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![]() SESSANTOTTO (1968). Movimento politico e culturale a carattere internazionale che interessò soprattutto le giovani generazioni sulla base della contestazione radicale dell'ordine costituito e dei valori dominanti. Il fenomeno ebbe espressioni e manifestazioni eterogenee, valenze e obiettivi diversi da luogo a luogo, toccò paesi con culture e regimi politici estremamente differenti tra loro; preceduto da vari segnali, ebbe continuazione, in vari modi, nel decennio successivo. Per l'omogeneità di alcuni contenuti e per il contemporaneo focalizzarsi di tutte le sue principali manifestazioni nell'arco di un anno, il Sessantotto si presentò come un fenomeno storico dotato di una propria fisionomia e fondato su un insieme di princìpi egualitari e libertari che si manifestarono in una pratica politica radicale collocandolo nell'area di estrema sinistra (dal socialismo al comunismo, all'anarchismo). LE ORIGINI A BERKELEY. Le prime manifestazioni si ebbero nel 1964 negli Stati Uniti con l'occupazione dell'università di Berkeley, in California: gli studenti americani chiedevano sia di poter intervenire sui metodi d'insegnamento e sulle finalità della ricerca universitaria, sia di poter usare gli atenei per discutere dei problemi di fondo della società. Presto, anche in conseguenza della dura reazione delle autorità e della polizia, gli studenti cominciarono a contestare radicalmente i legami che univano l'università all'industria, in particolare quella bellica, e trovarono un immediato riferimento alla lotta contro l'impegno statunitense nella guerra del Vietnam. Questo divenne il principale filo conduttore di tutte le mobilitazioni del Sessantotto negli Usa, assieme alla denuncia della discriminazione razziale che vide il formarsi, per la prima volta in quel paese, di un movimento interetnico. Non meno importanti furono i segnali che venivano dai paesi del Terzo mondo: le lotte di liberazione in Africa e America latina, la rivoluzione cubana e l'impegno internazionalista di Ernesto "Che" Guevara, la stessa rivoluzione culturale cinese costituirono dei forti punti di riferimento per la formazione dei giovani che diedero vita al movimento. Iniziato negli Usa e pur con significative manifestazioni in tutte le aree del mondo (anche nella stessa "Primavera di Praga" il tentativo di rifondazione democratica del socialismo fu caratterizzato da tendenze antiautoritarie e libertarie), nell'Europa occidentale il movimento trovò la massima espressione. LO SVILUPPO IN EUROPA. Francia (vedi maggio francese), Germania e Italia furono i paesi dove il fenomeno ebbe le manifestazioni più radicali e di più lunga portata. In Germania il movimento, che si caratterizzò per l'opposizione alla politica di potenza statunitense, assunse in breve tempo caratteristiche molto radicali, soprattutto dopo un attentato in cui, l'11 aprile, rimase gravemente ferito il principale leader universitario berlinese, Rudi Dutschke. Anche in Italia l'epicentro della rivolta studentesca fu l'università, di cui veniva contestato il sistema di potere autoritario e il contenuto del sapere, ritenuto "classista". Contrariamente alla maggioranza degli altri paesi, in Italia il movimento contagiò rapidamente e in profondità altri strati sociali, a partire dalla classe operaia delle grandi fabbriche del nord. Nella cultura del movimento operaio la rivolta studentesca trovò un elemento di razionalizzazione e un ambito ideologico che lo collocò nettamente a sinistra; nel disagio materiale della condizione operaia, soprattutto in quella dei lavoratori di recente immigrazione dal sud del paese, il movimento degli studenti trovò la base per dare contenuti sociali e "generali" alla propria protesta. Il Sessantotto italiano divenne così l'inizio di un nuovo percorso politico che si riallacciò criticamente alla tradizione dei partiti di sinistra dando vita a nuove organizzazioni e a un nuovo modo di intendere e praticare la politica (non più confinata nell'ambito istituzionale), che si prolungò per tutti gli anni settanta. Le prime occupazioni delle sedi universitarie avvennero negli ultimi mesi del 1967: fu l'occupazione di palazzo Campana (sede delle facoltà umanistiche a Torino) a dare il via, nel novembre di quell'anno, alla contestazione. Epicentri della mobilitazione furono gli atenei di Milano, Pisa, Venezia, Trento e Roma. Guido Viale a Torino, Mario Capanna a Milano, Mauro Rostagno a Trento, Adriano Sofri a Pisa, Oreste Scalzone a Roma divennero presto dirigenti riconosciuti di un movimento che fin dai primi mesi del 1968 usciva dagli ambiti locali e cercava, attraverso incontri e assemblee nazionali, di darsi momenti di coordinamento e azione comune. La mobilitazione continuò per tutto l'anno (spesso in stretta sintonia con gli echi delle vicende dei corrispettivi movimenti studenteschi negli altri paesi europei): un'alternanza di occupazioni studentesche e sgomberi polizieschi delle sedi universitarie, manifestazioni e scontri di piazza (come quello famoso del 1° marzo a Valle Giulia a Roma, presso la facoltà di architettura) fece da sfondo a una progressiva radicalizzazione del movimento studentesco. LA FRAMMENTAZIONE. Cominciarono così ad aggregarsi quei gruppi di militanti che negli anni successivi avrebbero dato vita, in rapporto con settori operai, ai gruppi della sinistra extraparlamentare. Ciò fu il naturale sbocco di alcune caratteristiche del Sessantotto che in Italia ebbero una particolare rilevanza. In primo luogo la riconsiderazione in chiave politica dei diritti sociali degli individui: la politica non era più un ambito prioritariamente amministrativo e legislativo riservato a politici di professione, ma l'insieme dei bisogni di una società che ricercava nuove forme di democrazia non delegata e che affidava direttamente ai soggetti sociali il loro destino collettivo. In secondo luogo l'egualitarismo come valore assoluto, che riattualizzò il marxismo, soprattutto quello "eretico" di pensatori come Luxemburg, Trockij, Korsch e altri. G. Polo |
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