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STAMPA
Procedimento meccanico che consente di riprodurre in più copie un testo scritto o un disegno. La prima forma di stampa, conosciuta in Cina fin dal VI secolo e diffusasi in Europa, assieme alla carta, nel XIII e XIV secolo, fu detta xilografica e utilizzava la tecnica, più antica, della stampa su stoffa: veniva cioè realizzata riproducendo a pressione, su pergamena e poi su carta, una matrice di legno (in greco xilos) sulla quale era stato inciso uno scritto o un disegno, successivamente inchiostrato. Questo tipo di riproduzione consentiva di realizzare un gran numero di fogli stampati ed era, quindi, più economico del manoscritto; ma per avere larga diffusione doveva applicarsi a una produzione di massa, senza intenti qualititativi, e fu soprattutto usata per santini religiosi, con rozze immagini e poco testo, e per carte da gioco. Ai primi del Quattrocento risalgono alcune grandi immagini sacre tardo-gotiche, colorate a mano, che rappresentano quanto rimane di una larga diffusione di manifesti stampati con questa tecnica a imitazione dei dipinti dell'epoca (la Vergine di Bruxelles del 1428, conservata nel Gabinetto delle stampe di quella città, e la cosiddetta Madonna del fuoco, conservata nel duomo di Forlì). Nell'XI secolo pare che fossero in uso in Cina matrici in argilla, mentre le prime matrici metalliche sembrano essere comparse nel Duecento in Corea. Nel secolo successivo comunque queste matrici comparvero in Europa: comprendevano un'intera pagina ed erano realizzate con piombo fuso e versato in stampi di terracotta nei quali erano state scavate le righe di lettere. Queste erano le tecniche diffuse in Europa quando, a metà del Quattrocento, il tedesco Johannes Gutenberg mise a punto la stampa a caratteri mobili: le lettere, fuse singolarmente, venivano assemblate per formare le pagine, consentendo maggior nitidezza nella stampa e semplificando la successiva correzione del testo. Questo procedimento, apparentemente solo tecnico, rappresentò un'autentica rivoluzione culturale dando il via alla comunicazione moderna. Il primo libro stampato con questo procedimento da Gutenberg, anche se il suo nome non vi compare, fu la Bibbia latina in folio di 1282 pagine detta delle 42 linee, in quanto stampata su due colonne di 21 righe: l'eccezionale diffusione che quest'opera, costata ben quattro anni di lavoro, ebbe sia pure in un mondo in cui l'analfabetismo era la regola, non fu estranea alla fortuna della successiva Riforma luterana. Fu dunque questo il primo risultato storico, ben al di là del fatto tecnico, provocato dalla stampa "di massa". I testi stampati fino a tutto il 1500 furono chiamati incunaboli (dal latino cuna "culla", nel senso di "prima fase, primordi" della tipografia) nel primo catalogo che li elenca, opera del libraio olandese C. van Beughem (Incunabula typographiae), pubblicato ad Amsterdam nel 1688. Ne esistono ancora nel mondo circa 450.000 e almeno 100.000 si trovano in Italia. Nella seconda metà del Quattrocento, infatti, singoli artigiani tipografi si spinsero da Magonza in altre città tedesche e contemporaneamente in vari paesi, compresa l'Italia. Quasi tutte queste esperienze, in una misura o nell'altra, svolsero un ruolo determinante nell'evoluzione di uno stile o di un metodo e, soprattutto, nell'invenzione di nuovi caratteri e nelle forme dell'impaginazione. Il clima rinascimentale consentì presto alla stampa di attingere a risultati di grande qualità grafica, superando la scrittura manuale della quale, tuttavia, imitò dapprima i caratteri gotici. Per due secoli stampa fu praticamente sinonimo di libro, ma nel XVII secolo comparvero i primi fogli periodici, da principio solo di cronaca, poi anche d'opinione e quindi subito sottoposti a interventi censori da parte delle autorità. Si metteva così in movimento la dialettica dell'informazione che ebbe nella stampa, fino a metà del Novecento, lo strumento quasi esclusivo di formazione dell'opinione pubblica, tra la quale contemporaneamente andavano crescendo i livelli di alfabetizzazione. Fin oltre la metà del Novecento i metodi di stampa rimasero praticamente invariati, nonostante l'aumento della diffusione: in quel periodo alcune innovazioni fondamentali, come la produzione meccanica, e perciò industriale, della carta, la stereotipia, la macchina da stampa a vapore, le macchine compositrici, l'incisione su acciaio e la litografia nelle illustrazioni misero la stampa al passo con i tempi. Nell'ultimo quarto del secolo la fotocomposizione, generata dal computer, costituì la nuova rivoluzione, anch'essa, come quella di Gutenberg, non nella fase della vera e propria stampa (cioè dalla produzione delle copie) ma in quella della preparazione, che fu così notevolmente accelerata e soprattutto dotata di un'elasticità prima ignota: con questa tecnica infatti il testo, una volta registrato su supporto magnetico, può essere predisposto per la riproduzione nelle forme più diverse senza bisogno di una nuova composizione. La rilevanza della stampa, intesa come insieme delle attività intellettuali, tecnico-industriali e commerciali volte alla produzione e alla diffusione della carta stampata quale veicolo di idee, di informazioni e in generale di cultura per la formazione della coscienza civile, giustifica l'interessamento di cui essa è da sempre oggetto da parte dei legislatori. Secondo gli orientamenti politici dominanti esso si manifesta di volta in volta in protezioni o in restrizioni o, più spesso, in un'attenta miscela delle une e delle altre. La libertà di stampa è la cartina di tornasole del livello di libertà del quale un paese gode, ma difficilmente eliminabile è il presupposto di un corpo più o meno ampio di misure regolamentari idonee a preservare la società e la stessa stampa dai danni che possono nascere da una sua gestione selvaggia. Nell'ordinamento giuridico italiano la stampa è considerata anzitutto dall'articolo 21 della Costituzione, che la sottrae ad autorizzazioni o censure preventive consentendo il sequestro di pubblicazioni soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria, e prevede la pubblicità del finanziamento delle aziende di editoria giornalistica (norma peraltro mai attuata). Successivamente altri provvedimenti hanno avuto lo scopo di evitare, almeno formalmente, la concentrazione in poche mani delle testate giornalistiche e televisive, e di favorire la stampa giornalistica d'opinione e quella di particolare valore culturale.

P. Guardigli
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