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![]() CARESTIA Grave carenza collettiva di derrate alimentari. Può derivare da eventi naturali, politici o sociali. Nelle società preindustriali i raccolti potevano essere seriamente compromessi da calamità naturali quali siccità, piogge eccessive, inondazioni, terremoti, malattie delle piante o infestazioni di insetti (per esempio le cavallette). Inoltre, dal momento che i rendimenti delle produzioni agricole erano bassi, che la conservazione degli alimenti era particolarmente difficoltosa e che i trasporti avvenivano in tempi lunghi, erano sufficienti eventi naturali anche di debole intensità per determinare il frequente ripetersi di gravi carestie. La presenza di una monocoltura poteva essere un'ulteriore aggravante: la carestia irlandese del 1846-1847, che provocò centinaia di migliaia di morti e una forte emigrazione verso gli Stati Uniti, fu causata da una malattia della patata, alimento principale della popolazione. La carestia può determinare, oltre a un'elevata mortalità, la caduta della natalità, sia per la diminuzione dei matrimoni per motivi economici sia per la minore fertilità della donna, dovuta a una sottoalimentazione prolungata. Eventi politici e sociali possono aggravare le condizioni determinate dalle calamità naturali, ma possono anche dare origine alle carestie: per esempio le guerre, che provocano saccheggi, distruzione dei raccolti, abbandono della coltivazione dei campi. Particolarmente gravi furono le ripetute carestie che si verificarono nei territori della Germania, della Boemia e della Moravia durante la guerra dei Trent'anni (1618-1648). In Italia fu di notevole rilievo, per gravità e diffusione, la carestia del 1346-1347, preludio alla "peste nera" del 1348. Ma lo spettro della carestia si ripresentò spesso, con maggiore o con minore intensità, nella penisola e in Europa almeno fino a tutto il XVII secolo e, in alcune regioni, anche nel XVIII. Tuttavia, ancora nel XX secolo, per vastità di regioni colpite, per frequenza del fenomeno e per numero di morti, il triste primato delle carestie più gravi spetta alla Cina, all'India e al Bangladesh. La presenza nelle città di derrate alimentari, accumulate dai proprietari fondiari e dallo stato, determinava l'affluenza delle popolazioni marginali delle campagne verso i centri urbani e i depositi di grano. Si aveva inoltre un forte incremento delle migrazioni temporanee, in cerca di pane e di lavoro, verso le aree tipiche del bracciantato avventizio. Questi flussi migratori, che partivano soprattutto dalle aree montane più povere, erano incrementati negli anni di carestia anche da donne, vecchi e bambini. L'indebitamento contadino conseguente al frequente ricorrere di carestie costringeva spesso mezzadri e piccoli proprietari all'abbandono dei fondi, con un conseguente aumento della mendicità vagante. Un'ultima conseguenza dell'aumentata mobilità, in condizioni igieniche ovviamente precarie, era spesso il diffondersi di epidemie, a loro volta favorite dall'indebolimento organico degli affamati. Infatti, quando i raccolti scarseggiavano, i prezzi necessariamente aumentavano; la diminuita disponibilità alimentare, determinata dalla riduzione del potere d'acquisto, per molti significava sottonutrizione, quindi indebolimento organico e morte talvolta per inedia ma, più spesso, perché la minor resistenza dell'organismo indebolito facilitava l'insorgere di malattie e rendeva difficile, invece, la guarigione; se la malattia era contagiosa, anche il contagio era facilitato e rapidamente si propagava l'epidemia. Fu il caso per esempio dell'ultima grande carestia europea: nel 1846 il tifo, detto in inglese famine fever, cioè "febbre da carestia", causò la maggior parte dei decessi. Difficile è misurare pertanto il peso specifico del contributo della sottonutrizione, provocata dalla carestia, nel determinare un rialzo della mortalità. A.M. Pult ![]() A. Sen, Poverty and Famines, Clarendon Press, Oxford 1981; M. Livi Bacci, Popolazione e alimentazione, Il Mulino, Bologna 1987. |
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