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PANE
Alimento ottenuto dalla cottura di un impasto di
farina di cereali, acqua, lievito con o senza sale e con o senza aggiunta
di olio, burro, latte, grassi animali, zucchero o altro. È probabile
che il primo pane consumato dall'uomo fosse una poltiglia di semi di orzo
o di farro pestati grossolanamente, cotta sopra una pietra arroventata dal
sole o sulla cenere del focolare quasi spento. Pane di vari cereali veniva
preparato in Mesopotamia. I più antichi selezionatori del frumento
di cui si abbia notizia furono i babilonesi, cui si deve anche la scoperta
del potere lievitante della birra; fu tuttavia in Egitto, dove il popolo
si nutriva principalmente di pane condito con papavero o sesamo, che la
panificazione acquisì dignità di arte. Gli egizi, dal III
al II millennio a.C., idearono gli strumenti fondamentali del panettiere:
la macina, il setaccio, il forno. Il pane era prodotto a livello familiare;
la farina veniva impastata con i piedi in larghi bacili, acidificata e foggiata
in pagnottelle rotonde; dalla cottura in forno, effettuata in tre fasi,
risultava un pane duro, ottimo per la lunga conservazione e per l'immagazzinamento.
Nelle tombe egizie sono state rinvenute molte forme attestanti liturgie
apotropaiche. Da tutti i popoli mediterranei dell'antichità, infatti,
il pane fu investito di significati religiosi e fu usato in una vasta tipologia
di riti. Si offrivano agli dei pani e cereali poiché erano considerati
gli alimenti garanti della vita; con il pane si contraeva il matrimonio
(la confarreatio dei latini) e si celebrava il funerale, perché
il primo rito presiede alla formazione di nuove vite e il secondo è
il segno manifesto della fede nella sopravvivenza e nella rinascita, di
cui il grano e il pane venivano assunti a simbolo. La grande varietà
di pani rituali conservati nelle pratiche liturgiche del cristianesimo (per
esempio il pane di sant'Antonio) risponde alle stesse fondamentali esigenze
di simbolizzazione. In Grecia l'uso del pane fu introdotto dall'Oriente
in epoca preomerica; preparato con orzo e farro, raramente con frumento,
era considerato un genere di lusso per le solennità e la sua preparazione
era affidata ad artigiani specializzati, fuori dalla gestione familiare.
Presso i romani il farro, il frumento, la spelta e l'orzo furono consumati
in un primo tempo sotto forma di puls, una polentina di farina e
acqua, o di placenta, una puls arricchita di formaggio e miele,
e più tardi di focacce; il pane lievitato giunse a Roma probabilmente
dopo il 170 a.C., con il ritorno dei reduci della guerra macedonica. Da
quel momento l'arte di produrre il pane divenne autonoma ed extrafamiliare;
del resto nel 147 a.C. era già operante a Roma una sorta di corporazione
dei fornai (Collegium pistorum) che soddisfaceva il fabbisogno dell'intera
città sfruttando abilmente i benefici delle frumentazioni statali
e le leggi annonarie. Avvalendosi del lavoro degli schiavi, i fornai romani
potevano far funzionare in continuazione le grosse macine, da loro stessi
perfezionate sul modello di quelle greche, e le rudimentali impastatrici
di cui erano stati inventori. Dopo la caduta dell'impero romano riprese
la panificazione privata, con una produzione di pane più scadente
rispetto a quello dei pistores romani, e solo nel basso Medioevo
il pane ritornò al centro dell'economia alimentare dei liberi comuni.
Nella Firenze medievale, per impedire accaparramenti e speculazioni, la
legge imponeva, sotto il controllo di speciali magistrati, che nessuno se
non gli iscritti all'Arte dei fornai potesse avere un forno da pane, e che
ogni fornaio bollasse il prodotto con il marchio del proprio forno. In questo
periodo il pane, ricavato da cereali meno pregiati del frumento, divenne
alimento abituale delle classi popolari e dei contadini, mentre si differenziava,
in Francia e in Italia, un costume alimentare cittadino con la produzione
di pani variamente conditi e speziati destinati alle classi privilegiate,
e si diffondeva nell'Europa del nord il consumo di pane scuro prodotto con
la segale che, dopo il frumento, è il cereale più idoneo alla
panificazione. L'epoca delle esplorazioni e delle scoperte fu segnata dalla
presenza di un pane particolare, il biscotto o galletta, un
pane duro, rustico, di poco sapore e del tutto disidratato che marinai,
militari, esploratori e avventurieri potevano stivare facilmente e conservare
a lungo, per consumarlo dopo un prolungato ammollo nell'acqua. Gli effetti
delle grandi carestie cinque-settecentesche colpirono principalmente le
classi popolari, mentre la panificazione aristocratica andava sempre più
raffinandosi; tra il Sei e il Settecento furono elaborate la ricetta dei
grissini, quella delle brioche e della maggior parte degli impasti usati
in pasticceria. Novità rilevanti nella panificazione furono introdotte
sul finire del XVIII secolo con l'invenzione delle impastatrici meccaniche
e con la produzione delle polveri chimiche per la lievitazione; nel Novecento
la produzione del pane nei paesi industrializzati era completamente automatizzata,
avendo i fornai, anche artigiani, la disponibilità di perfezionate
impastatrici, di spezzatrici e formatrici e di sofisticati forni elettrici.
R. Nistri

A. Luraschi, Il pane e la sua storia, L'arte bianca, Torino 1953;
J.F. Revel, 3000 anni a tavola, Rizzoli, Milano 1979; A. Marinoni,
Pane. Storia, tradizioni, ricette, Acanthus, Milano 1988.
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