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PATATA
Tubero di una pianta erbacea della famiglia delle solanacee, con buccia resistente e polpa soda ricca di amido. Originaria degli acrocori del Perù e della Bolivia, era coltivata già nel III millennio a.C. dalle popolazioni andine che, oltre a ricavarne una birra a leggero tenore alcolico, la conservavano essiccata per i periodi di carestia e di guerra: è questo appunto il chuno, ancora oggi alimento comune in tutta l'America meridionale. Alcuni studiosi ritengono che sia stata proprio la patata, per la sua capacità di vegetare ad altezze elevate sopportando temperature molto basse, a rendere possibile la sopravvivenza umana su quegli altipiani prima che vi giungessero le ibridazioni del mais capaci di resistervi. In quelle culture la patata fu onorata come divinità, con un culto particolare, cerimonie annuali e sacrifici animali, fino alla conquista spagnola. Non si hanno notizie precise sulla sua introduzione in Europa, ma le prime informazioni sicure sull'uso alimentare, accanto alla coltivazione ornamentale, risalgono alla seconda metà del XVI secolo, dapprima in Spagna, poi in Portogallo, in Francia, in Italia e nell'Europa continentale, e solo verso la fine del secolo in Inghilterra. La sua affermazione fu però ostacolata da paure e pregiudizi legati alla presenza nelle foglie di solanina e di scopolamina, due alcaloidi che possono provocare effetti allucinogeni e che secondo la credenza popolare dell'epoca permettevano il volo stregonico e secondo la cultura scientifica erano responsabili della scrofola, della lebbra e delle febbri epidemiche che funestavano l'Europa. Alla frequenza delle guerre e alla conseguente scarsezza di cereali sono soprattutto dovute le prime affermazioni della patata: durante la guerra dei Trent'anni (1618-1648) i governi, consapevoli delle sue qualità nutritive, cercarono di favorirne, e talvolta di imporne, il consumo da parte delle truppe e degli istituti di assistenza. Le patate assunsero una tale importanza che la guerra di successione bavarese (1778-1779) fu detta anche Kartoffelkrieg (guerra delle patate) in quanto gli eserciti, affamati e prostrati da mesi di campagna militare infruttuosa, presero a battersi non più per le motivazioni dinastiche che erano all'origine del conflitto, bensì per il possesso di territori coltivati a patate. Per quanto riguarda la Francia fu il farmacista e agronomo A. Parmentier (1737-1813), che, fatto prigioniero dai prussiani durante la guerra dei Sette anni (1756-1763) e avendo così sperimentato una dieta di sussistenza incentrata sulle patate, ne divulgò i pregi e ne promosse la coltivazione. Iniziò così nell'Europa continentale la battaglia degli agronomi per imporre la patata nella panificazione, nella conserva e soprattuto nella razione di minestra. Nella Francia rivoluzionaria Parmentier intensificò la propria opera di divulgazione; poi le campagne militari e il bisogno di approvvigionamenti a scorte che segnarono il periodo napoleonico portarono, specialmente nell'Europa settentrionale, un ulteriore allargamento dell'interesse per la patata. In Gran Bretagna all'inizio del XIX secolo si tentò addirittura, con provvedimenti di legge, di indurre la popolazione a coltivare le patate e a rinunciare al più costoso pane bianco come alimento base. Il problema fondamentale rimaneva però quello della conservazione, essendo la patata molto più deteriorabile del frumento e dei cereali in genere. Già dal 1786 erano stati sperimentati procedimenti per la produzione di farina e di fecola utilizzabili per la panificazione, soprattutto per uso delle navi. Particolare e tragico fu il caso dell'Irlanda, dove la patata, introdotta verso la fine del XVI secolo, divenne nell'arco di una cinquantina di anni la maggior fonte di sostentamento degli isolani: concentrando su di essa quasi tutto il loro sforzo agricolo essi pervennero a un'alimentazione che, integrata con una minima quantità di carne o di latte, permise tra il Sette e l'Ottocento un netto calo della mortalità e il raddoppio della popolazione dell'isola. Ma nel 1845-1847, quando le epidemie di peronospora bruciarono tutte le coltivazioni e annientarono i raccolti, la fame provocò centinaia di migliaia di morti e un'emigrazione di massa verso l'America. Durante la prima e la Seconda guerra mondiale furono sperimentati metodi di conservazione per essiccamento, ma i prodotti così preparati, utilissimi in periodo bellico, furono scarsamente apprezzati a livello di gusto e sparirono dalla circolazione non appena cessarono le ostilità. Nella seconda metà del Novecento però si svilupparono altri procedimenti, dalla liofilizzazione alla surgelazione, tali da risolvere in gran parte questo problema, così che nel 1990 circa la metà della produzione di patate dei paesi industrializzati subiva processi di lavorazione e di conservazione e, di questa, circa la metà veniva surgelata.

R. Nistri

R.N. Salaman, Storia sociale della patata, Garzanti, Milano 1989; T. Maniacco, Della patata, in Cucina cultura società, atti dell'omonimo convegno tenuto a Passariano dal 15 al 18.9.1982, Shakespeare & Co, Milano 1982; A. Bodo Schieren, Patate, Rizzoli, Milano 1990.
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