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INDIPENDENZA LATINO-AMERICANA, GUERRE D'
(1804-1824). Conflitti condotti prevalentemente dai creoli di origine iberica per affrancare le colonie dalle rispettive madrepatrie. Alla base del movimento d'indipendenza stava la questione del patto coloniale. Infatti, sia Spagna che Portogallo imponevano il monopolio commerciale alle colonie, ma non riuscivano da sole a far fronte, per ricambiarle, alla domanda di manufatti che ne proveniva. I creoli dovevano quindi comprare prodotti manifatturieri da Gran Bretagna, Francia e Paesi bassi trasformando i loro porti in semplici intermediari dei traffici da e per l'America. I principali interessati all'indipendenza erano appunto i creoli, discendenti degli iberici, grandi proprietari terrieri e commercianti che, pur detenendo il potere economico, non disponevano della libertà di commercio, né potevano raggiungere le massime cariche amministrative, religiose e militari, riservate a chi era nato in Europa. Un caso eccezionale fu Haiti, colonia francese, in cui gli schiavi africani ribellatisi dal 1791 sulla spinta della rivoluzione francese decretarono la nascita dello stato indipendente fin dal 1804: il primo in America latina. L'elemento catalizzatore dell'indipendenza fu l'espansione napoleonica. Nel dicembre 1807 i francesi occuparono Lisbona obbligando alla fuga in Brasile la famiglia reale e nel maggio 1808 venne deposto il re spagnolo Carlo IV sostituito da Giuseppe Bonaparte. Contemporaneamente nelle colonie americane si formarono le giunte a partire dai cabildi, le quali rifiutarono i viceré e ruppero il monopolio. Nel 1811 dichiarò l'indipendenza il Paraguay, mentre un movimento ribelle guidato dai sacerdoti cattolici M. Hidalgo e J.M. Morelos si sviluppava in Messico. Nel 1814, dopo l'espulsione dei francesi dalla Spagna e la restaurazione della monarchia, Ferdinando VII inviò in America nuovi eserciti che, scatenata una brutale repressione, ripresero in mano la situazione, fatta eccezione per il Paraguay e le province del Plata. Si era così conclusa la prima parte della lotta per l'indipendenza, caratterizzata, nella maggior parte dei casi, dall'esclusione della partecipazione popolare di meticci, neri e indios. Da quel momento in avanti i conflitti si radicalizzarono sia sul piano politico che militare: infatti dirigenti creoli come S. Bolívar si dichiararono per l'abolizione della schiavitù e per la ripartizione delle terre. Nel 1816 al congresso di Tucumán le Province unite del Rio de la Plata (Argentina) dichiararono l'indipendenza e il comando degli eserciti della nuova nazione fu assunto da José de San Martín. Egli attraversò la cordigliera delle Ande, attaccò e sconfisse i realisti nella battaglia di Chacabuco in Cile e invase il Perù, assediando Lima che capitolò nel 1821. Nel frattempo Bolívar vinceva le battaglie di Boyacá (1820) e Carabobo (1821) liberando Colombia e Venezuela. Marciava poi verso sud incontrando San Martín nella città di Guayaquil (Ecuador) nel 1822. Il Messico aveva dichiarato l'indipendenza senza significativa opposizione nel 1821. La definitiva sconfitta degli eserciti realisti si ebbe con la vittoria di J.A. Sucre, luogotenente di Bolívar, ad Ayacucho in alto Perù (Bolivia). Dell'immenso impero americano la Spagna conservò solo Portorico e Cuba, perdute nel 1898 (guerra ispano-americana). Il Brasile, elevato a impero (Reino unito) nel 1815, ricusò di ritornare colonia e dichiarò la propria indipendenza nel 1822. Gli ultimi fuochi di resistenza portoghese cessarono due anni dopo.


J.L. Del Roio


G. Beyhaut, America centrale e meridionale, Feltrinelli, Milano 1968.
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