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PENA DI MORTE
Punizione dei reati mediante soppressione fisica del reo. Applicata fin nelle più antiche civiltà, che non praticavano la pena detentiva, fu inflitta a diversi livelli di gravità cui corrisposero forme diverse di esecuzione. In genere veniva applicata anche contro i colpevoli di reati (contro il patrimonio, la fede pubblica, il buon costume ecc.) che secondo le legislazioni moderne sono di lieve entità, e veniva eseguita mediante la lapidazione, la decapitazione, il rogo, la crocifissione, l'esposizione alle belve, il veleno, lo squartamento, l'impiccagione. Nel Medioevo la pena capitale fu concepita come vendetta pubblica e come intimidazione: venne perciò eseguita con i metodi più feroci, che rimasero in vigore fino al XVIII secolo quando essa fu attaccata da alcuni dei maggiori esponenti del pensiero illuminista, fra i quali Cesare Beccaria. Abolita da Pietro Leopoldo di Toscana nel 1786, fu conservata da tutti gli altri stati italiani, ma esclusa dalla legislazione dell'Italia unita dal codice Zanardelli del 1889. Ristabilita dal fascismo per i più gravi delitti politici (1926), fu di nuovo soppressa dalla costituzione del 1948. Nel frattempo la tendenza abolizionista si andò rapidamente affermando in gran parte del mondo, ma in molti grandi paesi, fra i quali gli Usa, la Russia e la Cina, essa restò in vigore.
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