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MANIERISMO
Tendenza dell'arte, soprattutto italiana, della seconda metà del Cinquecento, così chiamata dalla critica successiva perché consistente nella coltivazione di stili che, invece di rifarsi a una ricerca diretta sul reale e sulla sua rappresentazione, ricalcavano, sia pure con tecnica e esiti eccezionali, la maniera dei grandi d'inizio secolo. Il termine è quindi invalso per definire anche in altri campi l'atteggiamento di ripetere, per quanto con grande abilità, formule e modi già codificati e riconoscibili. Dietro l'apparente freddezza formale, i manieristi (tra i quali il Pontormo, Rosso Fiorentino, Giulio Romano, Giorgio Vasari, i fratelli Carracci) covavano un seme essenziale di modernità in quanto avviarono il processo di separazione consapevole dell'arte figurativa dai compiti di rappresentazione della realtà. In tal modo, oltre ai risultati estetici cui aprirono la via (basti pensare a Tiziano), introdussero il concetto della separazione tra sfera estetica e sfera cognitiva, liberando di fatto il campo della conoscenza del reale alle discipline più propriamente scientifiche.
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