Abolizionismo.
Abolizionismo. Movimento che si prefigge di modificare o abolire determinate istituzioni, leggi o semplicemente condizioni sociali stabilitesi per consuetudine. - St. - A. della schiavitù: movimento nato negli Stati Uniti per la soppressione della schiavitù, ispirato da principi sia religiosi che etici. L'a. si sviluppò dapprima negli Stati più interessati dal fenomeno della schiavitù: l'Inghilterra con le sue colonie americane, la Francia, la Spagna e il Portogallo. La fine della tratta degli schiavi si verificò in tempi relativamente rapidi (nel 1772 in Inghilterra fu emanata una sentenza secondo la quale uno schiavo diventava libero non appena toccasse il suolo inglese; negli Stati Uniti la tratta fu abolita con una legge nel 1808); non avvenne altrettanto per l'abolizione vera e propria della schiavitù. Ufficialmente aderirono all'a. gli Stati con percentuale di schiavi minore: gli Stati della Nuova Inghilterra abolirono la schiavitù prima del 1800, poi fu la volta della Francia (con la Rivoluzione), mentre sul piano internazionale l'a. fu decretato nel 1815 con il Congresso di Vienna. Per gli Stati americani sudisti si dovette attendere l'esito della guerra di Secessione (1861-1865). Il mercato di schiavi poté dirsi così concluso verso la metà del secolo scorso. Il gruppo di abolizionisti, i cui massimi esponenti furono W.L. Garrison e W. Phillips, si adoperò in una vasta opera di informazione e di propaganda, ma agirono anche concretamente sul piano politico a favore degli schiavi neri. Oggi la schiavitù è praticata in alcuni Stati orientali e africani: per la sua abolizione si adoperano le Nazioni Uniti e altre organizzazioni non governative. ║ Impropriamente, lo stesso termine a. fu adottato per indicare il movimento per l'abolizione del cosiddetto "regime secco", che in tutti gli Stati Uniti vietava il commercio degli alcoolici (sinonimo di proibizionismo). L'atto del muovere o del muoversi, moto. ║ L'andare e venire di molte persone o veicoli; affluenza, animazione, traffico. ║ Fig. - Corrente culturale, politica, filosofica, scuola artistica. - Biol. - Il m. è il carattere primario degli organismi viventi, distinzione essenziale rispetto agli organismi inanimati. I m. degli organismi unicellulari, oltre a quelli interni di natura metabolica e citoplasmatica, possono essere flagellari e ciliari o ameboidi, in relazione al mezzo usato. Nel primo caso i m. vengono effettuati attraverso flagelli - cioè espansioni citoplasmatiche filiformi e mobili, proprie, ad esempio, degli spermatozoi e di molti batteri - o ciglia vibratili, caratteristiche di parameci e larve. Nel secondo caso abbiamo m. delle parti esterne del corpo, attraverso l'estroflessione, dovuta a ritmiche variazioni del protoplasma, di pseudopodi - prolungamenti del corpo - su cui si riposiziona l'intera massa cellulare. Negli organismi pluricellulari più evoluti, il m. attraverso lo spazio è dovuto a meccanismi diretti, quali lo strisciamento, la locomozione a terra, il volo e il nuoto, o indiretti (si pensi ai fenomeni di tropismo). Negli animali il m. è permesso da un tessuto specializzato, quello muscolare (le cui componenti cellulari sono in grado di contrarsi), che è direttamente localizzato sugli arti. I m. possono essere autonomi, cioè dipendenti da fattori interni, come i m. peristaltici dell'intestino o il battito cardiaco. Il m. di locomozione, nei vertebrati, è fondato su schemi di eccitazione del sistema nervoso centrale che garantiscono l'azione coordinata dei muscoli per mezzo di meccanismi riflessi e anche volontari. Nei vertebrati e negli artropodi il tessuto muscolare permette la contrazione degli arti, organi passivi della locomozione, consentendo la deambulazione, la corsa, il salto, in molti animali l'arrampicamento e il volo. Sempre ad un'azione muscolare è dovuto il m. ondulatorio dei rettili, dei serpenti e degli animali apodi in generale; in tal caso, è la muscolatura longitudinale che funge da apparato motore. Anche i pesci si muovono attraverso il m. ondulatorio della parte terminale del corpo. In altri invertebrati (platelminti, anellidi, nematodi) l'organo di locomozione è costituito da una sacca cutanea con muscolatura circolare esterna e longitudinale interna, che si sposta per effetto di allungamenti e accorciamenti ritmici. Nei molluschi il m. è dato dal cosiddetto piede, nelle meduse e nei cefalopodi dalla contrazione di un muscolo cavo. L'azione muscolare può appoggiarsi a uno scheletro esterno (artropodi in genere) o, come nei vertebrati, ad uno scheletro interno: in quest'ultimo caso il sistema meccanico che realizza la mobilità è estremamente complesso. Nell'uomo sono più di 300 i muscoli che rendono possibile il m. della massa corporea e il suo equilibrio durante lo spostamento: muscoli degli arti inferiori (locomozione), del tronco (per garantire stabilità alla colonna vertebrale), del collo (tensione del capo) e degli arti superiori (bilanciamento). - Bot. - Anche gli organismi vegetali sono dotati di particolari m. La loro origine può essere data da uno stimolo esterno (chimico o fisico) o da uno stimolo interno (fattori endogeni). In relazione alla natura di detti stimoli e alla reazione da essi provocata nei singoli organismi, i m. delle piante si distinguono in m. di accrescimento, m. di curvatura, m. di mutazione, m. di turgore, ecc. - Econ. - M. contabile o di conto: insieme delle scritture contabili di un'azienda. ║ M. congiunturale: fluttuazione delle caratteristiche economiche di un sistema in un arco di tempo ristretto, rispetto al ciclo economico preso nella sua totalità. ║ M. stagionale: andamento fluttuante delle quotazioni di mercato. ║ M. di capitale: insieme di entrate e uscite, dette correlative o compensative in quanto non determinano alcuna variazione quantitativa del patrimonio, ma solo una trasformazione di alcuni elementi dello stesso. Si distinguono perciò dalle entrate ed uscite effettive. ║ M. internazionali di capitale: investimenti finanziari, senza contropartita di beni o servizi, aventi normalmente origine dalla differenza fra i tassi netti di interesse dei diversi Paesi. - Filos. - Ogni tipo di mutazione viene in genere considerata m. Nell'antica filosofia greca il m. fu variamente definito ed attribuito, in quanto qualità primaria, a diversi enti. Per Anassimandro un eterno m. era costitutivo del cosmo, mentre per Anassagora era la mente divina, il nous, ad esserne dotata in proprio, oltre che ad essere capace di trasmetterlo al mondo. Altri filosofi, come Zenone e più tardi Diodoro Crono, giunsero alla negazione del m. in quanto impossibile, mentre per Democrito, e poi per gli atomisti che parlavano di eterno m. degli atomi, il m. era una nozione relativa, in quanto indicante una variazione del rapporto tra gli atomi nel vuoto, e non un mutamento assoluto della posizione di questi nello spazio. Aristotele lo considerò evento accidentale, non riguardante cioè l'essenza dell'ente, che porta mutamento di posizione, di qualità e di quantità. Su questa linea si mosse anche la filosofia medioevale. In epoca moderna il m. fu per Cartesio una relazione di contiguità, per Leibniz causa del mutamento, per Kant la variazione delle relazioni esterne di un corpo con lo spazio, per Hegel un fenomeno connesso all'infinito matematico. - Geom. - In geometria si definisce m. l'atto ideale che, portando una figura a sovrapporsi ad un'altra, ne definisce la congruenza. Dal momento che il m. non altera le mutue distanze dei punti delle figure mosse, esso è detto rigido; sarà invece diretto o inverso, relativamente alla conservazione o meno degli orientamenti delle figure. - Mus. - Ciascuna delle parti di una composizione. ║ Grado di celerità richiesto nell'esecuzione di un brano. Tra le principali didascalie: adagio, andante, allegro, presto. - Sociol. - M. collettivi: termine che indica il comportamento di masse di individui. Essi possono essere di carattere irrazionale, come nel caso di momenti di esaltazione o di panico di grandi folle, o di natura politica (m. per la difesa di diritti civili, rivolte, ecc.) o ancora di natura religiosa. In genere si possono classificare in base al rapporto, positivo o negativo, con la società all'interno della quale si formano. ║ M. della popolazione: m. demografico dato dall'insieme delle variazioni quantitative e qualitative subite da un aggregato umano. Si distinguono m. naturali, dovuti cioè a cause naturali quali morti, matrimoni, nascite, ecc. e m. migratori, causati da fattori sociali ed economici. - Tecn. - Negli orologi, l'insieme dei meccanismi, racchiusi nella cassa, che fornisce il moto alle lancette. L'atto o il complesso di atti con cui si istituisce qualche cosa. ║ Ciò che è stato istituito. ║ Qualunque società, corpo sociale ordinato e organizzato giuridicamente. ║ Ant. - Istruzione, educazione, sia nelle basi del sapere in genere sia in una particolare disciplina. ║ Al plurale, gli elementi fondamentali di una disciplina e soprattutto della scienza giuridica (i. di diritto civile). ║ I. di assistenza e beneficenza: enti pubblici non territoriali aventi per scopo lo svolgimento di attività caritativa, secondo le regole dei propri statuti. ║ I. canonica (o ecclesiastica): ogni istituto formalmente eretto o approvato dall'autorità della Chiesa. - Dir. - I. di erede: designazione dell'erede fatta dal testatore nel testamento. Per essa il patrimonio ereditario passa dal defunto all'erede senza soluzione di continuità. Le disposizioni a titolo universale o particolare fondate sopra una causa espressa che risulti erronea, quando questa sia la sola che vi abbia determinato il testatore, non hanno alcun effetto. Parimenti può essere impugnata la disposizione che sia effetto di violenza o dolo. L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno che si ebbe notizia dell'errore, della violenza o del dolo. È nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia incerta in modo da non poter essere determinata. Norma secondo la quale sono regolate le azioni umane, sia che essa si manifesti spontaneamente nel comportamento dell'uomo, dettata dalla coscienza e dalla ragione, sia che si concreti in un formale atto di volontà espresso in termini precisi da organi competenti a ciò delegati. ║ Condizione, o un insieme di condizioni, cui devono soddisfare determinati enti o grandezze: l. oraria: imposta al moto di un punto. ║ L. divina: la somma dei principi religiosi dati da Dio all'uomo mediante la Rivelazione. ║ L. morale: regola d'azione che l'uomo trova nella propria coscienza, e che gli serve da guida per discernere il bene dal male. ║ L. naturale: l'insieme dei principi e sentimenti di giustizia che l'uomo ha in sé connaturati in quanto essere ragionevole e libero. ║ L. scritta o positiva o assolutamente l.: quella emanata dagli organi che esercitano il potere legislativo. ║ L. umana: in senso generico, il complesso delle norme stabilite dagli uomini per la conservazione e l'ordine della società civile. In senso più strettamente giuridico, prescrizione o determinazione preventiva che concorre a costituire l'ordinamento giuridico, cioè che attribuisce a uno o più fatti carattere giuridico. In tale accezione il significato di l. e quello di norma giuridica coincidono. - Dir. - La l. è, secondo alcuni autori, comando rivolto dallo Stato ai sudditi; secondo altri, agli organi stessi tenuti ad applicarla: in realtà rivolto insieme, ma più o meno direttamente, agli uni e agli altri. Carattere distintivo della l., da qualunque potere emanata, è quello della generalità, riferita al suo contenuto e alla sua efficacia. Si sostituì poi a quello della generalità il criterio della novità, definendo l. qualunque comando che ponga limitazioni nuove alla libertà dei soggetti. Ogni definizione di l. in senso materiale si fonda sul concetto di generalità e astrattezza perché intesa a determinare la condotta di tutti coloro che facciano parte di una categoria astrattamente determinata, in tutti i futuri casi simili. Sono principi comuni a fonti del diritto la obbligatorietà della l. per tutti, indipendentemente dalla sua conoscenza, perché l'ordine giuridico non può essere subordinato a contingenze soggettive; e la sua efficacia a tutto il territorio dello Stato e a tutte le persone che vi si trovano, ma solo per i fatti e rapporti formatisi dopo la sua entrata in vigore: la l. non ha effetto retroattivo. Fondamentale è la distinzione fra l. formale e l. materiale. È l. in senso formale l'atto di volontà di quel supremo potere che in ogni ordinamento è deputato alla produzione delle l.: in Italia, l'atto collettivo formato dalle due camere. È l. materiale l'insieme degli atti del Governo che hanno contenuto normativo (decreti l., ecc.). Il procedimento di formazione della l. formale consta di varie fasi: l'iniziativa, spettante, secondo la costituzione, al governo, ai singoli membri del parlamento, al corpo elettorale, ai consigli regionali e al consiglio nazionale dell'economia e del lavoro; il previo esame da parte delle competenti commissioni parlamentari in sede referente; la deliberazione che può avvenire sia mediante esame e approvazione diretta di ciascuna delle camere, sia mediante procedimenti speciali abbreviati; la promulgazione da parte del presidente della Repubblica (fra l'approvazione parlamentare e la promulgazione può inserirsi il rinvio alle camere per una nuova deliberazione, che il presidente della Repubblica può richiedere, entro un dato termine, con messaggio motivato); la pubblicazione, che può segnare o il giorno da cui ha inizio l'efficacia della l. o quello da cui comincia a decorrere il periodo entro il quale la l. non è ancora in vigore (la cosiddetta vacatio legis, che per l'ordinamento italiano è di regola di quindici giorni). L'efficacia di una l. cessa principalmente con la sua abrogazione, che può risultare da espressa dichiarazione del legislatore oppure, in modo tacito, dall'emanazione di nuove disposizioni incompatibili con la l. di cui si tratta o di una l. che regoli l'intera materia già regolata solo in parte da quella anteriore. L'abrogazione, la sostituzione, la modificazione e la deroga non possono aver luogo se non con un'altra l. ║ L. regionali: alle regioni è attribuita la funzione legislativa nelle materie determinate nell'art. 117 della costituzione e in quelle altre indicate da l. costituzionali. Ma la l. regionale ha un ambito di applicazione limitato al territorio della regione, e limiti sostanziali costituiti dal divieto di violare i principi fondamentali stabiliti dalle l. dello Stato e dalla conformità all'interesse nazionale e a quello di altre regioni. ║ L. provinciali: emanate dalle province a cui, nel quadro delle autonomie regionali, è attribuita la potestà di emanare norme legislative. Hanno carattere e limiti analoghi a quelle delle regioni. ║ L. costituzionali: quelle che si riferiscono agli istituti fondamentali dell'ordinamento di un determinato Stato. In molti sistemi esse assumono una forma particolare e diversa da quella delle l. ordinarie; in altri possono essere emanate e modificate dagli organi legislativi con la procedura seguita per tutte le l. In Italia, la costituzione ha adottato il primo sistema. ║ L. cogenti e l. dispositive: inderogabili le prime, derogabili invece le seconde e subordinate alla mancanza di un diverso regolamento pubblico o privato, e perciò dette anche suppletive. ║ L. normali ed eccezionali: secondo il tempo entro cui devono aver vigore. ║ L. di autorizzazione e di approvazione: hanno lo scopo di controllare determinati provvedimenti propri del potere esecutivo; sono così distinte secondo che autorizzino o rendano esecutivi tali provvedimenti. ║ L. delegate: decreti, cioè detti legislativi, emanati per delega, generale o particolare a una data materia, del potere legislativo. ║ Decreti l.: a pena di inefficacia, devono essere convertiti in l. entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione (V. DECRETO). - St. del dir. - Sebbene in origine il diritto greco fosse tutto consuetudinario, si arrivò ben presto alla redazione di l. scritte. La l. emana dal popolo ed è diretta, non tanto a vincolare i cittadini, quanto a limitare i magistrati. Nell'età ellenistica si contrappongono le città autonome, nelle quali la l. cittadina prevale sulle ordinanze regie, al territorio dipendente dal sovrano, nel quale la volontà del re, nelle sue diverse forme è la sola fonte di diritto. In Roma, lex, in senso generale è ogni norma obbligatoria. La l. che emanava dal popolo e lo obbligava, prende il nome di lex publica; fino alla lex Hortensia del 286 a.C., si distingue dal plebiscitum, che vincola la sola plebe. Le l. si distinsero in perfectae, minus quam perfectae e imperfectae, a seconda che comminassero la nullità dell'atto contrario alla l., o una semplice pena senza annullarlo, o fossero sprovviste di sanzione. La l. si esaurisce durante l'Impero. Acquistano valore di l. il senatoconsulto e le costituzioni imperiali, in base al principio quod principi placuit legis habet vigorem. Con l'età di Diocleziano sola fonte di diritto è la volontà imperiale (leges in contrapposto agli iura, le opere della giurisprudenza). Sono vere e proprie leges le raccolte ufficiali, tanto di sole leges (Codice Teodosiano) quanto di leges e iura (compilazione di Giustiniano). Nell'Impero di Oriente la volontà resta la sola fonte di diritto. In Occidente i popoli germanici redassero ben presto per iscritto le proprie consuetudini. I Romani continuarono a vivere col loro proprio diritto, e si ebbero anzi compilazioni fatte dai popoli germanici per i sudditi romani. Il Sacro romano impero sviluppò completamente il sistema della personalità delle l. Alle altre fonti legislative si aggiunsero i capitolari, cioè gli atti emanati dai re ed imperatori franchi. Il frazionamento della vita politica medievale portò al sorgere di nuove fonti legislative. Sorgono così la legislazione comunale, e quella delle monarchie che si vengono costituendo. In Italia, nei territori organizzati a Comuni indipendenti, predominano gli statuti dei comuni (sia cittadini sia rurali) e delle classi. La molteplicità delle fonti del diritto portò nell'età moderna a un bisogno di unificazione, che si manifestò dapprima nelle consolidazioni del diritto esistente, poi, a partire dalla fine del XVIII sec., nelle codificazioni. - Econ. - L. economiche: relazioni di carattere generale tra quantità economiche variabili (per esempio, prezzo e quantità di merce, domandata e offerta). Tali l. vengono spesso formulate partendo dall'osservazione sistematica condotta con metodi statistici o cercando in essa conferma: e vengono per lo più elaborate mediante un processo di astrazione e di decomposizione e combinazione ideale dei fenomeni economici. - Fis. - Nel linguaggio scientifico, precisazione del modo con cui, poste determinate cause, sistematicamente si ripetono certi fenomeni come effetto di esse, sia che la l. si riferisca soltanto agli aspetti qualitativi del legame, sia che si traduca in una relazione quantitativa intercorrente tra grandezze che intervengono nei fenomeni considerati. Se una l., qualunque sia la sua natura e la sua origine, ha validità assolutamente generale, e tanto più se essa è espressa nei termini più semplici e sintetici che il contemporaneo stato di sviluppo scientifico renda possibili, riceve più generalmente il nome di principio. È invece più appropriato parlare di l. (anziché di principio) quando essa ha un contenuto più ristretto. - St. delle rel. - Nell'Antico Testamento, il concetto di l. ha un significato essenzialmente religioso, come insieme delle norme rivelate da Dio al popolo ebraico. La l. quindi definisce anzitutto i rapporti tra Jahvè e Israele, legandosi strettamente all'idea di patto o alleanza tra Dio e il suo popolo. Nel suo svolgimento la l. assume progressivamente un carattere culturale, aprendo la via alla degenerazione verso una sua interpretazione puramente ritualistica, esteriore. Contro questa degenerazione del concetto di l. polemizza Cristo nei Sinottici: rifacendosi al primitivo concetto della l., egli riafferma che l'uomo è salvato non dalle opere della l. ma dalla parola di Dio. S. Paolo da un lato afferma che Cristo è venuto a completare la l. (che resta quindi valida), dall'altro proclama la liberazione dalla l. attraverso la fede in lui. ║ L. mosaica: sinonimo di decalogo, cioè i precetti che Dio diede a Mosé sul monte Sinai. Circa il raggruppamento di questi precetti affinché ne risultassero 10, si discusse fin dall'antichità; la Chiesa cattolica ha accettato il raggruppamento agostiniano e al Concilio di Trento ne ha ribadito l'obbligatorietà per i cristiani. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Dir. - Elemento accidentale dei negozi o atti giuridici, consistente in un avvenimento futuro e incerto cui viene subordinata l'efficacia o la risoluzione del negozio o dell'atto. Per l'esistenza di una c. è prescritta l'incertezza assoluta e oggettiva del fatto e l'arbitrarietà del nesso fra il suo verificarsi e l'effetto giuridico a esso subordinato. Così non possono essere dedotti in c. gli avvenimenti presenti o passati, sebbene se ne ignori l'accadimento. In tali casi mancherebbe appunto lo stato di incertezza oggettiva o dipendenza; la situazione giuridica nel momento della conclusione del negozio sarebbe sicura, anche se il soggetto ha dei dubbi circa l'avveramento del fatto di cui si tratta. L'evento, subiettivamente incerto in tali casi, viene chiamato presupposto. La sua esistenza potrà essere rilevante sull'efficacia del negozio, nel senso che questa o ha il suo fondamento o più non lo avrà, ma non esistono la pendenza e la retroattività proprie della c. Non si deve poi confondere la c. con una figura che dottrina e giurisprudenza conoscono sotto il nome di presupposizione. La presupposizione, come la c., ricade fra gli elementi che influiscono sulla determinazione volitiva; ma nella seconda il motivo è divenuto clausola del negozio, mentre nella prima il presupposto dell'atto si sente come integrazione necessaria della volontà, anche se non sviluppata con clausola espressa. L'evento posto in c., oltre che futuro, deve essere incerto: cioè deve essere dubbio se la c. si realizzerà o no, in modo da rendere incerta l'esistenza o la risoluzione del rapporto. Non è rilevante, invece, che sia certo o incerto il momento in cui si debba avverare il fatto; ma se il futuro accadimento dedotto in c. fosse sicuro, avremmo termine e non c. Le c. si classificano secondo vari criteri. Sotto il profilo degli effetti che ne derivano, si distingue fra c. sospensiva e c. risolutiva, a seconda che dal verificarsi o non verificarsi dell'evento dipenda il sorgere degli effetti obbligatori del negozio, oppure la risoluzione del preesistente rapporto. Rispetto alla causa produttrice dell'avvenimento, dobbiamo distinguere le c. in: potestative, quando l'avverarsi dell'evento dipende dalla volontà di una parte; casuali, se il tatto dipende dal caso o da terzi; miste, se la volontà del soggetto e il caso (o terze persone) concorrano a produrre l'evento. Tra le c. potestative occorre però distinguere: se si tratta di un fatto che per la parte non è indifferente compiere o non compiere, si ha la c. potestativa ordinaria; mentre se si tratta di un evento la cui verificazione o meno dipende da puro capriccio della parte, si ha la c. meramente potestativa, la cui opposizione rende del tutto nullo il negozio, poiché in tal caso il rapporto obbligatorio che da esso deriva sarebbe subordinato a un fatto il cui avverarsi è rimesso all'arbitrio della parte che si obbliga e quindi mancherebbe una vera volontà di obbligarsi. Naturalmente la nullità non si produce quando la c. meramente potestativa è posta a vantaggio della parte che non assume una posizione di obbligo, ma di diritto. Secondo che la situazione di fatto, esistente al momento della conclusione del negozio, abbia, oppure non abbia, a venire modificata dall'attuarsi dell'evento dedotto in c., si dice che la c. è, rispettivamente, affermativa o negativa. Infine si distinguono la c. possibile dalla impossibile, la c. lecita dalla illecita. L'impossibilità è fisica o giuridica; l'illiceità corrisponde al concetto di atti contrari a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. Negli atti fra vivi, la c. illecita rende nullo il negozio, sia essa sospensiva, sia essa risolutiva. Se la c. impossibile è risolutiva essendo certo che essa non si verificherà, il negozio rimarrà valido per sempre. Negli atti di ultima volontà, gli effetti sono diversi, per la preoccupazione di alterare il meno possibile la volontà del defunto, dato che si tratta di un negozio che non può essere rifatto; così le c. impossibili e illecite sono nulle ma l'atto rimane valido, purché esse non si risolvano nell'unico motivo che ha determinato il testatore a disporre. Quando la c. non si è attuata nel tempo stabilito, oppure quando essa, divenendo certo che più non si verificherà, si considera mancata; le conseguenze giuridiche sono diverse secondo che sia sospensiva o risolutiva: nel primo caso, il diritto, derivante dal negozio, non sorge; nel secondo, si consolida e rimane definitivo. Anche quando la c. si verifica, la situazione giuridica diventa definitiva. Se la c. è sospensiva, il diritto si considera come se fosse nato incondizionato; se si tratta di c. risolutiva, il diritto è come se non fosse mai sorto. Nel negozio condizionato occorre distinguere due periodi di tempo: quello in cui è incerto il verificarsi dell'evento e quello in cui subentra una situazione di certezza, o perché la c. è mancata o perché essa si è verificata. A queste situazioni corrispondono diverse conseguenze: il legislatore infatti si preoccupa che il periodo della pendenza porti il minor pregiudizio possibile agli opposti interessi. Durante la pendenza, se la c. di cui si tratta è sospensiva, il diritto non nasce, ma si trova in uno stato di aspettativa; l'aspettativa, legalmente tutelata, si tramuterà in diritto al verificarsi dell'evento posto in c. Per taluni atti la legge dispone l'inapplicabilità della c.: così nella girata e nell'accettazione cambiaria, nell'accettazione e nella rinuncia ereditaria, nel matrimonio, nel riconoscimento del figlio naturale. ║ In diritto privato il termine c. è adoperato in diverso senso specifico, là dove si parla di c. generali di contratto (art. 1.341 del c.c.). Detto articolo dichiara che fanno parte del contenuto obbligatorio del contratto tutte quelle clausole che uno dei contraenti ha predisposto per il complesso delle sue tipiche contrattazioni, anche se addirittura non sono conosciute da un altro contraente, quando questi, usando l'ordinaria diligenza, avrebbe dovuto conoscerle. Tuttavia alcune di esse devono venir specificamente approvate per iscritto. Queste ultime clausole sono qualificate come vessatorie e comportano limitazione di responsabilità o facoltà di recesso in favore di chi le ha predisposte, o viceversa restrizioni a carico della controparte, deroghe alla competenza giudiziale. ║ C. di polizza. Clausole che regolano il contratto di assicurazione e che, come per ogni contratto concluso mediante moduli e formulari (art. 1342 c.c.) si distinguono in c. generali (che disciplinano in maniera uniforme le polizze dello stesso tipo, secondo le norme di legge, gli obblighi della compagnia assicuratrice e dell'assicurato, la durata del contratto, ecc.) e c. speciali o aggiunte al modulo o al formulario (clausole particolari e deroghe alle c. generali). Queste ultime prevalgono sulle generali, qualora siano incompatibili con esse. (dal latino socialis, der. di socius: alleato, confederato). Che vive in società: l'uomo è un animale s. ║ Che riguarda la società umana, dove gli individui hanno, o dovrebbero avere, gli stessi diritti e doveri: giustizia s. ║ Che concerne la vita degli individui nella comunità: i rapporti s. ║ Relativo alla struttura e all'organizzazione di una determinata società storica: la questione s. ║ Romanzo s., cinema s., fotografia s.: quelle forme di comunicazione ed espressione artistica che si propongono di documentare e denunciare le ingiustizie e le contraddizioni di una società. ║ Il s.: tutto ciò che riguarda la vita e i problemi della società e soprattutto delle categorie s. più deboli ed emarginate: sono molti i volontari impegnati nel s. ║ Scienze s.: discipline che studiano i fenomeni relativi alle società umane; si parla, per esempio, di antropologia s. in quanto prevalentemente interessata, a differenza dell'antropologia culturale, allo studio dei sistemi s., in particolare delle strutture parentali. - Bot. - Pianta s.: tipo di pianta che non vive isolata, bensì in gruppi, più o meno estesi, di individui della stessa specie. ║ Movimento s. della popolazione: in demografia, variazioni nel numero e nella struttura della popolazione per effetto delle migrazioni. - Etol. - Comportamenti s.: le azioni e le interazioni codificate che gli individui della stessa specie compiono nell'ambito delle principali funzioni del ciclo vitale (per esempio: i rituali di accoppiamento, le cure parentali, il territorialismo). Tali comportamenti si ritrovano sia nelle specie s., dove gli individui si costituiscono in gruppi s. o società più o meno numerosi, sia in quelle solitarie, dove le relazioni tra individui intervengono solo in determinate circostanze, come durante la riproduzione o nella difesa delle risorse. ║ Insetti s.: alcune specie di formiche, api e termiti, che presentano un alto grado di organizzazione s. - Dir. ed Econ. - Che riguarda la vita di un'associazione e i suoi soci: gita s. ║ Con riferimento a società commerciali, sede s. è la sede giuridica della società; capitale s. è il capitale di cui dispone la società. - Fin. - In s.: espressione con la quale si indica un'operazione commerciale o finanziaria il cui risultato economico viene ripartito per convenzione fra due o più persone o imprese; il conto attraverso cui si rilevano, nella contabilità del partecipante a uno o più affari in s., le operazioni compiute e i rapporti di debito e di credito, derivanti dalle operazioni stesse, con altri partecipanti. - St. - Guerre s.: le guerre combattute, nell'antichità, tra membri di una stessa confederazione. Per esempio: la guerra che Chio, Rodi, Bisanzio e Coo sostennero contro Atene, dal 357 al 354 a.C., terminata con il riconoscimento, da parte di Atene, dell'indipendenza degli alleati ribelli; la cosiddetta guerra s. degli Achei (219-217 a.C.), che Filippo V di Macedonia combatté vittoriosamente contro Etoli, Elei, Spartani e Cretesi, in aiuto degli Achei e dei loro alleati (Macedoni, Tessali, Beoti, ecc.). La pace fu conclusa a Maupatto nel 217 a.C. e comportò una notevole espansione territoriale dell'Impero macedone. Più nota è la guerra s. che, dal 90 all'88 a.C., contrappose gli Italici a Roma, che non intendeva concedere loro la cittadinanza romana, da essi rivendicata per il contributo dato all'affermazione della supremazia romana nel mondo. La maggior parte delle popolazioni dell'antico Sannio e dell'Italia meridionale si unì in federazione ed elesse a capitale Corfinio, ribattezzata Italica. Fu una vera guerra civile, di cui Pompendio Silone, Papio Mutilo e Ponzio Telesino furono i capi principali. Sebbene Roma avesse opposto loro i suoi migliori generali (Mario, Silla, Quinto Metello, Pompeio Strabone, Cesare, ecc.) e avesse ricorso all'aiuto dei provinciali (Iberici, Galli, Africani), i ribelli condussero con successo la lotta, tanto che il Senato accordò agli Italici fedeli, e a quelli che avessero fatto atto di sottomissione, il diritto di cittadinanza, seppure con molte limitazioni. La rivolta si attenuò, soprattutto dopo la vittoria di Pompeo Strabone ad Ascoli (89 a.C.), la capitolazione dei Marsi e l'assedio di Nola (88 a.C.); i resti delle truppe alleate sfuggiti ai massacri si riunirono poi ai partigiani di Mario, e furono sterminati da Silla, al suo ritorno in Italia (82 a.C.). Modo costante di operare e di pensare; abitudine, usanza, tradizione, costume. ║ Familiarità, confidenza. - Dir. - La c. è la maggiore fonte di diritto non scritto, costituita dalla ripetizione costante di un determinato comportamento da parte della generalità dei soggetti, che gli attribuisce valore di regola giuridica vincolante. - St. del dir. - Negli ordinamenti giuridici primitivi la c. fu la sola fonte di diritto. Distinta in epoca romana in interpretativa (secundum legem), introduttiva (praeter legem), abrogativa (contra legem), ebbe particolare importanza nel periodo del Principato, mentre in epoca imperiale fu progressivamente sostituita dalla legge scritta. Il Corpus iuris civilis giustinianeo rispecchia, infatti, una situazione di forte indebolimento della c., alla quale la legge scritta veniva imposta come limite di efficacia. Il diritto consuetudinario tornò a esercitare un ruolo fondamentale in epoca medioevale, soprattutto nell'istituzione dei feudi e negli ordinamenti comunali, oltre che nel diritto marittimo e in quello commerciale. In linea generale, si può affermare che nel processo evolutivo del diritto, quando la legge non risulta più adatta alle condizioni politico-sociali, la c. si rivela particolarmente importante ed efficace, in attesa della definizione di nuove e più adeguate leggi scritte. Ancora oggi, alla c. è riconosciuto valore di vero e propio diritto, pur se in forme e modi diversi a seconda dei Paesi; il diritto inglese, ad esempio, è prevalentemente di tipo consuetudinario, mentre quello italiano si basa essenzialmente su fonti scritte. - Dir. can. - Nell'ordinamento della Chiesa non esiste una definizione precisa della c.; essa comunque mantiene valore di fonte normativa, la cui applicazione deve però essere sottoposta al consenso della legge scritta, all'approvazione (o almeno alla non riprovazione ) del superiore ecclesiastico. La c. può essere fonte di diritto generale, se la sua autorità si esercita nei confronti della Chiesa universale, oppure di diritto particolare, se viene applicata alle comunità minori. Il diritto canonico distingue, inoltre, una c. iuxta legem, che ha funzione di interpretazione della legge, una c. praeter legem, norma che per essere tale deve essere stata osservata per 40 anni dalla comunità, una c. contra legem, che può contrastare il diritto ecclesiastico, pur non potendo mai opporsi a quello divino, naturale e positivo. - Dir. priv. - L'applicazione della c. è determinata dal Codice Civile che, nelle materie regolate dalla legge, ne limita l'efficacia ai casi in cui la c. sia esplicitamente richiamata dalla legge scritta. La c. non ha quindi efficacia diretta, ma serve ad integrare la legge, della quale può colmare le lacune. Una c. che risulti contraria alla legge scritta non è dunque ammessa. - Dir. internaz. - La c., che risulta dalla costante uniformità nel tempo di un determinato modo di agire da parte di tutti i membri della comunità internazionale nelle reciproche relazioni, è considerata norma di valore pari a quello delle norme stabilite mediante trattati. Una norma consuetudinaria può quindi abrogarne una convenzionale scritta, e viceversa. Con l'accrescersi del numero dei membri aderenti alle comunità internazionali, soprattutto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, le c. hanno progressivamente perso importanza e sono state sostituite sempre più da norme convenzionali. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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