 |

EBRAISMO
Il complesso di credenze religiose e tradizioni
culturali appartenenti al popolo ebraico. Secondo la tradizionale autocoscienza
ebraica il fondamento primo dell'ebraismo è costituito dalla successione
formata, nell'ordine, dall'esodo dall'Egitto, dalla rivelazione della Torà
(Legge) sul Sinai e dall'ingresso nella terra d'Israele. Popolo, Torà,
Terra divengono così i cardini costanti con cui tuttora si misura
ogni forma di autoidentificazione ebraica. Tuttavia la successione di questi
tre momenti non va assunta come un'effettiva descrizione storica: in particolare,
l'uscita dell'intero popolo d'Israele dall'Egitto è un elemento indispensabile
per la comprensione teologica della Bibbia ebraica, ma non costituisce una
certezza dal punto di vista storiografico; allo stesso modo le vicende dei
patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, non hanno un fondamento storico sicuro.
Parte dei discendenti dei gruppi patriarcali scesero in Egitto a seguito
di una carestia e vi restarono per un periodo di tempo difficilmente precisabile,
fino all'esodo avvenuto sotto la guida di Mosè (per lo più
datato attorno al XIII secolo a.C.). Alla pasqua e all'uscita dall'Egitto
è collegata la rivelazione dell'ineffabile nome del Signore, Jhwh.
La religione ebraica si differenziò dalle religioni degli altri popoli
per il suo monoteismo, anche se nella fase più antica non si fondò
propriamente su una concezione monoteistica, bensì monolatrica; il
legame tra Jhwh e il suo popolo fu consacrato con un trattato modellato
sull'esempio di quelli politici del II millennio tra i re e i loro vassalli.
A Samuele (a un tempo giudice, profeta e sacerdote) si dovette la consacrazione
(unzione) dei primi due re d'Israele, Saul e Davide (X secolo ca.). La proclamazione
di Saul segnò il passaggio dall'unione di dodici tribù a un
popolo dotato di caratteri politici comuni; mentre il "grande regno" di
Davide fu caratterizzato dalla conquista di Gerusalemme, città destinata
a diventare l'insostituibile centro religioso per l'intera tradizione ebraica.
Salomone, successore di Davide, fece edificare il tempio di Gerusalemme.
ISRAELE E GIUDA. Alla morte di Salomone si costituirono due regni:
Israele a nord e Giuda a sud. Per quanto il primo fosse più esteso
e potente, mancava della legittimazione religiosa connessa alla presenza
del tempio di Gerusalemme. Si cercò di far fronte a simile carenza
attraverso l'istituzione di due santuari regali rispettivamente a Betel
e a Dan. Il regno d'Israele cadde sotto il dominio assiro nel 722 a.C.;
il regno di Giuda conservò invece la sua indipendenza ancora per
più di un secolo. Tra i suoi re primeggiò Giosia, autore di
una grande riforma religiosa che testimonia la comparsa in Israele di una
visione prettamente monoteistica. Nel 587 a.C. l'esercito babilonese di
Nabucodonosor conquistò Gerusalemme, incendiò il tempio e
deportò la popolazione in Babilonia. La comunità dei deportati
trovò consolazione nelle voci profetiche (Ezechiele, Deutero, Isaia),
nella proclamazione della parola e in alcune osservanze, prima fra tutte
quella del sabato. Con l'editto di Ciro (538 a.C.) i deportati ritornarono
in Giudea. Il sussistere di alcuni valori assimilati durante l'esilio appare
evidente in una grande cerimonia pubblica di lettura della Legge (avvenuta
probabilmente nella seconda metà del V secolo a.C.) generalmente
considerata come l'atto ufficiale della nascita del giudaismo, sistema
religioso fondato sulla proclamazione, interpretazione ed esecuzione della
parola rivelata. Durante l'età ellenistica furono rilevanti gli avvenimenti
legati alla lotta contro il progetto di ellenizzazione forzata intrapreso
da Antioco Epifane. È a questo periodo che va ascritta la comparsa
di due idee religiose destinate a un grande sviluppo: l'esaltazione del
martirio e la fede nella resurrezione dei morti. A questa stessa epoca risale
altresì una vasta produzione di letteratura apocalittica.
L'EBRAISMO E ROMA. Nel corso del I secolo a.C. il territorio d'Israele
passò sotto il controllo di Roma e sorsero varie correnti religiose
e politiche: esseni, zeloti, sette battiste, sadducei, farisei e, più tardi, giudeocristiani. La caduta di Gerusalemme e la distruzione del secondo
tempio (70 d.C.) privarono di nuovo Israele del culto sacrificale e del
sinedrio (il massimo organo di autogoverno ebraico). In quel frangente la
sopravvivenza dell'ebraismo dipese dall'esistenza di una precedente diaspora
ebraica e dal consolidarsi delle istituzioni rabbiniche le quali, facendo
tesoro del precedente patrimonio di discussioni e interpretazioni della Torà, gettarono le basi dell'intero giudaismo postbiblico.
Prima che giungesse a compimento la sistemazione del patrimonio tradizionale
vi fu però una nuova violenta scossa messianica, manifestatasi nella
rivolta capeggiata da Bar Kochbà (132-135 ca.), il cui esito non fu
meno tragico di quello della Prima guerra giudaica. Si potenziò allora
l'attività di accademie rabbiniche situate nell'area galileica, la
quale pervenne, sotto la guida di Jehudà ha-Nasì, alla redazione
della Mishnà (200 ca.), opera in cui sono raccolte le norme
giuridico-religiose della tradizione orale. La Mishnà fu a
propria volta discussa in Palestina e in Babilonia dando luogo al Talmud,
di cui si hanno quindi due redazioni: una palestinese, più breve,
e una babilonese, più ampia e universalmente considerata come normativa.
Nel suo insieme il Talmud contiene un immenso patrimonio religioso,
leggendario e folclorico.
LA SISTEMAZIONE DOTTRINARIA. Salvo rare e marginali eccezioni tutto
l'ebraismo medievale può definirsi talmudico. Il grande pensatore
Mosè Maimonide (1135 ca-1204) scrisse oltre a importanti opere filosofiche,
anche un rilevante codice di leggi tradizionali chiamato Mishné Torà. Il massimo commentatore medievale della Bibbia e del Talmud fu però Rashi di Troyes (XI secolo). La Spagna ebraica medievale
fu contraddistinta, oltre che dalla produzione di notevoli opere nel campo
filosofico e poetico, anche dall'elaborazione della massima opera della
"mistica ebraica", il Sefer ha-Zohar (Libro dello splendore). L'espulsione
degli ebrei dalla penisola iberica, allo scadere del XV secolo, ebbe ripercussioni
anche sul piano culturale; infatti sistemi di pensiero cabbalistici come
quello elaborato nel XVI secolo da Jizchaq Luria, incentrato sul tema dell'esilio,
possono spiegarsi solo su questo sfondo.
IL RINNOVAMENTO. L'epoca moderna nell'Europa orientale fu contraddistinta
dalla nascita di vasti movimenti di rinnovamento religioso, primo fra tutti
il chassidismo (sorto nel XVIII secolo) che ritrascrisse a livello popolare
alcuni dei più tipici temi della mistica ebraica. Nell'Europa occidentale,
nello stesso periodo, si ebbero le prime manifestazioni di "illuminismo
ebraico" (haskalà, del quale fu esponente Moses Mendelssohn
(17291786). Sempre in Europa occidentale la grande svolta si ebbe tuttavia
con l'avvento dell'emancipazione (riconoscimento agli ebrei della pienezza
dei diritti civili): essa mutò radicalmente la condizione di vita
ebraica, provocando sia un rinnovamento della pratica religiosa (ebraismo
riformato), sia la nascita di correnti sionistiche. Dal punto di vista culturale,
a partire dal XIX secolo, accanto a orientamenti storico-filologici manifestati
nella cosiddetta "scienza del giudaismo", si deve registrare lo straordinario
spessore assunto dalla presenza di intellettuali di origine ebraica in seno
alla cultura contemporanea. Nel XX secolo due eventi fondamentali incisero
in maniera decisiva e irreversibile sulla vita e la cultura ebraiche: lo
sterminio nazista (shoah) e la nascita dello Stato di Israele. Pur
se variamente interpretati questi due avvenimenti costituiscono punti di
riferimento indispensabili per ogni tipo di autocoscienza ebraica contemporanea.
P. Stefani

G. Fohrer, Fede e vita nel giudaismo, Paideia, Brescia 1984; I. Epstein,
Giudaismo, Feltrinelli, Milano 19822; H. Küng, Ebraismo,
Rizzoli, Milano 1993; J. Maier, P. Schäfer, Piccola enciclopedia
dell'ebraismo, Marietti, Casale Monferrato 1985; A. Ravenna, L'ebraismo
postbiblico, Morcelliana, Brescia 1958.
|
 |