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FAGIOLO
Pianta della famiglia delle papilionacee comprendente
circa centocinquanta specie diverse, alcune delle quali appartenenti al
genere Dolichos, note ai popoli mediterranei dell'antichità.
Il più noto è il genere Phaseolus, introdotto in Europa
dopo la scoperta dell'America, probabilmente con il secondo viaggio di Colombo.
I fagioli di cui gli egizi, i greci e i romani consumavano i semi erano
i Dolichos, detti anche fagioli d'Egitto o con l'occhio
a causa della piccola macchia nera che ne segna la superficie. Associati
al culto dei defunti, costituivano l'alimento dei sacerdoti egizi durante
i riti isidei. Dai romani, invece, erano considerati un alimento rozzo e
popolare, tanto che nelle Georgiche Virgilio li definisce vili. Tuttavia
nel I secolo d.C. Celio Apicio inserì nel suo ricettario alcune preparazioni
di Dolichos, conditi con garum, agresto o altre salse piccanti,
da servire come antipasto. La facilità di coltivazione e le notevoli
proprietà nutritive fecero apprezzare i fagioli, dall'alto Medioevo,
nelle cucine dei conventi; essi divennero cibo obbligatorio nelle sobrie
diete dei monasteri, nutrimento umile e penitenziale contrapposto alla peccaminosa
grassezza della carne. Apprezzatissimi dal popolo delle campagne, furono
quasi ignorati dai trattati gastronomici medievali e dalla cucina internazionale
dell'epoca gotica. Il fagiolo americano, originario dei territori tropicali
e subtropicali, dal Messico al Perù, si diffuse in Europa nel XVI
secolo, ma in precedenza aveva contribuito per oltre settemila anni, come
attestano le antiche sepolture incaiche, al sostentamento delle popolazioni
delle Americhe, che lo coltivavano e lo consumavano in associazione con
il mais. Incontrò in brevissimo tempo il gradimento delle popolazioni
del Vecchio Mondo grazie all'interesse dimostrato dall'imperatore Carlo
V, dal papa Clemente VII e da Caterina de' Medici che ne intuirono l'importanza
alimentare. Nel 1544 se ne coltivava in Europa, a scopo ornamentale e alimentare,
una decina di varietà: i bianchi di Spagna, quelli di Lima, i borlotti,
i cannellini, ai quali dedicarono pagine di lode il medico Pierandrea Mattioli
e il naturalista Lodovico Castelvetro. Quest'ultimo ne descrive l'utilizzo
nella preparazione di minestre con la pasta o in associazione ad altri legumi
o cereali, nelle insalate e, ridotti in farina o purè, nelle torte
dolci e salate. L'importanza fondamentale che questo legume ebbe per oltre
tre secoli, fino alla metà del XX secolo, nell'alimentazione popolare
di tutte le zone della terra contrasta con il disinteresse dimostrato dalla
gastronomia alta. Dopo un momento di popolarità tra il Sei e il Settecento,
i fagioli non riscossero eccessiva simpatia nell'alimentazione delle classi
superiori, certo influenzate anche dal disprezzo espresso da A. Brillat-Savarin
(1755-1826) nella sua Fisiologia del gusto. La grande cucina europea
del XIX secolo li ignorò quasi completamente, accordando la sua preferenza
ai cosiddetti fagiolini, che vengono consumati interi con i baccelli
verdi. La facile conservazione e la versatilità d'uso fecero del
fagiolo un prodotto chiave dell'industria alimentare sorta nel Novecento.
R. Nistri

M. Montanari, Alimentazione e cultura nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari
1989; O. Bevilacqua, G. Mantovano, Laboratori del gusto, Sugarco,
Milano 1982.
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