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TAOISMO
Ampia e variegata corrente di pensiero cinese, difficilmente riducibile a una definizione. Il concetto di Dao (Tao) non è esclusivo di questa dottrina, ma appartiene a tutte le correnti di pensiero in Cina. Letteralmente significa "via", "verbo" o dottrina, e quindi norma di un universo, inteso come un'unità le cui parti corrispondono gerarchicamente tra di loro in un continuo processo di trasformazione. Il Dao dei taoisti non ha un carattere etico, essendo privo di ogni attributo, ma costituisce l'unità suprema, senza forma, senza limite e senza nome; inerente a ogni fenomeno o cosa, trascendente il mondo della molteplicità. La collezione principale di scritti taoisti è il canone Daozang, di cui rimane l'edizione dell'epoca Ming (1445). Il maestro Yang (395-335 a.C.), considerato come prototaoista e condannato dai confuciani e dai moisti (vedi confucianesimo) come arciegoista, propugnava in realtà la valorizzazione di sé. La piena conservazione delle proprie tendenze naturali era infatti l'obiettivo di quei filosofi che, a differenza di molte scuole impegnate politicamente, mostravano interesse prioritario per l'aspetto privato della vita, la salute mentale e fisica; perciò era basilare dimenticare categorie, parzialità e pregiudizi e liberarsi dalle incrostazioni e convenzioni sociali. I caratteri fondamentali del taoismo si possono individuare nella ricerca dell'immortalità fisica e dell'equilibrio interiore, nel ritorno alla semplicità e spontaneità della natura originaria comune a tutto l'universo, secondo la realtà ultima (il Dao). Lasciandosi andare a tale spontaneità ed evitando eccessi e privazioni, "senza agitarsi" o "strafare" (wuwei), nulla è impossibile. La speculazione taoista del periodo degli stati combattenti trovò espressione soprattutto in testi come il Zhuangzi, attribuito a Zhuang Zhou (IV secolo a.C.) e il Laozi, noto più tardi come Daodejing (o Tao Te Ching, Classico della via e della virtù) e attribuito a Lao Dan; era collegato probabilmente con pratiche magico-religiose che miravano alla salvezza individuale attraverso il completo adeguamento ai ritmi della vita universale. Lo sviluppo di due grandi movimenti religiosi alla fine della dinastia Han (quello dei Turbanti gialli, nella zona tra lo Henan e lo Shandong, e quello dei Maestri celesti o "delle cinque staie di riso" nel Sichuan) portò alla luce un'esigenza messianica largamente diffusa fra le masse popolari, gravemente colpite da disastri naturali ed epidemie. Entrambi i movimenti sostenevano che le malattie fossero il risultato dei peccati. I Turbanti gialli, che proclamavano l'imminente ritorno a una mitica età dell'oro, praticavano cerimonie collettive, fra cui la confessione pubblica dei peccati, danze e scene di esaltazioni mistiche. I Maestri celesti, che sopravvissero alla repressione delle rivolte, per oltre tre decenni riuscirono a tenere in vita nel III secolo d.C. un vero e proprio stato indipendente e conservarono poi un'organizzazione puramente religiosa. Con la crisi che derivò dal crollo della dinastia Han (III secolo d.C.), si affermò la "scuola della scienza misteriosa" (Xuanxue), che privilegiava la ricerca della realtà ultima al di là dei fenomeni naturali, il "non essere" originario, che trascendeva ogni distinzione fra nomi e cose. Apparvero testi che denotavano lo sviluppo di pratiche alchemiche e meditative anche fra gli strati colti della popolazione. Un testo intitolato Baopuzi (Il maestro che abbraccia la semplicità) indicava sostanze e formule per conseguire l'immortalità o ricchezza e prestigio, oltre a nozioni di farmacologia, medicina, astronomia e alchimia. Alcuni dotti coltivarono il gusto per i piaceri della vita e per l'arte, praticando conversazioni filosofiche (i cosiddetti "discorsi puri") e gare poetiche, in un raffinato estetismo e un eccentrico edonismo, influendo sulla pittura, la calligrafia e la poesia. Alla base della visione taoista era la credenza che l'intero universo fosse in perenne stato di trasformazione e di incessante autoriproduzione, in quanto espressione di un'energia (Soffio) primordiale, che in sé non era né materia né spirito. Ogni cosa non era altro che uno stato di maggiore o minore condensazione di tale energia; di un Soffio più puro e leggero (yang) sarebbe prevalentemente costituito il cielo, mentre di un altro più opaco e pesante (yin) sarebbe formata la Terra; spiriti e divinità sarebbero nati dal Soffio celeste, mentre il mondo dell'uomo sarebbe nato dall'unione delle due forze. Il conseguimento dell'immortalità fisica si sarebbe realizzato attraverso l'unione mistica col Dao, in seguito all'acquisizione di tecniche specifiche (alchemiche, dietetiche, respiratorie, sessuali e meditative) che, consentendo il recupero della semplicità originaria, avrebbero eliminato le cause del deperimento dell'energia vitale e della morte del corpo materiale e avrebbero creato all'interno di quest'ultimo un embrione dotato di immortalità. Per i taoisti il corpo umano costituiva un microcosmo all'interno dell'universo, corrispondente al più vasto macrocosmo. Una corretta igiene e autocoltivazione del principio vitale richiedeva pertanto un perfetto adattamento dei ritmi vitali a quelli dell'universo. Così le "cinque viscere" corrispondevano ai "cinque elementi", ed erano nutrite dai "cinque gusti" (cioè richiedevano una dieta stagionale). Fra il IV e il V secolo d.C., sotto l'influenza buddhista, si affermò anche nel taoismo il modello conventuale, nonché un pantheon di divinità con paradisi e inferni. Contemporaneamente le organizzazioni taoiste giunsero a compromessi col potere politico. Nella Cina meridionale venne fondata nel IV secolo la setta taoista del Libro della grande purezza, che aveva posto la propria sede sul Maoshan, un monte nei pressi di Nanchino. Nel nord, sotto l'imperatore Taiwu (424-452) degli Wei settentrionali, il grande maestro Kou Qianzhi (?-448) creò le basi per una "teocrazia" taoista e tentò di fare del taoismo la religione di stato, epurandolo di tutti gli elementi "rivoluzionari" e messianici e combinando l'ideale gerarchico-confuciano con i modelli offerti dalla comunità monastica del Sangha buddhista. L'imperatore Gaozong (649-683) dei Tang creò un sistema di monasteri taoisti sostenuti e controllati dallo stato in ogni prefettura. Nonostante le fondamentali differenze, la dottrina taoista influenzò quella legista (fajia), una delle cosiddette "cento scuole", che si fondava sui concetti utilitaristici e realistici quali quelli della forza (shi), della tattica (shu) e della necessità (bi) e sulla valorizzazione della legge penale (fa). Benché la concezione legista di una imposizione esterna sia estranea al taoismo, si possono riscontrare analogie in quanto la legge sia considerata strumento applicato automaticamente dal sovrano e corrisponda all'ordine naturale assecondando le tendenze di attrazione e repulsione dell'uomo, indirizzandolo con le ricompense e scoraggiandolo con le pene. Come per i taoisti occorreva attenersi al principio del "non agitarsi" (wuwei), così per i legisti agli uomini politici bastava attenersi alla legge, con impassibilità. Mentre però i taoisti ricercavano l'immortalità e individuavano la spontaneità nella libertà dai desideri e dai legami sociali, i legisti si proponevano uno stato forte e ordinato. Perciò gli strumenti dei legisti erano proprio quelli che i taoisti intendevano distruggere, in quanto miravano a conformare a un modello e a inquadrare ciò che invece non era riducibile o uniformabile.

P. Santangelo


H. Maspero, Le taoïsme et les religions chinoises, Gallimard, Parigi 1971; G. Robinet, Meditazione taoista, Ubaldini, Roma 1984.
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