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CANNIBALISMO
Il cibarsi di carne umana. La dizione caníbales prese origine dagli indios caribi delle Piccole Antille, praticanti l'antropofagia, chiamati così dagli spagnoli all'epoca del loro arrivo (secoli XV-XVI). Diffuso soprattutto fra i tupi-guaraní, popolazioni di ceppo linguistico comune che abitavano le coste brasiliane, il cannibalismo consisteva in un rituale volto a vendicare i compagni morti e a consentire al nemico fatto prigioniero di mostrare coraggio nella morte trasferendo all'officiante e alla collettività, della quale faceva parte, le sue qualità positive. Il cerimoniale in genere era molto lungo e lo straniero poteva vivere mesi, o addirittura anni, con coloro che lo avevano catturato; i figli da lui lasciati venivano accolti favorevolmente. La pratica venne di molto esagerata dai conquistatori europei: non tutte le tribù la seguivano e comunque il piccolo numero di prigionieri e la lunga detenzione riducevano il numero delle vittime. Tra coloro che descrissero il cannibalismo ci furono il tedesco Hans Staden (La mia prigionia tra i cannibali), ostaggio dei tupinambà fra il 1553 e il 1555, e il pastore calvinista francese John de Lévy (Viaggio alla terra del Brasile, 1578).
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