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LEBBRA
Malattia infettiva cronica causata dal Mycobacterium leprae, caratterizzata da una lunghissima incubazione e, nella fase palese, da vaste e progressive lesioni cutanee, nei casi gravi con necrosi, ulcerazioni profonde e deturpanti, mutilazioni. Ricordata nei Veda e nei libri ebraici dell'Antico Testamento, dove è interpretata come punizione divina, la lebbra è citata nei testi greci con il nome di elefantiasi; dalla Grecia fu forse importata in Italia dai soldati di Pompeo. Scarsamente presente, ma pure segnalata, nel corso dell'alto Medioevo, la lebbra si diffuse in Europa fra il XIII e il XVI secolo e contro il contagio furono messe in atto misure severe: sonagli e abiti speciali che il lebbroso doveva indossare, allontanamento da qualsiasi forma di vita civile e infine il confinamento nei lazzaretti. Qui vennero confinati tutti coloro che presentavano lesioni della pelle gravi e visibili, a cominciare dai sifilitici, e ciò spiega in parte le ragioni del terrore che la lebbra suscitò sempre, legato più alla deturpazione della figura umana che all'effettivo rischio di contagio; questo, in effetti, non è affatto facile, se non in una delle prime fasi che si manifesta peraltro con una apparentemente innocua rinite. Il bacillo fu scoperto nel 1874 dal novergese G. Hansen, ma non si trovarono cure efficaci fino al 1945 quando furono introdotti i solfoni, che ottengono qualche effetto se somministrati per molti anni.
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