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TORTURA
Dolore fisico inferto in vari modi e con diversi strumenti, per punire o per costringere alla confessione di delitti o a comportamenti altrimenti rifiutati. Presso la maggior parte dei popoli antichi era un modo per rendere più dolorosa la morte dei nemici e per disonorarli, qualora avessero compiuto qualche azione ritenuta infame. Nel diritto di Roma antica la tortura assunse il carattere di strumento processuale e poteva essere inflitta soltanto agli schiavi, ma già in età imperiale cadde il divieto di torturare gli uomini liberi per alcuni delitti come quelli contro l'autorità, di falso e falsificazione delle monete, di magia e di adulterio. Durante il periodo delle invasioni barbariche non si ha notizia della tortura come mezzo istituzionale nei procedimenti giudiziari, ma nell'XI secolo essa tornò a essere ampiamente utilizzata nei processi penali, soprattutto poiché la Chiesa non soltanto la ammise ma la utilizzò essa stessa nella lotta contro gli eretici. Con la bolla Ad extirpanda di Innocenzo IV (1252) la tortura entrò a far parte della procedura dell'Inquisizione. Gli inquisitori disponevano sempre della massima libertà nei modi e nei mezzi di tortura e, nonostante le precise regole procedurali che teoricamente avrebbero dovuto moderarne l'uso, non v'era in realtà alcun freno agli abusi. La tortura occupava la seconda fase dei processi inquisitori, dopo le confessioni e le testimonianze, che rimanevano segrete. Molti giungevano a confessare, anche se innocenti, ancor prima di essere tormentati. Teoricamente erano esenti dalla tortura i minori di quattordici e i maggiori di settant'anni, i feudatari, i vescovi, i soldati e le donne incinte. Il tormento non poteva durare più di un'ora e poteva essere inflitto una seconda volta soltanto ventiquattr'ore dopo la prima. Le vittime avevano diritto all'assistenza di un medico. La pratica più frequente era quella della "corda", che consisteva nel legare l'inquisito per le mani a una corda dalla quale veniva sollevato con una carrucola e poi lasciato cadere per tratti sempre più lunghi. Altre pratiche erano lo stiramento delle membra e l'insonnia forzata. Soltanto nel XVI secolo, quando la tortura fu codificata nella procedura penale della costituzione criminale di Carlo V (1532), alcuni filosofi fecero sentire la propria voce di dissenso contro i giuristi che, al contrario, continuavano a ritenere valida la tortura come mezzo processuale. Nel XVIII secolo la tortura venne abolita in quasi tutti gli stati d'Europa. La Prussia di Federico II fu la prima nel 1740, seguita dagli altri sotto la spinta dell'illuminismo e del razionalismo. In Italia ebbero grande influenza le considerazioni di Pietro Verri (Osservazioni sulla tortura, pubblicate postume nel 1804) oltre a quelle di Cesare Beccaria. Eliminata dagli ordinamenti giudiziari, la tortura restò come pratica corrente extragiudiziaria soprattutto nei conflitti civili in molte parti del mondo, Europa compresa, anche nel XX secolo.

A. Straniero
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