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LIBRI DI CONTO

Registri mercantili con funzione di aiuto alla memoria, non obbligatori per legge, almeno nel Medioevo. Inizialmente vi si registravano solo gli affari non regolati a contanti, senza formalità speciali e senza un rigido ordine cronologico; ben presto però la registrazione fu più regolare e si cominciarono a riportare le varie operazioni in un altro libro, giornale, dove erano registrate giorno per giorno, distinte in dare e avere. Quindi fu indispensabile il libro mastro, un grande quaderno dove ogni cliente abituale aveva una pagina intestata a suo nome, con a sinistra il dare (debet) e a destra l'avere (credit). In questi libri predominò solitamente una scrittura semplice, che descriveva gli affari una sola volta o nel dare o nell'avere. In Italia, invece, già nel XIV secolo si diffuse il sistema di scrittura doppia, per cui ogni operazione risultava due volte, una nel dare e una nell'avere (partita doppia). Da allora i libri furono usati come prova in giudizio, purché tenuti in modo regolare secondo le consuetudini e senza sospetto di frode; tale pratica indusse molti scrittori a comporre manuali sul modo corretto di tenere i libri di conto, tra i quali la Pratica della mercatura, scritta nel Trecento dal fiorentino Francesco Balducci Pegolotti.