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EGUAGLIANZA
Il concetto di eguaglianza, già implicito nel messaggio evangelico, ed esplicito in vari movimenti ereticali, assunse con la Riforma luterana connotati che si sarebbero ritrovati nei princìpi ispiratori della rivoluzione francese. Il rifiuto delle pratiche tradizionali del culto e della gerarchia ecclesiastica implicarono una rivalutazione del rapporto diretto tra Dio e gli uomini, che acquistavano così pari dignità e venivano posti, tutti, allo stesso livello. I princìpi luterani trovarono uno sbocco, esasperato, nella rivolta dei contadini capeggiata da Thomas Müntzer (1524-1525). Questi, partendo dal rifiuto dell'autorità, teorizzato da Lutero, spinse il concetto di eguaglianza sino ai limiti estremi. La feroce repressione dell'ondata egualitaria diffusasi in Germania nel Cinquecento ne stroncò ogni altra spinta. Solo un secolo più tardi in Inghilterra anabattisti e levellers ripresero, in un contesto assai mutato, i princìpi egualitari. Da un punto di vista politico, infatti, il problema dell'eguaglianza accompagnò, nel corso degli ultimi tre secoli, l'affermazione della democrazia moderna, passando dal campo dell'elaborazione filosofica e morale a quello, più concreto, della rivendicazione sociale e del progetto istituzionale. Non a caso, le prime formulazioni settecentesche tesero a definire l'eguaglianza come un assoluto: una condizione in cui ogni aspetto, positivo o negativo, della vita sociale doveva essere condiviso da tutti senza distinzioni. Le utopie illuministiche alimentarono l'immaginario egualitario, che, nella sua espressione più generale ("l'eguaglianza del genere umano") finì per diventare una bandiera della rivoluzione francese, con la quale l'égalité assunse poi valore ideale e politico trainante. Era già presente nel primo articolo della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, nel quale si asseriva che le distinzioni sociali potevano essere legittimate solamente dall'utilità comune. Gruppi interni alle assemblee rivoluzionarie perseguirono l'ideale egualitario pur scontrandosi con difficoltà teoriche e sostanziali, come il problema della distribuzione dei beni rispetto ai bisogni, il raggiungimento dell'eguaglianza materiale, il suo rapporto con la libertà, con l'individualismo. Su ciò esistevano numerose teorie, contrassegnate per la maggior parte da un approccio distributivo, volto ad analizzare i princìpi che dovevano presiedere alla ripartizione dei costi e dei benefici sociali. John Locke (1632-1704), per esempio, aveva concepito l'eguaglianza come la realizzazione di un equilibrio perfetto di diritti e doveri all'interno della classe dei proprietari; e il pensiero liberale, partendo da queste premesse, tese a identificare l'eguaglianza con un predicato della democrazia, ossia con la condizione di fatto nella quale si venivano a trovare i nuovi ceti ammessi a godere del privilegio della libertà. Altre tipiche idee di uguaglianza sono quelle che postulano la parità delle condizioni di partenza (uguaglianza di opportunità), sia giuridico-formali che di fatto, o l'intrinseca giustizia di una partizione dei privilegi sociali in proporzione al merito (meritocrazia). L'eliminazione di uno stato di penuria e di subalternità attraverso la soddisfazione di determinati bisogni appare, in questo caso, il fine della lotta per l'eguaglianza, là dove il liberalismo classico aveva provveduto a considerare uguali le persone che partecipavano ad alcuni diritti fondamentali. Nelle democrazie contemporanee, caratterizzate da massicci programmi di assistenza nei confronti delle fasce di popolazione più disagiate, entrambe queste interpretazioni sembrano aver trovato spazio: da un lato, infatti, la soddisfazione di alcuni bisogni principali e fondamentali è considerata diritto di ciascun cittadino, e, dall'altro, resta inalterata l'importanza della parità delle condizioni di partenza, che rappresenta, accanto all'uguaglianza giuridica, il tratto comune a tutta la tradizione democratica occidentale. Alla fine del Settecento il francese F.N. Babeuf risolse il rapporto tra eguaglianza e individualismo sacrificando drasticamente il secondo alla prima, nella teorizzazione di una comunanza assoluta dei beni e del divieto della proprietà privata. Il concetto di eguaglianza fu ripreso successivamente e con vigore dal "socialismo scientifico" di Marx ed Engels, all'interno di una visione alla quale si sarebbero richiamati, in varia misura e con prospettive non sempre omogenee, le diverse componenti del movimento socialista ottocentesco e novecentesco, dal bakuninismo al bolscevismo.

A. Carrino

G.D.H. Cole, Storia del pensiero socialista, Laterza, Roma-Bari 1967, 1968; J. Ferrari, A. Postigliola (a c. di), Egalité, uguaglianza, Liguori, Napoli 1990; C. Rosso, Mythe de l'égalité et rayonnement des Lumières, Goliardica, Pisa 1980.
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