Educazione Civica La Costituzione Artt. 58-139.
Governo Italiano dal 1943 ad oggi CULTURA - EDUCAZIONE CIVICAChe cos'è la Costituzione Storia della Costituzione La Costituzione Italiana Le caratteristiche della Costituzione Italiana Lo Statuto Albertino Lo Stato e i suoi poteri La funzione legislativa La funzione amministrativa La funzione giurisdizionale Che cos'è lo Stato I diversi tipi di Stato Il Presidente della Repubblica I Ministri Il decentramento delle funzioni statali Le regioni Le province I comuni I partiti politici in Italia La Costituzione della Repubblica italiana è composta da 139 articoli (ma 5, che riguardavano l'organizzazione di Regioni, Province e Comuni, sono stati abrogati: 115; 124; 128; 129; 130). Vedi Artt. 1-57 Art. 58 I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno di età. Gli elettori per il Senato sono in numero ridotto rispetto a quelli per la Camera, dato che mancano i giovani dai diciotto ai venticinque anni. Per l'elezione a entrambe le Camere è stabilito anche un vincolo per l'elettorato passivo (aver compiuto il quarantesimo anno per il Senato e il venticinquesimo per la Camera). Art. 59 È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il Senato vede la presenza, oltre che dei suoi membri eletti, anche di un piccolo numero di senatori nominati a vita, o di diritto (coloro che hanno ricoperto la carica di Presidente della Repubblica) oppure per decisione del Presidente in virtù di meriti altissimi (sono stati nominati senatori a vita il critico letterario Carlo Bo, il filosofo Norberto Bobbio, lo storico Leo Valiani ecc.). Art. 60 La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra. Con una legge costituzionale del 1963 la durata delle due Camere è stata resa uguale, mentre prima il Senato durava in carica per sei anni. Inoltre, mentre è previsto lo scioglimento anticipato (art. 88/1), soltanto la guerra potrebbe giustificare un prolungamento della legislatura (per evitare che una maggioranza possa fare in modo di non presentarsi agli elettori alla data stabilita). Art. 61 Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti. Si stabilisce un termine ristretto per procedere all'elezione delle nuove Camere. Per un principio di continuità (il Paese deve sempre avere un parlamento in grado di deliberare), però, fra lo scioglimento e la riunione delle nuove Camere si ha la proroga (ad interim) dei poteri delle precedenti. Art. 62 Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre. Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti. Quando si riunisce in via straordinaria una Camera è convocata di diritto anche l'altra. Una convocazione automatica e obbligatoria delle Camere è prevista due volte all'anno. In realtà, deputati e senatori vengono convocati a domicilio (cioè con comunicazione nelle loro sedi) dai presidenti in ogni periodo dell'anno, secondo il calendario dei lavori concordati dai gruppi parlamentari e il regolamento (art. 64). È prevista (su iniziativa della minoranza o del Presidente della Repubblica) la possibilità di una convocazione straordinaria (nel qual caso, mai verificatosi, la convocazione di una Camera trascina anche quella dell'altra): questa norma ha la funzione di impedire che la maggioranza che sostiene il governo annulli il dibattito parlamentare. Art. 63 Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza. Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati. Le funzioni dei presidenti delle Camere sono: a) preparazione del calendario dei lavori e dell'ordine del giorno (gli argomenti da trattare), d'intesa con i capigruppo (eletti nei gruppi parlamentari); b) direzione del dibattito e dei lavori delle Camere in modo che venga rispettato il regolamento (art. 64); c) consulenza al capo dello Stato in riferimento allo scioglimento anticipato delle Camere (art. 88/1); d) supplenza del Presidente della Repubblica (spetta al Presidente del Senato: art. 86/2). Art. 64 Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta. Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono. Ogni Camera vota a maggioranza assoluta dei suoi membri un regolamento, cioè un complesso di norme interne per determinare il suo funzionamento (per esempio, per stabilire l'ordine e la durata degli interventi nelle discussioni). In ogni caso, la seduta è valida se è presente la maggioranza dei deputati o dei senatori (numero legale) e un provvedimento viene approvato se ottiene la maggioranza dei voti (quindi una parte anche ristretta di parlamentari, salvo i casi in cui la Costituzione prevede determinate maggioranze, come nelle leggi costituzionali: art. 137/1; vedi anche art. 73/1). Art. 65 La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore. Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere. I casi di ineleggibilità sono quelli che impediscono l'elezione a parlamentare (per esempio, se viene eletto senatore chi non ha ancora compiuto quarant'anni, la sua elezione è nulla perché in contrasto con l'art. 58/2). I casi di incompatibilità, invece, riguardano le attività che il parlamentare non può svolgere contemporaneamente al suo mandato (per esempio, non può essere deputato e prefetto, oppure consigliere regionale, capo della polizia o ricoprire altre cariche previste dalla legge). Art. 66 Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità. La cosiddetta verifica dei poteri, che consiste nel convalidare l'elezione dei parlamentari, è un potere che viene accordato a ogni Camera, a fondamento della sua autonomia (così non sarebbe se un altro organo dello Stato, per esempio la Magistratura, esercitasse questa funzione). Art. 67 Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Nonostante si parli comunemente di "mandato parlamentare" , la Costituzione vuole impedire che ogni parlamentare si senta legato ai suoi elettori da un vincolo (appunto il mandato, con cui ci si obbliga a svolgere un'attività nell'interesse di un'altra persona), che gli impedisca di operare per il benessere di tutti i cittadini. Art. 68 I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni e comunicazioni e a sequestro di corrispondenza. Si è voluto circondare la persona del parlamentare di una serie di immunità (cioè, una condizione di favore in campo penale) perché egli possa svolgere in assoluta libertà la sua importante funzione. Nel primo comma si fa riferimento all'insindacabilità delle opinioni, che può arrivare fino a impedire a un altro cittadino di difendere un suo diritto (un parlamentare che, in un discorso, offende un cittadino, non può essere perseguito). Negli ultimi due commi si prevede l'autorizzazione per arrestare, perquisire o sottoporre a intercettazioni un parlamentare. Dopo la riforma costituzionale dell'ottobre 1993 non è, invece, più richiesta autorizzazione per condurre un'indagine nei confronti di un parlamentare. Art. 69 I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge. La corresponsione al parlamentare di un'indennità, cioè di una somma periodica di denaro, identifica la sua funzione non onoraria (nonostante si continui a chiamarlo onorevole) e vuole corrispondere al valore delle spese e dei mancati guadagni che la sua attività comporta. Permette, inoltre, anche a chi non abbia un grande patrimonio personale con cui vivere di rendita, di poter esercitare la funzione di rappresentante del popolo. Art.70 La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Il Parlamento è l'organo istituzionale che detiene il potere di fare le leggi e, nel nostro sistema, come in quello di molti altri paesi, è di tipo bicamerale. CHE COS'E' LA COSTITUZIONELa Costituzione è la legge fondamentale dello Stato, in quanto rappresenta la base della convivenza civile.Nella Costituzione vengono fissati i principi ed i fini che lo Stato si pone e vengono regolati i rapporti con e fra i cittadini. Tutte le altre leggi di un Paese devono ispirarsi alla Costituzione, formando l'insieme dell'ordinamento giuridico. La Costituzione può presentare caratteristiche diverse: può essere statutaria (o formale) oppure consuetudinaria; può essere rigida oppure flessibile. Una Costituzione è statutaria o formale quando è racchiusa in un documento scritto fondamentale ed unitario, come ad esempio avviene per quella italiana; è invece consuetudinaria quando è rappresentata dall'insieme di testi, consuetudini, usi e interpretazioni, nati in epoche diverse (è questo il caso della Costituzione britannica). La Costituzione rigida può essere modificata solo da una legge costituzionale e questa revisione prevede procedure particolari. In tal modo, le norme costituzionali sono al di sopra e «ben difese», rispetto alle altre leggi dello Stato. La Costituzione flessibile può subire modifiche tramite leggi ordinarie ed è quindi facilmente rivedibile. STORIA DELLA COSTITUZIONELa Costituzione è, naturalmente, il prodotto di un lungo processo storico. Nel senso più ampio del termine, anche gli Stati più primitivi, nel momento in cui raggiungevano una pur minima organizzazione, avevano una Costituzione. In un senso più ristretto e storicamente delimitato, considerando cioè la Costituzione come una conquista moderna, se ne può fare iniziare la storia a partire dal 1787. In tale data, la Convenzione di Filadelfia promulgò la Costituzione americana, dopo che le colonie inglesi in America, ribellatesi alla madrepatria, avevano raggiunto l'indipendenza e scelto la Repubblica quale forma istituzionale.Per la prima volta nella storia, infatti, un documento veniva a confermare i diritti inalienabili del cittadino (come, per esempio, la libertà di pensiero e di religione) e la sovranità popolare. In Francia, nate dalla Rivoluzione Francese, si succedettero tre Costituzioni (1791-1793-1795). La prima Costituzione rivoluzionaria (1791) si risolveva in un compromesso tra diverse forze politiche e sociali; la Costituzione del 1793, votata dalla Convenzione con l'appoggio di Maximilien Robespierre, sanciva il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica ed era molto avanzata rispetto alla precedente. La Costituzione del 1795 ritornava su posizioni moderate, nel tentativo di consolidare la vittoria della borghesia e le sue conquiste, a scapito sia dell'aristocrazia, sia delle classi popolari. Con Napoleone, tuttavia, una gran parte delle libertà e dei diritti appena conquistati fu gradualmente limitata. Nel novembre del 1799, egli effettuò un colpo di Stato e formò un triumvirato insieme a Emmanuel - Joseph Sieyés e Pierre Roger - Ducos, attribuendosi il compito di dare al Paese una nuova Costituzione. Tale Costituzione conferiva al Primo Console, cioè a Napoleone stesso, poteri quasi dittatoriali, che si estesero di pari passo con il rafforzarsi della sua potenza, culminata nella auto-incoronazione a imperatore dei Francesi. Dopo il crollo definitivo di Napoleone (giugno 1815) e la conseguente restaurazione borbonica, i sovrani francesi, a causa delle mutate condizioni politico - sociali del Paese e del rafforzamento della borghesia, dovettero concedere ai sudditi «Carte» sempre più liberali. Gli avvenimenti francesi risvegliarono e stimolarono l'opinione pubblica, sia all'interno della Nazione, sia all'estero. Un chiaro esempio di questa diffusione del costituzionalismo liberale fu la rivoluzione del Belgio, avvenuta nel 1831, grazie alla quale il Paese si staccò dall'Olanda e si diede una propria Costituzione. Art. 71 L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. Il primo passo del cammino (iter) di una legge è l'iniziativa, ossia la proposta di un testo di legge. Il potere di fare proposte spetta, oltre che al Governo (la proposta assume allora il nome di disegno di legge) e ai parlamentari come singoli o gruppi (in questo caso si parla di progetto di legge), anche al popolo, al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel) (art. 99/3) e a ciascuna Regione (art. 121/2). Art. 72 Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza. Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. La discussione e l'approvazione di una legge avvengono con la partecipazione delle commissioni parlamentari (in sede referente, quando il loro compito è di analizzare e discutere il progetto di legge per poi inviarlo in aula, cioè sottoporlo alla Camera alla quale appartengono; in sede deliberante, se, in base al regolamento, art. 64/1, hanno il potere di approvare direttamente la legge). La decisione in commissione non è consentita nei casi previsti dall'ultimo comma o quando si richieda il trasferimento all'aula. Art. 73 Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese
dall'approvazione. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri
componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa
stabilito. Una legge entra in vigore dopo essere stata approvata, promulgata dal Presidente della Repubblica (cioè dichiarata formalmente valida) e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale (perché sia conosciuta, o conoscibile, da tutti; per questo sono concessi quindici giorni prima che entri in vigore, cioè diventi obbligatoria). Art. 74 Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata. Il Presidente della Repubblica può rifiutarsi (per ragioni di irregolarità formali o di non rispetto della Costituzione) di promulgare la legge, impedendo che diventi operante e rimandandola alle Camere perché venga modificata. Questa facoltà, però, può essere esercitata una sola volta, altrimenti il Presidente avrebbe un vero e proprio potere di veto nei confronti dell'organo legislativo. Art. 75 È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale e parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum. Il referendum popolare rappresenta una forma di democrazia diretta. Sono però previsti limiti rilevanti: a) il referendum è solo abrogativo (non può introdurre nuove norme, ma solo eliminare quelle esistenti); b) vi sono comunque norme che non possono essere abrogate con referendum; c) inoltre, la Corte di cassazione deve controllare la validità delle firme; d) la Corte costituzionale deve decidere sull'ammissibilità del referendum proposto. Art. 76 L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Il Governo può emanare atti con forza di legge, ma solo in base a una legge di delega del Parlamento (da cui il nome di decreti legislativi o delegati). Nella legge delega devono essere tracciate le linee guida del provvedimento. Se il Governo andasse contro le indicazioni generali del Parlamento, questo avrebbe sempre la possibilità di modificare o abrogare il decreto. Art. 77 Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Il Governo può emanare atti aventi valore di legge (decreti-legge), anche senza che il Parlamento gli abbia accordato una delega preventiva. Questo può avvenire, però, soltanto in casi di particolare necessità e urgenza e, in ogni caso, deve successivamente intervenire l'approvazione del Parlamento. Infatti, se entro sessanta giorni il decreto-legge non viene approvato (e così convertito, cioè trasformato in legge) dalle Camere, esso perde di efficacia fin dalla sua presentazione. Art. 78 Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. Anche se si riconosce che le guerre, nella nostra epoca, scoppiano con scarso preavviso o addirittura senza, si è voluto mantenere l'intervento e il riconoscimento della situazione da parte del Parlamento, come organo che esprime la volontà popolare. Solo su questa base, il capo dello Stato può dichiarare lo stato di guerra (art. 87/9) e il Governo imporre leggi militari (vedi art. 27/3). Art. 79 L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dai due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge. Con un'ampia maggioranza le Camere possono concedere l'amnistia (provvedimento generale con cui si dichiarano estinti, e quindi non più perseguibili, determinati reati) o l'indulto (anch'esso provvedimento generale con cui, pur non estinguendo il reato, si condonano in tutto o in parte le pene). In precedenza, questo potere era affidato al capo dello Stato. Art. 80 Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. I rapporti fra il nostro e gli altri Paesi vengono tenuti dal corpo diplomatico, composto di funzionari alle dipendenze del Ministero degli Esteri. Ma i trattati che hanno le maggiori conseguenze (come l'adesione alla Nato nel 1949 o la partecipazione all'Unione europea) devono essere discussi e approvati dal Parlamento, che delegherà il Presidente della Repubblica a ratificarli (art. 87/8). LA COSTITUZIONE ITALIANAPer quanto riguarda l'Italia, si può parlare di Costituzione vera e propria solo a partire dallo Statuto concesso da Carlo Alberto al Piemonte e alla Sardegna ed esteso in seguito a tutto il Regno d'Italia (1861). Questa Costituzione, però, era flessibile, quindi facilmente modificabile, e ciò aveva reso più volte possibile l'emanazione di leggi che limitavano le libertà fondamentali.Ciò si verificò in maniera irreparabile con il regime fascista, allorché Benito Mussolini, dopo la marcia su Roma, si impadronì del potere (28 ottobre 1922). I suoi oppositori furono ben presto messi a tacere con la forza, furono sciolti i partiti, ad esclusione del Partito Nazionale Fascista, e si costituì così uno Stato totalitario. L'antico Statuto albertino continuava ad essere tenuto in vita, ma la sua esistenza era ormai solo formale, essendo cadute tutte le concessioni libertarie in esso contenute ed essendosi accentrato tutto il potere nelle mani di Mussolini. La dittatura fascista si indebolì durante la seconda guerra mondiale, combattuta dall'Italia a fianco della Germania. L'andamento sfavorevole della guerra portò alla caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943. Vittorio Emanuele III cercò allora di restaurare l'antico Statuto, ma ciò non era più possibile, essendo questo, di fatto, inesistente. Al tentativo del sovrano si opposero, in particolare, i partiti riuniti nel CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che alla fine ebbero la meglio. Con il decreto legge 25 giugno 1944, si conferiva infatti al popolo italiano il diritto di scegliere la forma costituzionale e quindi anche quella istituzionale, rinviando allo stesso tempo tale decisione al momento in cui il territorio nazionale sarebbe stato liberato. Vittorio Emanuele III, nel frattempo, abdicava in favore del figlio Umberto II, nel tentativo di salvare la Monarchia. Il 2 giugno 1946, a suffragio universale, si tennero il referendum per la scelta della forma istituzionale da adottare (Monarchia o Repubblica) e le elezioni per la formazione dell'Assemblea Costituente. La maggioranza dei votanti scelse la Repubblica ed i lavori della Costituente iniziarono, al fine di elaborare la nuova Costituzione dello Stato italiano. I deputati dell'Assemblea appartenevano a diversi partiti, tra cui la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano, il Partito Socialista Italiano ed il Partito Liberale Italiano. La Costituzione, promulgata dal capo dello Stato provvisorio Enrico De Nicola, entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Art. 81Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. Attraverso l'approvazione annuale del bilancio il Parlamento esercita un controllo, preventivo e consuntivo, sull'attività finanziaria del Governo. Poiché, però, la legge di approvazione del bilancio è puramente formale (cioè non può introdurre nuove norme tributarie o che comportino spese), è necessario approvare ogni anno un'apposita legge finanziaria, che modifichi entrate e uscite. È previsto, inoltre, l'obbligo della copertura finanziaria di ogni legge di spesa. Art. 82 Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Si prevede la facoltà, per ogni Camera o congiuntamente (commissioni bicamerali), di istituire commissioni di inchiesta su materie di pubblico interesse (sulla mafia, sull'assassinio di Aldo Moro, sulla loggia segreta P2, sulle stragi terroristiche ecc.). Art. 83 Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. L'elezione del Presidente della Repubblica coinvolge i cittadini solo indirettamente, in quanto avviene con votazione del Parlamento riunito in seduta comune (art. 55/2) e integrato da rappresentanti delle Regioni. Nei primi tre scrutini la maggioranza è particolarmente elevata (maggioranza qualificata: i 2/3 degli aventi diritto al voto) per poi abbassarsi alla maggioranza assoluta (50% + 1). Art. 84 Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto i cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici. L'Ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica. L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge. Le condizioni per poter essere eletto Presidente della Repubblica sono leggermente più restrittive di quelle previste per i parlamentari: a) cittadinanza italiana; b) cinquant'anni di età; c) il godimento dei diritti civili e politici (quindi, godere della piena capacità d'agire, non essendo interdetti o inabilitati, e avere il diritto di voto). Di fatto, i presidenti sono stati scelti, finora, fra i parlamentari di sesso maschile. Art. 85 Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni. Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica. La durata in carica del Presidente, maggiore di quella delle Camere (cinque anni: art. 60) e di quella di molti presidenti stranieri, è stata giustificata con l'esigenza di mantenere una certa continuità nella guida dello Stato, e con quella di rendere ancora più indipendente il Capo dello Stato dal Parlamento che lo ha eletto. Art. 86 Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione. La supplenza del Presidente del Senato è, in genere, richiesta quando il Presidente della Repubblica si reca in visita ufficiale all'estero. In due casi, il mandato del Presidente è stato interrotto prima della fine: nel 1962, quando il presidente Segni venne colpito da una grave malattia, e nel 1971, quando il presidente Leone dovette dare le dimissioni. Art. 87 Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere la grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica. Dai poteri del Presidente della Repubblica, indicato come capo dello Stato e rappresentante dell'unità della nazione, si ricava che la sua funzione è quella di coordinatore dei fondamentali poteri dello Stato (esercitati dal Parlamento, dal Governo e dalla magistratura), che rimangono indipendenti ma non separati. Art. 88 Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Lo scioglimento di cui si tratta è quello anticipato, cioè prima della fine normale della legislatura (che dura cinque anni: art. 60). A garanzia di un corretto rapporto fra Parlamento e Presidente della Repubblica sta l'obbligo di consultazione dei due presidenti e il divieto di esercitare questo potere negli ultimi sei mesi (il cosiddetto semestre bianco): quest'ultima norma vuole impedire che il Presidente possa pilotare un'elezione del nuovo Parlamento favorevole a una sua rielezione. Art. 89 Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica, capo dello Stato e coordinatore dei diversi organi dello Stato, non deve essere condizionato dai rapporti politici, assumendosi la responsabilità di atti (promulgazione di leggi, emanazione di decreti) che lo farebbero schierare da una parte. Per questo, ogni atto emanato nell'esercizio delle sue funzioni deve essere controfirmato da un ministro o dal Presidente del Consiglio, che ne assume la responsabilità. Art. 90 Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Il Presidente della Repubblica non assume responsabilità politica e giuridica salvo che per alto tradimento (per esempio, attentato contro l'indipendenza del Paese) e per attentato alla Costituzione (per esempio, il rifiuto ripetuto di promulgare una legge). Dopo la messa in stato di accusa da parte del Parlamento in seduta comune (art. 55/2), il giudizio viene emesso dalla Corte costituzionale (art. 134/4). Il Presidente è invece responsabile per le azioni compiute al di fuori delle sue funzioni (e in questo caso dovrebbe dimettersi). LE CARATTERISTICHE DELLA COSTITUZIONE ITALIANALa Costituzione della Repubblica Italiana presenta due caratteristiche principali: è un documento scritto, quindi formale, ed è una Costituzione rigida.I principi fondamentali che la caratterizzano sono cinque: libertà, uguaglianza, autonomia, democraticità, partecipazione. In base ad essi, il cittadino, che gode, sia singolarmente sia nella collettività, di libertà e di uguaglianza, vive in uno Stato non più accentratore ma decentrato (con ampia autonomia degli enti regionali e locali) e democratico. Ogni cittadino, infine, è tenuto a partecipare attivamente (diritto-dovere) alla vita politica dello Stato, eleggendo propri rappresentanti. Costituita da 139 articoli, schematicamente essa comprende: i Principi fondamentali di cui sopra (artt. 1-12); una prima parte (Diritti e doveri dei cittadini) a sua volta divisa in: Titolo I (Rapporti civili, Artt. 13-28), Titolo II (Rapporti etico-sociali, Artt. 29-34), Titolo III (Rapporti economici, Artt. 35-47), Titolo IV (Rapporti politici, Artt. 48-54); una seconda parte (Ordinamento della Repubblica) divisa in: Titolo I (Il Parlamento, Artt. 55-82), Titolo II (Il presidente della Repubblica, Artt. 83-91), Titolo III (Il Governo, Artt. 92-100), Titolo IV (La Magistratura, Artt. 101-113), Titolo V (Le Regioni, le Province, i Comuni, Artt. 114-133), Titolo VI (Garanzie costituzionali, Artt. 134-139). In particolare, la Costituzione individua il nuovo Stato italiano come "repubblicano, democratico, fondato sul lavoro, attivo nei processi economici, parlamentare, decentrato, non confessionale, aperto alla comunità internazionale e basato sulla sovranità popolare". L'art. 1 definisce l'Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro, la cui forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139): quindi, solo un procedimento illegale potrebbe sopprimere la Repubblica e la struttura costituzionale su cui essa si basa. La Costituzione delinea, inoltre, una serie di istituti giuridici atti a permettere al popolo il governo dello Stato, ossia l'esercizio della democrazia (di volta in volta, rappresentativa, diretta e pluralista); essa riconosce con forza il principio di uguaglianza non soltanto formale, ma anche sostanziale (art. 3). Il lavoro acquista rilevanza costituzionale come diritto-dovere del cittadino (art. 4); la dignità sociale di ogni cittadino si commisura esclusivamente alla sua capacità di concorrere al progresso della società. Pur mantenendo gli istituti della proprietà privata e della libera iniziativa economica, si sancisce la liceità dell'intervento statale all'interno dei rapporti economici al fine di coordinare la sfera dell'attività economica indirizzandola verso il raggiungimento di un maggior benessere comune (artt. 2, 3, 4); almeno tre sono gli strumenti di intervento previsti dalla Costituzione a questo scopo: la programmazione (art. 41), l'espropriazione (art. 43), la riforma agraria (art. 44). La definizione del governo parlamentare è contenuta nell'art. 94, comma 1°: vi si individua la responsabilità politica del presidente del Consiglio di fronte alle Camere e ciò consegue dal rapporto fiduciario instaurato tra Parlamento e Governo (art. 95). L'istituzione di Regioni, Province e Comuni (Titolo V), con la promozione delle autonomie locali (art. 5), ossia del decentramento, rappresenta una delle parti più innovative dell'ordinamento repubblicano; forse non è un caso che le parti maggiormente qualificanti di tale Titolo (istituzione delle Regioni, nuovo ordinamento dei Comuni e delle Province) siano rimaste congelate per circa quarant'anni. L'art. 19 sancisce la libertà religiosa e di culto e, insieme agli artt. 3 e 20, contribuisce a qualificare lo Stato italiano come non confessionale e laico. Le norme internazionalistiche, che riguardano i rapporti dello Stato italiano con gli altri Stati, il pacifismo, l'esigenza di proiettare anche a livello internazionale i valori di libertà e democrazia, il solidarismo internazionale, il garantismo nelle decisioni di politica estera, ecc., sono espresse a livello di principi generali dagli artt. 10 e 11. Il principio della sovranità popolare, già implicito nella definizione dello Stato democratico, è contenuto nell'art. 1, 2° comma; sono due le principali forme di esercizio della sovranità popolare: attraverso il corpo elettorale (art. 48) e il voto; mediante le numerose forme di partecipazione politica democratica (artt. 1 e 3, 2° comma; 2 e 5), come pure attraverso la realizzazione di forme organizzative coerenti con la struttura pluralistica del nostro ordinamento. La Costituzione italiana costituisce un ordinamento rigido: alle norme in essa contenute è stata assegnata efficacia superiore a quella delle leggi ordinarie, cosicché le leggi che modificano la Costituzione stessa o le leggi in materia costituzionale devono essere approvate dal Parlamento con procedura aggravata (art. 138), e non con il procedimento di formazione e di approvazione delle leggi ordinarie. Tuttavia, gli oggettivi mutamenti nazionali e internazionali di grande spessore, intervenuti dal 1946-47 in poi, spingono a una graduale revisione della Costituzione, fermi restando i principi inviolabili che la sorreggono. Negli anni Novanta tale eventualità è più volte emersa, non sempre in maniera pacata o equilibrata, soprattutto in materia di riforma elettorale maggioritaria, sistema di garanzie e disciplina antitrust dei mezzi d'informazione, a integrazione dell'art. 21. La Costituzione ha inoltre rappresentato l'oggetto della cosiddetta Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, presieduta da Massimo D'Alema, rimasta in vita solo nel biennio 1997-98. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Art. 91 Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune. Al Presidente della Repubblica, la più alta carica dello Stato, si chiede di affermare solennemente (mediante giuramento, davanti al Parlamento riunito in seduta comune: art. 55/2) di essere fedele alla Repubblica e di osservare le norme della Costituzione. Art. 92 Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. La Costituzione organizza il Governo come un organo collegiale formato dal Presidente del consiglio e dai ministri. In seguito a una crisi (art. 94), il Presidente della Repubblica designa un Presidente del Consiglio che accetta con riserva e poi, verificata la possibilità di formare il nuovo Governo, accetta definitivamente e comunica al Presidente la lista dei ministri, che questi nomina. Art. 93 Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica. Il giuramento è l'atto solenne con cui il Presidente del Consiglio e i ministri affermano di essere fedeli alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le loro funzioni nell'interesse esclusivo della nazione (vedi art. 91). Art. 94 Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Alla sua nascita, il Governo deve ottenere il voto di fiducia del Parlamento. Per il tempo che rimane in carica, si presume che la fiducia venga mantenuta ed essa non viene meno anche se il Parlamento vota contro una proposta governativa. Soltanto un voto favorevole a una mozione di sfiducia costringe il Governo a dare le dimissioni e ad aprire la crisi (in effetti questa spesso viene aperta anche senza un esplicito voto di sfiducia). Art. 95 Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri. Le funzioni del Presidente del Consiglio sono quelle di promuovere e coordinare l'attività dei ministri: non può dare a questi ultimi direttive, né sostituirli a proprio piacimento. Il Consiglio è composto dai ministri; questi, poi, sono anche i vertici dei vari rami dell'amministrazione pubblica (artt. 97 e 98). Vi sono, però, ministri che non hanno alle dipendenze un apparato burocratico, ma sono presenti nel Governo con compiti prevalentemente politici (ministri detti senza portafoglio, come quelli per gli affari sociali, per le aree urbane, per la protezione civile, per le politiche comunitarie). Art. 96 Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale. In base alla legge costituzionale 1/1989, che ha modificato questo articolo, i membri del Governo, nel caso abbiano commesso un reato, vengono giudicati da un magistrato ordinario, come un qualsiasi altro cittadino (art. 25). Uniche differenze: un collegio di tre magistrati, presso il tribunale, svolge le indagini preliminari; la Camera a cui appartiene il ministro (il Senato, se non è un parlamentare) deve dare la sua autorizzazione (vedi art. 68/2). Art. 97 I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. Viene affermato il principio dell'efficienza e dell'imparzialità della pubblica amministrazione; questa inoltre deve essere organizzata in base a leggi emanate dal Parlamento (principio di legalità). Per scegliere i pubblici dipendenti secondo la preparazione e l'idoneità a svolgere una determinata mansione (e al di fuori di possibili pressioni o raccomandazioni) si individua lo strumento del concorso. Art. 98 I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità. Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero. I pubblici impiegati, nello svolgere i loro compiti, non devono perseguire interessi personali o di gruppi di pressione, partiti, classi sociali (principio di imparzialità: art. 97/1). Per alcuni di questi impiegati, data la delicatezza dei loro incarichi, può (non deve) essere stabilito dalla legge il divieto di iscriversi a un partito politico (questa norma costituisce un'eccezione rispetto all'art. 49). Art. 99 Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge. Il Cnel è stato istituito solo nel 1957, con una legge che ne determina la composizione (rappresentanti di diversi settori e categorie - agricoltura, industria e commercio, artigianato, cooperative ecc. - ed esperti) e le modalità di nomina (attribuita, in gran parte, al Consiglio superiore della magistratura - art. 104 - e al Presidente della Repubblica - art. 87). Compie analisi ed esprime pareri, non obbligatori né vincolanti, su richiesta del Parlamento, del Governo, delle Regioni. Art. 100 Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell'amministrazione. La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. La legge assicura l'indipendenza dei due Istituti e dei loro componenti di fronte al Governo. Il Consiglio di Stato è composto da magistrati, garantiti dalla inamovibilità, divisi in sei sezioni, delle quali tre danno pareri (facoltativi o obbligatori, ma normalmente non vincolanti) al Governo, ai singoli ministri o alle Regioni e tre giudicano in appello le sentenze dei Tar (Tribunali amministrativi regionali). Anche la Corte dei conti è composta da magistrati inamovibili ed esercita un controllo su tutti gli atti degli enti pubblici che comportino una spesa (vedi art. 103). LO STATUTO ALBERTINOPromulgato il 4 marzo 1848 dal Re Carlo Alberto di Savoia per il Regno di Sardegna, lo Statuto venne esteso successivamente ai territori annessi al Piemonte, per poi diventare Costituzione del Regno d'Italia (legge 17 marzo 1861, n. 4671). Lo Statuto Albertino, seppure con modifiche sempre più accentuate, rimase in vigore fino alla promulgazione della Costituzione della Repubblica Italiana (1948).Lo Statuto, «Legge fondamentale perpetua e irrevocabile della Monarchia», comprendeva 84 articoli, suddivisi in nove sezioni. Veniva innanzitutto stabilita la Monarchia quale forma istituzionale, specificando i poteri attribuiti al re ed indicando l'entità dei beni della Corona. La religione del nuovo Stato italiano era la cattolica. Seguiva una sezione dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, i quali erano tenuti a contribuire, mediante tributi fiscali, alle spese dello Stato. Essi inoltre godevano delle fondamentali libertà, tra cui la libertà di pensiero, la libertà di stampa, la possibilità di riunirsi. Veniva solennemente affermato il principio di uguaglianza di tutti i cittadini. Le sezioni successive descrivevano le caratteristiche e le funzioni attribuite ad importanti organi e cariche dello Stato, tra cui il Senato, i deputati della Camera, i ministri, la magistratura. Questi erano tutti nominati dal Re. Seguivano alcune disposizioni finali e transitorie. STATUTO ALBERTINO (1848-1947). Costituzione octroyée, scritta e flessibile (non implicante, cioè, particolari procedure di revisione) del Regno di Sardegna, promulgata il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto e recepita dal Regno d'Italia nel 1861. Rispondeva alle esigenze di rappresentanza e di partecipazione alla vita politica espresse nella temperie rivoluzionaria dalla classe dirigente liberale. Il re restava titolare esclusivo dell'esecutivo (art. 5); la religione cattolica era considerata la sola Religione dello stato (art. 1); ai cittadini venivano garantite le libertà fondamentali. Il potere legislativo era esercitato da due camere: un Senato di nomina regia (art. 33) e una Camera dei deputati elettiva, di durata quinquennale (artt. 39-47). Al sovrano spettava la nomina e la revoca dei ministri, così come la nomina dei giudici, inamovibili dopo tre anni di esercizio (art. 69). In vigore fino al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, lo Statuto Albertino, che aveva resistito nel 1899 alla grave crisi dello stato parlamentare scatenata in Italia da forze reazionarie, era già stato aggirato e svuotato dalla produzione legislativa fascista, che aveva introdotto, con il beneplacito del re Vittorio Emanuele III, proprie istituzioni parallele a quelle dello stato monarchico-liberale. LO STATO E I SUOI POTERIUn'importante caratteristica dello Stato costituzionale moderno è la pluralità degli organi costituzionali, ciascuno dei quali ha un preciso campo di competenza, stabilito attraverso la Costituzione. A questo principio della pluralità si accompagna il principio della divisione dei poteri.Lo Stato ha tre funzioni fondamentali: l'emanazione delle leggi (funzione legislativa); la loro applicazione (funzione amministrativa o esecutiva); infine la cura dell'osservanza delle norme, intervenendo a decidere sulle controversie che sorgono nell'applicazione e nell'interpretazione delle leggi, nonché a punirne le violazioni (funzione giurisdizionale). Art. 101 La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Nello Statuto Albertino (la Costituzione vigente fino al 1948), la giustizia emanava dal re; ora invece deriva dalla sovranità del popolo e viene amministrata in suo nome. Il secondo comma contiene il principio dell'indipendenza dei giudici, ai quali nessuna autorità può imporre di giudicare in un certo modo. Art. 102 La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia. Spetta alla legge stabilire il modo di accesso alla carriera di giudice, le competenze, la composizione degli organi che amministrano la giustizia. Il divieto di istituire giudici straordinari o speciali (come nel caso dei tribunali speciali contro gli avversari politici del fascismo) non esclude che vi siano giudici competenti per determinate materie (dalla Corte dei conti al Consiglio di Stato, art. 100, dai Tar, art. 113, alle commissioni tributarie). I giudici popolari sono previsti nella Corte d'assise e nella Corte d'assise d'appello. Art. 103 Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. L'articolo definisce le funzioni di alcune giurisdizioni speciali (vedi art. 100). La distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi riguarda il fatto che i primi sono interessi tutelati direttamente (si ricorre al giudice contro chi entra nella proprietà di qualcuno senza il consenso del proprietario), mentre i secondi sono la pretesa che la Pubblica amministrazione agisca secondo la legge e l'atto illegittimo venga annullato dal giudice (si ricorre al giudice amministrativo se l'esproprio di un terreno non è stato fatto nei casi previsti dalla legge). Art. 104 La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale. Il Consiglio superiore della magistratura, di cui si specifica la composizione, è l'organo che garantisce l'indipendenza dei magistrati dagli altri poteri dello Stato, in osservanza all'art. 101. Art. 105 Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Le attribuzioni del Csm lo qualificano come organo di autogoverno della magistratura, autonomo e indipendente dagli altri poteri dello Stato (Parlamento e Governo). Art. 106 Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. I magistrati, pur godendo di indipendenza e non essendo inseriti in una gerarchia, sono pubblici dipendenti e quindi la loro assunzione deve avvenire per concorso pubblico (art. 97/3). Solo dal 1963 a questi concorsi hanno potuto partecipare anche le donne. Art. 107 I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il ministro della Giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario. A garanzia della sua indipendenza, il giudice è inamovibile, nel senso che può venire trasferito soltanto per decisione del Csm, cioè dell'organo di autogoverno della magistratura (art. 105). I giudici, inoltre, sono riconosciuti tutti uguali, indipendentemente dall'ufficio che occupano (dal pretore al consigliere di Cassazione), e nessuno può ordinare loro come devono giudicare. Anche il pubblico ministero, che invece è subordinato ai capi degli uffici, gode di garanzie previste dall'ordinamento giudiziario Art. 108 Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia. Soltanto leggi dello Stato (e non delle Regioni, né decreti governativi) possono regolare la magistratura. Viene garantita l'indipendenza dei giudici speciali (Corte dei conti, Consiglio di stato, Tar ecc.) mediante la loro inamovibilità (non possono essere trasferiti se non in particolari casi). Art. 109 L'autorità giudiziaria dispone della polizia giudiziaria. Gli agenti di polizia giudiziaria, che operano agli ordini e in collaborazione con i giudici, sono carabinieri, agenti della polizia di Stato, guardie di finanza, agenti di custodia, vigili urbani. Art. 110 Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al ministro della Giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Il ministro di Grazia e Giustizia, detto anche guardasigilli, ha solo il compito di organizzare l'attività della magistratura (sedi dei tribunali, carceri) e anche di chiedere provvedimenti al Consiglio superiore, senza però interferire nell'indipendenza dei giudici. La funzione legislativaLa funzione legislativa ordinaria è affidata in via esclusiva al Parlamento.Il Parlamento è composto di due organi distinti: la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica. Entrambi questi organi funzionano e deliberano indipendentemente l'uno dall'altro, anche se le loro competenze sono identiche. Per essere eletto a deputato, è necessario aver compiuto il venticinquesimo anno di età al momento delle elezioni, mentre per accedere al Senato bisogna avere compiuto quarant'anni. Pertanto il Senato è una assemblea composta da persone di più matura esperienza, rispetto ai membri della Camera dei Deputati. I due organi hanno un proprio regolamento, adottato a maggioranza assoluta dai membri. Questo regolamento comprende: la nomina del presidente; l'ordine dei lavori; i modi di votazione; le convocazioni ordinarie e straordinarie e così via. Le sedute sono pubbliche, quindi chiunque vi può assistere, a meno che le Camere non decidano di riunirsi in seduta segreta. Sia i deputati sia i senatori appartenenti allo stesso partito costituiscono i «gruppi parlamentari» delle rispettive Camere, che esprimono atteggiamenti e posizioni comuni. Talvolta il Parlamento si riunisce in seduta comune: questo avviene, per esempio, per l'elezione del presidente della Repubblica e di altri membri di alcuni organi dello Stato; per la messa in stato di accusa dello stesso presidente della Repubblica o del capo del Governo e dei suoi ministri. I membri del Parlamento godono di immunità, in quanto non sono perseguibili per le opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni; non possono essere arrestati se non con l'autorizzazione dell'assemblea a cui appartengono. La proposta di una legge può essere fatta dal Governo, da ciascun membro delle due Camere o dai gruppi parlamentari, da Regioni e Comuni o da altri organi statali, oppure da almeno 50.000 elettori. Il disegno di legge, presentato ad una delle due Camere (indifferentemente), viene esaminato inizialmente da una commissione e poi dalla Camera stessa, la quale emette una votazione finale. Nel corso dell'approvazione dei singoli articoli, questi possono subire degli emendamenti e quindi mutare il loro aspetto originario. Una volta approvato, il progetto passa all'altra Camera, che ripeterà lo stesso procedimento. Se anche qui verranno modificati alcuni articoli già approvati dall'altra Camera, il disegno di legge dovrà tornare alla prima Camera per essere nuovamente approvato nella sua nuova formulazione. Questo procedimento si protrarrà fino a quando le due Camere non giungeranno all'approvazione dello stesso testo. La legge viene allora promulgata dal presidente della Repubblica e viene infine pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», affinché possa essere portata a conoscenza di tutti i cittadini. Tale legge entrerà in vigore dopo quindici giorni dalla data di pubblicazione. La funzione legislativa può spettare in via eccezionale anche ad altri organi dello Stato e principalmente al Governo, composto dal presidente del Consiglio (il capo del Governo) e da tutti i suoi ministri. Il Parlamento, in tali casi, delega il Governo, per un periodo di tempo limitato e per determinate materie. Le materie più frequentemente oggetto di delega comprendono tutti quegli argomenti di carattere tecnico-giuridico o economico, difficili da discutere analiticamente in sede parlamentare. Non vi può essere invece delega in materia costituzionale o elettorale. Talvolta il Governo può emanare leggi senza avere preventivamente ottenuto la delega del Parlamento, a condizione che la ottenga successivamente: è questo il caso del «decreto legge». Il decreto, però, perde efficacia se non viene convertito in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione. La funzione legislativa comprende anche la facoltà di proporre referendum per l'approvazione di norme costituzionali o per l'abrogazione di leggi ordinarie. Tale facoltà spetta anche ai cittadini. Art. 111 La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la
ragionevole durata. Nel processo penale, la legge assicura che la persona
accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata
riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico;
disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa;
abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le
persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e
l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e
l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un
interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. I primi cinque commi sono stati aggiunti da una legge costituzionale del 1999 allo scopo di inserire in modo esplicito nella Costituzione i principi relativi al "giusto processo". Alcuni di questi principi, come il contraddittorio in condizioni di parità delle parti e la durata ragionevole, riguardano ogni tipo di processo; gli altri riguardano in modo specifico il processo penale e tendono a rafforzare la possibilità di difesa dell'imputato. Ancora un principio di carattere generale è contenuto nel sesto comma: i provvedimenti del giudice debbono essere motivati, per evitare abusi e anche in vista di una possibile impugnazione. I successivi commi riguardano la possibilità di ricorrere in Cassazione per motivi di legittimità (se si ritiene che nel giudizio non sia stata rispettata la legge). Art. 112 Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Quando si ha notizia di un reato, la pubblica accusa (il pubblico ministero: p.m.) deve cominciare l'azione penale (per individuare il colpevole). In taluni casi, però, il p.m. deve attendere un atto della persona offesa (la querela, in caso di ingiuria, diffamazione ecc.) oppure, per compiere determinati atti, un'autorizzazione (quando l'indiziato sia un parlamentare: art. 68). Art. 113 Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. Contro un provvedimento della Pubblica amministrazione il cittadino ha due possibilità: presentare un ricorso alla stessa amministrazione (gerarchico, rivolgendosi al superiore di chi ha posto in essere l'atto; in opposizione, rivolgendosi a chi ha posto in essere l'atto; straordinario, al Presidente della Repubblica); ricorrere al giudice (ordinario, come pretore e tribunale, per la difesa di diritti soggettivi; amministrativo, come il Tar, per la difesa di interessi legittimi). Art. 114 La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento. Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 115 Articolo abrogato dalla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 116 Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Sudtirol e la Valle d'Aosta / Vallée d'Aoste dispongono di forme e condi-zioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia concernenti le materie di cui al terzo com-ma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art.117 La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello
Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 118 Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 119 I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 120 La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale. Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione. Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. La funzione amministrativaLa funzione amministrativa o esecutiva si avvale di norme e provvedimenti di grado inferiore alla legge (regolamenti amministrativi).Infatti, la funzione amministrativa e le sue norme regolano materie che già formano oggetto delle leggi (normazione primaria), in quanto hanno lo scopo di disciplinare i modi specifici di attuazione di queste ultime. Le norme amministrative possono anche regolamentare il comportamento di un singolo o di una categoria di persone (provvedimenti amministrativi). L'attività amministrativa è infatti particolarmente varia e complessa, dato che i suoi fini vanno dalla protezione esterna dello Stato e dalla conservazione dell'ordine interno alla realizzazione del benessere materiale e morale dei cittadini. L'organo dello Stato che esercita precipuamente tale funzione è il Governo, formato da una serie di ministeri, i quali hanno la funzione di amministrare, ognuno a seconda della propria sfera di competenza, tutti i campi politici, economici e sociali del Paese. Oltre che al Governo, la capacità di emettere regolamenti è attribuita alle amministrazioni autonome, sia centrali, sia locali (Regioni, Province, Comuni). I mezzi con cui agisce la Pubblica Amministrazione derivano dalle leggi (che prevedono un insieme di limiti e di obblighi) sulla gestione dei beni pubblici e privati e dalle prestazioni che la Pubblica Amministrazione ha diritto di ottenere da parte dei privati. Tali prestazioni, in particolare, si suddividono in: prestazioni in natura, come per esempio la confisca, il servizio militare obbligatorio; prestazioni in denaro, come per esempio i prestiti pubblici volontari, i proventi dei generi di monopolio, i diritti di dogana, le imposte e le tasse. Art. 121 Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente. Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica. L'articolo definisce gli organi rappresentativi della Regione e le loro funzioni. L'articolo è stato modificato da una legge costituzionale del 1999 relativamente alle funzioni del Consiglio e del Presidente della Giunta. Art. 122 Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo. Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza. I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta. L'articolo è stato quasi integralmente riscritto da una legge costituzionale del 1999 che ha introdotto due importantissimi cambiamenti rispetto al passato: l'attribuzione alle Regioni del potere di darsi un proprio sistema elettorale, sia pure nei limiti dei principi fissati da una legge quadro statale; l'elezione diretta da parte dei cittadini del Presidente della Giunta, in analogia con il Presidente della Provincia e con il Sindaco. Art. 123 Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione. Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi. In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali. L'attuale testo dell'articolo, integralmente riscritto da una legge costituzionale del 1999 e integrato dalla legge costituzionale del 2001, rafforza l'autonomia statutaria delle Regioni, cioè il loro potere di decidere le principali norme organizzative. Per gli statuti, che devono rispettare soltanto la Costituzione e vengono deliberati dal Consiglio regionale con una particolare procedura, non è più prevista infatti, come in passato, l'approvazione del Parlamento con legge ordinaria. Art. 124 Articolo abrogato dalla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art.125 Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione. Il testo di questo articolo è stato modificato in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 126 Con decreto motivato dal Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione. L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio. L'articolo, integralmente modificato dalla riforma del 1999, prevede i casi eccezionali in cui lo Stato può sciogliere il Consiglio o rimuovere il Presidente. Per dare stabilità ai governi regionali prevede inoltre che un'eventuale mozione di sfiducia nei confronti del Presidente debba essere sottoscritta da almeno un quinto dei consiglieri e approvata dalla loro maggioranza assoluta. Art. 127 Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge. Il testo di questo articolo è stato sostituito in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 128 Articolo abrogato dalla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 129 Articolo abrogato dalla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 130 Articolo abrogato dalla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. La funzione giurisdizionaleLa funzione giurisdizionale ha come fine l'assicurare il rispetto delle leggi dello Stato, nonché la punizione di coloro che le violano. La funzione giurisdizionale è esercitata (secondo l'articolo 102 della Costituzione) dai magistrati ordinari.La Magistratura costituisce un organo indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio Superiore della Magistratura (il suo organo più importante), presieduto dal presidente della Repubblica, ha il compito di decidere in merito alle assunzioni, ai trasferimenti, alle promozioni, alle assegnazioni e ai provvedimenti disciplinari riguardanti i magistrati. Solo il Consiglio Superiore della Magistratura può, infatti, sospendere dal servizio o destinare ad altre sedi o funzioni i magistrati. La Costituzione, sempre in merito a questa materia, elenca una serie di principi, affinché tale giurisdizione sia consona alle regole di uno Stato di diritto e democratico. I principi più importanti sono: la giustizia è uguale per tutti, senza distinzioni di classi; i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati, per salvaguardare la legittimità delle sentenze; tutti i cittadini possono agire in giudizio per la tutela dei propri interessi e tutti, indistintamente, hanno diritto alla propria difesa. E' possibile distinguere vari rami in cui si esplica la funzione giurisdizionale: - la giurisdizione civile, che si occupa di tutelare la legge nell'ambito dei rapporti fra i privati; - la giurisdizione penale, che giudica e punisce i reati; - la giurisdizione amministrativa, che salvaguarda gli interessi del cittadino nei suoi rapporti con la Pubblica Amministrazione; - la giurisdizione costituzionale, che concerne la tutela dei principi costituzionali. Gli organi giurisdizionali sono: - in materia civile, i giudici conciliatori, i Pretori, i Tribunali, le Corti di Appello ed infine la Corte di Cassazione, che controlla che nelle sentenze vi sia stata un'uniforme applicazione delle norme legislative; - in materia penale, i Pretori, i Tribunali e le Corti di Assise. Le sentenze della Corte di Assise sono impugnabili davanti alla Corte di Assise d'Appello. Infine, è ammesso il ricorso in Cassazione per le sole questioni di diritto. Un importante compito della Magistratura è anche il controllo sull'operato della Pubblica Amministrazione. Più precisamente, tale compito si concretizza nella tutela dei diritti dei singoli cittadini di fronte agli atti della Pubblica Amministrazione. In questo caso, i tribunali sono chiamati a indagare sulla legittimità di taluni comportamenti della Pubblica Amministrazione, ritenuti illegittimi. La Pubblica Amministrazione, se riconosciuta colpevole, può essere condannata al risarcimento dei danni verso il privato cittadino, leso nei suoi interessi. L'accertamento di eventuali violazioni compiute da funzionari della Pubblica Amministrazione è di competenza del Consiglio di Stato e dei TAR (Tribunali Amministrativi Regionali), presenti in ogni capoluogo di regione. Altri organi giurisdizionali sono: la Corte dei Conti, in materia di contabilità pubblica e sui giudizi di responsabilità dei pubblici funzionari; le giurisdizioni in materia tributaria; le giurisdizioni sulle acque pubbliche. Art. 131 Sono costituite le seguenti Regioni: Piemonte; Valle d'Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna. Elenco delle Regioni ordinarie istituite dall'Assemblea costituente, secondo un criterio storico-tradizionale (alcuni nomi si riferiscono a suddivisioni che risalgono all'epoca dell'imperatore Augusto, come la Campania e la Sicilia, oppure a nomi di antiche popolazioni, come i veneti e i liguri). Nel testo originale, l'Abruzzo e il Molise costituivano un'unica regione. Art. 132 Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d'abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra. La procedura di creazione di una nuova Regione è stata utilizzata nel 1963 per istituire, con legge costituzionale, la Regione Molise (che pure ha una popolazione inferiore al milione di abitanti), fino ad allora unita all'Abruzzo. Il testo di questo articolo è stato modificato in seguito alla legge di riforma costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001. Art. 133 Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con legge della Repubblica su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione. La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni. Per istituire nuove Province o modificarne i confini è necessaria una legge del Parlamento, mentre per istituire nuovi Comuni dispongono le leggi regionali. Nel 1992 sono state istituite sette nuove Province: Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Vibo Valentia. Art. 134 La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione. Definizione delle funzioni della Corte costituzionale: a) giudizio di legittimità delle leggi statali e regionali (art. 117); b) giudizio sui conflitti fra i poteri dello Stato (per esempio fra Parlamento e magistratura, nel caso di commissioni di inchiesta) o fra le Regioni e lo Stato; c) giurisdizione penale nei confronti del Presidente della Repubblica e dei ministri (artt. 90 e 96). La legge costituzionale 1/1953 vi ha aggiunto: d) il giudizio sull'ammissibilità del referendum (art. 75). Art. 135 La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune, per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative, i professori ordinari di Università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio. I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni. La Corte elegge fra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il presidente, che rimane in carica un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall'ufficio di giudice. L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o d'un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari. La Corte costituzionale, entrata in funzione nel 1955 in base alla Costituzione e alla legge costituzionale 1/1953, è composta da giudici nominati da: Parlamento (art. 55/2), magistratura (artt. 102, 104), Presidente della Repubblica (art. 87). Nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica viene integrata da sedici membri popolari. Art. 136 Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali. Con la sentenza della Corte una legge o un atto avente forza di legge (per esempio, un decreto legislativo o delegato) non soltanto non vengono applicati, ma vengono cancellati (abrogati). Art. 137 Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. Secondo la legge costituzionale 1/1948, perché la Corte possa giudicare l'illegittimità di una legge è necessario che quella norma debba essere applicata in un processo e il giudice la ritenga incostituzionale. Quanto alle garanzie di indipendenza, i giudici costituzionali godono delle stesse immunità dei parlamentari (art. 68: l'autorizzazione a procedere deve essere concessa dalla stessa Corte). Art. 138 Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dai componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. La nostra Costituzione è rigida, poiché prevede un procedimento aggravato (doppia votazione, maggioranze, referendum) per la sua modificazione, rispetto al procedimento ordinario di formazione delle leggi ordinarie da parte del Parlamento. Art. 139 La forma Repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Si ribadisce solennemente che la Repubblica, scelta dai cittadini con un libero referendum, ha un carattere definitivo. Naturalmente, sarebbe sempre possibile abrogare l'art. 139 con le forme previste per la revisione costituzionale e andare a un nuovo referendum istituzionale. Chi ha elaborato la Costituzione ha pensato, però, che il passaggio dalla monarchia alla Repubblica, anche per le ragioni storiche per cui è avvenuto, fosse ormai stabilmente accettato da tutti i cittadini. CHE COS'E' LO STATOOgni Stato è formato da un popolo, cioè da un gruppo sociale, che si è stabilito in un determinato territorio, delimitato da confini precisi, rispettati dagli altri Stati. Va subito notato allora che, per esempio, una tribù nomade non costituisce uno Stato.I gruppi sociali godono di una propria organizzazione, costituita da un insieme di norme, scritte o non scritte, che regolano la vita del gruppo stesso. I cittadini sono subordinati ad organi dotati di autorità, tramite i quali lo «Stato sovrano» ha il potere di emanare le leggi, e di farle rispettare, se necessario con la forza, punendo tutti coloro che le trasgrediscono. Da puntualizzare ulteriormente è il concetto di «sovranità». Esso rappresenta un sommo potere, un potere cioè che è al di sopra di ogni altro. Nello Stato moderno, invece, come recita anche la Costituzione italiana all'articolo 1, «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». E' quindi il popolo che conferisce allo Stato la sovranità, ossia l'autorità di comandare. I DIVERSI TIPI DI STATOUna prima distinzione vede due tipi di Stato: quello unitario e quello composto.Unitario è lo Stato costituito da un unico popolo, organizzato su un solo territorio e soggetto ad un'unica sovranità. Questo, per esempio, è il caso dell'Italia. Composto, al contrario, è lo Stato formato da una pluralità di Stati. Un tipico Stato composto è lo Stato federale, in cui per determinate materie è il potere centrale che emana le leggi, mentre per altre materie sono gli stessi Stati membri che adottano un proprio regolamento. Questo, per esempio, è il caso degli Stati Uniti. Ogni Stato, inoltre, si distingue dagli altri a seconda di alcuni aspetti politico-giuridici e caratteristiche strutturali che lo diversificano. Lo Stato di democrazia classica è quello in cui vigono i seguenti principi: autogoverno, democrazia diretta maggioritaria, sistema pluripartitico, pluralità degli organi costituzionali, suddivisione delle funzioni (legislativa, esecutiva, giurisdizionale). Il Parlamento è generalmente bicamerale. Lo Stato socialista è ispirato alla dottrina marxista - leninista. Il principio cardine di questo tipo di Stato è quello dell'unità del potere statale, quindi non vi è alcuna divisione di poteri, i quali vengono esercitati dai rappresentanti di collettività a tutti i livelli (villaggio, città, distretto, regione, repubblica federata, federale) organizzati in un partito unico. Mancano anche gli organi costituzionali. Tutti i mezzi di produzione vengono nazionalizzati. Il più tipico esempio di Stato socialista è stato fornito dall'ex Unione Sovietica. Nello Stato autoritario il popolo non gode del diritto di autogoverno né può eleggere rappresentanti. Questo tipo di Stato è rigidamente centralistico; il potere è affidato ad una singola persona che assume la funzione di leader del partito unico e di capo del Governo. Manca una Costituzione e i diritti pubblici dei cittadini vengono limitati. Esempi di Stato autoritario sono forniti dalla storia: l'Italia fascista, la Germania nazista, la Spagna franchista. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAIl presidente della Repubblica è il capo dello Stato. Viene eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato da 61 membri regionali, resta in carica per sette anni e può essere rieletto. Perché la votazione sia valida, è necessaria la maggioranza dei due terzi dell'assemblea e, dopo il terzo scrutinio, della metà più uno dei componenti il collegio.La Costituzione prevede per l'eleggibilità a presidente della Repubblica, il possesso della cittadinanza italiana e un'età minima di 50 anni. Quando il presidente della Repubblica è temporaneamente impedito a esercitare le sue funzioni, viene sostituito dal presidente del Senato. Se poi tale impedimento dovesse risultare permanente, si procederà a nuove elezioni. I compiti e i poteri previsti dalla Costituzione italiana per il presidente della Repubblica sono molteplici, spesso diversificati a seconda del progetto politico di sviluppo, del tipo di Governo in carica, del presidente stesso. Tra i principali ricordiamo: l'invio di messaggi alle Camere; l'autorizzazione alla presentazione al Parlamento dei disegni di legge governativi; la promulgazione delle leggi dello Stato; la facoltà di indire i referendum; la nomina di alti funzionari dello Stato; la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio Superiore di Difesa; il comando delle forze armate; la ratifica dei trattati internazionali; la possibilità di accordare grazie; la facoltà di nominare il presidente del Consiglio e, dietro sua proposta, i ministri. Per la Costituzione italiana, nessun atto del presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dal ministro proponente. Il presidente della Repubblica non è responsabile penalmente per gli atti compiuti durante l'esercizio delle sue funzioni, ad esclusione dei reati di alto tradimento o attentato alla Costituzione. Come privato cittadino è invece giudicabile, in caso di reato, dopo la scadenza del suo mandato. Gli italiani che hanno ricoperto tale carica nel nostro Stato dal 1946 ad oggi sono nove e precisamente: Enrico De Nicola (1946-1948); Luigi Einaudi (1948-1955); Giovanni Gronchi (1955-1962); Antonio Segni (1962-1964); Giuseppe Saragat (1964-1971); Giovanni Leone (1971-1978); Sandro Pertini (1978-1985); Francesco Cossiga (1985-1992); Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999); Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006); Giorgio Napolitano (2006-2015); Sergio Mattarella (2015). Carlo Azeglio Ciampi durante una visita in Italia della Regina Elisabetta II d'Inghilterra Il giuramento e il discorso di insediamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
I MINISTRIIl Consiglio dei Ministri, come abbiamo visto, è costituito dal presidente del Consiglio o capo del Governo e dai ministri. I ministri svolgono funzioni di direzione politica e funzioni amministrative nell'ambito del ministero e delle sue competenze.Il numero dei ministri non è fisso e può anche non corrispondere al numero dei ministeri. Un ministro è ad interim quando, solo in via provvisoria, ha la responsabilità di più di un ministero. Un ministro è senza portafoglio, quando fa parte del Governo, ma non ha la responsabilità politica di un ministero o degli atti di questo (cioè non ha un vero e proprio ministero). Esso ha incarichi speciali o temporanei in alcune competenze amministrative, che non rientrano nei ministeri. Il numero dei ministeri è variabile; i principali sono: Affari esteri; Interno; Giustizia; Economia e Finanze; Difesa; Istruzione, Università e Ricerca Scientifica; Lavoro e Politiche sociali; Infrastrutture e Trasporti; Attività produttive; Politiche agricole e forestali; Ambiente e Tutela del territorio; Beni culturali; Comunicazioni. IL DECENTRAMENTO DELLE FUNZIONI STATALISecondo l'art. 5 della Costituzione «la Repubblica, una e indivisibile,...adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento». Il decentramento consiste nell'attribuzione di funzioni politiche e amministrative ad enti periferici con lo scopo di incrementare la partecipazione popolare alla vita dello Stato (decentramento politico) o di migliorare il funzionamento dell'apparato burocratico (decentramento amministrativo). Gli enti che beneficiano del decentramento statale si dividono in territoriali e non territoriali (o istituzionali).Tra gli enti non territoriali vi sono: l'INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale); l'INAIL (Istituto Nazionale Assistenza Infortuni sul Lavoro); l'ENEA (Ente Nazionale Nuove Tecnologie, Ecologia e Ambiente); l'ISTAT (Istituto Centrale di Statistica); la CRI (Croce Rossa Italiana); la Banca d'Italia; le Università degli Studi; le Camere del Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura; gli ordini e i collegi professionali; gli enti culturali; gli enti ambientali; ecc.. Gli enti locali territoriali, che sono cioè relativi ad un territorio delimitato entro il quale svolgere la loro azione, sono invece: le regioni; le province; i comuni. Queste tre suddivisioni amministrative sono l'una distinta dall'altra, ricevono i loro poteri direttamente dallo Stato, sono su un piano di parità tra loro e non devono esserci interferenze nelle rispettive sfere d'azione. Le regioniLe regioni di fatto nacquero in Italia ancora prima dell'emanazione della Costituzione repubblicana del 1948. Già dal 1945, infatti, si erano accentuate le tendenze autonomistiche di alcune regioni come la Valle d'Aosta e la Sicilia.Già in quell'anno fu infatti concesso lo Statuto Speciale appunto a tali regioni. Questo avvenimento contribuì all'attuazione di un ordinamento regionalistico, in contrapposizione alla concezione dello Stato, diffusa nel periodo fascista, rigorosamente centralistica. Le regioni vennero viste, quindi, come garanzia di democrazia. Le regioni, attualmente, si distinguono in: regioni a statuto ordinario (15) e regioni a statuto speciale (5), dotate, queste ultime, di speciale autonomia nei confronti dello Stato. Le regioni a statuto speciale, riconosciute dalla Costituzione (art.116), sono: Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Sicilia, Sardegna. Complessivamente, le regioni sono venti: Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzi, Molise (staccatasi dagli Abruzzi con legge costituzionale 27 dicembre 1963), Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Le regioni possono emanare leggi o statuti solo su determinate materie e tali norme hanno efficacia soltanto entro i limiti territoriali delle regioni stesse. Inoltre, nell'esercitare il proprio potere legislativo, le regioni devono attenersi ai principi costituzionali e a quelli sanciti dalle leggi statali. L'approvazione dei loro ordinamenti interni (statuti) deve essere attuata dal Parlamento. Quindi, le leggi e gli statuti emanati dalle regioni non devono essere in contrasto con l'interesse nazionale e con quello delle altre regioni. Infine, lo Stato ha il potere di controllo su tutti gli atti e sugli organi regionali. Le materie sulle quali la regione può esercitare le sue funzioni (legislativa e amministrativa, come già ricordato, non giudiziaria) sono: assistenza sanitaria; istruzione pubblica; musei e biblioteche; polizia amministrativa; urbanistica; caccia e pesca; agricoltura e foreste; artigianato; trasporti; lavori pubblici e turismo (secondo l'articolo 117 della Costituzione). Le regioni a speciale autonomia, a differenza delle altre, possono legiferare in un maggior numero di materie (come, per esempio, commercio e industria) e possono derogare alle norme costituzionali, stabilite per le regioni a statuto ordinario. Gli statuti delle regioni con speciale autonomia, infatti, vengono adottati con legge costituzionale: in questo caso lo statuto viene elaborato sia con la partecipazione delle rappresentanze regionali, sia del Parlamento. Gli statuti ordinari sono invece emanati dalla regione stessa, e vengono poi solo approvati dal Parlamento. A questo proposito, si può dire che i conflitti normativi tra Stato e regione vengono risolti dalla Corte Costituzionale. Lo statuto ordinario di ogni regione è deliberato dal Consiglio Regionale. Quest'ultimo, assieme alla Giunta Regionale e al suo presidente, fa parte degli organi della regione. Ogni cinque anni, il cittadino è chiamato ad eleggere il Consiglio Regionale, organo legislativo della regione; in esso, a differenza che nel Parlamento, non vi è immunità penale dei membri. Il Consiglio Regionale elegge la Giunta, organo esecutivo della regione. Essa è composta da un presidente e da un numero variabile di membri, chiamati assessori. Il presidente della Giunta Regionale è anche il presidente della regione e promulga le leggi ed i regolamenti regionali. Le regioni hanno autonomia finanziaria, sono così indipendenti dal potere centrale e possono esprimere liberamente il loro indirizzo politico e amministrativo. Alle regioni vengono attribuiti determinati tributi, stabiliti dalle leggi dello Stato, tra cui ricordiamo: l'imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio; la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche. Inoltre, esse percepiscono particolari finanziamenti, concessi dallo Stato per attuare particolari programmi di sviluppo. Il potere di controllo dello Stato sugli atti legislativi delle regioni è affidato ad un organo di rappresentanza, chiamato Commissario di Governo, il quale risiede nel capoluogo della regione. Lo Stato può giungere persino a sciogliere i Consigli Regionali, quando essi compiano atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di leggi o comunque quando essi non siano in grado di funzionare. Cartina delle regioni italiane Le provinceNell'ordinamento amministrativo italiano, la Provincia è un ente locale autonomo, il cui territorio è per estensione inferiore a quello della Regione e comprende il territorio di più Comuni. Essa ha competenze e funzioni determinate dai regolamenti attuativi dell'art. 114 della Costituzione. Tranne quelle autonome, tutte le province fanno parte dell'Unione delle province d'Italia (Upi). Gli organi rappresentativi della provincia sono: il Consiglio provinciale, la Giunta provinciale amministrativa e il presidente di quest'ultima. In quanto organi intermedi tra regioni e comuni ospitano anche figure proprie delle realtà comunali (segretario provinciale, dirigenti provinciali, direttore provinciale ). Materie di spiccata competenza di questi organi sono quelle relative alle opere pubbliche, alla pubblica istruzione, alla pubblica beneficenza, alla sanità e all'igiene.La regione, inoltre, può delegare alla provincia compiti che le sono propri. Le provincia usufruisce di finanziamenti che derivano da una parte delle imposte locali sui redditi e di alcuni contributi statali. La disciplina legale dell'attività della provincia è regolata dalla legge 142/90 integrata e modificata dalle leggi 81/93 e 415/93. Nell'attuale ordinamento italiano vi sono due province con organizzazione e poteri particolari: Trento e Bolzano, in forza dello statuto speciale del Trentino Alto-Adige: alle due province viene riconosciuta una particolare autonomia legislativa a tutela delle popolazioni di lingua tedesca e ladina, presenti in tali zone. Attualmente le province italiane sono territorialmente 110, cui corrispondono 109 amministrazioni provinciali, suddivise in 20 regioni. Nel 1992 vennere create 8 nuove province: Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Prato, Rimini, Verbania-Cusio-Ossola e Vibo Valentia), mentre Forlì venne ridenominata Forlì-Cesena. Nel 2001 la Regione autonoma della Sardegna istituì 4 province divenute operative nel 2005: Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias, mentre nel 2004 il Parlamento italiano istituì le 3 province di Monza e Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, operative a partire dal 2009. I comuniGià alla fine dell'XI sec., nella Francia e nell'Italia settentrionali, si svilupparono le prime organizzazioni politiche e giuridiche («coniurationes») tra cittadini, che diedero vita ai comuni.Come ente amministrativo, il comune moderno ricalca la figura del municipio romano, dotato di autonomia amministrativa ed organizzativa. E ancora, il comune attuale trae ispirazione dal modello fornito dai consigli comunali rappresentativi, nati dalla Rivoluzione Francese. Il comune è l'entità territoriale di base dello Stato. Gli organi fondamentali del comune sono il Consiglio Comunale e la Giunta Comunale presieduta dal sindaco ed hanno funzioni analoghe agli organi regionali. Oltre a questi organi rappresentativi, funzionano nel comune anche organi burocratici, composti da personale professionale. Tra essi nominiamo: il segretario comunale, il difensore civico, i dirigenti comunali, il direttore generale. Il comune emana una serie di norme relative all'amministrazione dei beni, alla polizia urbana, all'igiene e sanità, all'ordinamento dei propri uffici. I limiti a tale facoltà di legiferazione sono uguali a quelli posti alla regione. Un organo della regione controlla la legittimità degli atti dei comuni e delle province: si tratta del Comitato Regionale di Controllo, attivo solo nelle realtà locali ove non sia presente la figura del difensore civico. Le entrate del comune sono di varia natura e tra esse ricordiamo: i canoni di locazione di immobili; la tassa di occupazione temporanea di suolo comunale; la tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani; l'imposta sui cani; alcuni contributi statali. In ogni caso, dalla L. 142/1990 alle varie integrazioni (le cosiddette leggi Bassanini) succedutesi negli anni Novanta, le attribuzioni comunali sono notevolmente aumentate di numero e importanza nell'ottica di una maggiore decentralizzazione del potere e delle responsabilità in ambito locale. La legge inoltre prevede che, per gravi e particolari motivi, il Consiglio Comunale possa essere sciolto e sostituito da un commissario straordinario, il quale eserciterà le funzioni del sindaco e della Giunta, fino al momento delle nuove elezioni. I PARTITI POLITICI IN ITALIAIl termine partito indica un raggruppamento o associazione politica formati da un numero di cittadini che seguono una corrente ideologica comune. La nascita dei partiti nella configurazione odierna è piuttosto recente. Infatti, i primi partiti organizzati erano i cosiddetti partiti di opinione, privi di una stabile struttura e nati intorno alla metà del XIX secolo. Lo sviluppo di queste formazioni fu strettamente legato a quello della democrazia liberale, ossia all'estensione del suffragio popolare.All'apertura del primo Parlamento unitario italiano, nel 1861, non esistevano in Italia grandi partiti organizzati, ma solo gruppi clientelari, facenti capo a due schieramenti politici: liberal-conservatore l'uno (destra storica) e liberal-radicale l'altro (sinistra storica). I loro rappresentanti venivano eletti da un corpo elettorale ancora molto ristretto, corrispondente al 7% della popolazione italiana. Con l'allargamento del suffragio a un numero sempre più imponente di cittadini e con il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione di massa nacquero i primi partiti politici veri e propri. Il primo partito italiano moderno fu costituito nel 1892, a Genova: si trattava del Partito Socialista Italiano (PSI) e nasceva dall'esigenza di dare una rappresentanza parlamentare al mondo del lavoro, in particolare ai lavoratori rurali salariati e al nascente proletariato di fabbrica. Le prime elezioni a suffragio universale maschile (diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto il 21° anno d'età, capaci di leggere e scrivere, e a tutti gli analfabeti maschi che avessero compiuto 30 anni e assolto il servizio militare) si tennero in Italia nel 1919. Il sistema vigente per l'assegnazione dei seggi era quello proporzionale e i risultati elettorali modificarono profondamente la precedente rappresentanza parlamentare: la vecchia maggioranza liberale venne infatti dimezzata a favore di due partiti di massa, quello socialista con 156 rappresentanti e quello cattolico (Partito Popolare Italiano, nato proprio nel 1919) con oltre un centinaio di deputati. Tutti i partiti politici italiani furono sciolti nel 1926 dal regime fascista, ma si ricostituirono nel 1943 e, uniti nel CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), operarono sino alla Liberazione dal nazifascismo. L'Assemblea Costituente per redigere la nuova Costituzione italiana, alla cui elezione (2 giugno 1946) avevano partecipato per la prima volta anche le donne (essendo stato allargato il diritto di voto a tutti i cittadini la cui età fosse superiore ai 21 anni), risultò composta da 207 rappresentanti democristiani (35%), 115 socialisti (20,7%), 104 comunisti (19%), mentre i restanti 130 seggi furono attribuiti a raggruppamenti minori (fra cui il Fronte dell'Uomo Qualunque, 5,3%, e il Partito Liberale Italiano, 6%). Con le elezioni del 1948, le prime dell'Italia repubblicana, le sinistre furono sconfitte, ottenendo complessivamente il 31% delle preferenze, mentre la Democrazia Cristiana ottenne il 48,5% dei voti e divenne il cardine dello scacchiere politico e del nuovo Governo. L'insuccesso a sinistra fu dovuto anche a taluni fattori internazionali intervenuti in quel periodo: l'instaurazione di regimi comunisti nei Paesi dell'Europa Orientale e la sempre maggiore tensione tra USA e URSS (guerra fredda), con l'Italia che si schierava decisamente nel campo atlantico. Sempre nel 1948 scomparve il movimento dell'Uomo Qualunque (da cui il termine odierno "qualunquismo") fondato qualche anno prima dal commediografo napoletano Guglielmo Giannini, che, sulla base di un programma genericamente populista, caratterizzato da opportunismo, conformismo e una certa insofferenza verso l'attività politica organizzata, in particolare nei confronti dei partiti di massa socialista e comunista, aveva cercato di porsi alla testa dei settori sociali più reazionari e dell'opposizione politica più conservatrice. Il suo posto fu sostanzialmente preso dal Movimento Sociale Italiano (creato nel 1946 da Giorgio Almirante e Pino Romualdi) in cui, nonostante il divieto costituzionale di ricostituire il movimento fascista, si ricomposero le forze che avevano dato vita alla Repubblica Sociale Italiana (Repubblica di Salò). Più tardi, nel 1972, anche i sostenitori del Partito Nazionale Monarchico confluirono nel MSI, rafforzando così la compagine della destra nazionale di ispirazione apertamente fascista. In generale l'organizzazione dei partiti consentì ai cittadini italiani, impegnati in ambito sociale e civile, di intervenire nella lotta politica. Tuttavia, la formazione di complessi apparati, ossia di strutture rigidamente gerarchiche e burocratiche, comportò un crescente distacco dei partiti dal corpo elettorale che li esprimeva. Si determinò così il fenomeno della "partitocrazia". Con questo termine si volle denunciare, a partire dagli anni Ottanta del XX secolo, il crescente controllo della vita politica, economica e sociale, esercitato dagli apparati e dai vertici dei partiti. Negli anni Novanta, inoltre, grandi e storiche formazioni partitiche, come la DC o il PSI, furono travolte da scandali e gravi episodi di corruzione ("Tangentopoli") che le cancellarono dalla scena politica italiana. Dopo 70 anni di vita scomparve di nome e di fatto, ma per altri motivi, anche il PCI (fondato a Livorno nel 1921), la cui eredità nel 1991 fu parzialmente rilevata, da un lato, dal Partito Democratico della Sinistra (PDS, rinominato nel 1998 DS) e, dall'altro, dal Partito della Rifondazione Comunista (PRC). A partire dal 1994, infine, l'introduzione del meccanismo maggioritario uninominale per eleggere i componenti di Camera e Senato, salvo il permanere di una quota proporzionale, modificò profondamente il sistema della rappresentanza parlamentare, avviando l'Italia verso un assetto politico-istituzionale di tipo bipolarista. L'articolo 49 della Costituzione italiana stabilisce che: "Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". La Costituzione riconosce quindi l'importanza dei partiti nella vita politica moderna. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
Buon Giorno! ::::: Grazie per la visita! |
![]() |
Copyright (c) 2002 - 15 Mar. 2025 8:31:07 am trapaninfo.it home disclaim |
Ultima modifica : 02/01/2025 18:15:17