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VIETNAM, GUERRA DEL
(1960-1975). Conflitto che oppose il regime sudvietnamita (Repubblica del Vietnam), sostenuto dagli Stati Uniti e da alcuni dei suoi alleati, al Fronte nazionale di liberazione (Fnl), ispirato dai comunisti e sostenuto dalla Repubblica democratica del Vietnam del nord (Rdvn).

LA GUERRIGLIA E L'INTERVENTO USA.
Alla fine della guerra d'Indocina (1946-1954) fu stabilita dalla conferenza di Ginevra (1954) una linea provvisoria di demarcazione al diciassettesimo parallelo tra la zona controllata dalle truppe del Viet Minh al nord e la zona sotto la nominale sovranità dell'ex imperatore Bao Dai al sud, in attesa di elezioni generali in tutto il paese per la riunificazione. Questa linea divenne di fatto confine tra due stati differenti. Al nord la Rdvn adottò un modello di tipo socialista, mentre al sud, sotto Ngo Dinh Diem, che aveva abbattuto Bao Dai, sorse un governo legato agli Usa (i quali non avevano sottoscritto gli accordi di Ginevra). Il regime autoritario sudvietnamita provocò la nascita della resistenza armata. Nel dicembre 1960 venne fondato l'Fnl, costituito da quasi tutti i gruppi di opposizione, conosciuti popolarmente come Vietcong. La guerriglia nel Vietnam meridionale fu fronteggiata con un crescente intervento degli Stati Uniti, che aumentarono notevolmente il numero dei "consiglieri militari" sin dal 1961, sotto la presidenza Kennedy. La guerriglia si estese sempre di più, e l'eliminazione di Ngo Dinh Diem (1963) non garantì agli Usa alleati locali meno impopolari (Nguyen Van Thieu, Nguyen Cao Ky). Nell'agosto del 1964, dopo aver provocato l'incidente del golfo del Tonchino, gli Usa iniziarono sistematici bombardamenti aerei sul Vietnam settentrionale. La Rdvn si rivolse, per forniture militari ed economiche, alla Cina popolare e all'Urss, bilanciando, con estrema abilità, la propria posizione tra i due paesi, divisi da contrasti ideologici e diplomatici. Fu tuttavia l'Urss a fornire l'aiuto più consistente e decisivo dopo il rapido mutamento dei rapporti Usa-Cina dal 1972 e l'intiepidimento cinese verso Hanoi. Alla metà degli anni sessanta la guerra si intensificò e il contingente americano raggiunse gli oltre 500.000 effettivi, che restavano però in Vietnam per un breve periodo, così che furono milioni i giovani americani a sperimentare la "sporca guerra", ai quali venivano ormai affidati compiti più estesi, dato che solo poche unità del regime erano affidabili e il loro tasso di diserzione era altissimo. Gli Usa premevano perché i loro alleati in Asia, in Oceania e in Europa fornissero concreti aiuti in modo da ridurre la crescente opposizione in patria a una guerra che mieteva decine di migliaia di vittime. Ma i contingenti alleati (di Filippine, Australia, Nuova Zelanda e pochi altri) erano simbolici, con la sola eccezione del forte corpo di spedizione sudcoreano.

DAVIDE BATTE GOLIA. Un obiettivo strategico Usa era quello di bloccare le infiltrazioni di armi e militari dal nord al sud, ma così facendo le forze statunitensi rischiarono più volte di trovarsi nella situazione in cui si erano trovati nel 1954 i francesi a Dien Bien Phu: asserragliati e bloccati in basi munitissime contro le quali i Vietcong e i nordvietnamiti, sotto l'abile direzione strategica del generale Giap, potevano concentrare i propri attacchi. Solo grazie all'enorme superiorità aerea Usa tali situazioni vennero sbloccate, risultando però costosissime in termini di perdite umane, mentre la concentrazione di forze impediva un capillare controllo del territorio. Nelle campagne venne adottata dagli Usa una strategia volta a "pacificare" le aree in cui maggiore era la presenza della guerriglia. Furono costituiti villaggi "strategici", cioè controllati strettamente dalle forze governative, mentre si procedette a bombardamenti indiscriminati delle zone "libere" e alla eliminazione sistematica dei dirigenti dell'Fnl (Programma Phoenix). Tuttavia la guerriglia non fu piegata, come dimostrò l'offensiva del Tet (1968), quando i rovesci del regime di Saigon e degli Stati Uniti non furono tanto militari quanto, soprattutto, psicologici e politici: crebbe sempre di più negli Usa e nel mondo l'opposizione alla guerra, al punto che il presidente L.B. Johnson rinunciò a ripresentarsi alle elezioni presidenziali. Nel 1969, mentre venivano avviate trattative di pace a Parigi, il nuovo presidente Richard Nixon, respinte le proposte dei comandi militari per un ulteriore aumento del contingente Usa (già più di un terzo di tutte le forze americane di terra e di mare) annunciò l'inizio del disimpegno americano (vietnamizzazione). Tuttavia le forze che premevano per una soluzione militare della guerra (ormai diventata un colossale business) erano molto potenti: con il pretesto che la Cambogia, benché neutrale, non era in grado di impedire le infiltrazioni vietnamite lungo il sentiero di Ho Chi Minh, il piccolo paese venne selvaggiamente bombardato dai B52 e invaso nel 1970 da truppe Usa e sudvietnamite mentre venivano più volte ripresi i bombardamenti a tappeto delle città nordvietnamite. Solo all'inizio del 1973, dopo quasi cinque anni di trattative, fu firmato a Parigi un accordo tra Rdvn, governo rivoluzionario provvisorio (costituito nel 1969 come emanazione dell'Fnl), Stati Uniti e Repubblica del Vietnam per il cessate il fuoco. I combattimenti proseguirono tuttavia fino alla primavera del 1975, quando le forze nordvietnamite e i Vietcong giunsero a impadronirsi degli altipiani del Vietnam centrale per poi scatenare l'offensiva che fece cadere in poche settimane il regime di Saigon e portò all'unificazione formale del paese. Il Vietnam uscì stremato dalla guerra, con danni materiali, umani e ambientali immensi: sul paese, grande quanto l'Italia, erano stati scaricati molti più esplosivi di quelli usati su tutti i fronti e da tutti i belligeranti nel corso della Seconda guerra mondiale, oltre a un'enorme quantità di defolianti chimici. Pesò soprattutto, nel lungo periodo, l'aver dovuto gestire così a lungo una rigidissima e autoritaria economia di guerra, dalla quale non si seppe uscire per più di un decennio dopo la conclusione delle ostilità. Negli stessi Usa la guerra, l'unica persa nella loro storia, con 60.000 morti e oltre 100.000 mutilati, rimase come una ferita morale e psicologica per un'intera generazione, oltre a rappresentare un cruciale evento militare ed economico che ne ridimensionò il ruolo planetario.

F. Montessoro


W.J. Duiker, The Communist Road to Power in Vietnam, Westview Press, Boulder 1981; G. Kolko, Anatomy of a War, Pantheon Books, New York 1985.
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