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PASTA
Conserva secca di prodotti di impasto di farina di grano duro. La sua introduzione in Italia appare controversa. Scartata l'ipotesi di un prestito dalla Cina, dove pure, verso la metà del XIII secolo, un'enciclopedia domestica distingue tra pasta umida e secca, l'origine è stata ricercata nei paesi islamici: il vermicello appare in ricettari e testi di medici arabi dal XII al XIII secolo, ed è coeva l'introduzione in Sicilia della pasta secca che conosce una fortuna lenta e crescente, esportata verso grandi empori come Genova dove numerosi contratti commerciali attestano l'esistenza di partite cospicue. Più complessa è la questione delle singole varietà, anche per l'incertezza delle denominazioni: la voce maccherone, per esempio, significa gnocco, e tale è da intendere nel paese di Bengodi descritto nel Decamerone di Boccaccio. Tria o vermicelli, cotti in acqua bollente, conditi con spezie e formaggio grattato, sono presenti nel Liber de coquina, il più antico ricettario italiano, di un anonimo trecentesco della corte angioina. La pasta fresca (lasagnette, ravioli e gnocchi) e secca (maccheroni forati, vermicelli grossi un dito) figura nei ricettari a partire dal Libro de arte coquinaria di Maestro Martino, degli ultimi decenni del Quattrocento. Nell'opera di Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di papa Pio V (1570), tagliatelli e tortelletti, maccaroni a ferro (forati) e maccaroni detti gnocchi bollono nel brodo grasso e sono conditi con cacio grattato, burro, cannella e zucchero. Negli stessi anni il termine pasta indicava pasticci, torte, croste farcite, e solo sporadicamente le conserve secche. La Sicilia, la Puglia e la Liguria consumavano ed esportavano il prodotto secco, mentre l'Emilia e la Lombardia ricorrevano a quello fresco. La Campania, con Napoli in particolare, cominciò ad affermarsi come centro di produzione solo a partire dalla seconda metà del Settecento: con torchi e ferri, l'arte del vermicellaio superava i limiti domestici. Il favore crescente che la pasta secca incontrava in Italia e in Francia creò la figura del mangiamaccheroni, maschera idealizzata di una popolazione partenopea più adusa in realtà alle minuzzaglie, ai frantumi residuali della pasta. La vera industria nacque in Campania, Sicilia e Liguria, con i torchi idraulici, le impastatrici meccaniche e gli essiccatori artificiali, dopo l'Unità d'Italia, seguita dall'industria della conserva di pomodoro in lattina, che si sviluppò rapidamente nel parmense all'inizio del Novecento. Maccheroni e vermicelli cominciarono, a partire da tale data, a guadagnar terreno sulla polenta, sulle paste fresche e sullo stesso pane, diventando merce d'esportazione soprattutto verso i paesi, come gli Usa, d'immigrazione italiana. Dal 1970 in Italia tecnologia e capacità produttive, tecniche di marketing e concorrenza internazionale portarono a una concentrazione delle aziende (238 nel 1981) che sancì la scomparsa dell'artigianato pastaio.

A. Capatti
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