono
caratterizzati da influenze artistiche di diversa provenienza, che diedero
vita ad episodi artistici di notevole importanza. L'architettura medievale
abruzzese subì gli influssi di quella lombarda (visibili sono le
caratteristiche lombarde nell'abbazia di S. Liberatore a Maiella, nella cripta
del duomo di Sulmona, in S. Pelino a Corfinio, nelle chiese di Moscufo,
Pianella e Civitaquana del XII sec.), di quella pugliese (S. Maria di Ronzano
a Castel Castagna), di quella campano-sicula (S. Giovanni in Venere presso
Fossacesia).
Notevole fu anche lo sviluppo edilizio in stile romanico dettato dagli ordini
monastici. L'abbazia di S. Liberatore a Maiella, riedificata nel 1007 e
ristrutturata intorno al 1080, divenne un modello a cui si ispirarono molti
edifici religiosi, tra cui S. Pietro ad Oratorium, S. Maria in Valle
Porclaneta presso Rosciolo, S. Maria di Cartignano, S. Clemente al Vomano,
S. Maria di Bominaco, S. Tommaso a Caramànico.
Lo stile gotico apparve per la prima volta all'interno di S. Giovanni in Venere e
di S. Clemente a Casauria, dove arcate ogivali regalano maggiore verticalità
agli spazi. Gotici sono anche l'abbazia di S. Maria Arabona, presso Manoppello,
fondata nel 1208 dai cistercensi, e il presbiterio ottagonale della chiesa di
S. Maria Maggiore a Lanciano.
Tra il XIII e il XIV secolo le principali città sperimentarono un nuovo fervore
edilizio, anche se la tradizione romanica continuò amalgamandosi spesso con
le nuove tendenze artistiche, che diedero vita a risultati del tutto originali. Nel
1254 venne fondata l'Aquila e proprio in questo periodo si sviluppò il
modello di chiesa aquilana, caratterizzato da un'ampia facciata orizzontale
occupata da grandi rosoni, che fu seguito per cinque secoli seppur con una
ricca serie di variazioni. L'esempio più bello di questa facciata è dato dalla
basilica di S. Maria di Collemaggio.
Di alta qualità a partire dal XIII secolo fu anche l'arte scultorea, rappresentata
principalmente da statue lignee. La pittura, agli inizi del XII secolo fu
caratterizzata ancora da elementi bizantini (lo dimostrano gli affreschi di
S. Pietro ad Oratorium, di S. Maria Maggiore a Pianella), ma successivamente
subì influssi d'oltralpe (come si può vedere nel ciclo di S. Maria di
Ronzano, 1181), e svevi-manfrediani (visibili nel cantiere pittorico dell'oratorio
di S. Pellegrino a Bominaco, 1263); tipici dello stile romano furono invece gli
affreschi di una delle absidi della cripta di S. Giovanni in Venere, mentre
l'importante ciclo di S. Maria ad Cryptas di Fossa è caratterizzato da elementi
più provinciali, e a modelli umbri sembrerebbero infine ispirarsi le Madonne
dipinte su tavola conservate nel Museo nazionale dell'Aquila. Nel corso del
Trecento, i sempre più frequenti contatti con la Toscana, Napoli, il Veneto,
l'Umbria, le Marche, l'Emilia, influenzarono anche la cultura sicché l'incontro
di questi stili eclettici sarà una componente fondamentale del gran secolo
della pittura abruzzese, il Quattrocento.
Il Rinascimento
Dalla metà del XIV secolo le città si affermarono come centri politici ed
economici. La prosperità dei centri urbani si manifestò soprattutto
attraverso l'intensa attività di edilizia civile. Di questo periodo sono
i Palazzi Cantelmo a Popoli e Orsini a Tagliacozzo, i castelli di Celano,
di Ortucchio e di Balsorano della famiglia Piccolomini, la facciata del
complesso dell'Annunziata a Sulmona. La città più importante è L'Aquila che,
in posizione strategica rispetto alle vie di comunicazione, diventa uno dei
principali centri politici e culturali.
La pittura fu influenzata dalle correnti figurative provenienti da
Napoli, dalle Marche e dall'Umbria come testimoniano gli affreschi dell'abside
della chiesa di S. Silvestro all'Aquila e il trittico del Maestro di Beffi
(conservato presso il Museo nazionale dell'Aquila). Altri artisti attivi in
questo periodo furono Antonio da Atri (Affreschi di S. Maria Arabona, 1373,
nei quali è ravvisabile l'impronta senese e il gusto tardo-gotico), l'anonimo
pittore autore del
Giudizio Universale in S. Maria in Piano, presso
Loreto Aprutino. Tipico della cultura veneta è il polittico di Jacobello del
Fiore nella cattedrale di Teramo caratterizzato da tratti bizantini e tardo-gotici
riscontrabili anche nelle opere del Maestro dei Polittici Crivelleschi
(Pinacoteca di Teramo, Museo d'Arte Costantino Barbella di Chieti). Il più
importante artista del rinascimento abruzzese è Andrea Delitio: il ciclo
dei suoi affreschi nella Cattedrale di Atri (1481) mostra caratteristiche
gotico-cortesi e tracce delle lezioni di Piero della Francesca e Paolo Uccello.
Influenzati dallo stile toscano furono anche i dipinti del Palazzo ducale di
Tagliacozzo. Di stampo napoletano-fiammingo sono invece le opere del
Maestro di S. Giovanni da Capestrano (tavole con
S. Giovanni da
Capestrano e
Stimmate di S. Francesco nel Museo nazionale
dell'Aquila). Degno di nota è anche Saturnino Gatti (affreschi della chiesa
di S. Panfilo a Tornimparte,
Madonna in trono e
Madonna del
Rosario nel Museo nazionale dell'Aquila).
Nel secondo decennio del Cinquecento, interessante è l'opera di Pompeo Cesura
formatosi alla scuola raffaellesca (dipinto del
Miracolo di S. Antonio
nella chiesa di S. Bernardino a L'Aquila).
Protagonisti della scultura del Quattrocento furono alcuni maestri settentrionali
e tedeschi, attivi in Abruzzo, come ad esempio Gualtiero d'Alemagna
(
monumento Caldora nella Badia Morronese e quello
Camponeschi in S. Giuseppe
dell'Aquila). Tra gli scultori locali si ricorda Silvestro dell'Aquila, le
cui opere (
S. Sebastiano 1478, Museo nazionale dell'Aquila; numerose
Madonne in terracotta policroma; sepolcro di Maria Pereyra Camponeschi e
Cappella di S. Bernardino nella chiesa omonima) rivelano l'influenza del
Rinascimento fiorentino. Meritevole di attenzione è l'attività dell'orafo e
scultore Nicola da Guardiagrele, cresciuto alla scuola di Lorenzo Ghiberti
(paliotto della Cattedrale di Teramo) e maggior rappresentante dell'arte del
cesello in Italia. Tra il Cinquecento e il Seicento si affermerà Giulio
Cesare Bedeschini, allievo del Cigoli e capostipite di una famiglia di pittori
(affreschi nella Cappella Branconio in S. Silvestro all'Aquila, 1625 circa).
Il Seicento e il Settecento
Gli eventi del XVII e XVIII secolo rallentarono gli impulsi artistici e culturali.
Ma né l'ondata di peste del 1656, né i terremoti del 1703 e del 1706, né tanto
meno le vicissitudini del Regno di Napoli arrestarono lo sviluppo edilizio proprio di
alcune città. Vennero costruiti nuovi edifici e anche quelli antichi furono
ristrutturati seguendo i dettami del nuovo stile barocco. In campo pittorico
numerose furono le tele eseguite da artisti stranieri quali Francesco Solimena,
Luca Giordano, Giacinto Diana, ma anche da pittori locali, come Donato Teodoro,
che arricchirono palazzi e chiese, spesso adornati anche da lussuosi arredi
liturgici realizzati in legno scolpito e dorato (Ferdinando Mosca: soffitto
ligneo della Collegiata di Pescocostanzo e della chiesa di S. Bernardino
all'Aquila, 1723-27). Tra i centri più rinomati dell'età barocca, Penne,
completamente rinnovata dall'opera del lombardo Giambattista Gianni e del
napoletano Francesco de Sio, aiutati da una serie di stuccatori e intagliatori.
Il rinnovamento edilizio colpì anche altri paesi come Scanno e Pescocostanzo,
seppure in tono minore.
Degno di nota fu lo sviluppo dell'arte della ceramica, presso Castelli, che in
questo periodo raggiunse il massimo splendore, grazie all'opera tipicamente
barocca della famiglia Grue.
In campo culturale si registra l'impegno illuminato dei fratelli Delfico,
teramani, e di Melchiorre, economista e storico.
Dall'Ottocento ai giorni nostri
Nel periodo risorgimentale degna di nota fu l'opera del poeta e patriota
vastese Gabriele Rossetti, esiliato in Inghilterra, dove sarebbe nato il
figlio Dante Gabriele, fondatore del movimento pittorico preraffaellita.
Dopo l'Unità d'Italia si assistette alla ripresa della vita culturale. Il
più importante pittore dell'Ottocento fu Francesco Paolo Michetti che
raggiunse una certa notorietà nel 1877 con il bel dipinto rappresentante la
Processione del Corpus Domini, tra gli altri si ricordano anche Gabriele
Smargiassi (docente di paesaggio presso l'Accademia di Belle Arti a Napoli),
Filippo Palizzi (massimo rappresentante della scuola di Posillipo),
i fratelli Giuseppe, Nicola e Francesco Paolo, Valerico Laccetti e Giuseppe Bonolis.
Tra gli scultori degna di nota fu invece la produzione di Costantino Barbella.
A cavallo tra Ottocento e Novecento si registra l'opera di alcuni studiosi
quali lo scrittore Gabriele D'Annunzio (pescarese di nascita), il filosofo
Benedetto Croce (nativo di Pescassèroli) e il musicista Francesco Paolo Tosti
(di Ortona), autore di romanze celebri.
Degni di nota sono anche alcuni artisti del Novecento come gli scultori
Nicola D'Antino, Guido Costanzo e Venanzo Crocetti e, gli scrittori Ignazio
Silone e Ennio Flaiano.
LE CITTÀ
L'Aquila
(68.503 ab.). Capoluogo
di regione dell'Abruzzo, L'Aquila si trova ai piedi del Gran Sasso su un'altura
che domina la valle dell'Aterno. È un importante centro agricolo, noto
per la produzione di zafferano. Fra le industrie, le più diffuse sono
quelle tessili, chimiche, elettrotecniche, meccaniche, del cemento e alimentari.
Caratteristico è l'artigianato dei merletti.
STORIA. Fondata nel
1254 sui resti della città romana di
Aminternum e diventata libero Comune
nel 1266, L'Aquila ebbe un rapido sviluppo dovuto anche alla singolare forma di
governo che aveva adottato: la città era suddivisa in 99 "Castelli" (o
quartieri) ognuno dei quali eleggeva il proprio sindaco. Tutti i sindaci
formavano la "Camera" che aveva a capo un camerlengo. Divenuta il centro
più importante del Regno angioino dopo Napoli, la città raggiunse
il massimo della sua potenza nella seconda metà del XV sec. Nel 1529
venne saccheggiata e occupata dalle truppe del principe d'Orange Filiberto di
Chalons e iniziò a decadere lentamente, travagliata da lotte
intestine.
Questa crisi profonda fu aggravata da un terremoto che distrusse
quasi completamente la città nel 1703. Nonostante la ricostruzione avvenuta ad
opera degli Spagnoli e i tentativi di Carlo III di Borbone, la crisi
economico-sociale continuò. Durante il Risorgimento L'Aquila prese parte
ai moti del 1821, 1831 e 1848. L'8 settembre 1860 dichiarò la sua annessione al Regno
d'Italia.
ARTE. L'Aquila si presenta come una città medievale
nella quale si innalzano numerosi edifici barocchi. Molte chiese andate distrutte
durante il tragico terremoto sono state ricostruite con la tradizionale facciata
rettangolare; negli anni tra le due guerre sono stati fatti numerosi lavori
urbanistici ed architettonici che hanno modificato in qualche modo la struttura
originaria della città. Nonostante ciò molteplici sono gli edifici e i monumenti
degni di nota. Ancora oggi le porte segnano l'entrata nel centro storico: Porta a
Bazzano, ricostruita nel XVIII secolo in forme più semplici, è la più vicina
all'edificio più importante della città, la Basilica di S. Maria di Collemaggio;
Porta Rivera, uno dei più affascinanti ingressi, di medie dimensioni, si trova invece nelle
vicinanze di un altro monumento simbolo, la Fontana delle 99 cannelle.
L'Aquila abbonda di edifici religiosi, i più noti sono la chiesa di S. Giusta,
la più antica della città, risalente alla metà del XIII sec., quando fu eretta dagli aquilani
di Bazzano e in passato dedicata a San Giorgio (la facciata rettangolare del 1349 è
occupata da un enorme rosone gotico; l'interno, costituito da un'unica navata poiché
le altre due sono state trasformate in cappelle, esibisce affreschi del Trecento e del
Quattrocento; degni di nota sono anche il cinquecentesco altare maggiore intagliato e
dorato, l'organo e il coro ligneo gotico, entrambi del XV secolo); la chiesa di
S. Agostino con un bel bassorilievo che rappresenta
S. Agostino che trionfa
sugli eretici; la chiesa di S. Antonio da Padova caratterizzata da un fastoso
interno barocco con soffitto di Ferdinando Mosca di Pescocostanzo (all'interno degno
di nota è il paliotto dell'altare maggiore costituito da formelle in ceramica dipinta,
opera di Carlantonio Grue);
la duecentesca chiesa di S. Vito con la tipica facciata aquilana arricchita in alto
da due meridiane; la chiesa della Beata Antonia divisa in due ambienti, uno per le monache
dell'adiacente convento e uno per la gente, dal muro dell'altare che presenta due
Crocifissioni (sulle altre pareti degne di nota sono la
Madonna col Bambino e
l'
Adorazione del Bambino di Andrea De Litio); la chiesa di S. Biagio e quella di
S. Caterina, edificate una di fronte all'altra, la prima eretta nel 1257 dagli aquilani
di S. Vittorino, la seconda invece costruita solo nella parte inferiore e risalente al XVIII
secolo (la chiesa di S. Biagio con la facciata settecentesca incompiuta, presenta
all'interno il monumento funebre di Lalle II Camponeschi opera del 1432 di Gualtiero
d'Alemagna); la chiesa di S. Maria del Suffragio costruita in tempi diversi e
caratterizzata da una commistione di stili diversi visibili sia all'interno che all'esterno
(iniziata nel 1713, la facciata risale al 1770 e la cupola è del 1805). Anche nella parte
della città risalente alla seconda fondazione (1265) si contano numerose chiese, la più nota è
quella di S. Bernardino. Tra le altre S. Maria di Paganica, posta su uno dei punti più
alti della città, incominciata nella seconda metà del XIII sec. e terminata nel 1308,
(la parte superiore della facciata in muratura grezza risale al Settecento, nel ricco portale
d'ingresso si possono ammirare sette busti in bassorilievo, l'interno a croce latina
ricostruito dopo il terremoto del 1703, presenta una sola navata sulla quale si affacciano
le cappelle laterali); la chiesa di S. Amico del XII sec. con stupendi affreschi (sulla
porta
Madonna col Bambino di Antonio di Atri e
S. Amico e S. Pellegrino;
all'interno
Madonna col Bambino e due angeli di Andrea De Litio,
Deposizionedi Pompeo Cesura e
Annunziata di Luca Giordano); la cinquecentesca chiesa di
S. Maria della Misericordia, costruita da un mercante tedesco e dallo splendido interno
barocco (rifatto nel XVIII sec.); la chiesa di S. Silvestro edificata nel XIV secolo,
con la tipica facciata aquilana, l'ingresso sollevato su una scalinata e un piccolo
campanile frontale (l'interno a tre navate, è piuttosto spoglio in seguito al restauro
avvenuto nel XX sec., che tuttavia ha permesso di scoprire nell'abside un ciclo pittorico
di straordinaria bellezza:
Adorazione dei Magi, Gloria della Madonna e
Gloria
del Cristo, figure di profeti, santi e sante, e un
Cristo morto tra la Madonna e
S. Giovanni); S. Pietro di Coppito costruita dagli aquilani del castello di Coppito
nel 1257 e più volte rimaneggiata a causa dei terremoti (nell'abside sinistra si trova
un ciclo di affreschi con le
Storie di San Giorgio, XIV sec., mentre nel transetto e
nell'abside destra affreschi del XV sec.); la chiesa di S. Domenico iniziata nel 1309,
ridotta a stalla durante l'invasione napoleonica e recentemente ristrutturata (all'interno
ospita un grande organo del conservatorio); la chiesa del Gesù in origine chiesa di S.
Margherita, costruita nel XIII e sostituita nel 1636 da quella attuale (la facciata è
rimasta grezza, mentre l'interno è rivestito da stucchi preziosi del XVIII sec.; in una
cappella sono conservati i resti del monaco S. Equizio di Amiterno vissuto nel VI secolo).
Molti in città sono anche i palazzi. L'imponente Palazzo Centi, costruito nel
1766, presenta finestre incorniciate e delimitate da timpani e un portale sormontato da una
ricca balconata; Palazzo delle Esposizioni opera del 1888 di Paolo Waldis con all'interno
del cortile il monumento ai caduti di Nicola d'Antino; il settecentesco Palazzo Persichetti
edificato su progetto di Ferdinando Fuga, vanta una ricca facciata con balconata sovrapposta
al portale e finestre a timpano; il raffinato Palazzetto della Congregazione dei Nobili
(facciata del XVII secolo), che ospitava l'Oratorio e la Camera Aquilana e che nel XVI sec.
fu sede del governo locale; Palazzo Pica-Alfieri, riedificato nel 1712 al posto dell'antico
Palazzo Camponeschi distrutto dal terremoto; torre di Palazzo (XIII-XIV secolo),
della quale rimane solo la parte bassa dove si trova la Cappella della Madonna degli Angeli:
qui è custodita la
Bolla della Perdonanza emanata da papa Celestino V nel 1294 (degno
di nota è anche l'orologio pubblico del 1374); Palazzo del Capitano eretto nel XIV secolo
e sostituito in seguito dal più vasto Palazzo di Margherita d'Austria (1573),
governatrice degli Abruzzi. Anche le fontane occupano un posto importante all'interno
della città. Oltre alla Fontana delle 99 cannelle, meritevoli di attenzione sono la
Fontana di Piazza S. Giusta a forma di sarcofago e appoggiata alla facciata della chiesa;
la Fontana di Nettuno in Piazza Regina Margherita; quella di Piazza IX Martiri
Aquilani con la statua di una donna; le due fontane di Piazza del Duomo,
ristrutturate nel 1930 da Nicola D'Antino e Fontana Luminosa costruita nel
1934 sempre da D'Antino.
LA PROVINCIA. La provincia di
L'Aquila (297.424 ab.; 5.035 kmq) si estende su un territorio montuoso ed
è formata dagli alti bacini dell'Aterno e del Sangro, dalla Marsica, dal
Gran Sasso, dal Parco Nazionale d'Abruzzo, dall'Altopiano delle Cinquemiglia e
dalla piana di Sulmona. Fra i prodotti agricoli sono particolarmente diffusi i
cereali, gli ortaggi, la frutta, la vite, lo zafferano, le mandorle, il tabacco
e le barbabietole da zucchero. Un'altra risorsa della provincia è
l'allevamento del bestiame. Fra le altre attività citiamo la produzione
di carni, latticini e salumi e l'industria dolciaria (confetti). Nella zona si
trovano cave di marmo. Fra i centri principali della provincia ricordiamo
Avezzano, Celano, Roccaraso, Scanno, Sulmona, Tagliacozzo.
Scorcio di Pettorano sul Gizio (L'Aquila)
Luoghi d'interesse
Basilica S. Maria di Collemaggio
Principale testimonianza artistica del
periodo di splendore della città, la basilica tardo-romanica di
Santa Maria di Collemaggio è la più imponente chiesa de L'Aquila e una delle
maggiori manifestazioni dell'architettura religiosa abruzzese.
In forme romanico-gotiche, fu edificata verso la fine del XIII sec. su iniziativa
di Pietro da Morone, che nel 1294 vi fu incoronato papa col nome di Celestino V.
La costruzione non terminata per quell'occasione, andò avanti nel XIV e
XV secolo, anche perché l'edificio fu colpito da diversi terremoti.
La bella facciata rettangolare (costruita nella prima metà del XIV secolo) a coronamento
orizzontale rivestita a conci bianchi e rossi, è suddivisa in due parti:
quella superiore presenta un enorme rosone gotico del Trecento, mentre quella
inferiore è occupata da tre portali. Sul fianco sinistro è un altro
ingresso detto "La Porta Santa". Sul lato destro si trova invece il torrione,
originariamente sovrastato dal campanile, andato distrutto nel 1880. L'interno,
a tre navate (il pavimento di quella centrale riprende i colori della facciata),
conserva il sepolcro di San Pietro Celestino decorato da Girolamo da Vicenza (1517), e
alcuni dipinti del Trecento e del Quattrocento, tra cui una
Madonna e angeli con
S. Agnese e S. Apollonio, una
Dormitio Virginis con Incoronazione,
una
Crocifissione con Madonna, S. Giovanni e piccolo S. Giuliano di Antonio di Atri.
La basilica di Santa Maria di Collemaggio (L'Aquila)
Fontana delle 99 cannelle
Limitata su tre lati da un'alta parete a scacchi bianchi e rosa, la fontana è caratterizzata
da 99 mascheroni da cui sporgono altrettante cannelle. L'acqua raccolta in vasche
sottostanti, scorre poi in piscine più basse. Le 99 cannelle rappresentano le popolazioni
dei 99 castelli eretti nella conca solcata dal fiume Aterno, che nel XIII sec. si
unirono per fondare la città. La fontana quindi divenne presto simbolo dell'unità.
La prima fonte costituita da pilastrini e da un gruppo di mascheroni, fu costruita nel
1272, come testimonia la lapide centrale "Maestro Tangredus
de Pentoma de Valva fece nel 1272"; in seguito fu predisposta la decorazione bianca e rosa
della parete e nel 1582 fu innalzato il muro sinistro. Nel 1871 vennero aggiunte sei cannelle
così da portarle a 99, oggi tutte funzionanti grazie al restauro del 1991, che ha ristabilito
l'attività idraulica.
Duomo
Dedicato ai Ss. Massimo e Giorgio, della costruzione originaria duecentesca rimane solamente
la parete di destra. La nuova facciata costruita a più riprese, fu iniziata nel 1815
e completata con la realizzazione delle due torri campanarie nel 1928. L'interno costituito da
una navata a croce latina con la volta ricoperta da affreschi, ospita dipinti secenteschi
e settecenteschi, un monumento sepolcrale compiuto nel 1480 da Silvestro dell'Aquila e
ricostruito nel Settecento, e un sarcofago paleocristiano.
Castello
Iniziato nella prima metà del Cinquecento su disegni di Pirro Luis e Gian Gerolamo
Escribas, fu continuato fino al 1635 per conto degli Spagnoli. La costruzione piuttosto
imponente, è a pianta quadrata con bastioni angolari che in passato ospitavano un doppio
ordine di cannoni, e circondata da un profondo fossato (14 m di profondità e 23 di
larghezza). L'interno del forte è accessibile da un ponte in muratura che conduce a un
bel portale sormontato dallo stemma di Carlo V recante la data 1543.
Le parti che hanno maggiore interesse artistico sono, oltre ai bastioni, i sotterranei
composti su due piani, di vasti corridoi, di ampi saloni, di angusti cunicoli. Degno di
nota è lo scheletro di un
archidiskodon aeridionalis vestinus, esposto nel bastione
orientale: si tratta di un elefante vissuto circa un milione di anni fa, molto più grosso
di quelli odierni. La struttura scheletrica, scoperta nel 1954 a Scoppito, nelle vicinanze
di L'Aquila, è quasi completa (mancano solo alcuni frammenti del cranio).
Le sale del primo piano, cui si accede per un monumentale scalone, un tempo destinate ad
alloggio del governatore spagnolo, sono oggi sede del Museo Nazionale d'Abruzzo, costituito
nel 1949 grazie ai fondi del Museo civico de L'Aquila ai quali sono stati aggiunti
quelli dell'ex Museo diocesano e altri ritrovamenti e donazioni. Si suddivide in diverse
parti. La sezione archeologica vanta reperti dell'Età del Ferro e materiali di epoca romana
provenienti soprattutto da
Amiternum. Tra questi, pregevole è il calendario
amiternino, lastra di pietra successiva all'anno 25 nella quale sono riportati anche i
giorni feriali e festivi, i mercati e le ricorrenze. Al piano terra si trova la sala
dedicata al Gonfalone della città, eseguito da Giovanni Paolo Cardone nel 1576.
Questa sala introduce alla sezione medievale e moderna (dieci sale al primo piano),
la più rilevante della collezione, con opere datate dal XII al XVIII secolo.
Nella prima sala degni di nota sono i
battenti lignei intagliati della chiesa
di S. Maria in Cellis del 1132; nella seconda, dedicata principalmente alle
Madonne
col Bambino del XIII secolo, di grande valore sono la
Madonna di Ambro e
la
Madonna di Savignano; la terza sala custodisce per lo più statue lignee
del XIV secolo, tra cui una policroma proveniente dalla chiesa aquilana di S. Silvestro;
un'altra statua lignea di valore è un
S. Sebastiano di Silvestro dell'Aquila
risalente al 1478 (quarta sala); diversi dipinti su tavola del XV e XVI secolo
si trovano nella settima sala dove è esposta anche una terracotta dipinta
rappresentante la
Madonna in ginocchio che adora il Bambino (XV-XVI secolo).
Notevoli sono anche le sezioni destinate alla numismatica, all'oreficeria abruzzese,
all'arte altomedievale, ai codici miniati e all'arte contemporanea, con opere,
tra gli altri, di Capogrossi, Pietro e Tommaso Cascella, Mafai e F. Pirandello.
Il castello di L'Aquila
Chiesa di S. Bernardino
La chiesa rinascimentale di San Bernardino fu eretta fra il
1454 e il 1472, anno della traslazione del corpo del santo, vissuto a L'Aquila negli
ultimi anni della sua vita (si spense nel 1444) e canonizzato nel 1450. Notevole la
maestosa facciata a coronamento orizzontale di tradizionale forma quadrata, opera di
Cola dell'Amatrice (1527-40). Suddivisa in tre piani da due trabeazioni e scandita
verticalmente in tre parti dai tre ordini sovrapposti di colonne (ionico, dorico e
corinzio), presenta metope dai contenuti religiosi (nella prima trabeazione) e l'iscrizione
dedicatoria (nella seconda).
Nell'interno, lungo 100 m e a tre navate, pregevole è il soffitto barocco
della navata centrale, ad intagli e dorature, opera di Ferdinando Mosca di Pescocostanzo.
Fra le varie opere d'arte conservate nella chiesa ricordiamo una terracotta di Andrea della
Robbia, raffigurante la
Resurrezione, incoronazione di Maria e quattro santi,
il mausoleo di San Bernardino eseguito da Silvestro dell'Aquila e portato a compimento
dai suoi collaboratori nel 1505, e il sepolcro di Maria Pereira, moglie di Pietro
Camponeschi (l'opera iniziata nel 1488 rappresenta la nobildonna sopra al sarcofago e la
figlia Beatrice morta a soli quindici mesi, nella parte inferiore). La chiesa è
contigua al convento costruito tra il 1459 e il 1471, all'interno del quale
degna di nota è la sala decorata con affreschi del settecento, chiamata
Cattedra
Bernardiniana.
Pescara
(116.286 ab.). La città di Pescara si estende sulla costa adriatica
lungo la foce del fiume Pescara, e si è
costituita nel 1927 in seguito alla fusione del vecchio centro di Pescara, sulla
riva destra del fiume, con Castellammare Adriatico, sulla riva sinistra. Ha un
aspetto moderno, con abitato a pianta regolare e un bel lungomare, che si
affaccia su una vasta spiaggia. Il porto-canale, molto caratteristico e ben
attrezzato, fa di Pescara uno dei più importanti porti pescherecci della
regione.
Altre risorse della città sono: il mercato ortofrutticolo
e le industrie alimentari, delle confezioni, dei materiali da costruzione,
metalmeccaniche, mobilifici, colorifici, industrie petrolchimiche,
farmaceutiche, conciarie, tipografiche e cantieristiche.
Veduta di PescaraSTORIA. In epoca romana Pescara, con il
nome di
Aternum, era un porto di imbarco per la Dalmazia. Devastata dalle
invasioni barbariche, nell'Alto Medioevo assunse il nome di
Piscaria e
iniziò un periodo di ripresa, che terminò con la distruzione nel
1209 da parte di Ottone IV.
Nel 1405 il re di Napoli Ladislao I la ricostruì. Dopo un periodo di
lotte fra Angioini e Aragonesi, la città divenne proprietà della
famiglia D'Avalos (1528) che fece erigere la cinta fortificata. Alla dominazione
austriaca (1707) subentrò quella francese a partire dal 1798. Passata ai
Borboni con il Congresso di Vienna, divenne un attivo centro di resistenza
liberale. Durante la seconda guerra mondiale fu gravemente danneggiata dai
bombardamenti del 1943-44.
ARTE. A causa dei danni subiti durante la
seconda guerra mondiale pochi sono i monumenti che si sono conservati. Rimangono
soltanto, come testimonianze artistiche di qualche valore, la Casa di Gabriele
D'Annunzio (XVIII sec.) con un'interessante raccolta di cimeli e fotografie,
il Palazzo del Governo dove si è conservato il dipinto
La Figlia di
Jorio, opera di F.P. Michetti (1895), e il
Bagno Penale. Nei dintorni si estende la Pineta
Dannunziana con il teatro all'aperto e una stele che ricorda il poeta.
Nel dopoguerra furono costruiti diversi palazzi e costruzioni, come ad esempio il Tempio
della Conciliazione o gli edifici del comune e della provincia. L'imponente Ponte
Risorgimento che collega i due nuclei della città è invece del 1934. Tra i monumenti
e gli edifici degni di nota la Nave, costruita nel 1987 da Pietro Cascella, che con la prua
rivolta verso la città simboleggia l'operosità di Pescara, il viaggio e il ritorno;
il secentesco Santuario della Madonna dei Sette Dolori, il cui unico elemento originario
è il campanile (all'interno si possono ammirare un'immagine della
Vergine e un simulacro
di
Nostra Signora dei Sette Dolori); il Palazzo della Cassa di Risparmio di Pescara
e Loreto Aprutino con mosaici di Pietro Dorazio; la Stazione centrale costruita su due
livelli e inaugurata nel 1988; la fontana con gruppo bronzeo simboleggiante la città
(in Piazza Italia, una delle più importanti di Pescara, aperta negli anni Trenta del
Novecento, sebbene realizzata diversamente dal progetto di Vincenzo Pilotti del 1928, e
circondata da palazzi eretti nel 1936 di chiara ispirazione al regime); l'erma a Gabriele
D'Annunzio unico monumento cittadino a lui dedicato; il Palazzo del Governo sulla
facciata del quale si possono ammirare quattro statue opera di Guido Costanzo, rappresentanti
il
Fiume, il
Mare, la
Miniera e l'
Agricoltura (all'interno sono
raccolte diverse opere d'arte tra cui la scultura di Costantino Barbella
Il Canto
d'Amore e il dipinto di Francesco Paolo Michetti
La figlia di Iorio); il
Palazzo di Città, la cui sala consiliare è stata affrescata da Luigi Baldacci.
Tra gli edifici religiosi si ricordano la chiesa di S. Andrea, edificata nel 1964, con
all'interno tre splendidi mosaici di Aligi Sassu,
S. Andrea pescatore,
La
Madonna con S. Eugenio de Mazenod e
S. Giuseppe artigiano, (autore anche
dell'affresco dei
Padri del Concilio Vaticano II intorno a S. Pietro, papa Giovanni
XXIII e papa Paolo VI, del 1964); il Tempio della Conciliazione, cattedrale
affiancata dal battistero e dal campanile, costruita nel 1933 sull'antica chiesa
di S. Cetteo, all'interno conserva la
Cappella funeraria di Luisa D'Annunzio,
dove nel 1949 sono state trasportate le spoglie della madre del
poeta (l'
arca che le ospita, decorata con l'immagine di una giovane sposa dormiente,
è opera di Arrigo Minerbi), prima della cappella, si può ammirare un dipinto donato da
D'Annunzio, rappresentante
S. Francesco, attribuito al Guercino.
In città da visitare il Museo delle Meraviglie del Mare (istituito negli anni Cinquanta
del Novecento, raccoglie attrezzi da pesca e da navigazione, una sezione ittiologica e
reperti di paleontologia; di rilevanza culturale la Sala della Marineria pescarese, con
più di cento foto d'epoca); il Museo delle Genti d'Abruzzo (ospitato nell'edificio dell'ex
Bagno penale borbonico, questa collezione, tra le più importanti d'Italia in
ambito antropologico, conserva reperti archeologici, in prevalenza preistorici,
e documenti della cultura agro-pastorale); la Casa di Gabriele D'Annunzio dove il poeta
nacque il 12 marzo 1863 (le stanze interne mantengono l'aspetto della dimora
borghese originaria, le stalle e i magazzini sono stati trasformati in locali per
mostre; sul ballatoio, i locali aggiunti della Biblioteca e della casa-museo; nel
cortile è il ritratto del poeta, in ceramica, di Basilio Cascella, 1920);
il Museo civico "Basilio Cascella", con più di 500 opere di Basilio e di
altri sei artisti della sua famiglia (pregevole è il celebre
Cavaliere
nero, opera del nipote Andrea, premiato nel 1964 alla Biennale di Venezia).
LA PROVINCIA. La provincia di Pescara (295.481 ab.; 1.225 kmq) comprende una fascia
territoriale piuttosto varia: dalle montagne (Gran Sasso, Maiella, Morrone) alle
catene collinari subappenniniche fino allo stretto litorale adriatico. È
attraversata dai fiumi Pescara, Tavo, Saline e Fino. Nella zona si trovano
giacimenti di asfalto e pietra da gesso. La produzione agricola è
rappresentata da uva, olio, ortaggi, frutta e tabacco. Lungo il fiume Pescara
sorgono impianti idroelettrici. Fra le industrie principali ricordiamo quelle di
laterizi, dell'abbigliamento, alimentari, distillerie. Nella zona costiera sono
sviluppati il turismo e la pesca. Fra i centri principali citiamo: Città
Sant'Angelo, Loreto Apruntino, Montesilvano, Penne, Popoli, Spoltore.
Teramo
(51.023 ab.). La città di Teramo è
situata alla confluenza del torrente Vezzola nel Tordino e si divide in due
parti: il nucleo antico è delimitato dalla confluenza dei due fiumi e
copre l'area che va dalla Cattedrale alla Porta Reale; la parte moderna (dalla
Cattedrale alla Piazza Garibaldi) ha un impianto regolare con ampie vie che si
incrociano ad angolo retto. Teramo è il maggior centro della provincia
per la produzione di uva da vino, olio, cereali, foraggi, ortaggi, frutta e
tabacco. Importante è anche l'allevamento del bestiame. Le industrie
principali sono: laterizi e materiali da costruzione, industria della ceramica,
della carpenteria, dei tessuti di lana. Vi sono inoltre numerosi mobilifici,
industrie alimentari, enologiche e olearie. Nelle vicinanze della città
sorge l'osservatorio astronomico di Collurania.
Panorama di Teramo
STORIA. Il nome Teramo deriva da
Interamnia
Praetutiorum (
Interamnia: inter amnes = fra i fiumi), la città più importante
dei Pretuzi che venne sottomessa dai Romani all'inizio del III sec. a.C. Dopo
alterne vicende dovute al succedersi delle invasioni, la città, alla
morte di Federico II di Svevia, fu ceduta alla Chiesa dagli Angioini. Fu questo
l'inizio di un periodo di sviluppo che culminò nel XIV sec. In seguito,
conclusesi le lotte fra Angioini e Durazzeschi per la successione al trono di
Napoli, Teramo divenne feudo della famiglia Acquaviva. Nel XVII sec. si
riscattò e divenne capoluogo di una provincia autonoma. Occupata dai
Francesi nel 1798, fu annessa al Regno delle Due Sicilie durante il Congresso di
Vienna (1814).
ARTE. La città conserva molti monumenti medievali fra
cui ricordiamo la chiesa di S. Antonio detta anche di S. Francesco, della cui
costruzione originaria in cotto dei secoli XIII-XIV rimangono solo il portale e
le finestre sul fianco sinistro e nell'abside, mentre l'interno risale al periodo barocco;
quella della Madonna delle Grazie in origine attigua a un monastero di Benedettine
probabilmente del 1153, rinnovata nell'Ottocento, la facciata, in stile eclettico,
è del 1920 (nell'interno a croce latina, l'altare maggiore presenta una
Madonna col
Bambino, complesso ligneo policromo probabilmente di Silvestro dell'Aquila; bello
anche il chiostro del XII secolo); la chiesa di S. Domenico della prima metà del
Trecento e in seguito ristrutturata, vanta nella parte absidale il portale che stava
in facciata, mentre nell'interno, a una navata, si possono ammirare tracce di affreschi
risalenti tra il XIV e il XVII secolo. Altri monumenti meritevoli di attenzione sono
l'Anfiteatro, risalente alla seconda metà del II secolo, di cui
si possono ammirare gli imponenti resti delle mura in laterizio (di forma ellissoidale,
il perimetro misurava 208 m); il teatro romano, edificato nella prima età augustea,
di cui rimane lungo il bordo della cavea, parte della pavimentazione in lastre di
travertino, che poteva ospitare circa 3000 spettatori; la torre bruciata, eretta con
materiale di spoglio romano, intorno alla metà del IV secolo; i resti di alcune
domus
antiche; il novecentesco Palazzo Savini noto perché durante la sua costruzione è stato
rinvenuto un mosaico pavimentale del I secolo a.C. rappresentante un leone che azzanna
un serpente.
Il duomo di Teramo
LA PROVINCIA. La provincia di Teramo
(287.411 ab.; 1.950 kmq) occupa la parte nord-orientale dell'Abruzzo. È
caratterizzata da un territorio prevalentemente montuoso e collinoso che si estende
fino alla costa adriatica. Le zone agricole più produttive si trovano lungo
la costa e nella fascia collinare dove vengono coltivati cereali, foraggio, vite,
barbabietole da zucchero, ortaggi. Altre risorse importanti sono l'allevamento
di ovini, bovini, caprini, suini ed equini e la produzione di gas naturale. Fra
le industrie principali ricordiamo i pastifici, gli zuccherifici, gli oleifici,
i liquorifici, le fabbriche di liquirizia, le industrie per la lavorazione di
prodotti ittici e ortofrutticoli, le aziende enologiche, le industrie tessili,
dell'abbigliamento e delle confezioni.
Alcune località costiere sono
diventati rinomati centri di turismo balneare (Giulianova, Roseto degli
Abruzzi). Fra i centri principali ricordiamo Atri, Campli, Civitella del Tronto,
Colonnella, Giulianova, Montorio al Vomano, Roseto degli
Abruzzi.
Luoghi d'interesse
Cattedrale
Iniziata nel 1158 dal vescovo Guido II e ampliata dal
1317 al 1335, fu probabilmente eretta sul sito di un antico tempio romano
dove in seguito era stata costruita la chiesa di S. Maria Aprutiensis.
Rimaneggiata nel Quattrocento e internamente ristrutturata in stile barocco
nel 1739, tra il 1932 e il 1935 venne restaurata nel suo aspetto originario.
La scalinata d'ingresso è arricchita da leoni stilofori che, probabilmente
sorreggevano le colonne di un portico, o erano parti di un antico ambone.
La facciata principale testimonia le diverse fasi costruttive.
La parte inferiore, coperta da conci di pietra, è della prima edificazione; la parte
superiore risale all'ampliamento trecentesco. Il portale centrale (1332) è
opera dell'artista romano Deodato di Cosma. Ai lati, due leoni reggono
colonnine recanti due sculture di Nicola da Guardiagrele:
Arcangelo
Gabriele e
Annunciata. Nell'architrave si possono ammirare gli stemmi di
Niccolò degli Arcioni e delle città di Teramo e Atri. A fianco dell'alto
timpano ci sono due edicole con le statue di S.
Berardo e,
presumibilmente, di
S. Giovanni; un'altra edicola con l'immagine di
un santo benedicente si trova sopra il grande rosone. All'apice del timpano, su di una
cuspide c'è invece un'aquila. La facciata occidentale è composta nella parte inferiore
da conci rettangolari, in quella superiore da un alternarsi di pietra e laterizi,
in alto si apre un finestrone circolare. Il campanile, costruito in tempi diversi
a partire dalla fine del XII secolo, termina con un corpo ottagonale, decorato
da ciotole maiolicate e sormontato da una piramide.
Le diverse fasi dell'edificazione sono visibili dal dislivello delle
due navate. La parte anteriore, suddivisa in tre navate da arcate a tutto sesto sostenute
da colonne alternate a pilastri e con al centro la cupola, è la più antica (XII secolo).
Molto bello è il soffitto a capriate con decorazioni e nella navata sinistra, un
Crocifisso ligneo risalente tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo. Degni di
nota sono anche un'edicola del Quattrocento opera di Antonio da Lodi e due confessionali
settecenteschi. Oltre il transetto inizia l'ampliamento trecentesco, soprelevato di
alcuni gradini. Capolavoro argenteo di Nicola da Guardiagrele (1433-48) è un paliotto,
posto alla base dell'altare maggiore (il paramento restaurato nel 1734, è suddiviso in 35
formelle ottagonali, rappresentanti la vita di Cristo, e in 22 rombi in smalto).
La parte trecentesca è caratterizzata da arcate gotiche con resti di affreschi
del Quattrocento, meritevoli di attenzione sono il coro settecentesco in
legno e la cattedra del vescovo. Sul fianco sinistro si trova la Cappella di S. Berardo,
in stile barocco, coperta da una cupola e ornata di stucchi. L'altare
in marmi policromi custodisce l'urna con le spoglie del santo, patrono della città, al
di sopra si può ammirare il bel polittico (1400 ca.) di Jacobello del Fiore,
rappresentante l'
Incoronazione della Vergine,
la
Città di Teramo e persone che pregano. Di fianco alla Cappella
di S. Berardo, si trova la Cappella della Sagrestia Nuova (1594-1632), occupata da un grande
altare di legno, opera di artigiani locali, che racchiude i lavori del pittore polacco
Sebastiano Majewski (1622) ritraenti la vita di S. Berardo. Nella Cappella del
SS. Sacramento, notevole è l'altare del 1786. Nella cripta si trovano le tombe dei
vescovi aprutini.
S. Anna de Pompetti
Chiamata anche S. Getulio, la chiesa attuale è ciò che rimane dell'antica basilica di
S. Maria Aprutiensis, costruita nel VI secolo sui resti di una
domus romana e
più volte rimaneggiata fino al XII secolo, quando i normanni la distrussero
definitivamente. Nel bell'interno, col pavimento ribassato, si possono ammirare
tracce di un affresco del XII secolo. Il triforio, di epoca bizantina, è sostenuto
da colonne in marmo cipollino e capitelli corinzi originari dell'edificio romano
sottostante (del quale si può apprezzare, grazie a lastroni di vetro, anche un
pavimento a mosaico).
Chieti
(52.486 ab.). La città di Chieti sorge su
un colle a 330 m s/m sulla destra del fiume Pescara. Ai piedi del colle si
è sviluppata la città moderna, importante per le industrie
alimentari (soprattutto i salumifici), tessili, siderurgiche, chimiche, della
cellulosa, della carta e del tabacco (manifatture).
STORIA. Centro
principale dei Marruccini con il nome di
Teate Marrucinorum, Chieti venne
conquistata dai Romani nel 305 a.C. Rimase una città importante fino alle
invasioni barbariche, quando i Goti la distrussero quasi completamente. Venne
poi ricostruita grazie a Teodorico e nell'802 fu annessa al Regno d'Italia da re
Pipino. Dopo la conquista normanna (1078) perdette l'autonomia che
riconquistò sotto la dominazione degli Aragonesi.
ARTE. Chieti
conserva alcuni interessanti resti dell'epoca romana, tutti risalenti
probabilmente al I-II sec. d.C.: il teatro (che offre anche una bella vista sui
monti dell'interno e sul Gran Sasso); il complesso dei tre tempietti (edificati su
una costruzione molto antica, dove doveva essere un pozzo ancora esistente
nell'area sotto al pronao della cella mediana, i tempietti furono trasformati in
chiese cristiane nel IX secolo) e gli importanti resti delle terme, alimentate da
una vasta cisterna costituita da nove vani scavati nella collina e comunicanti fra
loro tramite una serie di arcate (nelle sale termali degni di nota sono un pavimento
a mosaico, il sistema di riscaldamento posto lungo le pareti e sotto il pavimento
stesso e il
calidarium).
Tra gli edifici più importanti da visitare è la Cattedrale
situata sulla piazza principale, che risale al XI sec., ma ha subìto
successivi rifacimenti. Degne di nota sono anche le chiese di S. Francesco della
Scarpa e di S. Domenico. La prima costruita su un antico edificio religioso nel 1239,
presenta un bellissimo rosone del XIII secolo; la parte inferiore in stile barocco
è in pietra; ai lati del portale ci sono due nicchie con le statue di S. Antonino
vescovo di Firenze e S. Tommaso d'Aquino, provenienti dalla chiesa di S. Domenico.
L'interno secentesco, distrutto da un incendio nel 1933, conserva un busto ligneo
di S. Antonio da Padova di Giacomo Colombo (1706) e una tela con la
Vergine e
l'evangelista Marco, attribuita al Padovanino; nella navata si trova un pulpito
in legno opera di Tommaso Salvini da Orsogna (XVIII secolo). La chiesa di S. Domenico
edificata sul sito di un antico edificio medievale e affiancata da un'imponente torre
in cotto, ha una facciata in pietra in stile barocco (1642).
All'interno, a navata unica con cappelle laterali, si possono ammirare
S. Pompilio
Maria Pirotti che ammaestra i fanciulli, di Tommaso Cascella (1949),
S. Giuseppe
Calasanzio che presenta alcuni giovani alla Vergine, attribuito a Giacinto Diana e
sull'altare maggiore una pala raffigurante la
Madonna col Bambino, S. Anna e i Ss.
Antonio da Padova e Francesco di Paola, del XVII secolo; degno di nota anche un
pulpito ligneo del Settecento.
Altro simbolo della città è il Teatro Marrucino, che costruito tra il 1813 e 1818, ampliato
successivamente tra il 1870 e il 1876 e rimaneggiato tra il il 1958 e il 1972, presenta un
sipario raffigurante il
Trionfo di Asinio Pollione conquistatore di Salona, opera
di Giovanni Ponticelli.
Durante gli scavi effettuati tra il 1982 e il 1994 nella zona della Civitella,
l'antica acropoli della
Teate Marrucinorum, furono ritrovati resti di un antico
santuario, costituito da imponenti templi italici e da un anfiteatro; gli edifici sacri
risalenti al II secolo a.C. e situati sulle pendici della collina verso il centro
storico, erano ornati con fregi e statue frontonali in terracotta. Il complesso fu
rovinato nell'Ottocento, dalla realizzazione di una piazza d'armi.
Il castello di Crecchio (Chieti)
LA PROVINCIA. La provincia di Chieti (382.076 ab.;
2.588 kmq) si estende dal fiume Pescara al fiume Trigno lungo il versante
meridionale della Maiella e comprende la valle del medio e basso Sangro fino
alla costa adriatica. Il territorio è molto fertile e vengono prodotti
cereali, viti, patate, olive e frutta. Diffuso è anche l'allevamento
degli ovini e dei caprini. Le industrie più importanti sono quelle
alimentari, tessili, poligrafiche ed estrattive. Tipico è l'artigianato
del ferro battuto. Lungo la costa si è sviluppato il turismo balneare.
Fra i centri principali ricordiamo Atessa, Francavilla al Mare, Lanciano,
Ortona, Vasto.
Luoghi d'interesse
Cattedrale
Dedicata prima a S. Tommaso e poi a S. Giustino, fu rinnovata dal vescovo Teodorico I
nell'840 e poi nell'XI secolo, periodo cui risale l'attuale impianto con la sottostante
cripta. Ristrutturato in gran parte nel Trecento e ricostruito nel XVI secolo,
l'edificio subì, nel Settecento, sostanziali rimmaneggiamenti. L'attuale facciata e il
fianco destro sono novecenteschi. Il campanile, che termina con un corpo ottagonale e
una cuspide, ed è alleggerito da bifore ogivali a colonnine binate, fu iniziato da Bartolomeo
di Giacomo (1335) e ultimato da Antonio da Lodi (1498). Il portale ha una lunetta
con mosaico di Biagio Biagetti. L'interno, a croce latina con tre navate, ha una zona
presbiteriale sopraelevata. Nella navata destra si trova un fonte battesimale con vasca
in marmo di Verona (1599); nell'abside destra la Cappella dell'Addolorata, con paliotto di marmo
di fattura napoletana del XVII secolo. Sull'altare maggiore è un paliotto marmoreo
raffigurante
S. Giustino eremita che riceve le insegne episcopali dal popolo di Teate
di scuola napoletana (XVIII secolo); nell'abside è la pala con l'
Incredulità di
S. Tommaso, settecentesca; gli stalli del coro sono di Ferdinando Mosca. Nella
navata sinistra si apre la Cappella del Sacramento (1880). La cripta, risalente all'XI
secolo, è divisa in due navate trasversali, marcate da cinque pilastri cruciformi
e ornate da affreschi del XIII-XIV secolo. Dalla cripta si accede alla Cappella del
Suffragio dell'Arciconfraternita del Monte dei Morti, con stucchi secenteschi. Il Tesoro
della cattedrale custodisce pregevoli manufatti, antichi arredi sacri e opere d'arte.
Chieti: Cattedrale di San Giustino
Musei di Chieti
Museo Archeologico nazionale d'Abruzzo
Situato in un palazzetto neoclassico dimora dei baroni Frigerj, il museo vanta
interessanti reperti di epoca italica e romana ed è suddiviso in diverse sezioni.
Alcune sale sono dedicate alla scultura romana. Notevoli le statue provenienti
da
Alba Fucens e da
Foruli e la statua colossale di Ercole seduto,
risalente probabilmente al periodo tardo-ellenistico. La collezione Pansa è
formata da bronzi, oggetti di provenienza etrusca, vasi, specchi e utensili,
corredi tombali. Pregevoli i corredi funerari delle più importanti necropoli
dell'Abruzzo preromano, dal X al IV secolo a.C., le tre
stele di Penna
Sant'Andrea (VI secolo a.C.), con iscrizioni in lingua paleosabellica e il
letto funerario di Amplero, in legno con intarsi d'avorio. Il pezzo più
importante è l'imponente statua funeraria del
Guerriero di Capestrano, del VI
secolo a.C., alta 209 cm, con un copricapo ad ampie tese, una maschera sul volto,
sul petto due dischi a protezione del cuore, un'ascia e una spada, sulla cui
impugnatura sono incise figure umane e animali. Degni di nota sono anche la statuetta
bronzea dell'
Ercole Curino (III secolo a.C.), trovata nel santuario del
monte Morrone, nei pressi di Sulmona e la collezione numismatica che raccoglie
un migliaio di monete dal IV secolo a.C. al XIX secolo.
Museo della Civitella
Diviso in tre sezioni, il museo, custodisce i reperti italici e romani provenienti
dall'area di Chieti e dalla vallata del Pescara. La prima sezione,
L'inizio della
storia urbana, vanta reperti dell'età repubblicana (III secolo a.C.) rinvenuti
nelle aree dei due poli religiosi della città, l'acropoli e i tempietti; la collezione
mostra monete, oggetti in bronzo, fregi e frammenti in terracotta policroma (II secolo
a.C.) e resti di statue; il secondo settore è dedicato all'età imperiale e ai grandi
edifici pubblici (ritratti di Augusto, di Tito, statue marmoree e frammenti di epigrafi);
degni di nota sono anche il sepolcro a tempietto del liberto
Lusius Storax e la
stele funeraria del servo Alexander. L'ultimo si rivolge invece alla
Terra dei
Marrucini, con armi in bronzo, ferro e vasi in argilla databili tra il Paleolitico
e il periodo italico.
Museo d'Arte "Costantino Barbella"
Il museo, ospitato nel Palazzo Martinelli-Bianchi, custodisce opere di enorme valore,
quali:
Madonna col Bambino e
Crocifissione tra santi, affreschi della
seconda metà del Trecento provenienti dalla demolita chiesa di S. Domenico;
S. Girolamo
e S. Giovanni Battista, tavole del Maestro dei Polittici Crivelleschi (XV secolo).
Tra le opere dell'Ottocento si annoverano alcuni dipinti di Francesco Paolo Michetti,
i lavori del Gruppo della campagna romana e di Filippo Palizzi, i disegni di Basilio Cascella,
e la raccolta di bozzetti dello scultore teatino Costantino Barbella.
PICCOLO LESSICO
Calanco
Vallecola caratteristica di terreni argillosi soggetti ad erosione rapida.
Si trovano nelle colline appenniniche composte da argille chiare, poco antiche.
La bonifica dei calanchi consiste nel livellare le creste e solcarli con canali
obliqui, che convoglino le acqua piovane.
Pastorizia transumante
Sin dall'antichità, mentre le donne restavano in montagna a custodire le
case e ad accudire i bambini e gli anziani, gli uomini si avviavano a piedi,
all'inizio dell'autunno, per portare le greggi verso il Tavoliere pugliese.
Era un viaggio che richiedeva parecchi giorni. La
separazione piuttosto lunga e dolorosa, fece nascere linguaggi e culture
diverse. Dalla Valle del Sangro, uomini e animali di grossa e media taglia
percorrevano i tratturi, ampi sentieri erbosi, (i principali erano tre: da Pescasseroli
a Candela, da L'Aquila a Foggia e da Celano a Foggia). La tradizione della
transumanza, iniziata dai Sanniti, ha caratterizzato per venticinque secoli
la vita dei montanari abruzzesi , che non si sono fermati davanti a nulla
(la conquista romana, le battaglie del Medioevo, i soprusi dei baroni e i
saccheggi dei briganti del Regno di Napoli). Nel Novecento tuttavia, la
coltivazione del Tavoliere e il calo del prezzo della lana causò una
fortissima riduzione delle greggi, che determinò l'emigrazione dei pastori
montanari verso Roma, il Nord Italia e le Americhe. Ma a partire dagli anni
Ottanta e Novanta del Novecento si è assistito a un ripopolamento della regione.
Pasta alla chitarra
La pasta "alla chitarra", così chiamata per via dello strumento usato per stenderla
(un telaio rettangolare in legno, con tanti fili di metallo, di budello, di legno o
altro ancora, posti uno accanto all'altro a piccola distanza, con diverse chiavi
necessarie per tenerli tesi), è uno dei piatti tipici abruzzesi.
L'uso di tagliare a listarelle la sfoglia di pasta risale all'antichità. Ci sono infatti
cronache del medioevo che parlano di questo metodo usato per ottenere gli "spaghetti" o
"maccheroni" di sezione quadrata.
Parrozzo
Il
parrozzo, in origine pane rustico di farina di mais, dal colore
giallognolo tipico del granoturco, di forma emisferica e cotto nel
forno a legna, chiamato "pane rozzo", proprio per il suo aspetto
scuro e per la sua umile origine, mangiato dai contadini che non
potevano permettersi la farina di grano, divenne dolce intorno al
1920 grazie all'idea di un pasticcere di Pescara, Luigi D'Amico,
che rielaborò la ricetta senza modificarne le caratteristiche originali.
L'uomo fece assaggiare la sua nuova produzione a un amico insigne, lo
scrittore Gabriele D'Annunzio, che subito scrisse un sonetto in dialetto
locale per celebrare il dolce. Lo stesso fu fatto da altri artisti quali
l'umanista De Titta compositore della "Canzone del Parrozzo", musicata poi dal
maestro Di Iorio, il commediografo e critico letterario Luigi Antonelli,
scrittore della "Storia del parrozzo" (1927), e il il ceramista Armando
Cermignani realizzatore dei disegni della scatola.
Il
parrozzo si prepara impastando il semolino o la farina gialla, con uova e
mandorle tritate, l'impasto poi si versa in uno stampo semisferico, che viene messo
a cuocere nel forno. A cottura ultimata, il dolce ormai freddo viene
ricoperto da sottile strato di cioccolato fondente fuso che ricorda
il colore scuro esterno, causato dalle bruciacchiature caratteristiche
della cottura nel forno a legna.
Ferratelle
Tipici dolci, che prendono il nome dallo strumento usato per dargli la forma
di inferriata (ma chiamati anche
pizzelle o
cancelle/cancellate ). Le piastre di
ferro, presenti nelle cucine abruzzesi sin dal '700, potevano avere forme
diverse e decorazioni particolari, talvolta raffiguranti lo stemma del casato
nobiliare o le iniziali del capofamiglia, che restavano così impresse sul dolce.
Le ferratelle, una volta servite principalmente durante i banchetti nuziali,
vengono spalmate di miele, marmellata o cioccolata.
Zafferano
Pianta erbacea della famiglia delle iridacee
(
Crocus sativus), originaria dell'Asia Minore, coltivata in Italia, Spagna e
Francia; è bulbosa, ha foglie lineari fascicolate, fiore violaceo, il cui
stilo si divide in tre stimmi di color rosso-aranciato; questi, essiccati,
costituiscono la nota droga, usata come condimento aromatizzante, come colorante
di paste alimentari e formaggi, e impiegata anche in profumeria e nella cosmesi.
In Abruzzo lo zafferano, è sempre stato coltivato nella piana di
Navelli (già nel XIII secolo, la città de L'Aquila ricavava un grande profitto
dalla sua coltivazione e dal suo commercio).
Oggi questa pianta non esiste allo stato selvatico. Gli agricoltori piantano
i bulbi tra luglio e settembre, i fiori color viola-rosato spuntano nella
seconda metà di ottobre e si aprono dopo circa mezza giornata mostrando i loro
stimmi arancioni. La raccolta dei fiori ancora chiusi, viene fatta tra ottobre e
novembre nelle prime ore del mattino. Usato oggi solo in ambito culinario, oltre al
risotto alla milanese, lo si impiega per aromatizzare dolci, paste,
formaggi e liquori. Ma per avere un chilo di zafferano servono almeno 200.000
fiori per questo il suo prezzo è molto elevato ed è fissato ogni anno dopo il
raccolto, dalla cooperativa dei produttori di Civitaretenga, nei pressi di L'Aquila.
PERSONAGGI CELEBRI
Benedetto Croce
Filosofo, storico e
critico letterario (Pescasseroli 1866 - Napoli 1952). Pose le basi del suo
pensiero partendo da un presupposto filosofico neoidealistico, di indirizzo
hegeliano. Formulò le sue teorie estetico-filologiche scindendo il
"bello" dal "vero" e l'"utile" dal "falso": diede perciò risalto allo
sviluppo di una critica letteraria e storica. Riscoprì i problemi
filosofici su basi scientifico-logiche, impostò gli studi storici secondo
criteri meno preconcetti e contribuì a portare avanti il discorso
critico. In definitiva, diede inizio, a partire dal primo Novecento, al
rinnovamento della cultura italiana. Espresse il suo pensiero, oltre che sulla
rivista
La Critica della quale fu fondatore, nelle opere:
Estetica
come scienza dell'espressione e linguistica generale,
Filosofia della
pratica,
Teoria e storia della storiografia,
Logica come scienza
del concetto puro,
Storia d'Italia dal 1871 al 1915,
Storia
d'Europa nel secolo XIX e
Ultimi saggi.
Benedetto Croce
partecipò attivamente alla vita politica. Fu senatore nel 1911 e ministro
della Pubblica Istruzione con Giolitti nel 1920-21. In conseguenza del suo amore
per la libertà, intesa come "libertà dello spirito", durante la
dittatura fascista si appartò dalla scena politica.
Gabriele D'Annunzio
Scrittore, poeta e drammaturgo (Pescara 1863 -
Gardone Riviera 1938). Fu tra i maggiori esponenti del Decadentismo letterario
europeo. I suoi scritti, con il sottile gusto per le immagini e passioni
descritte sensualmente e con minuzia di particolari, riflettono la degenerazione
del Romanticismo, caratterizzato dalle malinconie squisite, dalle invocazioni
misticheggianti alla natura dei retorici sentimenti amorosi e patriottici.
L'opera poetica e narrativa di D'Annunzio fu definita "estetizzante" per la
ricercatezza formale e per il linguaggio, spesso da lui inventato. Con il porre
l'Io al centro dell'universo, egli credette d'incarnare la figura del Superuomo,
sforzandosi di condurre una vita "inimitabile" e stravagante, comunque ricca
d'interessi ed esperienze.
Partecipò alla prima guerra mondiale
compiendo celebri imprese: il volo su Vienna, la beffa di Buccari e l'impresa di
Fiume. Passò gli ultimi anni della sua vita nella sua villa di Gardone,
da lui chiamata il "Vittoriale degli Italiani", dove morì. Idolatrato
dalla borghesia durante il periodo fascista, criticato da molti, al di là
di taluni limiti che riguardano sia l'uomo che il poeta, D'Annunzio va comunque
considerato tra i maggiori protagonisti della poesia italiana del
Novecento
Ovidio Publio Nasone
Poeta latino (Sulmona 43 a.C. - Tomi, odierna
Costanza, Romania, 17 o 18 d.C.). Dopo aver raggiunto la celebrità con i
suoi poemi (
Amores,
Heroides,
Ars amatoria,
Metamorfosi), fu esiliato da Augusto sulle rive del Mar Nero, per una
ragione non ben conosciuta: forse l'aver scritto opere capaci di corrompere i
giovani, forse intrighi di corte. In esilio la sua musica trova accenti nuovi
coi poemi
Tristia ed
Epistulare ex Ponto, pieni di malinconica
nostalgia.
Ignazio Silone
Pseudonimo di Secondo Tranquilli, uomo politico e
scrittore (Pescina 1900-1978). Fu uno dei fondatori (1921) del Partito Comunista
Italiano, dal quale si dimise nel 1930; si recò esule, per il suo
antifascismo, in Svizzera. Acquistò grandissima notorietà
all'estero per i suoi romanzi di ambiente abruzzese e a sfondo politico:
Fontamara (1933),
Pane e vino (1937),
Il seme sotto la neve(1944). Tornato in Italia nel 1945, fu per un breve periodo direttore (1946)
dell"Avanti".
Successivamente ha avuto parte in taluni movimenti di
ispirazione socialista democratica.
CENTRI MINORI
Atri
(11.260 ab.). La
città, il cui nome era
Hatria Picena, iniziò a fiorire all'epoca
della colonizzazione romana (III sec. a.C.), raggiungendo quindi un notevole
grado di sviluppo economico e artistico come rivelano i cospicui ritrovamenti
archeologici.
Soggetta alle devastazioni e alle conquiste operate sul
territorio pretuziano da Barbari, Normanni e Svevi durante i "secoli bui" del
Medioevo, Atri visse travagliate vicende storiche sotto la signoria degli
Acquaviva che l'avevano eretta a ducato. La loro corte tuttavia sostenne una
attiva e intelligente politica artistica. A conferma di ciò basterebbe la
presenza della splendida Cattedrale (1285-1305), in stile romanico-gotico, vanto
dell'intera regione abruzzese.
Altri monumenti da ricordare sono la chiesa
di S. Agostino, edificata nei primi del Trecento e rinnovata nel 1363, con un
pregevole portale in stile gotico-rinascimentale, realizzato intorno al 1420 da
Matteo de Caprio da Napoli; la chiesa di S. Domenico, eretta nel 1322 e rimaneggiata
nel XVI secolo e nel 1758, presenta una facciata romanica a bande alternate di
pietra e di cotto e l'interno, rifatto nel Settecento, è in stile barocco (belle
le tre tele di Giuseppe Prepositi, 1789); S. Andrea risalente ai primi del Trecento con
un portale romanico finemente decorato; S. Nicola (1256). Degno di nota è anche
il Palazzo dei duchi Acquaviva (XIV-XVIII sec.), commissionato dal conte Antonio
Acquaviva alla fine del Trecento, restaurato per la prima volta intorno al 1550
e successivamente nel Settecento; l'edificio, oggi sede del municipio, sorge sui
resti di una cisterna romana. All'interno del palazzo si trova il Museo didattico
degli Strumenti musicali medievali e rinascimentali, collezione di strumenti
musicali in uso dal VII al XVI secolo.
Luoghi d'interesse
Cattedrale
L'edificio in onore di S. Maria Assunta, è uno degli esempi principali dell'architettura
medievale abruzzese. Eretta da Raimondo di Poggio e Rainaldo da Atri dalla
seconda metà del Duecento sul sito di un'antica chiesa romanica (sorta a sua
volta sui resti di terme romane) fu terminata nel 1305. La facciata rettangolare,
in conci di pietra d'Istria e divisa in tre parti, segue il modello della
tradizionale chiesa abruzzese. Nella zona centrale si apre il portale di Rainaldo
da Atri sormontato da un rosone sopra al quale in una piccola nicchia si trova una
Madonna col Bambino. I tre portali sul lato destro della basilica sono uno
di Rainaldo da Atri (1305) considerato 'Porta Santa' per volere di Celestino V,
e aperto solo per la Festa dell'Assunzione; e gli altri due di Raimondo di Poggio,
(quello di mezzo fu costruito nel 1288, l'altro nel 1302). Sul fianco sinistro
della cattedrale si erge il campanile, in conci di pietra d'Istria, che iniziato nel 1252
fu terminato nel 1305 fino alla cella campanaria con le quattro monofore, ma nel 1502
venne aggiunta, dal costruttore lombardo Antonio da Lodi, la parte finale,
costituita dal tamburo ottagonale sormontato da una cuspide.
Le tre navate interne sono divise da arcate a sesto acuto poggianti su pilastri di cui
le prime tre coppie sono originali, mentre le quattro successive sono state ricoperte
in muratura poco dopo la costruzione. Pregevoli sono la decorazione pittorica
risalente ai primi del Quattrocento posta sui pilastri e sulle pareti, e nel coro
dei canonici, il ciclo di affreschi di Andrea De Litio (1460 ca.) con
Storie di
Cristo e della Vergine,
Santi,
Evangelisti, e
Dottori della
Chiesa, capolavoro del pittore di Lecce dei Marsi. Nel pavimento della zona
presbiteriale, sotto lastre di vetro, si possono ammirare i resti dell'edificio
termale. Nell'ultima campata della navata sinistra, degno di nota è l'affresco
duecentesco che rappresenta l'
Incontro dei tre vivi con i tre morti
(1240-50), metafora della caducità delle cose terrene. Bello anche il battistero, edicola
rinascimentale (1503) di Paolo de Garviis. Nel chiostro attiguo, risalente ai primi
del Duecento, si trova il Museo capitolare, che custodisce una collezione di arte
sacra di cui fanno parte oggetti liturgici, statue, dipinti e paramenti sacri (degni di
nota sono una maiolica con
Madonna col Bambino probabilmente
opera di Luca della Robbia, fine Quattrocento, e una croce reliquario in
cristallo di rocca).
Il campanile della cattedrale di Atri (Teramo)
Avezzano
(38.337 ab.). Centro in provincia di L'Aquila sul
lago di Fucino, prosciugato nel 1854-76, sebbene d'origine preromana, presenta
un aspetto assai moderno; é stato, infatti, completamente ricostruito
dopo il terribile terremoto del 1915 e il bombardamento del 1944.
La città,
capoluogo della Marsica e porta d'entrata per chi viene da Roma, è oggi un importante
centro agricolo, commerciale e industriale. Dei monumenti antichi rimane
il Castello Orsini, che costruito nel 1490 e rinnovato nei secoli successivi dalla
famiglia Colonna, conserva solo due torrioni, una parte di mura e un portale, decorato
da due orsi in onore della famiglia Orsini, che ricorda la battaglia di Lepanto.
Giulianova
(21.400 ab.). Centro agricolo e industriale in
provincia di Teramo. È situato in parte su un'altura (Giulianova Alta),
in parte sulla costa adriatica (Giulianova Lido). Industrie alimentari,
meccaniche e del cemento, turismo e pesca. Fondata nel XV sec. dal duca di Atri, è un
chiaro esempio di urbanistica rinascimentale.
Da visitare il Duomo di S. Flaviano (XV sec.)
a pianta ottagonale, sormontato da un'imponente cupola, un tempo ricoperta da maioliche;
l'interno, restaurato nel 1948, ha perso le decorazioni barocche ma custodisce
scultore di artisti contemporanei (sotto l'altare degno di nota è un reliquiario
d'argento, opera di Bartolomeo di Paolo da Teramo, 1396).
Degni di nota sono anche il
Palazzo Ducale, la Cappella gentilizia De' Bartolomei, del 1876, e la Sala R.
Pagliaccetti, dove si trovano opere dello scultore di Giulianova Raffaele Pagliaccetti,
rappresentante del verismo. Due sono i musei cittadini: la Pinacoteca Civica
"Vincenzo Bindi", con dipinti di scuola napoletana dal XVII al XX secolo, opere di
pittori abruzzesi (XIX-XX secolo), ceramiche, sculture e una raccolta di
autografi rinascimentali; il museo archeologico Torrione "Il Bianco", che conserva
i ritrovamenti romani di
Castrum Novum.
Lanciano
(35.798 ab.). Comune in provincia di Chieti.
Centro agricolo. Industrie tessili e grafiche. Già capoluogo dei
Frentani, divenne poi municipio romano in epoca imperiale col nome di Anxanum.
Centro commerciale nel Medioevo (vi si teneva una famosa fiera), raggiunse il
massimo splendore nei secc. XIV-XVI. Proprio di questo periodo sono i resti ancora
visibili delle mura aragonesi e delle torri Montanare, erette quando la città
si estese con la costruzione del quartiere di Civitanova per difendere l'area che
si affacciava sulla pianura. Tra gli altri documenti architettonici significativi
si segnalano la chiesa di Santa Maria Maggiore (1227), la Cattedrale di Santa Maria
del Ponte, le Torri Montanare, la chiesa di S. Francesco.
La cattedrale in origine edificata su tre archi di un ponte, probabilmente risalenti
all'età di Diocleziano, fu in seguito ricostruita su tutta l'ampiezza del ponte, dopo
che nel 1088, durante alcuni restauri, venne trovata un'antica statua della Madonna,
conservata in una nicchia, trasformata in seguito in cappella, e infine in nucleo
della nuova chiesa (XV-XVI secolo). La basilica rimaneggiata nel 1785-88 su progetto
di Eugenio Michitelli, conserva all'interno, a navata unica, affreschi con soggetti
religiosi di Giacinto Diana (1789) e l'antica statua della Madonna del Ponte, posta
in una nicchia sull'altare.
La chiesa di Santa Maria Maggiore fondata intorno al 1227 e rimaneggiata nei secoli
XV e XVI, ha la facciata in pietra arenaria divisa in due parti: in quella di sinistra,
si apre, preceduto da una scalinata, un portale di Francesco Petrini (1317), sovrastato
da un rilievo con
Cristo Crocifisso incoronato da un angelo; nella parte destra,
si aprono un portale ogivale, due bifore e un rosone, tutti risalenti al XIII secolo.
Il fianco duecentesco, a sinistra della facciata, con finestre romaniche a sesto
acuto e un portale a doppio arco ogivale, presenta influssi dell'arte pugliese; la
facciata duecentesca con un portale gotico, è affiancata da una torre campanaria.
L'interno, più volte rimaneggiato fino al ripristino della struttura originaria,
è a tre navate divise in quattro zone da pilastri cruciformi. Bella la volta ottagonale
che sormonta il presbiterio a pianta quadrata (tra i cimeli degno di nota è un
crocifisso processionale d'argento di Nicola da Guardiagrele, 1422).
Anche la chiesa di S. Francesco risale alla seconda metà del Duecento. Sita nel quartiere
medievale Borgo e costruita sui resti di un'antica chiesa basiliana dedicata a S.
Legonziano, conserva ancora, dell'architettura originaria, il portale a sesto acuto,
la parte inferiore della facciata e la torre campanaria, adornata da maioliche.
Questo edificio è divenuto famoso per via del primo episodio del miracolo eucaristico
(VIII secolo). L'interno barocco, a navata unica, custodisce in un tabernacolo
un pregevole reliquiario d'argento del XVIII secolo.
Degne di nota sono anche la chiesa di S. Biagio e quella di S. Agostino,
la torre campanaria dell'antica chiesa di S. Giovanni Battista (oggi demolita),
il Teatro comunale "Fenaroli" dalla facciata neoclassica in cotto (1842);
la tardo-rinascimentale Fontana del Borgo; un'antica casa bottega del 1400.
Loreto Aprutino
(7.615 ab.). Centro agricolo in provincia di Pescara (coltivazioni di viti, olivi e
cereali). Il paese si era formato intorno a un castello e a un'antica abbazia di
monaci Benedettini; i Normanni ne accentuarono il prestigio rendendolo contea. Seguì
poi un lungo periodo di stasi, interrotto nell'Ottocento da una ripresa culturale e
civile, in seguito alla quale vennero fondati la Biblioteca "Casamarte", il Teatro
musei e istituzioni.
Tra le testimonianze architettoniche della città, che conserva l'antica struttura
ad anfiteatro dominata dall'Acropoli, sono: il castello, dalla costruzione irregolare
a causa dei ripetuti rimaneggiamenti; Palazzo Casamarte sede della Biblioteca omonima,
ricettacolo di documenti e opere di provenienza francese; Palazzo dei Baroni Treccia
nel quale mirabili sono le celle vinarie sotterranee, il cortile e il pozzo,
all'interno del quale venne nascosta, durante l'attacco francese, la statua del patrono
S. Zito.
Gli edifici religiosi degni di nota sono l'abbazia di S. Pietro Apostolo, il cui interno
a tre navate, presenta decorazioni barocche e pregevoli cappelle, ricche di affreschi
e con pavimenti in ceramica castellana (le più importanti sono dedicate a S. Tommaso
d'Aquino e a S. Zopito martire, il santo patrono festeggiato il lunedì di Pentecoste
con una processione alla quale partecipa un bue bianco cavalcato da un bambino);
il convento di S. Francesco, edificio quattrocentesco con chiostro del secolo successivo,
e resti di affreschi secenteschi, adibito dopo la soppressione dei beni ecclesiastici,
a municipio.
Da visitare in città anche la Galleria delle antiche ceramiche abruzzesi, con una
collezione di 600 pezzi.
Ortona
(22.694 ab.). Cittadina in provincia di Chieti, su
di un colle dominante la costa adriatica, a Nord della foce del torrente Moro.
Industrie della pesca, piccolo porto. Per la sua posizione presso il mare, la
città ebbe rilevanza fin dai tempi antichissimi come sede portuale a
scalo marittimo. Decaduta nell'Alto Medioevo, si riprese durante il dominio Svevo.
Le mura fatte costruire nel periodo feudale la preservarono durante l'attacco
di Alfonso I di Aragona (1442). Dal XVI sec. fu colpita da una serie di eventi
sfortunati, saccheggiata dai Turchi nel 1566, passò nel 1582 nelle mani di Margherita
d'Austria, successivamente ai Farnense e infine ai Borboni nel 1732. L'episidio
più drammatico fu la terribile battaglia del 1944, durante la quale la città fu rasa
al suolo.
Molto bella è la Cattedrale, costruita sui resti di un tempio pagano e dedicata
nel 1258 all'apostolo Tommaso, di cui custodisce le reliquie. Restaurata dopo
la seconda guerra mondiale, conserva un portale gotico, opera dell'ortonese Nicola
Mancino (1311), ricostruito con frammenti recuperati. Della costruzione originaria
sono anche due arcate ogivali poste a destra del portale. Nell'interno a croce
latina, degna di nota è la Cappella di S. Tommaso dove si possono ammirare due
maioliche di Tommaso Cascella. Sull'altare, un ciborio conserva un busto
argenteo dove si trova il cranio del santo, esposto solo la prima domenica di maggio.
Il Museo capitolare annesso alla chiesa, raccoglie manufatti del secolo XV al XVIII,
pezzi d'arredamento, pitture, sculture, oggetti del tesoro di S. Tommaso e di altre
chiese.
Tra gli altri edifici da ricordare sono anche i ruderi del poderoso castello aragonese
costruzione quadrilatera con torrioni cilindrici agli angoli, e il rinascimentale
Palazzo Farnese, edificato su progetto di Giacomo della Porta (1584) per volere
di Margherita D'Austria (all'interno del palazzo si possono visitare la Biblioteca
comunale, con manoscritti di Francesco Paolo Tosti e Guido Albanese, la Pinacoteca
Comunale "Michele Cascella", che ospita le opere di Michele, Tommaso e Basilio
Cascella e il Museo Civico Archeologico, con ritrovamenti preistorici, italici e
romani, e ceramiche medievali e rinascimentali.
Penne
(12.495 ab.). Centro in provincia di Pescara,
sorge sopra due colli bagnati dai fiumi Savo e Tino, affluenti del Salino
Maggiore. Produce vino e olio. Pastifici. Città antichissima, presenta
una particolare configurazione, influenzata dalle caratteristiche del suolo su
cui si è sviluppato il centro urbano.
Tra i monumenti si segnala il Duomo, edificato prima dell'anno Mille e rimaneggiato
dapprima in stile romanico (XI sec.) e quindi in stile gotico (XIV sec.). Consacrato
a S. Massimo, di cui si custodiscono le reliquie, ha conservato poco dell'originaria
costruzione romanica. La facciata presenta un portale e un rosone due-trecenteschi;
il portale sul lato destro risale al Rinascimento, mentre la torre campanaria
appartiene ai secoli XIV-XV. Nell'interno a croce latina, si può ammirare
l'altare maggiore quasi completamente originale (seconda metà XII secolo) con paliotto
di pietra scolpita, probabilmente opera di Acuto; ma la parte più antica è la cripta,
risalente probabilmente al IX secolo, a cinque navate, con volte a crociera sostenute
da due pilastri, che hanno conservato pitture votive del XIII-XIV secolo, e colonne.
Altri monumenti degni di nota sono Palazzo De Caesaris, affrescato con dipinti
che evocano la Carboneria, cui aderirono due compenenti della famiglia De Caesaris,
esiliati e imprigionati proprio per questo motivo; Palazzo Aliprandi (proprietà
dei tesorieri farnesiani) con la facciata decorata da sculture settecentesche e
adiacente alla piccola ma elegante chiesa di S. Antonio di Padova; Palazzo di
Margherita d'Asburgo o Scorpioni, in stile rinascimentale (solo il cortile è di impianto
medievale) usato dalla duchessa come residenza durante le soste in Abruzzo.
Interessanti anche alcune chiese risalenti al periodo medievale e in seguito
rimaneggiate come ad esempio S. Giovanni Evangelista oggi sconsacrata, la chiesa
S. Domenico con splendidi dipinti di G.B. Ragazzini.
Del periodo barocco sono invece la chiesa di S. Giovanni Battista o
dei Cavalieri di Malta, la chiesa dell'Annunziata e Palazzo Gaudiosi.
Da visitare il Museo Civico Diocesano, che custodisce tra i reperti antichi,
il bassorilievo di una lotta gladiatoria e un'iscrizione funeraria attestante
la diffusione del cristianesimo nell'area vestina fin dal VI secolo; preziosi anche
la croce argentea quattrocentesca, attribuita a Nicola da Guardiagrele, e un
cofanetto reliquiario in ebano e avorio, risalente al 1576; i pezzi principali
dell'oreficeria sono una piccola croce d'altare trecentesca finemente lavorata,
una teca e un reliquiario; tra le statue degne di note sono una
Madonna col
Bambino lignea policroma (XV secolo), un
Crocifisso trecentesco,
e il
busto ligneo
di S. Massimo; in ambito pittorico pregevole
una serie di pale d'altare quattro-seicentesche; nella Sala dei Paramenti
molto bello è un drappo di seta ricamata (XVIII secolo).
Pescocostanzo
(1.216 ab.). Centro montano in provincia di L'Aquila
a 1.395 m s.m. sulle pendici del Monte Calvario. Boschi, pascoli. Allevamento
bovino. Artigianato di merletti, oreficeria in filigrana. Turismo. Sorta intorno
all'anno Mille sullo sperone di roccia chiamato Peschio, attraversò, nei
secc. XV-XVIII, un periodo di particolare floridezza economica (fu prima feudo dei
Colonna e poi dei Silveri) e splendore artistico (vi lavorarono lo scultore
Cosimo Vanzago, il pittore Tanzio da Varallo e altri artisti abruzzesi come
Norberto Cicco e Santo di Rocco). Durante la seconda guerra mondiale il paese
subì gravi danni ma il centro storico è rimasto intatto.
Il monumento principale è la Collegiata di Santa Maria del
Colle del XII sec., ricostruita nel 1456 dopo il terremoto che l'aveva completamente
distrutta. Nel secolo successivo fu ingrandita e furono costruiti il
portale e la facciata. L'interno, a cinque navate, è caratterizzato da un
magnifico soffitto ligneo a cassettoni, intagliato e dorato, progettato da
Carlo Sabatini e compiuto tra il 1670 e il 1682. Nella navata
sinistra, la Cappella del Sacramento presenta un imponente cancello in ferro battuto
forgiato dagli abruzzesi Santo e Ilario Di Rocco. Un altro cancello in
ferro delimita il battistero, con fonte battesimale del 1753. Sull'altare maggiore
degna di nota è la
Madonna in trono col Bambino (o
Madonna del Colle),
statua lignea policroma di fine XI secolo. Tra i dipinti, pregevoli sono
la
Madonna col Bambino in gloria e i Ss. Bernardino da Siena, Francesco e
Chiara attribuita a Tanzio da Varallo (1617), e la
Vergine del Rosario
di Giovan Paolo Cardone (1580).
Tra gli altri edifici da visitare, la chiesa e il convento di Gesù e Maria, complesso
ideato da Cosimo Fanzago (il quale aveva progettato anche l'ex monastero di S.
Scolastica) per i monaci francescani, adornato da arredi barocchi
(degno di nota l'altare maggiore di Fanzago, 1626-30); il Palazzo del Governatore con
lo stemma cinquecentesco degli Asburgo di Spagna; i palazzi gentilizi del quartiere
Varrata, costruiti nel periodo di massimo splendore di Pescocostanzo: Palazzo Cocco
(XVIII secolo), Palazzo Cocco-Palmieri (XVII secolo), Palazzo Grilli-De Capite
(XVII secolo) e Palazzo Ricciardielli (XVIII e XIX secolo).
Sulmona
(25.304 ab.). La città di Sulmona, a pianta
regolare e con carattere medievale, sorge su un altopiano a cuneo, delimitato
dai valloni della Vella e del Gizio.
Quasi nulla ci è pervenuto
dell'età italico-romana a parte il Tempio di Ercole Curino che si trova
alle falde del monte Morrone.
Durante il Medioevo la città
subì notevoli cambiamenti che influenzarono anche la sua struttura: dopo
il Mille Sulmona era l'unico centro dell'entroterra abruzzese che non si era
espanso all'esterno della cerchia muraria.
Verso la metà del XII
sec. l'incremento demografico, lo sviluppo dei commerci e l'arrivo di immigrati
dal contado e dalle regioni confinanti portarono alla saturazione degli spazi
all'interno delle mura e alla formazione di nuovi borghi nelle aree periferiche
fuori porta in prossimità delle strutture ecclesiastiche. Iniziò
così l'opera di ampliamento delle mura per la difesa dei nuovi borghi: la
cattedrale venne inclusa all'interno della cinta difensiva e fu riservato
più spazio alle attività mercantili.
Verso la fine del
Trecento la città assunse la forma che conservò fino all'inizio
del XX sec. quando l'abitato iniziò a svilupparsi anche all'esterno delle
mura.
Il Duomo (Cattedrale di San Panfilio) è una basilica a tre
navate con portale principale tardo gotico ed absidi romaniche; sorta
nell'VIII secolo sui resti del Tempio di Apollo e Vesta, fu ricostruita
nel 1076 ma in seguito subì ingenti a causa di incendi, assalti e terremoti.
All'interno si possono ammirare il
sarcofago del vescovo Bartolomeo
De Petrinis (1419), quadri e sepolcri rinascimentali e barocchi
e un organo del Settecento; nella cripta si trova il sepolcro di S. Panfilo
(vescovo della città nel VII secolo) e un rilievo del XII secolo che raffigura
la
Madonna in trono col Bambino.
Palazzo Tabassi è un elegante edificio del XV secolo, con portale realizzato da
Pietro da Como (1449) e nel cortile alcune lapidi romane.
La Chiesa dell'Annunziata e l'omonimo Palazzo costituiscono il più importante monumento
della città. La chiesa fu ricostruita dopo il terremoto del 1706 su progetto di
Pietro Fontana, il palazzo, invece nato come lazzaretto, divenne in seguito uno degli
edifici gotici più belli dell'Abruzzo. Il portale sinistro (1415) ha forme gotiche ed è
circondato da colonne che sostengono le statue dei
Ss. Gregorio Magno, Girolamo,
Ambrogio, Agostino, Panfilo, Pietro e
Paolo; quello centrale tipico del
Rinascimento toscano, presenta nel timpano una
Madonna col Bambino tra quattro
angeli adoranti. Anche il portale destro in stile rinascimentale, è tuttavia meno ricco.
All'interno del palazzo si può visitare il Museo del
Costume e il Museo Civico, i cui pezzi più pregevoli
sono un
tabernacolo ligneo di Giovanni da Sulmona (1435), le grandi tele
di Sebastiano Conca (XVIII secolo) dalla Badia Morronese, il tesoro del Pio Istituto
della SS. Annunziata e il tesoro della cattedrale. Esposti sono anche le cisterne
e i resti di abitazioni romane rinvenuti sotto al palazzo.
Degne di nota sono anche la chiesa di S. Francesco della Scarpa costruita
all'inizio del XIII secolo, ampliata da Carlo d'Angiò nel 1290 e gravemente
danneggiata dal terremoto del 1706, della costruzione originaria rimangono solo il portale
ogivale in stile romanico e il portale laterale rinascimentale,
che in lunetta ospita un affresco della
Madonna col Bambino incoronata da due
angeli, tra S. Francesco e la Maddalena (fine XV secolo-principio XVI secolo);
la chiesa di S. Maria della Tomba (conosciuta anche come S. Maria di Loreto) così chiamata
per via di un sepolcro che in origine si trovava nel mezzo della chiesa, ha
facciata gotica (XV secolo) e un bel rosone.
Interessanti sono anche l'acquedotto medievale (di cui rimangono solo un centinaio di metri),
edificato nel XIII secolo; la trecentesca Porta Napoli, la meglio conservata delle porte
antiche di Sulmona, con un arco ogivale sormontato da un'ampia finestra e bassorilievi
provenienti da edifici romani.
Da visitare il Polo museale Civico Diocesano (Museo Diocesano di Arte Sacra,
Pinacoteca comunale di Arte Moderna e Contemporanea e Biblioteca diocesana)
ubicato nel complesso monastico di S. Chiara, di origine duecentesca, ma restaurato
recentemente (belli il chiostro, il porticato e il refettorio decorato
da affreschi del XIII secolo). Il museo, allestito nell'ex refettorio e nella
chiesa interna, accoglie opere rinvenute sul territorio della diocesi:
dipinti, lapidi, sculture lignee, oreficeria, codici e manufatti tessili dal XII
al XVIII secolo. Curioso il Museo dell'Arte e della Tecnologia confettiera, all'interno
della fabbrica dei confetti Pelino, con documenti, cimeli e macchine che risalgono tra
il 1783 e il 1930.
Sulmona: la facciata del Duomo
I SERPARI A COCULLO
Il primo giovedì di maggio ha luogo a
Cocullo, un caratteristico paesino ad Ovest di Sulmona, la Festa dei Serpari
durante la quale uomini e donne seguono in processione la statua di San Domenico
avvolgendosi il collo e le spalle con bisce e serpenti vivi. Bisce e serpi
avviluppano anche la statua del santo. Questa festa ha origine antichissime e si
può ricollegare ai riti pagani che avevano luogo in tutta l'area del
Mediterraneo durante il mese di maggio e celebravano la fine dell'inverno e il
ritorno della primavera. Nelle piazze dei paesi venivano piantati alberi ornati
con fiori, frutta e tutti quei prodotti che rappresentavano il risveglio della
natura dopo il lungo letargo invernale. In seguito, agli alberi fu sostituito il
simbolico "albero della cuccagna", ricco di ogni ben di Dio, su cui si
arrampicavano i giovani più coraggiosi del paese. Col passaggio
all'età cristiana il posto dell'albero della cuccagna venne preso dalla
statua del santo patrono che simboleggia la rinascita spirituale. Le bisce e le
serpi, che escono dalla loro tana durante i mesi primaverili ed estivi, quando
cioè la temperatura diventa più mite e il sole più caldo,
sono il simbolo della vita che risorge dopo la "pausa" dell'inverno. Esse sono
anche un modo per far mostra del proprio coraggio, poiché chi le
"indossa" non teme il loro morso.
L'origine della Festa dei Serpari si
può anche far risalire ad un episodio della vita di San Domenico che
liberò con un intervento miracoloso la campagna infestata dalle
serpi.
Vasto
(35.362 ab.)
Cittadina in provincia di Chieti, tra Punta Penna e la foce del fiume
Trigno, si affaccia sul mare Adriatico. Industrie meccaniche, chimiche, materiali
da costruzione, alimentari e negli ultimi decenni turismo.
Chiamata in origine
Histon da Diomede (perché ricordava il monte Histone
di Corfù), la città fu prima colonia dei Frentani, e successivamente municipio
romano dopo la guerra sociale (90-87 a.C.). Le numerose iscrizioni osche
e le scoperte di anfore nel golfo di Vasto, documentano anche l'esistenza
di antichi e fiorenti traffici marittimi. Durante l'età imperiale
Histonium
acquisì potenza e prestigio, ma nell'epoca post-imperiale fu colpita dalle
invasioni barbariche alle quali seguì un periodo di crisi profonda. Nell'802
il franco Aimone fece costruire sui resti dell'antica Histonium, un borgo
fortificato, da lui chiamato Guasto d'Aimone, da qui probabilmente l'attuale
nome. Nel 1496 Vasto passò in mano ai marchesi D'Avalos, di origine spagnola,
che governarono fino al 1798. La città ha dato i natali a due personaggi illustri:
il pittore Filippo Palizzi (1816-98) e il patriota Gabriele Rossetti (1783-1854).
Tra gli edifici degni di nota la cattedrale innalzata nel Duecento a S. Giuseppe,
con la tipica facciata abruzzese in conci di pietra squadrati, opera di
Ruggero de' Fragenis (1293) e un portale leggermente ogivale; l'interno, in stile
neogotico, ospita un mirabile trittico ligneo raffigurante la
Madonna col Bambino e
i Ss. Caterina d'Alessandria e Nicola di Mira (1505) del pittore Michele Greco da Valona,
di scuola greco-veneta.
Altri monumenti sono il castello caldoresco costruito intorno al 1439 su un antico
fortilizio medievale e restaurato nel 1713, a pianta quadrata con cortine in cotto,
in origine munito di tre bastioni angolari, una semitorre cilindrica nello spigolo
Sud-Est e tre torrioni interni di cui solo due ancora visibili;
la chiesa di S. Maria Maggiore, attestata sin dall'XI secolo, rimaneggiata
più volte, e riedificata nel 1785, presenta nell'interno, a tre navate, in stile neoclassico,
alcuni interessanti dipinti come la
Madonna in trono
col Bambino, detta 'del Gonfalone', e l'
Ecce Homo attribuiti alla scuola
di Tiziano, il
Battesimo di S. Agostino con la Madonna, il Bambino e Angeli, opera
di Alvise Benefatto, discepolo di Paolo Veronese, lo
Sposalizio di S. Caterina
probabilmente della scuola di Paolo Veronese (interessante anche un organo
intarsiato del Seicento, e i dipinti risalenti al 1727 attribuiti alla scuola di
Francesco Solimena);
Palazzo D'Avalos costruito nel XIV secolo, ampliato nel 1427 circa
da Giacomo Caldora, devastato dai Turchi (1566) e nuovamente ristrutturato
dalla nobile famiglia (all'interno si può visitare il Museo Civico, che custodisce
pezzi pregevoli come il
sarcofago a due posti
del nobile P. Paquio
Sceva e della moglie Flavia e nella Pinacoteca belle sono le opere dei fratelli
Palizzi, noti pittori ottocenteschi).