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DEMOCRAZIA CRISTIANA
Partito politico italiano di matrice cattolica che dal 1946 agli anni novanta ha raccolto il consenso di larghissima parte dei cattolici italiani, conquistando fino al 1992 la maggioranza relativa dei voti. Sorto nel 1943 in clandestinità, riprese il nome del movimento guidato all'inizio del secolo dal sacerdote Romolo Murri; parte del suo gruppo dirigente iniziale aveva già militato nel Partito popolare italiano. A differenza di quest'ultimo, la Dc non tenne una posizione aconfessionale: l'appoggio della Chiesa cattolica, lanciata alla riconquista della società dopo i Patti lateranensi e la crisi per il consenso al fascismo nel corso della guerra, fu decisivo per assicurarle una larghissima base di massa. Questo si vide in particolare nelle elezioni del 1948, quando il partito ottenne il 48,5% dei voti grazie a una campagna elettorale gestita in prima persona dai Comitati civici di Luigi Gedda su una linea di vigoroso anticomunismo. La guida di De Gasperi bilanciò solo in parte il clericalismo diffuso ai vertici e alla base, anche perché lo statista trentino scelse di concentrare la sua azione sul governo e sullo stato, delegando ad altri organismi (religiosi ed economici, in primo luogo) il rapporto con la società. Questa impostazione venne corretta dal 1954 con la segreteria di Amintore Fanfani (già appartenente alla minoranza di sinistra di Giuseppe Dossetti), che assegnò direttamente al partito il compito di organizzare il consenso grazie all'occupazione dello stato e alla gestione spregiudicata delle risorse pubbliche. La crisi del centrismo (la formula politica degasperiana che aveva governato il paese dopo il 1948) condusse la Dc a sperimentare, verso la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta, nuove strategie di alleanze, oscillando verso destra con il governo Zoli (1959) e quello Tambroni (1960), sorretto dai voti missini, e poi verso sinistra, con l'apertura al Psi (1962). La formula di centro-sinistra, vivamente osteggiata anche all'interno del partito, venne sostenuta da Aldo Moro, leader dei dorotei, la corrente divenuta maggioritaria nel 1959 dopo la sconfitta di Fanfani. Gli anni settanta furono anni difficili per la Dc, privata del sostegno del tradizionale collateralismo delle organizzazioni cattoliche, incalzata da un forte movimento di opposizione e minacciata dalla crescita elettorale del Pci: ma nel 1976 essa mantenne la maggioranza relativa aprendosi, con Moro, ai comunisti in nome della "solidarietà nazionale" contro il terrorismo. L'assassinio di Moro da parte delle Brigate rosse nel 1978 privò la Dc del suo leader più rappresentativo: alla prevalenza della sinistra interna, capeggiata da De Mita nei primi anni ottanta, subentrò uno schieramento di centro, con Forlani alla segreteria e Andreotti alla testa del governo. Alla "meridionalizzazione" del partito corrispose una crisi radicale della centralità della Dc, già scossa dall'iniziativa di Craxi, connessa a quella del sistema politico dopo la fine del comunismo (1989), alla quale seguì la tempesta di Tangentopoli, con l'elezione alla segreteria di un uomo relativamente nuovo, Mino Martinazzoli (1992-94). Fu sotto la direzione di quest'ultimo che la Dc riassunse la storica denominazione di Partito popolare italiano, mentre la componente di destra confluì in una nuova aggregazione politica, il Centro cristiano democratico (Ccd).

N. Gallerano
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