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FEDECOMMESSO
Istituto di diritto successorio che obbliga l'erede
a trasmettere tutta o parte dell'eredità a un'altra persona (fidecommissario)
dopo la morte dell'erede designato (istituito). Di origini romane, serviva
soprattutto a favorire i minorenni o comunque i successori giuridicamente
incapaci di ricevere e di conservare particolari beni all'interno della
famiglia. Mantenutosi in età medievale, a partire dal XVI secolo
tese a generalizzarsi fra i ceti dominanti fino a divenire una componente
essenziale della società aristocratica di ancien régime.
Negli stati italiani preunitari il fedecommesso generalmente non bloccava
subito l'intera proprietà della famiglia in quanto veniva istituito
sui beni mobili come censi e crediti e sulle case, innanzitutto sul palazzo
di famiglia, espressione dell'identità e della continuità
familiare. Solo in un secondo momento, con la tendenza a generalizzare
il ricorso al diritto di primo genitore, il fedecommesso si estese a tutti
i beni della famiglia. Conseguenza di ciò divenne la precisa e
pignola definizione dei passaggi successori che, in ogni caso, escludevano
le donne. La volontà del fondatore regolava tutta la complessa
vicenda del fedecommesso: gli eredi non erano che usufruttuari di una
serie di beni che dovevano trasmettere integri ai propri successori. Ma
non sempre questi erano in grado di ottemperare alle disposizioni dei
fondatori e le continue richieste alle autorità di consentire una
piena disponibilità dei beni fedecommessi testimoniano delle difficoltà
alle quali andavano incontro gli usufruttuari. Mentre tra XVII e XVIII
secolo si irrigidivano le disposizioni in materia, anche nella comune
opinione il fedecommesso apparve sempre più una garanzia del senso
di identità, anche culturale, di una famiglia e una tutela dei
beni che gli erano necessari a mantenere un ruolo consono al suo rango,
ma altresì un ostacolo insuperabile a un diverso e più proficuo
impiego dei patrimoni nobiliari. Vi si ricorse quindi sempre di meno nelle
strategie successorie e negli anni del dispotismo illuminato esso fu sottoposto
ad attacchi sempre più stringenti da parte dei sovrani europei.
Nel granducato di Toscana come in Piemonte e a Modena furono promulgate
leggi che ne limitavano l'uso. Soppressi in Francia dalla Rivoluzione,
i fedecommessi vennero aboliti in Italia nel periodo napoleonico. Non
bastò a rivitalizzarli la ripresa che di quell'istituto fu fatta
nel corso della Restaurazione.
A. Spagnoletti

L. Tria, Il fedecommesso nella legislazione e nella dottrina dal secolo
XVI ai giorni nostri, Giuffrè, Milano 1945; R. Trifone, Fedecommesso,
in Nuovissimo digesto italiano, vol. VII, Utet, Torino 1957.
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