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![]() ORARIO DI LAVORO, LEGGI SULL' Il riconoscimento di un limite temporale al lavoro giornaliero del salariato rappresentò una delle principali rivendicazioni sindacali fin dall'origine del sistema di fabbrica, che, nell'Ottocento, aveva trasformato radicalmente la condizione operaia imponendo giornate lavorative che superavano le dieci ore, toccando talvolta anche le quattordici. Essa tuttavia tardò ad affermarsi per via legislativa. I parlamenti, sospinti da un'opinione pubblica sensibile alla questione sociale, si erano occupati, in generale, di definire le condizioni del lavoro minorile e femminile, astenendosi tuttavia da un intervento diretto in un problema come quello delle relazioni fra capitale e lavoro, che si riteneva proprio della sfera privata. Sul finire del secolo, la battaglia per le otto ore giornaliere accomunò la classe operaia di tutta Europa, ma i primi successi furono conseguiti solo dopo la Prima guerra mondiale. In Germania, le leggi del 1918-1919 sancirono la conquista delle otto ore nella maggior parte dei settori industriali, ma già dopo l'avvento del nazismo (1933) vistose differenze cominciarono a riemergere fra comparto e comparto. In Francia, la settimana di quaranta ore si affermò con il Fronte popolare (vedi Matignon, accordi di palazzo, 1936), mentre in Gran Bretagna il movimento operaio, dopo una prima, sfortunata battaglia nel 1909, riuscì a imporre il principio delle otto ore giornaliere intorno al 1920, non per via legislativa, però, e con importanti eccezioni (i turni nelle acciaierie duravano ancora in media dodici ore). Nello stesso periodo, i paesi scandinavi avevano adottato provvedimenti, deliberati dalle assemblee rappresentative, volti a regolamentare l'orario degli operai. In Giappone le prime disposizioni furono assunte nel 1911 con la legge sulle fabbriche, che stabiliva un massimo di dodici ore giornaliere, limitava lo sfruttamento della manodopera minorile e femminile, assegnava ai soli uomini il lavoro notturno. In Italia, dopo il tentativo di far approvare dalle camere un progetto di legge per l'introduzione delle otto ore (1920), compiuto da F.S. Nitti sulla base delle rivendicazioni del movimento operaio e socialista, il problema dell'orario fu affrontato da Mussolini nel quadro dell'organizzazione dei lavoratori all'interno dell'economia corporativa: la settimana di quaranta ore, il "sabato fascista", il potenziamento delle strutture previdenziali divennero così strumenti attraverso cui rafforzare il consenso popolare alla dittatura. Lo studio dei temi generali relativi al miglioramento delle condizioni di lavoro a livello internazionale fu affidato nel primo dopoguerra all'Organizzazione internazionale del lavoro (o Bureau international du travail), organo della Società delle nazioni, poi riconfermata nelle sue funzioni nell'ottobre del 1946, al termine della conferenza di Montreal. A. Varni ![]() Storia economica Cambridge, vol. VII, L'età del capitalismo, Einaudi, Torino 1979-1980; G. Sapelli, Organizzazione, lavoro e innovazione industriale nell'Italia tra le due guerre, Rosenberg e Sellier, Torino 1978. |
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