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Abitùdine.

Consuetudine, assuefazione, costume, abito. ║ Disposizione acquisita attraverso la ripetizione costante di determinate azioni. • Dir. - L'a. ha spesso grande importanza giuridica, sia nella struttura del reato sia nella valutazione della personalità del reo. La rilevanza dell'a. nella considerazione della personalità del reo dà luogo alla figura del delinquente abituale, che rivela maggiore capacità a delinquere e pericolosità criminale. La legge prevede l'a. per chi compie un determinato numero di reati entro un determinato periodo di tempo, ma consente la libera valutazione del giudice che può, con chiare motivazioni, dichiarare un imputato dedito al delitto. • Fisiol. - Particolare forma di adattamento di un essere vivente all'ambiente di cui è parte. Disposizione individuale che si acquisisce mediante la regolare ripetizione degli stessi movimenti e degli stessi atti dovuta alla persistenza delle sensazioni sensoriali nel tessuto nervoso. Si distinguono, a seconda del tipo di stimoli e della loro durata e intensità: a. passiva (lo stimolo può causare il sonno), a. condizionata (lo stimolo provoca riflessi di risposta), a. razionalizzata (tipica dell'uomo; lo stimolo si accompagna all'apprendimento intelligente), a. passiva con variazioni dello stimolo. • Pedag. - L'a. assume particolare importanza nel campo etico-pedagogico: fondamentale è l'esigenza dello spirito di valersi della propria esperienza per tradurre gradualmente in disposizione spontanea della propria natura quello che prima esigeva uno sforzo di appropriazione. L'acquisizione dell'a. viene così a essere l'acquisizione stessa del perfezionamento morale. Esiste un aspetto "passivo" dell'a., da collegare al processo di assuefazione delle attività di un individuo all'ambiente; ma accanto ad esso ve ne è uno "attivo", perché l'individuo è in grado di rielaborare e adattare la propria attività per affrontare nuove realtà. In questo senso, l'a. attiva implica fantasia e invenzione. • Filos. - L'a. indica la ripetizione costante di azioni e si distingue dall'abito (disposizione costante del comportamento), di cui viene spesso erroneamente considerata sinonimo. Il primo a differenziare i due concetti fu Aristotele, ma la distinzione è stata ripetuta spesso nel corso della storia (per esempio, da San Tommaso). Nelle dottrine più recenti l'a. è stata sentita come strumento di liberazione e di possesso (Hegel) o, al contrario, come opposto della vita più autentica (Bergson). • Psicol. - Il termine si riferisce in particolare al comportamento motorio, ma anche alla percezione e al pensiero. Essa si distingue chiaramente dall'istinto, che è disposizione innata e una volta acquisita diventa indipendente dalla volontà. L'a. è oggetto di particolare attenzione da parte della psicologia sperimentale, che ne studia soprattutto la formazione, soffermandosi sulle modalità e sugli elementi causali che determinano questo fenomeno. Particolare importanza assumono nella formazione e nel mantenimento dell'a. elementi esterni (percezioni) e condizioni interne (memoria, volontà, ecc.). L'a. è un modello di comportamento economico, poiché evita al soggetto di compiere lo sforzo di controllare volontariamente gran parte delle sue attività. Il principale metodo di indagine per lo studio dell'a. è costituito dalla teoria dei riflessi condizionati di I.P. Pavlov.