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PAHLAVÎ
(1925-1979). Dinastia persiana. Fondatore dell'ultima famiglia regnante dell'Iran fu Rizâ Khân, un ufficiale della Brigata cosacca che dopo aver rovesciato il governo nel 1921 si fece proclamare scià il 12 dicembre 1925, ponendo così termine alla dinastia dei Qâgiâr, il cui ultimo rappresentante Ahmad Shâh si era già trasferito in Europa. Sua prima preoccupazione fu quella di consolidare il potere all'interno mediante campagne contro i nomadi bakhtiyârî e altre tribù della Persia meridionale che si erano rese autonome con l'aiuto britannico, oltre che di riaffermare l'indipendenza del paese all'esterno. Ma in generale manifestò la tendenza a identificare gli interessi dello stato con quelli della famiglia regnante, donde, tra l'altro, il trasferimento di alcune migliaia di villaggi dal demanio ai beni della corona, operazione che fece dei Pahlavî i più grossi proprietari terrieri del paese. Disegno di fondo della dinastia era una rapida modernizzazione della società, che si tradusse in realtà in una sua forzata occidentalizzazione, fondata su una stretta dipendenza economico-politica dalla Gran Bretagna prima e dagli Usa poi. Nello stesso tempo i Pahlavî tentarono di legittimare la presa del potere esaltando il mito (culminato nel 1971 con le sfarzose celebrazioni del 2500° anniversario della monarchia persiana) di una presunta continuità con l'antica Persia degli Achemenidi. Questa rivalutazione del passato preislamico doveva servire anche a indebolire l'influenza dei notabili religiosi, che furono sempre uno dei poli di opposizione alla dinastia. Dopo la Seconda guerra mondiale la dinastia (rappresentata dallo scià Rizâ Pahlavî e dalla sorella gemella Ashrâf, generalmente considerata la più lucida mente della famiglia) intensificò la politica di modernizzazione con la speranza di legare a sé quei settori della popolazione che avrebbero potuto o dovuto trarne vantaggio: imprenditori, commercianti, professionisti, ma anche i piccoli proprietari che furono i beneficiari pressoché unici della limitata riforma agraria voluta dal sovrano. A trarre il massimo vantaggio dalla modernizzazione furono però gli stessi Pahlavî, che attraverso la Fondazione omonima si trasformarono da latifondisti in imprenditori con investimenti in tutto il mondo. I religiosi, il commercio tradizionale e il proletariato (in gran parte di origine rurale) rimasero ostili o indifferenti a questo disegno, rendendo possibile la rivoluzione islamica del 1978-1979.

P.G. Donini


A. Bausani, I persiani, Sansoni, Firenze 1962; A.K.S. Lambton, The Persian Land Reform 1962-1966, Clarendon Press, Oxford 1969; G. Lenczowski, Russia and the West in Iran 19181948, Ithaca Cornell University Press, New York 1949; L.V. Thomas, R.N. Frye, The United States and Turkey and Iran, Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts) 1951.
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