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NAZIONALITÀ, PRINCIPIO DI
Grado di consapevolezza della propria identità storica raggiunto dalle varie comunità nazionali sviluppatosi dal secolo XVIII in Europa. La necessità di una piena coscienza della radice individuale dell'espressione nazionale differenzia il moderno principio di nazionalità dall'uso tradizionale dei termini "patria" e "nazione", utilizzati prevalentemente a fini geografico-descrittivi. Due sono i fondamentali approcci teorici all'analisi di questo principio: uno di tipo naturalistico e deterministico, l'altro volontaristico. Il primo, risalente al filosofo tedesco J.G. Herder (1744-1803), considera l'identità nazionale un attributo oggettivo di un popolo, definito una volta per tutte dalla lingua, dalla razza, dai costumi: un dato di fatto inalterabile, quasi genetico, proprio di ciascun individuo. Il secondo, che trae origine dalle riflessioni di J.-J. Rousseau, ritiene la nazionalità il frutto di un libero consenso popolare intorno a un nucleo di valori comuni, elevati al rango di tradizione. In questo caso, lingua ed etnia non sono sufficienti a dar corpo a un sentimento d'identità: occorre la spontanea deliberazione della coscienza, frutto di una libertà già acquisita. Sono chiare le implicazioni relative a queste diverse interpretazioni: da un lato, l'accento posto sulla naturale individualità del fatto nazionale e sul carattere esclusivo e non consensuale del legame patriottico conduce a una politica di potenza (il caso dell'unificazione tedesca nel 1871 e della successiva ascesa imperiale della Germania ne è evidente testimonianza), anticamera della degenerazione nazionalistica. Dall'altro, la coniugazione fra nazionalità e libertà è premessa al riconoscimento del diritto nazionale altrui, oltre che presidio dell'uguaglianza fra i cittadini. Secondo la felice espressione di Ernest Renan (1823-1892), la nazione, se si assume il punto di vista democratico-volontaristico, sarebbe un plebiscito di tutti i giorni. L'esempio offerto dal Risorgimento italiano, e soprattutto dalle elaborazioni teoriche di Giuseppe Mazzini e di Pasquale Stanislao Mancini, conforta questa prospettiva. Il principio di nazionalità, affermato trionfalmente nel 1918 e represso dopo la seconda catastrofe mondiale dalla guerra fredda e dalle grandi ideologie planetarie, sul finire del XX secolo è sembrato tornare da protagonista sulla ribalta politica europea, riproponendo la sua intrinseca ambiguità: mostrandosi cioè momento di libertà, di autonomia e di coesione e insieme manifestazione di intolleranza, di differenziazioni, di odio razziale o religioso.

R.Balzani

F. Chabod, L'idea di nazione, Laterza, Bari 1961; E.J. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismi, Einaudi, Torino 1991.
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