GEOGRAFIA - ITALIA - SICILIA

PRESENTAZIONE

La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo ed è anche la più estesa regione italiana, con i suoi 25.710 kmq di superficie. È bagnata da tre mari: a Nord dal Mar Tirreno, a Est dal Mar Ionio e a Sud dal Mare di Sicilia. Ha una caratteristica forma triangolare, per cui dagli antichi ebbe il nome di Trinacria (che significa tre angoli). Estremi di questo triangolo sono: a Nord-Est il Capo Peloro, a Ovest il Capo Lilibeo e a Sud-Est il Capo Isola delle Correnti. È divisa dalla Calabria, di cui costituisce la continuazione geologica, dal breve Stretto di Messina (3 km). La regione è valutata sismica per l'88,3%.
Dal 26 febbraio 1948 la Sicilia è costituita in Regione autonoma; sede dell'Assemblea e della Giunta regionale è Palermo, capitale amministrativa e politica della regione. Gli altri capoluoghi di provincia sono: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani. Pur essendo la maggiore italiana per estensione, la Sicilia è la quarta per numero di abitanti (4.968.991 ab.), dopo Lombardia, Campania e Lazio; ha una densità di 193 abitanti per kmq; la popolazione si concentra principalmente nei comuni litoranei (61,9%) e in minor percentuale in quelli interni (restante 38,1%). Negli ultimi anni si è registrato un forte movimento migratorio che ha causato un declino demografico piuttosto rilevante, nonostante il numero degli immigrati provenienti soprattutto da paesi extracomunitari rimanga alto (la maggior concentrazione è a Palermo, Catania e Messina).
Cartina della Sicilia


IL TERRITORIO

Il territorio si presenta essenzialmente collinare e montuoso. I principali rilievi montuosi si allineano da Est ad Ovest, lungo la costa tirrenica e sono: i Monti Peloritani (Montagna Grande, 1374 m e Pizzo di Polo, 1286 m), simili ai rilievi calabresi, formati da gneiss e da filadi, quindi di natura cristallina, con un paesaggio aspro e selvaggio; i Monti Nebrodi (o Caronie) i più boscosi, con punte superiori ai 1500 m (Monte Soro, 1847 m) e forme arrotondate; il gruppo Le Madonie, di natura calcarea e ricco di fenomeni carsici, con cime più alte delle precedenti (Pizzo Carbonara, 1979 m) ricoperte anch'esse di boschi di faggi, lecci e querce.
All'interno, all'altezza di Palermo si trovano i Monti Sicani (Rocca Busambra, 1613 m), tra i quali spicca il bosco della Ficuzza, ultimo residuo del mantello arboreo che una volta ricopriva l'intera Sicilia. L'ambiente si presenta molto diverso nella zona dei Monti Erèi, di modesta elevazione, dove l'arido terreno calcareo e l'abbandono del luogo, rendono il paesaggio assai desolato. A Sud-Ovest il tavolato dei Monti Iblèi (Monte Lauro, 986 m) mostra un paesaggio ingentilito dalla presenza dei mandorli. Nella morfologia dell'isola spicca, per altezza (3323 m) e per superficie (1570 kmq), l'apparato vulcanico dell'Etna. Piccoli coni vulcanici si trovano nelle isole minori: Stromboli e Vulcano (attivi), Ustica e Pantelleria. La regione, soggetta a terremoti, ha vissuto nel Novecento numerosi episodi sismici, tra i quali due di entità catastrofica, uno nel 1908 a Messina e uno nel 1968 nella valle del fiume Belice.
All'interno dell'isola le colline sono arse dal sole e dalla siccità estiva; i pochi centri abitati e le campagne abbandonate contribuiscono ad accentuare la desolazione del passaggio.
Le pianure sono ristrette a brevi tratti lungo la costa; la Piana di Catania, che si apre a Nord dei Monti Iblèi, è la più vasta di Sicilia (circa 430 kmq) ed una delle più fertili per i sedimenti lavici lasciati dall'Etna. Per la sua ricca vegetazione e per gli agrumeti che la ricoprono (da cui deriva il nome Conca d'Oro) molto importante è la Piana di Palermo.
I fiumi sono brevi e a carattere torrentizio con piene improvvise in inverno e lunghi periodi di magra in estate; i più importanti sono: il Simeto (che canalizza le acque del Gornalunga, del Dittaino e del Caltagirone), l'Alcantara, l'Anapo, il Tellaro, il San Leonardo, il Salso, il Belice, il Torto e il Platani. Nell'interno si trova un solo lago naturale, quello di Pergusa, numerosi invece sono i bacini artificiali; nella zona litoranea a Sud-Est caratteristica è la presenza di alcuni laghi e stagni costieri chiamati "pantani". Degno di nota è il Lago di Lentini (15 kmq) nelle vicinanze di Catania, prosciugato negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento ed oggi riallagato. Sulle coste meridionali prevale un clima mite d'inverno e caldo d'estate; nell'interno è più caldo e talvolta torrido. Aspetto negativo del clima è la scarsità di piogge nella stagione estiva. Proprio l'andamento delle precipitazioni e le caratteristiche dell'idrografia determinano l'emergenza ambientale più grave della Sicilia: 'la sete', cioè il problema dell'approvvigionamento idrico. Questa antica piaga, che si è cercato di risolvere negli ultimi quarant'anni con la realizzazione di un imponente sistema di bacini artificiali (ben 23), la costruzione di alcuni dissalatori e il potenziamento della rete di distribuzione che raggiunge ormai la quasi totalità della popolazione, non è stata ancora risanata, visto che tuttora la metà dei siciliani riceve acqua razionata.
Scorci del paesaggio siciliano, uno dei più suggestivi del Mediterraneo

PARCHI NAZIONALI E REGIONALI

Nel territorio siciliano non esiste alcun parco nazionale ma ben tre parchi regionali (Parco dell'Etna, Parco dei Nebrodi e Parco delle Madonie) e circa 80 riserve naturali, tra le quali alcune aree marine del Mediterraneo, di straordinaria bellezza. Le aree protette più numerose sono quelle che salvaguardano l'ambiente montano, ma notevoli sono anche le riserve create per tutelare le foci dei fiumi (Simeto, Belice e Platani), per conservare grotte intagliate dal carsismo (ad esempio grotta Monello e grotta Palombara), per preservare dall'urbanizzazione selvaggia biotopi sempre più rari come ad esempio quello delle saline, e tratti di costa ancora incontaminati (come la riserva dello Zingaro, affacciata sul golfo di Castellamare, la prima ad essere istituita sull'isola nel 1981). Degne di nota sono le riserve naturali delle isole minori e del mare che circonda la Sicilia. La prima riserva marina italiana è stata costituita nelle acque di Ustica nel 1986, per proteggere gli stupendi fondali, casa di numerose specie vegetali e animali nonché dello straordinario e raro corallo nero del Mediterraneo. Le isole dei Ciclopi, le Egadi, l'area attorno ai faraglioni basaltici di Aci Trezza, le isole Eolie, Pantelleria e l'arcipelago delle Pelagie sono sede di altre importanti riserve ed aree marine.
Scorci panoramici dell’arcipelago delle Eolie

Parco dell'Etna

Il Parco dell'Etna, istituito nel marzo del 1987, ha un'estensione di 58.095 ettari. La bellezza di questo comprensorio non deriva solo dalla presenza del vulcano, dalla grandiosità delle eruzioni e dalle colate di lava incandescente, ma anche dall'ambiente unico e straordinario, ricco di suoni, profumi e colori, che circondano la grande montagna. Il territorio del Parco, che si estende dalla vetta del vulcano sino alla cintura superiore dei paesi etnei, è diviso in quattro zone a diverso grado di protezione. Nella zona A, 19.000 ettari, quasi tutti di proprietà pubblica, non si registrano insediamenti umani. E' l'area dei grandi spazi incontaminati, regno degli enormi rapaci tra cui l'aquila reale. La zona B, 26.000 ettari, è formata in parte da appezzamenti agricoli privati. Vi sono splendidi esempi di antiche case contadine, semplici ricoveri per animali, palmenti, austere case padronali: segno di una antica presenza umana che continua tutt'oggi. Le zone C e D, 14.000 ettari circa, costituiscono l'area di pre-parco. La fauna del comprensorio, che dopo l'apertura di nuove strade rotabili, il disboscamento selvaggio e l'esercizio della caccia, ha visto l'estinzione di alcuni grandi mammiferi, è piuttosto varia. Sul vulcano vivono ancora l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre, la donnola, il riccio, il ghiro, il quercino e diverse specie di topi e pipistrelli. Ricca è anche la fauna avicola tra cui i rapaci sono la varietà più rappresentativa, tra quelli diurni si ricordano lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino e l'aquila reale; tra i notturni il barbagianni, l'assiolo, l'allocco e il gufo comune. Lungo le sponde del lago Gurrida, unica distesa d'acqua dell'area montana etnea, si possono trovare aironi, anatre ed altri uccelli acquatici. Le zone boscose sono invece abitate da ghiandaie, colombi selvatici e coturnici che si mischiano ad una miriade di uccelli canori quali le silvie, le cince, il cuculo e tanti altri, mentre sulle distese laviche volteggia sovente il culbianco. Il sottobosco è popolato da diverse specie di serpenti, ramarri e lucertole, e da molteplici tipi di insetti e di altri invertebrati quali farfalle, grilli, cavallette, cicale, api, ragni, che ricoprono un ruolo fondamentale e insostituibile negli equilibri ecologici. La diversa compattezza del terreno e il continuo rimaneggiamento del substrato causato dalle colate laviche, il variare delle temperature e delle precipitazioni in relazione all'altitudine ed all'esposizione dei versanti, sono la causa di una vegetazione estremamente ricca e varia. A bassa altitudine, la zona un tempo ricoperta da foreste di leccio, accoglie oggi vigneti, noccioleti, boschi di querce, frutteti e castagni. A 2.000 m sono diffusi i faggi, mentre oltre l'area boschiva il paesaggio è caratterizzato da piante come lo spino santo (astragalo) che offrono riparo ad altri arbusti della montagna etnea quali il senecio, la viola e il cerastio. Tra i 2.450 ed i 3.000 metri pochissimi sono gli esemplari che riescono a sopravvivere alle condizioni ambientali dell'alta montagna, oltre queste quote e sino alla sommità si estende infatti il deserto vulcanico dove nessuna forma vegetale riesce a mantenersi in vita. Il Parco dell'Etna, ha il compito di conservare la natura in un quadro complessivo di recupero e difesa ambientale, e di promuovere lo sviluppo eco-sostenibile dell'area sottoposta a tutela.

Parco dei Nebrodi

Istituito nel 1993, il parco ha il compito di salvaguardare, conservare e difendere il paesaggio e l'ambiente, inoltre promuove la riqualificazione dei valori naturali presenti, la ricostruzione di quelli degradati e lo sviluppo della ricerca scientifica. Il territorio della riserva si estende per 85.600 ettari e comprende le più importanti ed estese formazioni boschive presenti in Sicilia (circa 50.000 ettari). I Monti Nebrodi, parte dell'Appennino Siculo, si affacciano a Nord sul MarTirreno e sono delimitati a Sud dall'Etna e dai fiumi Alcantara e Simeto. Le cime di questa catena non sono molto alte, probabilmente a causa della presenza di banchi di rocce argillose-arenacee. La vetta più alta è quella del Monte Soro (1.847 m), le vallate sono molto ampie e solcate da numerosi corsi d'acqua che sfociano nel mare antistante; dove predominano i rilievi calcarei invece, il paesaggio assume aspetti dolomitici, con forme aspre e profili irregolari, un esempio sono il Monte San Fratello (716 m) e le Rocche del Crasto (1.315 m). Gli Arabi definirono i Nebrodi "un'isola nell'isola" per via della ricca e varia vegetazione. Dal livello del mare e fino agli 800 m circa predomina la macchia mediterranea sempreverde, tra cui l'euforbia, il mirto, il lentisco, la ginestra, il corbezzolo, il leccio e la sughera (le principali sugherete si trovano nel territorio di Caronia). Oltre gli 800 m e fino ai 1.400 m circa, frequenti sono le querce di caducifoglie quali la roverella, la rovere e il cerro di gussone, mentre più in alto si trovano le faggete, che ricoprono quasi 10.000 ettari. Alle quote più elevate oltre ai faggi, sono presenti aceri e frassini. Il sottobosco è caratterizzato da piante di agrifoglio, pungitopo, biancospino, dafne e tasso. I Nebrodi, abitati nell'antichità da cerbiatti (da qui il nome della catena montuosa che deriva dal greco nebros appunto cerbiatto) daini, orsi e caprioli, vantano ancora oggi, nonostante un impoverimento ambientale rilevante, una fauna piuttosto varia. Tra i piccoli mammiferi, sporadici sono gli avvistamenti di istrici, gatti selvatici e martore, al contrario l'avifauna è molto ricca: sono state classificate circa 150 specie di uccelli, tra cui la cincia bigia di Sicilia, il codibugnolo, la poiana, il gheppio, il lanario, il nibbio reale, il falco pellegrino e l'aquila reale principalmente nelle zone rocciose delle Rocche del Crasto. Nelle zone umide si possono invece avvistare il tuffetto, la folaga, il merlo acquaiolo, il martin pescatore e la ballerina gialla, mentre sui pascoli volteggiano sovente la coturnice di Sicilia, il corvo imperiale e l'upupa. Tra i grandi mammiferi rilevante è la presenza del cavallo sanfratellano, originario di questi monti.
Ventuno sono i comuni che rientrano nel territorio del comprensorio. Si tratta di centri la cui popolazione non supera i 18.000 abitanti (alcuni addirittura non arrivano a 1.000, come ad esempio Floresta, il comune più alto della Sicilia a 1.275 m) ma che vantano un'operosità straordinaria. L'antica tradizione dei contadini e dei pastori dei Nebrodi si manifesta infatti in numerose produzioni artigianali: ricami di tovaglie e lenzuola eseguiti a mano, ceste e panieri di giunco o canna, oggetti per uso agricolo in legno o ferla, lavorazione della pietra e del ferro battuto, realizzazione, con vecchi telai, di colorate stuoie e tappeti, produzione di ceramiche (nota è quella di S. Stefano di Camastra). Rinomati sono anche i prodotti alimentari tra cui i formaggi (il canestrato dolce o piccante, il pecorino, la provola e la ricotta), i salumi (in particolar modo quelli di suino nero dei Nebrodi) i dolci (la pastareale, le chiacchere, le ramette, le crispelle, il latte fritto, le giammelle e la pasta di mandorle), l'olio d'oliva, il miele, le nocciole, il pistacchio, i frutti di bosco e le conserve di pomodori, funghi e melanzane.
Anche la storia di questi centri ha una particolare rilevanza, molti sono i resti che documentano non solo la remota presenza dell'uomo ma anche l'ellenizzazione della zona (il monumento più rappresentativo è il tempio di Ercole a S. Marco d'Alunzio, IV sec. a.C., trasformato in seguito in chiesa cristiana). Ben rappresentate sono anche le successive colonizzazioni: quella bizantina (con la chiesa di S. Teodoro, ricca di affreschi, che testimoniano l'arte figurativa bizantina in Sicilia), quella araba (della quale restano numerose tracce nel dialetto e in alcuni nomi di paesi) e quella normanna (documentata da alcuni castelli, come quello di Caronia, quello di Longi e i resti di quello di S. Marco d'Alunzio, e da alcune chiese, tra cui l'Abbazia di S. Filippo di Fragalà).

Parco delle Madonie

Istituito nel novembre 1989, come tutte le riserve naturali, anche il parco delle Madonie è stato fondato con la finalità di proteggere e preservare l'ambiente naturale e il paesaggio anche nei suoi valori storico-culturali. Il comprensorio, che si estende per quasi 40.000 ettari, ha un notevole patrimonio naturalistico, storico ed artistico. La catena delle Madonie presenta le più antiche rocce di Sicilia, formatesi nel periodo del Triassico (numerosi sono i fossili ritrovati che documentano le antiche origini). Le cime più alte e spettacolari sono: Pizzo Carbonara (1.979 m), Monte San Salvatore (1.912 m), Monte Ferro (1.906 m) Monte Ouacella (1.869 m), Monte dei Cervi (1.656 m). Nonostante ogni vetta appartenga allo stesso complesso, diversi sono gli aspetti che le caretterizzano: tondeggianti o aguzze, coperte di vegetazione o spoglie, solcate da valli, pianori, altipiani, dirupi o dorsi dolcemente ondulati. Le rocce carbonatiche che costituiscono il Massiccio del Carbonara, mostrano una straordinaria ricchezza di organismi fossilizzati (coralli, spugne, alghe, idrozoi, gasteropodi, lamellibranchi, brachiopodi) a testimonianza del fatto che un tempo essi popolavano un mare poco profondo. Il Monte dei Cervi, separato dal complesso del Carbonara dal Vallone Madonie, è costituito da rocce in parte di natura carbonatica e in parte di natura argillosa, marnosa e silicea, che attestano la presenza di un antico mare profondo. Nelle aree periferiche intorno ai rilievi maggiori, un susseguirsi di rocce di natura argillosa, arenacea e marnosa, costituisce le colline ai margini dell'area protetta. I corsi d'acqua che attraversano il comprensorio sono numerosi e significativi, il più importante è l'Imera settentrionale, considerato limite occidentale delle Madonie. La distribuzione della vegetazione dipende dal tipo di substrato roccioso, dall'aspetto morfologico del territorio, dall'altitudine e dal clima. Nelle colline predominano paesaggi agrari caratterizzati da piante di agrumi, ulivi, vigneti, colture cerealicole e arbusti tipici della macchia mediterranea, quali il lentisco, il mirto, l'olivastro, l'olivello spinoso, il bupleuro fruticoso, il corbezzolo, l'erica e l'euforbia arborescente. Più in alto questo tipo di vegetazione è sostituita da colture legnose come il frassino da manna, il castagno, il nocciolo e il mandorlo, e dai boschi di sughera, lecci e roverelle. Seguono a quote più elevate il bosco misto di roveri e agrifoglio, e i faggeti. Anche il sottobosco è piuttosto vario e ricco: orchidee, viole, ciclamini, rose peonie e, negli ambienti umidi, la felce regale. Ad alta quota invece si nota la scarsa presenza di vegetazione, rappresentata unicamente da alcune specie di tipo erbaceo e da arbusti quali la ginestra, il ginepro e l'astragalo. Degni di nota sono l'agrifoglio di Piano Pomo, al limite tra il territorio di Castelbuono e Petralia Sottana, con esemplari che raggiungono anche i 15 metri di altezza, e l'abete dei Nebrodi, particolarissimo albero di singolare bellezza, che si trova esclusivamente sul vallone Madonna degli Angeli (qui esistono solo 31 esemplari unici in tutto il mondo). Per quanto riguarda la fauna, un tempo sulle Madonie vivevano il lupo, il cervo e il daino, il gufo reale, il gipeto e il grifone, a ricordarcelo sono anche i toponimi Monte dei Cervi e Monte Daino, oggi invece molte di queste specie si sono estinte, ma molteplici sono ancora le varietà che popolano le terre e i cieli madoniti. Tra i carnivori i più diffusi sono la volpe, la donnola, il gatto selvatico, la martora; tra i roditori, l'istrice, il ghiro, il moscardino, il quercino, il topo selvatico e l'arvicola del Savi. Abbondanti le lepri, i conigli selvatici e il riccio. Dei grossi rapaci resta il capovaccaio, mentre sopravvivono ancora pochi esemplari di aquila del Bonelli, di aquila reale e di falchi, tra cui il più noto è il falco pellegrino. I boschi sono popolati da diversi rapaci notturni quali l'allocco, la civetta e l'assiolo. Sulla macchia mediterranea aleggiano invece capinere, merli, fringuelli, usignoli, cardellini, cinciallegre, codibugnoli e rampichini. Degni di nota sono anche il passero solitario e la conturnice, mentre tra gli insetti si registrano trenta specie endemiche, tra cui il Parnassio apollo, una farfalla molto bella che si trova solo in alta quota.
Nel territorio del comprensorio, che raccoglie quindici comuni, si possono ammirare numerosi edifici religiosi, monasteri, eremi, chiese rupestri e mulini, spesso al centro di vecchie masserie e nei casali romani. Inoltre i ritrovamenti di importanti reperti nella grotta del Vecchiuzzo nelle vicinanze di Petralia Sottana e in alcune grotte e conche intorno a Isnello e Gratteri, e la scoperta di alcuni resti pre-ellenici pervenuti nella Rocca, il promontorio che sovrasta Cefalù, testimoniano un'antica presenza dell'uomo.

L'ECONOMIA

Nonostante lo sviluppo di alcuni settori, come quello turistico, la Sicilia non è ancora riuscita ad approntare una struttura economica completamente autonoma ed efficiente. Dopo la seconda guerra mondiale la regione ha ricevuto parecchie risorse (anche attraverso la Cassa del Mezzogiorno) che tuttavia non hanno generato meccanismi autopropulsivi di crescita. La rete imprenditoriale rimane perciò carente, ostacolata anche dalle numerose azioni criminali che frenano la crescita e la diffusione delle piccole e medie imprese. Per questo motivo il tasso di disoccupazione è ancora piuttosto elevato (quasi 1/4 della popolazione attiva).
L'attività economica prevalente dell'isola è l'agricoltura che impiega l'8,3% della forza lavoro ed è tuttavia a bassa redditività. Questo settore che, nonostante la mancanza d'acqua, è riuscito a sfruttare intelligentemente clima e suolo, scegliendo le colture più adatte, registra una diminuzione degli addetti stabili, alla quale si cerca di sopperire per mezzo dell'impiego di manodopera stagionale, in prevalenza di origine extracomunitaria. L'agricoltura siciliana è caratterizzata da colture cerealicole (grano duro, orzo; la Sicilia è la prima regione in Italia per la produzione di cereali) all'interno e lungo la costa meridionale, e da agrumeti (limoni, arance, mandarini, di cui è la principale produttrice italiana). Notevole è anche la produzione di ortaggi (carciofi, piselli, cavolfiori). Segue per importanza la vite, da cui si ottengono vini ad alta gradazione alcolica e vini pregiati, come il famoso Marsala. Altre coltivazioni caratteristiche dell'isola sono quelle delle olive, del pistacchio, del mandorlo e dei capperi. A causa del terreno arido e dei rari pascoli si allevano pochi bovini; discreto è invece l'allevamento di ovini, suini e degli equini. Rilevante la pesca (tonni nel Trapanese, sarde, alici, pesci spada nel Messinese, molluschi e crostacei) tanto che la Sicilia è, con la Puglia, l'Emilia Romagna e le Marche, fra le prime regioni pescherecce italiane. In passato molto attive erano le tonnare di San Vito lo Capo, Favignana, Sciacca e Mazara del Vallo, in cui la pesca del tonno terminava con la cruenta fase della mattanza. Oggi i principali centri di pesca si trovano lungo le coste meridionali.
L'industria impiega solo il 20,7% della popolazione attiva. In questo settore importanti sono le lavorazioni legate alle risorse agricole della regione, come le industrie alimentari e dei derivati degli agrumi (succhi, estratti, essenze, ecc.), ma soprattutto l'attività di trasformazione dei prodotti agricoli (mandorle e semilavorati, confetture, conserve di ortaggi e prodotti ittici) sta raggiungendo un ruolo notevole nel contesto nazionale ed internazionale. La vinificazione offre vini da taglio, e prodotti di qualità quali il Marsala, il passito corvo, la malvasia e il moscato di Pantelleria, che vengono abbondantemente esportati (la provincia di Trapani nel 1998 è risultata la quarta in Italia per volume di esportazioni). Riveste importanza notevole per l'economia dell'isola anche l'industria estrattiva: dal sottosuolo della Sicilia infatti si ricavano idrocarburi (petrolio, metano), salgemma e salmarino, asfalto. Lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, che per un lungo periodo ha rappresentato la maggior industria estrattiva dell'isola, è ora in declino. Grossi complessi industriali (chimici e petrolchimici) sono sorti nel secondo dopoguerra ad Augusta, Gela, Porto Empedocle, Milazzo, mentre negli ultimi tempi si sono sviluppate diverse aziende operanti in settori avanzati come l'elettronica e le telecomunicazioni.
Il terziario occupa la stragrande maggioranza dei lavoratori (71%), soprattutto per l'importanza della pubblica amministrazione e del commercio al dettaglio. Il turismo risulta essere una delle maggiori risorse dell'economia, nonostante spesso l'attrezzatura ricettiva, le infrastrutture e i servizi siano ancora insufficienti. Le bellezze archeologiche, storico-artistiche e paesaggistiche richiamano infatti numerosi turisti italiani e stranieri e alcune città come Taormina, Siracusa, Agrigento, Palermo, le isole Egadi, le Eolie e Pantelleria, sono metà di orde vacanziere. Degne di nota sono anche le stazioni termali di Termini Imerese, Sciacca ed Acireale.

CENNI STORICI

Dall'antichità ai Romani

La Sicilia fu abitata sin dall'antichità più remota. A testimonianza di ciò sono numerosi resti paleolitici e dell'età neolitica ritrovati sull'isola: le grotte dell'Addaura, vicino Palermo, con incisioni parietali raffiguranti scene rituali o di iniziazione; la grotta della Cava dei Genovesi, nelle Egadi, con disegni di animali e di figure antropomorfe stilizzate; le ceramiche impresse, tipiche dell'età neolitica, rinvenute presso i siti archeologici di Stentinello (SR), San Cono (CL) e Villafrati (PA). Anche le necropoli scoperte nella zona di Cassibile e Pantalica, risalenti all'età dei metalli, così come i ritrovamenti fatti con gli scavi di Chiusazza, nelle vicinanze di Siracusa, testimoniano una civiltà antichissima. La cultura micenea esercitò un notevole influsso durante l'Età del Bronzo, come dimostrano le ceramiche decorate da linee e punti, le armi e gli attrezzi di pietra e gli stampi per oggetti di bronzo e fusi, ritrovati a Capo Graziano (Filicudi).
L'isola fu terra di insediamento di diversi popoli indoeuropei ed extraeuropei. Tra quelli non indoeuropei si ricordano gli Elimi, i Sicani e i Fenici. I primi, il cui nome deriva da quello del principe troiano Elimo, figlio di Anchise e fratellastro di Enea, si stanziarono nella parte Nord-occidentale dell'isola e fecero di Segesta, Erice ed Entella i loro centri principali. La loro storia si concluse già nel IV sec. avanti Cristo. I Sicani, giunti dalla Spagna e stabilitisi nella Sicilia centro-occidentale intorno al III millennio avanti Cristo , fecero di Iccara, Inico e Indara i loro centri principali. Anche i Fenici di origine semitica si stanziarono nella zona occidentale, probabilmente in età anteriore a quella ellenica (o forse contemporaneamente agli Elleni) e gettarono basi commerciali nell'isola. Fondarono numerose città quali Palermo, Solunto, San Pantaleone (vicino Marsala) e Mozia (qui recenti scavi hanno consentito di identificare un Tophet, tempio scoperto dove si svolgevano probabilmente sacrifici di bambini in onore della divinità fenicia Baal-Hammon) e con l'inizio dell'XI secolo si mossero verso la Sicilia orientale. Il popolo siculo che soppiantò i Sicani attorno al II millennio a.C., si insediò nella parte orientale dell'isola. I dati che si possiedono sulla loro lingua provano una certa affinità con il latino. Nemici dei Greci, così come i Sicani, i Siculi ne assorbirono tuttavia la loro cultura.
Nel 735 a.C. circa, attratti dalle bellezze naturali dell'isola, arrivarono i Greci, che si stanziarono lungo la costa orientale fondando colonie di popolamento (colonie agrarie) e semplici empori. A quel tempo la Sicilia era coperta da fertili terre vulcaniche, aree boscose e zone ricche di risorse naturali, ciò spinse i mercanti calcidesi a fissare la loro dimora a Nasso, alle falde dell'Etna, e a fondare Leontini (attuale Lentini), prevalentemente agricola, e Catania dedita principalmente al commercio. Altre colonie nacquero poco dopo: Zancle (attuale Messina), Milazzo e Imera, ma la principale fu Siracusa, fondata nel 734 a.C. dai Corinzi. Megara Hyblaea, innalzata dai megaresi, colonizzò Selinunte, che a sua volta fondò Eraclea Minoa. Circa un secolo dopo gli abitanti di Rodi e Creta dopo esser giunti lungo la costa meridionale della Sicilia, istituirono la città di Gela da cui trasse origine Agrigento nel 582. Tra il 415 e il 413 a.C. gli Ateniesi cercarono di invadere l'isola, ma l'impresa fallì a causa dell'opposizione dei Siracusani; la medesima azione fu intrapresa dai Cartaginesi, che però vinsero e distrussero Agrigento, Gela e Camarina, finché Dionisio, tiranno di Siracusa non li fermò. Secondo quanto testimonia la storiografia, nella maggior parte di queste città il potere oligarchico si scontrò con quello democratico, e quasi sempre il conflitto si risolse a favore di un tiranno appartenente all'aristocrazia o di un despota proveniente dal popolo. Quando intorno al 480 a.C. si profilò la minaccia cartaginese, le città greche si allearono tra loro e riuscirono a resistere all'attacco dei nemici. Lo scontro decisivo che coinvolse Siracusa ed Agrigento presso Imera, lungo la costa settentrionale, si concluse con la sconfitta del condottiero cartaginese Amilcare Magone. La vittoria delle città siciliane segnò l'inizio di un periodo florido soprattutto per Siracusa che sperimentò un notevole sviluppo. La forza marina e mercantile siracusana crebbe a tal punto da aumentare considerevolmente l'esportazione di cereali, bestiame, tessuti e manufatti, e ciò provocò la conseguente crescita della popolazione. Inoltre alla morte di Dionigi il Vecchio la città diventò capitale della Sicilia greca, ruolo che detenne fino alla scomparsa del tiranno Timoleonte. Nel 278 a.C. l'isola fu terra di passaggio del grande condottiero Pirro, che cacciati i Cartaginesi a Taormina, fu sconfitto dai Romani, chiamati da Gerone II, nel 276. Un anno prima dello scoppio della prima guerra punica gli abitanti di Messina, entrati in conflitto con quelli di Siracusa, chiamarono in aiuto i Cartaginesi, che giunsero con un piccolo presidio militare. Questa iniziativa provocò un certo malcontento nel resto della popolazione, tanto da sollecitare l'arrivo di una guarnigione romana, che si insediò nella città l'anno successivo. Durante le tre guerre puniche l'isola fu teatro di battaglia tra Romani e Cartaginesi. La prima (264-241 a.C.), conclusasi con la vittoria di Roma, determinò l'insediamento stabile dei Romani in Sicilia, che divenne così la prima provincia romana. Anche la seconda guerra, scoppiata nel 218 a.C., coinvolse l'intera isola: numerosi furono gli abitanti che si ribellarono alla potenza romana, ma senza successo. La più forte espressione del sentimento anti-romano fu a Siracusa, che attaccata dal console Claudio Marcello, resistette grazie all'opera di Archimede fino al 212, anno della sua morte. Anche il secondo scontro terminò con la sconfitta dei Cartaginesi (201 a.C.), evento che trasformò la realtà siciliana sociale, politica ed economica. La presenza dei Romani nell'isola crebbe notevolmente al termine della terza guerra punica (146 a.C.). Nel 139 a.C. scoppiarono delle nuove rivolte, guidate dai ceti meno abbienti (le più gravi furono quella di Enna e quella di Agrigento ), che causarono danni notevoli. Nonostante ciò l'isola riuscì a ricostituire presto le proprie ricchezze, grazie soprattutto alle attività commerciali e alle industrie navali e di esportazione. Il II secolo d.C. vide la diffusione del cristianesimo, afflitta dalla spietata persecuzione domizianea (testimonianza di ciò sono le catacombe di Siracusa).
Con la crisi dell'Impero romano iniziarono le prime invasioni barbariche. L'isola fu occupata dai Franchi nel 280 d.C., e nel V secolo arrivarono prima i Vandali iberici, poi i Goti e infine gli Ostrogoti di Teodorico.

Dai Bizantini a Federico II di Svevia

Nel 535 d.C. arrivarono i Bizantini del generale Belisario. Poche sono le testimonianze della dominazione dei nuovi conquistatori, ma è certo che nel periodo bizantino i siciliani godettero di un'epoca di pace. Per cinque anni Siracusa divenne capitale dell'Impero bizantino (dal 660 al 665 d.C.) ma ciò non significò aumento di prestigio e ritorni finanziari, ma imposizione di forti tasse, che servivano a mantenere il sistema burocratico imperiale. Fu in questo periodo che iniziarono le prime incursioni arabe che culminarono con l'invasione partita da Marsala nell'827. La conquista araba portò con sè distruzione e disordini, ma una volta insediatisi gli Arabi si dimostrarono indulgenti. Alcune città rimasero indipendenti e la libertà di religione fu assicurata, seppure con le dovute ristrettezze: i cristiani e gli Ebrei dovettero infatti pagare più tasse ed indossare indumenti particolari per distinguersi. Alla suddivisione dell'isola in tre zone, Val Demone, Val di Mazara e Val di Noto, seguì un periodo di splendore, i latifondi abbandonati dai Bizantini vennero divisi in piccole proprietà e sfruttati per nuove colture, quali quelle delle arance e dei datteri, per mezzo di nuove tecniche di irrigazione, e anche le industrie della pesca, dell'estrazione dei metalli e quella delle manifatture tessili subirono una forte ripresa. Ma nel 1040 le rivalità interne e le guerre civili fra le varie stirpi musulmane (Aglabiti, Fatimiti e Kalbiti) furono sul punto di riconsegnare l'isola ai Bizantini. L'operazione non riuscì grazie all'intervento dei Normanni, che sbarcarono sull'isola nel 1061. Dopo tre anni tutta la parte Nord-orientale della Sicilia era diventata normanna e nel 1071 anche Palermo fu assediata, nonostante una resistenza di sei mesi; tra il 1088 e il 1091 furono conquistate infine Castrogiovanni e Noto, ultimo baluardo della Sicilia musulmana. In breve tempo i Normanni riuscirono a governare culture tra loro molto diverse: così Latini, Greci, Ebrei e Saraceni condivisero, nel rispetto delle religioni e delle tradizioni, un suolo comune. Il primo sovrano normanno fu Ruggero d'Altavilla, al quale succedette Ruggero II (1105-1154), che ebbe il merito di unificare i possedimenti normanni dell'Italia meridionale. Quando salì al trono Guglielmo I, la Sicilia non viveva un periodo tranquillo, sconvolta com'era dalla crescente opposizione feudale e dalle tensioni sociali che spesso si trasformarono in vere e proprie insurrezioni popolari. Le sorti dell'isola cambiarono durante il periodo di reggenza di Guglielmo II, che per evitare il pericolo tedesco di Federico Barbarossa, fece unire in matrimonio il figlio di questi con la zia Costanza d'Altavilla, cosicché nel 1186 la stirpe normanna si fuse con quella sveva. Il glorioso periodo normanno finì dopo tre anni, nel 1189, con la morte di Guglielmo II. La regina Costanza inizialmente accettata, fu presto detronizzata dal nipote illegittimo di Guglielmo, Tancredi. Ma anche egli fu, in poco tempo, scalzato da Enrico VI, che sbarcato a Messina nel 1194, si fece proclamare sovrano. Il suo regno non durò a lungo e fu segnato dalle rivolte della nobiltà locale. A lui succedette Federico II, che eletto re in Germania nel 1211, si fece incoronare imperatore del Sacro Romano Impero da papa Onorio III. In Sicilia il nuovo regnante restaurò l'ordine e fece costruire opere poderose che resero l'isola una vera e propria fortezza. Detto "Stupor mundi" per le sue virtù, egli si dedicò molto agli studi, fondò la scuola poetica siciliana e l'Università di Napoli. Il suo governo assoluto usufruì di un'efficiente burocrazia ma evitò compromessi con la Chiesa, entrando in contrasto con papa Gregorio IX, che finì per scomunicarlo.

Dalla metà del XIII al XVII secolo

Dopo la morte di Federico II (1250), la Sicilia rimasta senza la sua guida illuminata, visse un declino su tutti i fronti, politico, amministrativo, culturale. Il figlio naturale Manfredi, incoronato a Palermo nel 1258, cercò di continuare la sua politica, ma nel 1266, dopo soli otto anni di regno fu destituito con la violenza da Carlo I d'Angiò. Ma le forti tasse inflitte alla popolazione e il deprezzamento della moneta, provocarono presto una grave crisi economica, che fomentò un intenso malcontento acutizzato anche dal trasferimento della corte a Napoli (1268). I Siciliani allora decisero di ribellarsi alla dinastia angioina e nel 1282, con la famosa insurrezione dei Vespri, si staccarono da Napoli e si consegnarono a Pietro III d'Aragona (1296). Dopo alcuni anni di irresolutezza politica, il trono passò definitivamente agli aragonesi nel 1302 con la pace di Caltabellotta. La prima conseguenza fu la sostituzione del sistema normanno con l'ordinamento feudale, che diede sempre più potere ai baroni e accentuò il latifondismo determinando una nuova crisi economica. Alla morte di Federico III il Regno di Trinacria ebbe un tracollo gravissimo a causa dello strapotere baronale. Nel 1412 l'isola diventò nuovamente vassalla degli Aragonesi e nel 1415 passò in mano agli Spagnoli. Alfonso il Magnanimo, il monarca che governò per circa quarant'anni dal 1416 al 1458, resa l'isola base militare per la conquista del Regno di Napoli, riuscì in breve tempo a riunire Sicilia, Sardegna e Napoli, sotto un'unica corona. Egli inoltre fece costruire diverse opere pubbliche e fondò l'Università di Catania. Sotto Ferdinando il Cattolico (1479-1516), l'isola non solo iniziò l'espulsione degli Ebrei, che causò un grave danno all'economia, ma conobbe la repressione religiosa del tribunale dell'Inquisizione, che ebbe sede fissa presso il Palazzo reale di Palermo. Dopo Ferdinando la corona passò in mano a suo nipote, Carlo V (1516-1554), fondatore della dinastia degli Asburgo di Spagna. Durante la dominazione spagnola, che durò per ben due secoli, la Sicilia perse il prestigioso ruolo di centro del Mediterraneo a causa dello spostamento dei commerci nell'Atlantico. Nel Seicento diverse calamità colpirono ripetutamente la regione: nel 1624 una brutta epidemia di peste si abbatté su Palermo, nel 1669 l'eruzione dell'Etna travolse Catania e tutti i centri limitrofi e nel 1693 un forte terremoto distrusse la parte orientale dell'isola. Anche la questione del latifondo causò numerosi problemi: i contadini, tiranneggiati dai baroni nei loro feudi-stato, si riunirono ed insorsero in molte città, tra cui Palermo (1647). Inoltre il malgoverno spinse il popolo a chiedere protezione a gruppi clandestine (come i Beati Paoli) che, attraverso attentati, costringevano i nobili a essere più giusti. Nasceva così la mafia.

Dal Settecento ai giorni nostri

Nel 1713 dopo la Pace di Utrecht la Sicilia divenne possesso sabaudo sotto Vittorio Amedeo II, e successivamente territorio austriaco dal 1718 al 1734, anno in cui venne conquistata da Carlo di Borbone, vincitore della guerra di sucessione polacca e governatore del Regno delle Due Sicilie fino al 1759, quando fu sostituito dal figlio Ferdinando. Questi, se da una parte abolì il Tribunale dell'Inquisizione (grazie all'opera del suo viceré Domenico Caracciolo) dall'altra non riuscì a contrastare il potere dei baroni, che continuarono ad esercitare una forte influenza sul potere politico e a mantenere un notevole potere economico, nonostante le leggi contro la corruzione. Di nuovo l'inquietudine diffusasi a causa del malgoverno sfociò nelle lotte popolari del Risorgimento italiano, che furono piuttosto sanguinose a Palermo, Catania e Siracusa (dal 1831 al 1837). Nel 1848, esasperati dall'assolutismo borbonico, i siciliani guidati da Ruggero Settimo (ex-ufficiale della marina, Ministro della Marina e della Guerra, e dal 1848 capo del Governo provvisorio di Palermo), insorsero, offrendo il Regno ad un esponente della dinastia dei Savoia, che tuttavia lo rifiutò.
Fu lo sbarco di Garibaldi a Marsala (1860) che segnò il crollo del Regno borbonico e permise l'annessione al Regno d'Italia (21 ottobre 1860 con un plebiscito). Il nuovo Governo sabaudo dovette, sin dall'inizio, far fronte alle diverse difficoltà di natura economica-sociale, poiché il popolo era ridotto in miseria, mentre i nobili e il clero vivevano in condizioni agiate e di grossi privilegi. Ma l'unità non portò i miglioramenti sperati: il severo fiscalismo continuò a depredare i fondi all'agricoltura dell'isola e i soldi andarono a riempire le casse del Nord; inoltre furono aumentate le tasse, venne istituita la leva obbligatoria e le terre ricavate dall'abolizione degli ordini religiosi passarono nelle mani di un nuovo ceto di possidenti. Così mentre il Nord progrediva sulla strada dell'industrializzazione, sull'isola continuava a dominare il latifondismo. Ciò generò una nuova ondata di malcontento nei confronti della società settentrionale e del Governo piemontese. Ovunque si diffuse il brigantaggio e nel 1892 furono fondati i Fasci dei Lavoratori, unione di tutte le categorie di lavoratori con ordinamento socialista, le cui manifestazioni furono represse da Crispi, divenuto capo del Governo. Nel 1908 ci fu un tremendo terremoto a Messina, che uccise 80.000 persone. Durante il periodo fascista l'isola non progredì molto: l'industria non decollò, e se da una parte furono completate le principali linee ferroviarie, dall'altra il progetto di Mussolini per la bonifica delle zone interne non si concretizzò mai. Fu in questo periodo che il potere della mafia iniziò a crescere a dismisura, dato che il popolo preferiva la protezione dei potenti all'azione del Governo. Nel 1940 venne approvata la legge che regolava la divisione del latifondo, ma lo scoppio della seconda guerra mondiale ne impedì l'applicazione.
Durante il conflitto mondiale la Sicilia fu teatro di due momenti importantissimi: lo sbarco degli Alleati (10 luglio 1943) e la firma dell'armistizio a Cassibile che segnò la resa italiana (3 settembre 1943). In poco tempo si diffuse uno spirito autonomista, che diede origine al Movimento per l'Indipendenza della Sicilia. Il 15 maggio 1946 fu decretata l'autonomia regionale dell'isola, che divenne ufficialmente Regione autonoma dal 26 febbraio 1948. Negli anni '50 si tentò di risolvere la crisi delle campagne per mezzo di una riforma agraria basata sull'espropriazione delle terre e l'assegnazione di piccole proprietà, e si cercò anche di promuovere l'economia e il miglioramento della condizione sociale dell'Italia del Sud, per mezzo dell'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno. Ma la mafia divenne in breve tempo un fenomeno internazionale, che ostacolò lo sviluppo di un sistema economico sano e minò le basi della civile esistenza. Numerosi furono gli attentati che negli anni '80 colpirono esponenti della giustizia ma la lotta alla mafia è andata avanti e si è intensificata notevolmente nei primi anni '90, in particolar modo dopo gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino (maggio e luglio 1992), in seguito ai quali persino la gente comune è scesa in piazza a manifestare contro la criminalità organizzata. Oggi alla luce di questi fatti, molte cose stanno cambiando: le città della Sicilia sono tornate a vivere, e nel campo delle attività economiche si sta affermando l'industria turistica e quella vinicola.

IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALE

Le origini e il periodo ellenistico

Grazie alla sua posizione la Sicilia è divenuta nei secoli crocevia e "patria" di diversi popoli e culture. I numerosi reperti archeologici trovati durante gli scavi effettuati un po' ovunque sul suolo siciliano e i resti dei monumenti visibili ancora oggi, non solo testimoniano la versatilità della civiltà e dell'arte sicula, ma sono simbolo della ricchezza e bellezza di questa regione.
Le prime tracce di arte risalenti al Paleolitico superiore, sono state trovate nella Grotta dell'Addaura nei pressi di Palermo e in quella del Genovese a Levanzo (incisioni rupestri raffiguranti scene di vita quotidiana). Databili al Neolitico sono invece i resti di alcuni villaggi a Stentinello e a Megara Hyblaea, e la produzione di ceramiche delle isole Eolie, che attesta i primi collegamenti con l'arte greca. In questo periodo si diffuse l'uso dell'ossidiana, con la quale furono costruiti diversi utensili, oggi ammirabili nel Museo Archeologico di Lipari. All'Età del Bronzo risalgono i resti trovati presso alcuni siti di Panarea, Salina, Lipari e Thapsos. Mentre la necropoli di Pantalica e i reperti trovati negli scavi di Sabucina e Morgantina testimoniano la colonizzazione dei Sicani.
I primi resti di architettura militare e civile risalgono alla fine dell'epoca arcaica (fine del VI sec. a.C.). Si tratta di edifici fortificati costruiti con materiali diversi, tra cui la lava usata per edificare alcune costruzioni a Naxos e a Lipari. Resti di fortificazioni, erette a difesa delle città e delle vie di comunicazione, spesso in luoghi difficilmente raggiungibili, sono a Erice (bastioni del V sec. a.C. a base poligonale) e a Nord-Ovest di Siracusa, dove si innalza il Castello Eurialo, fortino fatto costruire da Dionisio il Vecchio alla fine del V sec. a.C. e rimaneggiato, tra il IV e il III sec., con l'aggiunta di fossati e torri. Altre fortificazioni dell'epoca greca, interamente di pietra e mattoni, sono a Capo Soprano. Anche le piante e il sistema urbanistico di alcune città testimoniano l'influenza della civiltà greca. Zancle, Naxos, Catania, Lentini, Megara Hyblaea, Siracusa, Gela, sorte a partire dalla metà del VII sec. a.C. furono costruite seguendo lo schema urbanistico ippodameo, progettato da Ippodamo di Mileto, architetto e urbanista greco, che progettò la pianta rettangolare o "a griglia" delle città, con le strade che s'incrociavano ad angolo retto: i decumani, tre assi longitudinali, che procedevano in direzione est-Ovest, intersecavano assi perpendicolari, detti cardi, che andavano da Nord a Sud). Ma la testimonianza principale è data dai resti dei templi greci, tutti in stile dorico, circondati da una fila di colonne e la maggior parte con la facciata a sei colonne, situati a Selinunte, Agrigento, Himera e Segesta. Di medesima importanza sono i teatri, situati sui fianchi delle alture, perché dovevano essere visibili da lontano, gli esempi più pregevoli sono a Siracusa, Taormina, Morgantina, Palazzolo Acreide, Solunto, Tindari, Catania, Ietas, Eraclea Minoa e Segesta. Nelle arti figurative e nella scultura numerosi furono gli scambi tra Sicilia e Grecia, principalmente nella zona meridionale abitata al tempo dai Sicani, come dimostrano alcuni esemplari scultorei dell'epoca arcaica, tra cui la statua in marmo dell'Efebo d'Agrigento (custodita nel museo archeologico di Agrigento) e le diverse metope di Selinunte, raffiguranti soprattutto temi mitologici e la cui diffusione testimonia la probabile esistenza di una scuola di scultura ellenica nella città. All'epoca classica (dal V al III sec. a.C.) risalgono i telamoni del tempio di Zeus ad Agrigento, enormi figure umane dalle straordinarie proporzioni, e l'Efebo di Mozia, conservato presso il museo Whithaker, alto 181 cm e in marmo bianco, un materiale piuttosto raro che pare sia stato portato sull'isola dall'Anatolia. Dell'epoca ellenistica (dal III al I sec. a.C.) sono l'ariete di bronzo trovato nel Castello Maniace di Siracusa e le maschere teatrali in terracotta. Per quanto riguarda la pittura solo i vasi dell'epoca (crateri, anfore, pelike, coppe, oinochoe) danno prova dell'arte figurativa. L'uso della tintura nera o rossa per le immagini rappresentate documenta i diversi periodi di produzione.

L'arte romana

I resti romani sono meno numerosi e spettacolari rispetto a quelli di derivazione ellenica, forse perché i Romani, superato il pericolo dell'invasione cartaginese, considerarono la Sicilia solo come un grande deposito (venne definita "magazzino romano del grano") e la apprezzarono unicamente per le sue risorse agricole. Degne di nota sono però le ville fatte edificare dai ricchi proprietari terrieri, talvolta in riva al mare; esempi sono: la Villa del Casale a Piazza Armerina, costruita all'inizio del IV sec. d.C., con stupendi mosaici policromi suddivisi nei quaranta vani; la villa patrizia di Patti, costruita in età imperiale e danneggiata da un terremoto nel V sec. d.C., era costituita da un peristilio (colonnato che circonda uno spazio aperto) e dal tablino e fiancheggiata da un complesso termale (venne alla luce solo nel 1976 durante gli scavi per l'autostrada Messina-Palermo); la Villa di Terme Vigliatore del primo secolo d.C., affiancata dalle terme, con pregevoli mosaici e pavimento di marmo a piastrelle esagonali; l'insula di Tindari predisposta su quattro livelli con botteghe e magazzini, una piccola casa e una ricca abitazione con straordinari mosaici pavimentali e un modesto stabilimento termale. Nel periodo di occupazione romana furono costruiti anche anfiteatri (tra i più noti quello di Siracusa e quello di Catania), terme (resti sono a Catania, Taormina, Comiso, Solunto e Tindari), fori (a Taormina, Catania, Siracusa e Tindari), odeon (di Taormina e Catania), Naumachie (le uniche degne di nota seppur quasi totalmente distrutte sono quelle di Taormina) e un'importante rete stradale. Poche sono le testimonianze di architettura religiosa precedenti la cristianizzazione, la più importante è la basilica con portici a Tindari. Al periodo paleocristiano risalgono invece i numerosi cimiteri, ritrovati durante gli scavi archeologici e le catacombe (le più rilevanti sono quelle di Siracusa, IV-V sec., con decorazioni pittoriche, prima testimonianza dell'arte cristiana).

L'arte bizantina e araba

Fu nel periodo della dominazione bizantina che sorsero numerosi santuari (tra i quali quelli di Pantalica e Cava d'Ispica) e graziose chiesette a pianta quadrata dette cube, poiché formate da tre esedre affacciate su un'area centrale cubica, e sormontata da una cupola (alcuni esempi sono rimasti a Castiglione di Sicilia, Randazzo, Rometta, Santa Venerina, Citadella e nei pressi di Siracusa), che soppiantarono le catacombe di epoca romana. Un incremento nella costruzione di tali edifici si ebbe in seguito all'ondata migratoria avvenuta per via della crisi iconoclasta, avviata dall'imperatore di Bisanzio nel 725, che proibiva il culto delle figure sacre. Gli altri edifici di questa fase andarono invece distrutti o furono modificati ed adibiti ad altro uso. La conquista degli Arabi, segnò per la Sicilia l'inizio di uno dei periodi più eccezionali della sua storia culturale. Gli Arabi modificarono il paesaggio per mezzo di nuove coltivazioni e innovativi sistemi d'irrigazione, e introdussero inedite forme architettoniche e un nuovo tipo di decorazione: le figure umane vennero sostituite da figure geometriche ed arabeschi, le ceramiche colorate furono usate per abbellire l'interno delle abitazioni e i soffitti vennero ricoperti da alveoli a stalattiti. In questo periodo la capitale fu spostata da Siracusa a Palermo, che divenne una città nuova: l'assetto urbanistico fu modificato e il centro fu affollato di magnifici palazzi, giardini e costruzioni di vario tipo come ad esempio minareti, moschee, fontane. Ma la quasi totalità degli edifici arabi è sparita dopo l'arrivo dei Normanni, che si impadronirono di tutti i palazzi, alterandone l'aspetto.

L'arte normanna, connubio di stili diversi

La nuova epoca si apre con l'arrivo dei Normanni che giunsero sull'isola nel 1061. La produzione artistica di questo periodo è caratterizzata da una certa continuità con l'età precedente: si assiste infatti ad una fusione nell'arte normanna degli stili romanico, bizantino ed arabo. L'influenza dello stile bizantino unito a quello arabo si può notare nella costruzione degli edifici religiosi a pianta quadrata con croce greca e volta a botte, come ad esempio nella Martorana di Palermo (o chiesa si S. Maria dell'Ammiraglio), nella Chiesa della SS. Trinità di Delia vicino a Castelvetrano, nella chiesa di S. Nicolò Regale a Mazara del Vallo. Nella struttura di queste chiese spicca la tradizionale cupola siculo-bizantina, mentre all'interno e all'esterno sono visibili rappresentazioni pittoriche e scultoree prive di figure umane. Ma è nell'arte dei mosaici che la cultura normanna espresse meravigliosi modelli figurativi, i cui esempi più pregevoli sono all'interno della Martorana, nella Cappella Palatina dentro al Palazzo dei Normanni e nel Duomo di Monreale. Il periodo normanno ha lasciato altri prodotti del connubio artistico, tra cui i Palazzi della Zisa e della Cuba, entrambi tipici dell'arte fatimida, a pianta rettangolare e con una struttura piuttosto compatta; il Palazzo Reale di Palermo e quelli di Castellammare e Messina (quest'ultimo ormai distrutto). Queste splendide case, simbolo di un'architettura destinata agli svaghi, e immerse in grandi parchi con distese d'acqua, erano dotate di due caratteristiche aree: l'iwan (sala a tre esedre) e il cortile all'aperto, delimitato da portici e adornato con una o più fontane. Questi due spazi, presenti in tutti gli edifici fatti edificare dalla famiglia degli Altavilla, e originari dei paesi islamici, furono importati sull'isola nel XII secolo. Anche la decorazione interna delle ville si ispirava all'arte islamica: pavimenti marmorei o costituiti da mattoni disposti a spina di pesce, pareti ricoperte da mosaici (realizzazione piuttosto bizantina ma con motivi arabizzanti) e soffitti ed archi adorni di muqarnas scolpiti e dipinti.

L'arte gotica in Sicilia

Con l'ascesa al trono della casata degli Hohenstaufen inizia il periodo di sviluppo dell'arte gotica, ancora una volta quindi un'arte importata, proveniente però dal Nord. Gli imperatori Enrico IV e Federico II fanno costruire nuove roccaforti, progettate da architetti del Nord Europa. Il Gotico penetra così nell'isola sottoforma di architettura fortificata, tra gli esemplari principali si ricordano il castello di Siracusa, quelli di Catania e di Augusta, e il castello di Enna (antica costruzione araba, rimaneggiata dai Normanni prima e fatta rinforzare da Federico II in seguito). Questi edifici erano caratterizzati da una pianta geometrica (di solito quadrata con torri angolari o mediane), e costituiti da portali o finestre ad arco a sesto acuto, muri spogli ed austeri dominati da feritoie e merloni e infine da stanze con volte ogivali. In questo periodo molto importante fu la famiglia Chiaramonte, che giunta dalla Francia, raggiunse grande potenza politica ed esercitò il proprio dominio feudale nella città di Palermo, per tutto il corso del XIV secolo. L'influenza fu tale che tutto quel secolo è ricordato nella storia della Sicilia come "epoca chiaramontiana". Tale termine si estende anche all'architettura e all'arte del periodo che, riprendendo temi e motivi dell'architettuta normanna sviluppò uno stile detto proprio "chiaramontiano". L'esempio principale è costituito da Palazzo Chiaramonte, o Palazzo Steri, composto da una magnifica facciata, incorniciata da feritoie e decorata da insolite finestre con archi a sesto acuto. L'edificio ha diverse cappelle e sale, tra le quali la più celebre è un'ampia stanza con soffitti affrescati da scene bibliche e cavalleresche, attribuite a tre pittori siciliani. In seguito molti palazzi urbani furono costruiti seguendo questo modello. Anche la dominazione spagnola iniziata verso la fine del XIV sec. si fece promotrice dello stile gotico. Si tratta di edifici sobri, dalle normali proporzioni, con facciate liscie e spoglie, spesso adornate da ampie vetrate. Esempi pregevoli sono i Palazzi di Santo Stefano e Corvaja di Taormina, entrambi caratterizzati da un miscuglio di stili: gotico, arabo e normanno. Un importante esponente dell'arte gotica-catalana è il netino Matteo Carnelivari, che seppur affascinato dalle nuove tendenze continentali, impregnò le sue opere di elementi tipici di questo stile, come si può notare nei Palazzi Aiutamicristo e Abatellis di Palermo e nella chiesa di S. Maria Catena.

Rinascimento e Manierismo in Sicilia

Queste due correnti non ebbero un grande impatto in Sicilia, soprattutto a causa della politica seguita dai sovrani spagnoli poco propensi allo sviluppo nell'isola di nuove tendenze artistiche, la Spagna subiva infatti ancora l'influenza dello stile gotico, e per questo motivo il Rinascimento si diffuse nell'isola solo grazie all'arrivo di artisti formati dai grandi maestri toscani. Nelle arti figurative, durante il XV secolo, mentre l'Italia centrale viveva l'esperienza delle correnti umanistiche e rinascimentali, la Sicilia era dominata dalla figura di Antonello da Messina, uno dei più grandi pittori rinascimentali dell'Italia meridionale. Nato a Messina nel 1430, si formò a Napoli e successivamente iniziò un periodo di peregrinazioni in tutta Italia, durante le quali venne a contatto con artisti veneziani e fiamminghi, che gli permisero di migliorare la sua tecnica del colore, grazie all'acquisizione del metodo della pittura ad olio. Le sue opere, conservate in alcuni palazzi e musei della regione, e tra le più importanti dello stile rinascimentale siciliano, mostrano una staticità e una proporzione tra colore e ricerca prospettica perfetta. Anche la scultura del XV secolo vanta una notevole produzione grazie all'opera di alcuni artisti italiani provenienti da zone piuttosto lontane rispetto la Sicilia. I più noti sono il ticinese Domenico Gagini e il dalmata Francesco Laurana. Gagini, discendente di una famiglia di architetti e scultori italiani, si trasferì definitivamente in Sicilia dove esercitò la sua arte insieme al figlio Antonello, nato a Palermo nel 1478. In questa città avviarono una florida bottega. Le loro opere, caratterizzate dalla scelta di forme eleganti e ricercate, vennero realizzate con un materiale molto pregiato e piuttosto insolito: il marmo di Carrara (che andò a sostituire il tufo calcareo). La tecnica di Domenico Gagini venne continuata dai suoi discendenti, in particolar modo in ambito scultoreo e infatti numerosi sono gli esemplari di meravigliose statue di madonne e di sante realizzate dai Gagini, custodite ancora oggi nelle chiese siciliane. Il Laurana, scultore ed incisore, trascorse cinque anni in Sicilia (dal 1466 al 1471) dove realizzò alcune opere pregevoli, come la Cappella Mastrantonio in San Francesco d'Assisi a Palermo, il busto di Eleonora D'Aragona a Palazzo Abatellis (Palermo), e i dipinti di alcune Madonne con Bambino, conservate nella chiesa del Crocifisso a Noto, in quella dell'Immacolata a Palazzolo Acreide e al museo di Messina.
L'arte figurativa manierista si esprime sull'isola grazie all'opera di alcuni pittori, quali Cesare da Sesto, Polidoro da Caravaggio, Vincenzo da Pavia e Simone de Wobreck. I primi tre fecero conoscere lo stile toscano e romano di artisti noti come Raffaello e Leonardo, l'ultimo invece diffuse le tecniche fiamminghe. L'arte dello scolpire del Cinquecento siculo diventa manierista con l'opera del fiorentino Giovan Angelo Montorsoli, che rimase a Messina per dieci anni circa (dal 1547 al 1557). Noto non solo per la sua collaborazione con Michelangelo a Roma e a Firenze, che gli permise di acquisire un grande talento in materia scultorea, ma anche perché il suo modo di scolpire segnò il passaggio dallo stile rinascimentale a quello del Manierismo "michelangiolesco", nel 1550, Montorsoli realizzò dodici altari marmorei per le navate laterali del Duomo di Messina. Gran parte della produzione messinese di quest'artista è andata distrutta durante i terremoti della fine del Settecento e del 1908; tra le opere ancora intatte si ricorda la Fontana di Orione (1547-1550), uno dei massimi capolavori del XVI secolo.

Il Barocco in Sicilia

La seconda metà del Cinquecento è contraddistinta dal fervore dell'arte della controriforma, preannunzio dello stile barocco. Una nuova ondata artistica che coinvolge principalmente l'attività edilizia, travolge in particolar modo i maggiori centri siciliani. Le opere più prestigiose sono erette dagli ordini religiosi, che accrescono la loro presenza sul territorio e detengono sempre più le redini della cultura. Domenicani, Gesuiti, Filippini, Francescani, Carmelitani edificano i loro conventi e le loro chiese affidando i lavori soprattutto ad architetti romani o formatisi a Roma. Le chiese gesuite vengono costruite seguendo il modello della Chiesa del Gesù di Roma: un'unica ampia navata, priva di qualsiasi elemento che possa nascondere l'altare, e distrarre quindi il fedele durante l'omelia, caratterizzata da interni maestosi, ricchi di decorazioni e luminosi; la facciata invece è ampia con una parte elevata al centro, e affiancata da due ali più basse che costituiscono le cappelle affacciate sulla navata centrale. Tra gli edifici religiosi degni di nota si ricordano la chiesa del Gesù e quella di S. Ignazio (detta anche dell'Olivella) a Palermo, la prima fatta costruire dai Gesuiti giunti nell'isola nel 1549, e la seconda dai Filippini arrivati nel 1593. Quest'ultimo edificio, dalle enormi dimensioni, è una splendida testimonianza dello stile barocco. Con l'inizio del XVI sec. la predominanza spagnola si fa sentire anche in campo artistico e si diffonde così un Barocco più tipicamente iberico che italiano. Questo stile in Sicilia, si arricchisce di caratteristiche arabe e bizantine come ad esempio l'uso del marmo e delle dorature. La nuova corrente si focalizza sui dettagli, dando molta importanza alle forme e alla ricchezza delle decorazioni. Inoltre, al contrario del Barocco peninsulare, lo stile siculo-spagnolo si dedica principalmente all'urbanesimo e all'architettura. I viceré spagnoli fanno costruire infatti un centinaio di nuove città a partire dal XVII secolo. Un nuovo impulso all'edificazione arriva successivamente dopo i terremoti del 1669 e del 1693, che distrussero quasi tutta la parte Sud-orientale dell'isola. Il Barocco siciliano si diffonde allora in questa parte dell'isola e nella zona di Palermo (Bagheria e Trapani), sede del potere. La ricostruzione delle città, sia dal punto di vista architettonico che da quello urbanistico, è caratterizzata da una tendenza all'esagerazione: forme contorte, motivi decorativi ispirati a sentimenti cupi. Un esempio è la città di Catania, ricostruita dall'architetto palermitano Giovanni Battista Vaccarini (Palermo 1702 - Milazzo 1769) che, durante il suo apprendistato a Roma era venuto a contatto con la geniale creatività del Borromini. Tornato in Sicilia intorno al 1730, Vaccarini intraprende il lavoro di riedificazione di Catania, che lo impegnerà per ben trent'anni della sua esistenza. Mette mano alla facciata del Duomo e a Palazzo Senatorio o degli Elefanti, inoltre costruisce la Fontana dell'Elefante (in pietra di lava) che ricorda quelle erette dal Bernini a Roma (1735) e la Badia di Sant'Agata, a pianta ellittica, con una facciata molto simile a quella della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma, opera del Borromini. Anche a Palermo vengono eretti numerosi edifici simili a quelli romani, opera dell'architetto Giacomo Amato, di origine palermitana (1643-1732) ma istruitosi a Roma. E ciò è dimostrato da alcuni suoi edifici quali la chiesa di Santa Teresa alla Kalsa (1686), la chiesa della Pietà (1689), e quella del SS. Salvatore e diversi palazzi privati, che presentano le caratteristiche dell'architettura romana. Tipici monumenti barocchi a Palermo sono anche Porta Felice e Porta San Domenico, le fontane e le facciate situate al crocevia dei Quattro Canti nel centro storico. Decorazioni piuttosto stravaganti iniziano ad apparire invece sulle case aristocratiche costruite in questo periodo a Palermo, un esempio sono palazzo Mirto e palazzo Butera. Tra le città interamente ricostruite in seguito al terremoto del 1693, Noto è effigie del Barocco urbano siciliano. Concepita come un ampio teatro, la città è occupata da stupendi edifici, gran parte dei quali realizzati da uno dei maggiori architetti del Barocco siculo: Rosario Gagliardi, nato a Siracusa nel 1680 e morto a Noto nel 1726. Le sue opere sono presenti anche a Ragusa e a Modica. A Ragusa, egli costruì le chiese di San Giuseppe e San Giorgio (quest'ultima preceduta da un'imponente e splendida scalinata, affacciata su una lunga piazzetta, che esalta la facciata dove le numerose statue sembrano muoversi). A Modica progettò la pianta della chiesa di San Giorgio, affiancata dalla torre campanaria.
I palazzi più rappresentativi dell'arte barocca sono quelli di Bagheria, affollata da diverse ville, piuttosto eleganti, con ampi saloni ammobiliati con arredamenti lussuosi e circondati da giardini pieni di statue, esempi sono Villa Cattolica, Villa Trabia, Villa Butera e Villa Valguarnera. Particolarmente degna di nota è Villa Palagonia, costruita nel 1715 circa su ordine del principe di Palagonia Ferdinando-Francesco Gravina, per il frate predicatore Tommaso Maria Napoli, e affrescata con splendide ma eccessive decorazioni.
Anche per quanto riguarda l'arte scultoria si impone il modello romano: un esempio è l'opera del palermitano Giacomo Serpotta (1652-1732), che formatosi a Roma, fa un ampio uso del marmo, dello stucco e della decorazione policroma. Tra le sue opere si ricorda la statua equestre di Carlo II e le decorazioni a stucco dell'oratorio di San Lorenzo (1686-96), di quello di S. Cita (1686-88) e dell'oratorio del Rosario a San Domenico (intorno al 1714-1717), interamente adorni di figure in rilievo particolarmente delicate. Serpotta arricchì e decorò anche molte chiese tra cui quella della Gancia e quella del Carmine, e in tarda età, si occupò perfino dell'abbellimento delle chiese di San Francesco d'Assisi (1723) e di Sant'Agostino (1726-28, con alcuni suoi allievi), che presentano degli splendidi bassorilievi. Considerato massimo esponente della scultura barocca siciliana, Serpotta viene inoltre accreditato come precursore del rococò.
In ambito figurativo i pittori barocchi si dedicano principalmente allo studio e alla sperimentazione della prospettiva e di composizioni con figure diagonali o a spirale. I temi scelti si rifanno a episodi di storia sacra o a finzioni allegoriche. La figura più rappresentativa di questo movimento è il Caravaggio, lombardo di nascita, egli operò a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia. Il suo stile caratterizzato da immagini drammatiche e effetti di chiaro scuro, è visibile in alcune opere dipinte durante la sua permanenza sull'isola: Il Seppellimento di Santa Lucia (1609), si trova a Palazzo Bellomo di Siracusa, mentre L'Adorazione dei pastori e La Resurrezione di Lazzaro , sono conservate nel museo di Messina. Degno di nota è il soggiorno palermitano del pittore olandese Van Dyck, avvenuto nel 1624, del quale è rimasto il dipinto della Madonna del Rosario , nell'oratorio della chiesa di S. Domenico.

Dal Settecento ad oggi

A partire dalla metà del XVIII secolo si sviluppa in Sicilia, come nel resto della penisola, l'arte neoclassica, caratterizzata dall'interesse per l'architettura greca e romana rivalutata dopo gli scavi effettuati ad Ercolano, Pompei e Paestum. Nel campo della scultura degna di nota è l'opera di un nuovo artista di formazione romana, Ignazio Marabitti (Palermo 1719-1797), il cui lavoro più importante è la pala di Sant'Ignazio compiuta per la chiesa di Sant'Agata al collegio di Caltanissetta. A Palermo invece opera un altro scultore formatosi a Roma presso la scuola del Vanvitelli: Venanzio Marvuglia (Palermo 1729-1814), che ingrandisce la chiesa di San Martino delle Scale, l'oratorio di Sant'Ignazio all'Olivella (Palermo) e la villa del Principe di Belmonte. Il suo stile, principalmente classico, è talvolta caratterizzato da una certo esotismo, come ci mostra il padiglione cinese del Parco della Favorita a Palermo. Ma ben più rilevante è l'arte naturalista che derivò dal movimento letterario verista, il cui maggior esponente fu il siciliano Giovanni Verga. In ambito scultoreo ricordiamo il palermitano Domenico Trentacoste (1859 - Firenze 1933), attratto inizialmente dai modelli quattrocenteschi, poi dal Naturalismo di Rodin (1880 circa) e infine impegnato nella pittura popolare, con uso di temi mitologici, ritratti e nudi. Ben più diffusi sull'isola sono stati lo stile Liberty e l'arte contemporanea. Il primo trova il suo massimo esponente nell'architetto palermitano Ernesto Basile (1857-1932), figlio di Giovanni Basile (progettatore del Teatro Massimo a Palermo), che dopo aver studiato le forme dell'arte arabo-normanna e rinascimentale lavora alla Villa Igiea (dove realizza una pregevole decorazione floreale per la sala da pranzo) e ad altre ville palermitane, tra cui Villino Florio e Villa Malfitano (residenza della famiglia Whitaker (nota per lo straordinario vino dolce di Marsala) seguendo i dettami del Liberty, per altro osservati anche per la creazione di motivi decorativi per tessuti e mobili. I maggiori rappresentanti dell'arte contemporanea sono invece alcuni pittori quali Fausto Pirandello (1899-1975), figlio del famoso scrittore, interessato inizialmente alla pittura cubista (di Braque in particolare) e successivamente conquistato dall'Astrattismo e dall'arte figurativa; Renato Guttuso (1912-1987), neorealista, formatosi a Palermo, dove si dedica ai classici, e trasferitosi successivamente prima a Roma ed in seguito a Milano, dove si schierò contro il Fascismo: il suo impegno sociale ha trovato infatti spesso espressione nelle sue tele, caratterizzate dall'assenza della prospettiva e da una scomposizione geometrica che lo avvicina a Picasso. In seguito l'esperienza espressionista, gli svela un nuovo modo di intendere la pittura: il realismo dei soggetti si fonde con le emozioni e il movimento viene rappresentato per mezzo di colori forti e di linee decise. Tra gli artisti contemporanei siciliani degni di nota sono gli scultori Pietro Consagra, Emilio Greco e Salvatore Greco. Il primo di Mazara del Vallo, si dedica principalmente all'arte astratta ed esegue alcune opere per la città di Gibellina; il secondo, nato a Catania nel 1913, ricalca le forme classiche, ricercando continuamente armonia ed equilibrio, studia per questo motivo l'arte greca, quella etrusca, la romana e la rinascimentale. Le sue opere rappresentano soprattutto corpi femminili, ma si concentrano anche sulla sfera religiosa (degni di nota sono la porta bronzea del Duomo di Orvieto, 1961-1964, e il monumento a Papa Giovanni XXIII in S. Pietro a Roma). L'ultimo (1915-1997), conosciuto anche con l'appellativo di Giocondo, ha lavorato non solo in ambito scultoreo, ma anche nel campo della scenografia e della pittura.
Uno dei più insoliti musei d'arte contemporanea è la Fiumara d'arte, una mostra permanente e all'aperto che dal 1986 raccoglie le opere di artisti contemporanei di ogni genere.

La letteratura

La letteratura italiana inizia proprio in Sicilia nei primi tre quarti del XIII sec., con la scuola Siciliana, alla corte di Federico II. Amante della cultura, l'imperatore svevo promosse lo studio del diritto, della filosofia, della medicina e delle lingue e si circondò di artisti. Dall'interesse per la poesia, nacque un movimento letterario opera di aristocratici, incentrato principalmente sull'amore cortese. Le poesie che rispecchiavano i contenuti della lirica provenzale, erano scritte in un siciliano epurato dalle forme dialettali più basse e mischiato con latinismi e francesismi. Il maggior esponente della scuola Siciliana fu Giacomo da Lentini, ritenuto l'inventore del sonetto; tra gli altri si ricorda anche Cielo d'Alcamo. Con la dissoluzione del Regno svevo anche il movimento letterario si spense progressivamente.
L'Umanesimo siciliano segnato, come nel resto d'Italia, da uno spiccato interesse per i testi classici e per la lingua greca, fu caratterizzato da un'intensa attività delle accademie (degli Accesi, dei Solitari, degli Sregolati, degli Irresoluti). Queste, unite ai numerosi viaggi degli studiosi, incrementarono gli scambi culturali fra l'isola e il continente. Catania, Messina, Noto, Palermo, Siracusa, diventarono i maggiori centri culturali del periodo. Messina, in particolare, ospitò nel monastero di S. Salvatore una scuola di greco che raggiunse notorietà grazie all'insegnamento di Costantino Lascaris (1434-1501). Nel Cinquecento la lingua siciliana si risollevò scalzando il toscano, ormai usato in tutti gli atti pubblici. Il rinnovato sentimento regionalistico sfociò nella pubblicazione dei primi vocabolari siciliano-latino e nella codificazione grammaticale del dialetto. In campo poetico, il petrarchismo allora dominante, si manifestò sia in dialetto con Antonio Veneziano (1580-1593), autore di un canzoniere in due volumi intitolato Celia, che in lingua toscaneggiante con le Rime di Argisto Giuffredi (1535-1593). Il XVII sec. vide l'affermazione del teatro, grazie all'opera di Ortensio Scammacca (1562-1648), autore di tragedia di argomento sacro e profano. Tra il Settecento e l'Ottocento non si registrano artisti di fama mondiale. Nel secolo dei Lumi si sviluppa un filone interessato all'analisi storica (tra le opere si ricordano la storia della Sicilia dell'abate G. Battista Caruso, 1673-1724, e la storia della letteratura siciliana redatta da Antonio Mongitore, 1663-1743) e alla filosofia (il pensiero di Cartesio viene decantato da Tommaso Campailla, 1668-1740, autore di un poema filosofico intitolato L'Adamo, ovvero il mondo creato; mentre il sistema di Leibniz trova il suo cantore in Tommaso Natale con La filosofia Leibniziana) Influenzata da Rousseau e dal Sensismo, è la poesia dialettale del principale poeta di questo periodo, Giovanni Meli (1740-1815), autore di poemi bucolici La bucolica e satirico-filosofici di chiara impronta illuminista L'origini du lu munnu, Don Chisciotti e Sanciu Panza. L'Ottocento sperimentò l'opera di alcuni artisti-patriottici come Eliodoro Lombardi (1843-1894), poeta tipicamente risorgimentale, che espresse in versi il suo impegno di garibaldino. Il clima romantico coltivò un nuovo interesse per la storiografia e per lo studio delle fonti regionali della cultura. Tra gli studiosi, Michele Amari (1806-1889) si dedicò al criticismo storico con La guerra del Vespro siciliano e Storia dei Musulmani di Sicilia, mentre Giuseppe Pitrè (1841-1916) si consacrò agli studi folkloristici incentrati sulle tradizioni e la vita del popolo siciliano.
Il periodo più fiorente per la letteratura siciliana è senza dubbio quello che va dalla fine dell'Ottocento. Il movimento letterario del Verismo, nato come reazione al romanticismo, e parente stretto del Naturalismo francese, ha le sue origini nelle teorizzazioni di Luigi Capuana, ma trova la sua migliore espressione nell'opera di Giovanni Verga. Dopo gli esordi d'impostazione tardoromantica, a partire dal racconto Nedda, Verga aderisce alla poetica verista e i suoi romanzi diventano la descrizione della realtà siciliana con occhio oggettivo, ma ricco di pietà per l'esistenza degli umili, il tutto espresso per mezzo di una scrittura sobria e di un linguaggio che riproduce, all'interno della lingua italiana, i ritmi e la parlata del dialetto.
Il Novecento siciliano ha regalato numerosi scrittori, alcuni dei quali insigniti del premio Nobel per la letteratura. Primo fra tutti Luigi Pirandello (premio Nobel nel 1934), che dopo aver esordito come poeta e autore di romanzi ancora legati al Verismo, incentra la sua opera narrativa sulla tematica dell'isolamento dell'individuo in una società che gli è estranea (Il fu Mattia Pascal, Novelle per un anno). I suoi scritti migliori sono tuttavia quelli teatrali, nei quali lo smascheramento della relatività della condizione umana, assume contenuti e forme innovative. Fra i suoi capolavori ricordiamo Liolà, Pensaci Giacomino, Cosi è se vi pare, Sei personaggi in cerca di autore. Altro autore importante è Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che nella sua opera principale Il Gattopardo rappresenta il ritratto amaro, veristico-decadente, dell'aristocrazia siciliana del Risorgimento. Elio Vittorini (1908-1966) diffuse la conoscenza della letteratura statunitense contemporanea e rinnovò la tradizione narrativa italiana secondo i moduli del Neorealismo (Conversazione in Sicilia, Uomini e no). Lo stile scabro da inchiesta poliziesca e la coraggiosa denuncia delle piaghe della società italiana e siciliana sono i tratti principali dei romanzi di Leonardo Sciascia (1921-1989), tra cui ricordiamo Il giorno della civetta, Todo modo, Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia. In campo poetico, degno di nota è lo scrittore Salvatore Quasimodo (1901-1968), premio Nobel nel 1959, la cui opera ha rinnovato in modo originale i moduli espressivi dell'Ermetismo (Ed è subito sera, La terra impareggiabile, Dare e avere). Meno conosciuta è invece la poesia di forte impegno sociale, di Ignazio Buttitta (1899-1997) che ha trovato, ancora una volta, nel dialetto la migliore forma d'espressione dell'anima popolare siciliana (Lu pani si chiama pani, La peddi nova). Negli ultimi anni del Novecento ha avuto un discreto successo l'opera di un altro scrittore siciliano, Andrea Camilleri, noto per le storie del commissario Montalbano (tra i diversi titoli ricordiamo La stagione della caccia, Il birrario di Preston, La concessione del telefono, La mossa del cavallo ) trasposte in fiction televisive.

LE CITTÀ

Palermo

(686.722 ab.). Palermo è situata sul golfo omonimo, che si apre sul MarTirreno al limitare della Conca d'Oro dominata dal Monte Pellegrino. È un importante centro commerciale ed ha un attivo porto. Fra le industrie principali ricordiamo quelle metallurgiche, meccaniche, alimentari, chimiche, farmaceutiche, tessili, cartarie, del vetro e della ceramica. Altre attività sono l'artigianato (ceramiche, terrecotte, merletti e ricami), la pesca e il turismo.
STORIA. Palermo fu fondata dai Fenici tra l'VIII e il VII secolo a.C., anche se già in precedenza la zona era abitata dai Sicani (nel III millennio), dai Cretesi (nella seconda metà del II millennio), dagli Elimi (nel XII secolo a.C.) e dai Greci (nell'VIII secolo). Il nome della città è di origine greca e significa "tutto porto". In seguito Palermo venne occupata dai Cartaginesi che ne fecero un'importante piazzaforte. Conquistata dai Romani nel 245 a.C., godette di una notevole prosperità economica fino alla caduta dell'Impero. Dopo essere stata invasa da Vandali e Ostrogoti venne definitivamente occupata dai Bizantini di Belisario che ne favorirono la ripresa (552). Nell'831 fu conquistata dagli Arabi che ne fecero una metropoli fiorente, nota in tutto il mondo (nel X sec. fu capitale dell'emirato indipendente di Banu Kalb). Giunsero numerosi stranieri, il numero degli abitanti crebbe notevolmente, si svilupparono nuovi commerci ed industrie ed anche l'assetto urbanistico venne modificato: sorsero diverse moschee e palazzi, circondati da splendidi giardini. La sua importanza economica e culturale aumentò sotto i Normanni, che giunti a Palermo nel 1072, la nominarono sede politico-amministrativa del Regno di Sicilia. I nuovi conquistatori istituirono un regime feudale e praticarono il commercio, inoltre mantennero delle buone relazioni con i vinti, che si tradussero in opere d'arte impareggiabili. Le numerose commesse fatte ad architetti arabi diedero vita a straordinari palazzi come ad esempio la Zisa e la Cuba, e ad incantevoli edifici religiosi quali la Cappella Palatina e il Duomo di Monreale. Nonostante l'estinguersi della dinastia normanna, la città mantenne un ruolo di prestigio in campo internazionale anche sotto gli Svevi. Il personaggio più importante fu l'imperatore Federico II, che fece della corte palermitana, meta di molti artisti, un crogiuolo d'arte. Qui si riunirono infatti intellettuali di ogni genere e in particolar modo letterati, che diedero inizio alla scuola poetica siciliana. Con la morte di Federico II (1250) la città perse il proprio prestigio e l'arrivo degli Angioini (1266-1282), che accentrarono i poteri a Napoli, provocò una situazione di disagio economico e sociale che sfociò nella rivolta dei Vespri Siciliani. Cacciati gli Angioini dagli Aragonesi, Palermo godette delle autonomie comunali e fu di nuovo sede del re di Sicilia, ma non riuscì a riprendersi completamente dalla crisi politica, economica e culturale, che si aggravò ulteriormente sotto la dominazione spagnola. Nel primo periodo infatti la mancanza del controllo regio alimentò il potere delle grandi famiglie feudali siciliane, che iniziarono degli scontri fra loro. La totale anarchia e i frequenti scontri accrebbero il declino economico e determinarono un'involuzione sociale. Le sorti si risollevarono grazie all'arrivo dei viceré spagnoli (1415), che portarono una relativa calma nell'isola e a Palermo, neo capitale del Governo viceregio. Il centro urbano sperimentò allora un rinnovamento e uno nuovo sviluppo urbanistico che modificarono il volto della città in modo notevole sin dalla fine del Cinquecento. Vennero costruiti nuovi edifici, ville, chiese, monasteri, e le piazze furono adornate da fontane e monumenti. Si sviluppò così la corrente barocca siciliana. Inoltre in questo periodo il porto fu ingrandito e vennero migliorate anche le condizioni igienico-sanitarie. Nel XVIII sec., dopo le occupazioni dei Savoia (1713-18) e austriaca (1718-35), si affermò la dinastia dei Borboni (1734) contro cui la città insorse durante il Risorgimento (moti del 1820, 1840, 1860). Dopo che nel 1860 la Sicilia fu conquistata da Garibaldi, venne votata con un plebiscito l'annessione allo Stato Sabaudo (21 ottobre). Negli anni successivi Palermo si risollevò lentamente, l'attività industriale ebbe una ripresa graduale e la città si espanse al di là del centro storico, nacquero così nuovi quartieri.
ARTE. I principali monumenti di Palermo risalgono ai periodi arabo, normanno, aragonese e spagnolo, mentre della città punico-romana rimangono solamente alcuni tratti di mura. Il nucleo medievale è raccolto all'incrocio delle vie Maqueda e Vittorio Emanuele. Nella piazza Vigliena (Quattro Canti) prospettano quattro edifici dalle caratteristiche facciate barocche animate da fontane e statue. Lungo la via Maqueda si incontrano le chiese della Martorana e di San Cataldo. San Cataldo, dalle caratteristiche tre cupolette rosse, conserva intatta la struttura originaria con la merlatura araba.
Percorrendo la via Vittorio Emanuele verso l'interno della città si arriva al Duomo dall'imponente mole. Costruito nel 1185, ha subito numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli che hanno alterato la struttura originaria, di cui restano l'abside e la cripta. All'interno (trasformato alla fine del Settecento) si trovano le tombe dei reali Normanni e Svevi (XII e XVI sec.). Il Palazzo dei Normanni sorge, non molto distante dalla cattedrale, nel luogo di una precedente costruzione araba del IX sec. ampliata dai re normanni nel XII sec. Nel Palazzo si trova la Cappella Palatina, vero capolavoro dell'arte normanna con preziose decorazioni musive su fondo oro (storie dei Ss. Pietro e Paolo, Scene evangeliche, Cristo Pantocratore fra Arcangeli, Profeti ed Evangelisti) di puro stile bizantino che si fondono mirabilmente con il soffitto in legno di stile arabo.
Altra splendida testimonianza della Palermo normanna è San Giovanni degli Eremiti a cui si accede dopo aver attraversato un suggestivo giardino. La chiesa, voluta da Ruggero II (1132) è un essenziale edificio dalla forma squadrata, sormontato da cinque cupolette rosse che le conferiscono un'impronta di sapore arabo. Sempre di gusto musulmano sono il Palazzo della Zisa (metà XII sec.) e i padiglioni della Cuba e della Cubula (fine XII sec.). Questi due padiglioni si trovavano nello scomparso parco dei Normanni.
Del XIII sec. è la chiesa di San Francesco d'Assisi con un bel portale e, all'interno, statue di G. Serpotta (1723). Un fenomeno caratteristico del XIV sec. fu la costruzione delle dimore dell'aristocrazia feudale palermitana: Palazzo Chiaramonte (1307-1380), dalla struttura compatta e severa, Palazzo Sclafani (1330) e Palazzo Artale. I Palazzi Abatellis (1495) e Aiutamicristo (1490-95), entrambi opera di M. Canelivari, come la chiesa di Santa Maria della Catena, testimoniano l'affermazione dell'architettura gotico-catalana nel XIV sec., pur contenendo elementi rinascimentali. Durante la dominazione spagnola la città si arrichì di palazzi (Ugo, Villafranca, Spaccaforno, Butera) e chiese barocche che ancora oggi le conferiscono un aspetto caratteristico. Notevoli esempi dell'architettura barocca siciliana sono le chiese di San Giuseppe dei Teatini (1612) e di Santa Caterina del Gesù (1614, detta di Casa Professa) con sfarzosi interni ad intarsi marmorei.
Grande protagonista dell'arte del Settecento fu G. Serpotta che decorò con stucchi gli oratori di Santa Zita, del Rosario di San Domenico e di San Lorenzo. Nello stesso secolo Palermo venne abbellita con i parchi di Villa Giulia (1777) e della Favorita (1799), quest'ultimo situato ai piedi del Monte Pellegrino. Al suo interno la Palazzina Cinese, curioso esempio di architettura neoclassica con motivi cinesi, eretto nel 1799 da Giuseppe Venanzio Marvuglia per volere di Ferdinando I di Borbone, fu la dimora preferita del re e di Maria Carolina e ospitò tra gli altri anche l'ammiraglio Nelson e Lady Hamilton. Della fine dell'800 sono il Teatro Massimo (1875-1897) e il Teatro Politeama (1867-1874). Il primo, costruito da Giovanni Battista Filippo Basile e dal figlio, è il terzo in Europa per grandezza (7730 mq); l'altro, edificato da Giuseppe Damiani Almeyda, ha la facciata che ricorda un arco di trionfo ornato da un grande altorilievo e sormontato da una quadriga.
Un discorso a parte meritano i musei, dei quali il più importante è certamente il Museo Archeologico, uno dei più ricchi d'Italia, dove sono raccolte le sculture dei templi di Selinunte (metope del tempio C, metà VI sec. a.C., e del tempio E, 460-450 a.C.). Nella Galleria Nazionale della Sicilia, sistemata nel Palazzo Abatellis, si trova una bella collezione di opere d'arte fra cui il busto di Eleonora d'Aragona di F. Laurana, l'Annunziata e i Tre Santi di Antonello da Messina.
LA PROVINCIA. La provincia di Palermo (1.235.923 ab.; 4.992 kmq) occupa la costa Nord-occidentale della Sicilia e comprende parte del golfo di Castellammare, il golfo di Palermo, il golfo di Termini Imerese, il Monte Pellegrino e le Madonie.
Risorsa principale è l'agricoltura che, produce agrumi, olive, frutta, verdura, cereali, vini. Diffuso è l'allevamento di ovini, equini e caprini; la pesca è attiva lungo la costa. L'industria è presente con industrie estrattive (zolfo), alimentari, chimiche e meccaniche. Il turismo è sviluppato nelle località balneari e di interesse artistico.
Fra i centri principali ricordiamo Bagheria, Cefalù, Corleone, Misilmeri, Monreale, Partinico, Termini Imerese.

Luoghi d'interesse

Palazzo dei Normanni
Edificato dagli Arabi nel IX sec. sopra una preesistente roccaforte punica e romana, fu ampliato e rimaneggiato dai Normanni, che costruirono la splendida facciata nel 1616 e aggiunsero la torre Pisana. Fu così che la fortezza fu trasformata in reggia, sede politica ed amministrativa dello stato. Con il declino della casata sveva e la decadenza della vita politica siciliana, il palazzo perse il suo prestigio e fu abbandonato, finché nel 1555 i viceré spagnoli non lo usarono come loro dimora. L'ambiente più bello è certamente la Cappella Palatina; fondata da Ruggero II nel 1130, è a pianta basilicale suddivisa in tre navate da archi a ogiva. Meravigliosi sono i mosaici che ricoprono i pavimenti, i soffitti e le pareti. A sfondo d'oro, i più antichi sono quelli del santuario (1143); nella cupola si può ammirare il Cristo Pantocratore che benedice tra angeli e santi, profeti ed evangelisti. Sulle arcate e sui soffitti scene del Nuovo Testamento (l'Annunciazione, la Presentazione al Tempio e un altro Cristo benedicente), nella navata centrale storie del Vecchio Testamento (1154-66 ca.) e in quelle laterali storie dei Ss. Pietro e Paolo. Degni di nota sono anche gli appartamenti reali, posti al piano superiore, tra cui il salone d'Ercole del 1560-70 e decorato nel 1799 con dipinti di Velasquez; la Sala dei Viceré con i ritratti dei viceré e dei luogotenenti di Sicilia; la Sala di re Ruggero tappezzata di mosaici rappresentanti scene di caccia (1170 ca.).
Cattedrale
Edificata nel 1184 dall'arcivescovo Gualtiero Offamilio su una preesistente basilica, venne trasformata dali Arabi in moschea, ma con i Normanni tornò a ricoprire il suo antico ruolo. Tra il XIV e il XVI sec. fu più volte rimaneggiata. Verso la fine del Settecento fu trasformata radicalmente, vennero aggiunte le navate laterali, le ali del transetto e la cupola. La facciata principale risalente al XIV-XV sec., presenta due alte torri ornate da bifore, colonnine, arcate cieche ed arcate ogivali. Il portale mediano è sormontato da una bifora e conserva lo stemma aragonese e quello del Senato cittadino. All'esterno degni di nota sono i moderni battenti in bronzo con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento; l'ampio portico di Antonio Gambara (1429-30), ottimo esempio di Gotico fiorito, sul fronte destro; il timpano decorato con motivi gotici e il portale con notevoli battenti lignei. L'interno modificato tra 1781 e il 1801, a croce latina, diviso in tre navate separate tra loro da pilastri, conserva numerosi capolavori, tra cui pregevoli sculture di Antonello Gagini e Francesco Laurana. La cattedrale ospita inoltre le tombe imperiali e reali, e le spoglie di S. Rosalia, patrona della città. Pregevoli sono anche il trono episcopale, il coro ligneo (1466) in stile gotico-catalano, il candelabro pasquale decorato da mosaici, un Crocifisso ligneo del primo Trecento, la statua marmorea di Francesco Laurana Madonna col Bambino. Il Tesoro raccoglie oggetti d'oro, smalti bizantini e ricami oltre a oggetti trovati nelle tombe imperiali e reali, tra cui la tiara d'oro di Costanza D'Aragona.
Palermo: veduta aerea della cattedrale

S. Giovanni degli Eremiti
La chiesa fu fatta edificare da Ruggero II nel 1136, sul luogo di un antico monastero gregoriano. La struttura è tipicamente islamica. L'interno a una navata è diviso in due campate sormontate da cupole. Oltre al campanile, notevole è la parte ricavata da un antico edificio del X-XI sec., probabilmente una moschea, a pianta rettangolare originariamente diviso in due navate da cinque colonne. All'esterno nel giardino resti di un'antica cisterna araba, un piccolo chiostro appartenente all'antico convento benedettino, e un cortile quadrato scoperto con la funzione di cimitero delle persone di corte.
S. Francesco d'Assisi
Costruita nel quartiere mercantile tra il 1255 e il 1277, fu in seguito più volte rimaneggiata. La restaurazione dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ha portato alla luce le originarie forme romaniche. Notevole è il portale della facciata (ristrutturata alla fine del XIX sec.) in stile gotico-fiorito(1302) e sormontato da un bel rosone. L'interno è a tre navate: quella centrale ospita statue allegoriche di Giacomo Serpotta (1723) mentre quelle laterali contengono cappelle gotiche e rinascimentali. Degne di nota sono le numerose opere tra cui le sculture dei Gagini, il portale di Francesco Laurana e Pietro de Bonitade (1468) e il coro ligneo del Cinquecento, oltre alle raccolte di tele e arredi sacri dal XV al XIX secolo.
S. Maria della Catena
Edificata nel XVI secolo fu chiamata così per la catena con la quale si chiudeva il porto antico della città. Costruita in stile gotico-catalano, presenta elementi rinascimentali ed è situata a monte di una scalinata. Degni di nota sono i portali con i bassorilievi di Vincenzo Gagini e all'interno le opere scultoree della stessa scuola.
Chiesa del Carmine
L'edificio fu ricostruito intorno all'anno 1626 su progetto di Vincenzo La Barbera e Mariano Smiriglio. All'esterno è caratterizzato da una cupola (1681) e da una calotta ricoperta di maiolica policroma, all'interno pregevoli sono le statue cinquecentesche di Antonello Gagini e della sua scuola, gli stucchi di Giacomo e Giuseppe Serpotta e gli affreschi di Tommaso de Vigilia (XV sec.).
Chiesa del Gesù
Eretta dai Gesuiti nel 1564, fu il primo edificio eretto dall'ordine in Sicilia. In seguito fu ampliata e rimaneggiata, le cappelle laterali furono aggiunte tra il 1591 e il 1633 e una nuova cupola fu costruita verso la metà del '600. L'interno a croce latina diviso in tre navate, con cappelle e cupola, è tipico Barocco. Pregevoli sono le tarsie policrome che lo ricoprono, le decorazioni in stucco e marmo (come ad esempio quelle della cappella a sinistra della principale) e le numerose opere di scultori, tra cui Gioacchino Vitaliano, e pittori, come Filippo Randazzo (1743).
Martorana
Fondata nel 1143 da Giorgio di Antiochia, ammiraglio di Ruggero II, assunse la denominazione di Santa Maria dell'Ammiraglio. Nel 1221 fu affidata al clero greco. Il nome attuale è dovuto a Eloisa Martorana, fondatrice di un attiguo monastero, a cui la chiesa fu ceduta nel 1433. Nonostante i rifacimenti del '500 e del '600 conserva l'elegante campanile ed è considerata una della migliori realizzazioni dell'architettura normanna per l'armonica fusione di caratteristiche arabe e bizantine. All'interno pregevoli sono i mosaici bizantini della cupola, raffiguranti il Cristo Pantocratore, gli Arcangeli, i Profeti e gli Evangelisti (XII sec.).
S. Cataldo
Costruita nel periodo normanno (XII sec.) conserva in gran parte la struttura originaria. L'interno a pianta rettangolare, suddiviso in tre navate da sei colonne di stile diverso che sorreggono arcate arabeggianti, è caratterizzato da pareti nude. Il pavimento ricoperto da mosaici è quello originale, così come l'altare decorato da incisioni raffiguranti una croce, un agnello e gli Evangelisti. La chiesa ospita oggi i Cavalieri del S. Sepolcro.
S. Giuseppe dei Teatini
Fondata tra il 1612 e il 1645 fu ornata nei secoli successivi. Degna di nota è la cupola slanciata, la cui calotta è ricoperta da maioliche. L'interno, a croce latina, diviso in tre navate da 14 colonne monolitiche, presenta numerose opere d'arte. La volta della navata centrale è decorata a stucchi di Paolo Corso e da affreschi di Filippo Tancredi, restaurati in seguito alla guerra. I dipinti della cupola sono invece di Guglielmo Borremans e di Giuseppe Velasquez. Giuseppe Serpotta ha eseguito le decorazioni nella volta del transetto.
Palazzo Sclàfani
Costruito nel 1330 da Matteo Sclàfani, a pianta quadrangolare e piuttosto imponente, dopo il declino della famiglia, il palazzo fu trasformato in ospedale (1435). A metà del Quattrocento l'atrio fu decorato con un ciclo di affreschi di cui faceva parte il Trionfo della Morte oggi conservato nella Galleria regionale della Sicilia.
Palazzo Chiaramonte
Detto anche Steri (da hosterium, palazzo fortificato) fu edificato nel Trecento per volere di Manfredi Chiaramonte. A pianta quadrata, della parte esterna fortemente manomessa, sono rimaste solo le linee severe della struttura originaria a tre piani. A metà del Quattrocento il palazzo divenne dimora dei viceré, in seguito sede del Sant'Uffizio (dal 1601) e dal 1799 al 1960 dei Tribunali. All'interno degno di nota è il salone del primo piano, con soffitto ligneo dipinto con motivi decorativi tipici della tradizione musulmana nonché con storie bibliche e cavalleresche opera di Simone da Corleone, Cecco di Naro e Darenu da Palermo. Il cortile interno è costituito da una loggia ad archi acuti su colonne e due trifore.
Palazzo Abatellis
Iniziato, per volere di Francesco Abatellisi, Maestro portolano del regno e pretore di Palermo, nel 1490 da Matteo Carnelivari e terminato cinque anni dopo, il palazzo in pietra e a pianta quadrata, è in stile tardo gotico-catalano con elementi rinascimentali. L'edificio ospita la Galleria regionale della Sicilia.
Palazzo Aiutamicristo
Costruito da Matteo Carnelivari nello stesso periodo di Palazzo Abatellis, dopo essere stato dimora di Guglielmo Aiutamicristo passò alla famiglia dei Moncada di Paternò, che fece aggiungere uno splendido giardino. L'edificio di nuda pietra, in stile tardo gotico catalano e con elementi rinascimentali, presenta un magnifico portico magistralmente decorato.
Zisa
Edificio maestoso e compatto, è uno dei migliori esempi dell'arte fatimida di età normanna. Voluto da Guglielmo I fu portato a compimento da Guglielmo II tra il 1165-67. A pianta rettangolare la massa muraria è solcata da archi ciechi e i lati corti sono tagliati a metà da due torri quardate. In origine era circondata da un bel giardino e davanti si specchiava in un laghetto; l'interno piuttosto complesso, è costituito da aree pubbliche e private, e da sale lussuose, come ad esempio quella della fontana caratterizzata da stalattiti e fregio a mosiaco. Nel corso dei secoli la Zisa (dall'arabo aziz, splendido) passò in mano a privati e fu persino abbandonata finché nel Novecento dopo essere diventata proprietà della regione Sicilia, fu restaurata e riconsegnata all'antico splendore.
Cuba
Altro esempio di architettura fatimida, l'imponente edificio, fatto costruire da Guglielmo II nel 1180, è oggi inglobato nel cortile di una caserma. Simile alla Zisa, a pianta rettangolare, la superficie muraria è adorna di arcate e finestrelle cieche e alla sommità reca una fascia con epigrafe araba riportante il nome del re e la data della fondazione. In origine era circondata da un ampio giardino e da un bacino d'acqua artificiale. Nel XIV sec. Giovanni Boccaccio ambientò qui una delle novelle del Decamerone. Passata in mano a privati e divenuta nel '500 lazzaretto, nel periodo borbonico fu annessa alla caserma di cavalleria.

Musei e gallerie di Palermo

Museo archeologico
Ubicato all'interno dell'ex convento dell'Olivella, fondato dai padri Filippini insieme alla chiesa di S. Ignazio all'Olivella, è uno dei maggiori musei archeologici d'Italia. Il complesso architettonico, iniziato verso la fine del XVI secolo e completato nel XVII secolo, a seguito delle legge sulla soppressione degli ordini religiosi (1866), divenne sede del Museo Nazionale. L'esposizione presenta sia le diverse fasi dell'arte e della civiltà della Sicilia occidentale, dalla preistoria al Medioevo, che la storia del collezionismo sette-ottocentesco attraverso la raccolta di importanti collezioni e reperti, anche non siciliani. Tra i resti, notevoli sono quelli provenienti dalla Sicilia orientale, Tindari, Randazzo, Taormina, acquisiti grazie all'infaticabile attività di Antonino Salinas (1841-1914) cui è dedicato il Museo. Il nucleo originario è costituito dalla collezione proveniente dal Museo della Regia Università, di cui fanno parte sculture arcaiche e classiche provenienti da Selinunte, tra cui le tre metope del Tempio C recuperate in frammenti, nel 1823, dagli architetti inglesi W. Harris e S. Angell; le quattro metope del Tempio E (1827); la Collezione Fagan, che comprende alcuni originali di scultura greca fra cui un frammento della lastra VIII del Partenone. Le donazioni di materiali campani e siciliani fatte dai sovrani borbonici hanno arricchito l'esposizione museale (celebri sono il gruppo di Ercole che abbatte un cervo; il Satiro da Torre del Greco e alcuni dipinti pompeiani). La Collezione Casuccini acquisita tra il 1864 ed il 1869, costituisce invece la più bella e notevole raccolta di antichità di Chiusi (Toscana; cippi sepolcrali decorati a rilievo, urne funerarie in pietra, alabastro, terracotta, sarcofagi, urne cinerarie, vasi di bucchero e terracotta). Pregevoli sono anche gli oggetti provenienti da collezioni antiquarie di proprietà ecclesiastica (del Museo dei Padri Gesuiti di Palermo e del Museo di San Martino delle Scale). Interessante il materiale proveniente dalle scoperte archeologiche, come ad esempio edicole funerarie, lucerne, terrecotte votive, pervenute nelle zone delle colonie greche di Himera e Selinunte e delle città fenicio-puniche di Solunto, Palermo, Mozia e Lilibeo. Degni di nota sono anche la collezione subacquea (contenente la più completa raccolta di ancore), quella di bronzi (statuette di eroi greche, etrusche, romane; specchi e oggetti votivi), una raccolta numismatica e di oggetti in oro, un ricco fondo antico librario e una raccolta di stampe, provenienti da collezioni private.
Galleria Nazionale della Sicilia
Situata all'interno del Palazzo Abatellis, ospita opere di scultura e pittura in particolare del XIV-XVI secolo. Nel cortile sono conservate sculture dall'epoca preromana al Rinascimento. Notevoli sono le opere lignee ad intaglio del XII-XIV sec., quelle in pietra del XIV-XV sec. tra le quali pregevoli sono le statue di Antonello (Madonna col Bambino, Madonna del Buon Riposo, ritratto di giovinetto) e Domenico Gagini (Madonna del Latte), le maioliche in loza dorada (o lustro metallico) secc. XIV-XVII. Tra le sculture degno di nota è anche il busto di Eleonora d'Aragona di Francesco Laurana. Pregevole è la pinacoteca con dipinti e affreschi di maestri italiani del XIV-XV secolo, tra i quali spiccano il quattrocentesco Trionfo della Morte proveniente da Palazzo Sclafani, la Vergine Annunziata (1473) di Antonello da Messina, il Trittico Malvagna opera di Jan Gossaert (1510).

IL DUOMO DI MONREALE

Nei pressi di Palermo, su un terrazzo da cui si domina la Conca d'Oro, è situata l'antica cittadina di Monreale, eletta dai re normanni a loro residenza preferita. Qui si trova uno dei più bei complessi monumentali realizzati in Sicilia nel Medioevo: la Cattedrale, voluta da Guglielmo II è considerata uno dei capolavori dell'arte normanna (1172-1185). L'esterno della basilica è opera di artisti arabi che idearono per l'abside un rivestimento policromo ad archi intrecciati che si moltiplicano creando fantasiosi motivi assieme alla luce che provoca begli effetti di colore. La facciata, preceduta da un portico del 1700 a tre arcate sostenute da colonne in stile dorico, è chiusa fra due torri campanarie, secondo uno schema tipico dell'architettura medievale in Sicilia. Un altro portico, molto elegante, opera di F. e V. Gagini (XVI sec.), corre lungo il fianco sinistro. Belli sono i portali con porte in bronzo di Bonanno Pisano (1186) e di Barisano da Tani (1179). L'interno è maestoso, a tre navate scandite da colonne, con pareti coperte da magnifici mosaici raffiguranti storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, santi, martiri e vescovi, che culminano nell'immagine del Cristo Pantocratore posta nel catino absidale. Il pavimento è anch'esso a mosaico. Pregevole è la Cappella di San Benedetto (XVI sec.), rivestita di tarsie di marmo e di rilievi di G. B. Marino (1788). Sul lato destro della facciata è l'ingresso del chiostro (XII sec.) appartenente al convento benedettino un tempo adiacente alla cattedrale. Il portico è ad archi acuti sostenuti da colonnine gemine, ognuna di forma diversa, con rilievi, mosaici e bellissimi capitelli. Dal giardino di fronte al chiostro e dai terrazzi della cattedrale si gode uno stupendo panorama sulla Conca d'oro e sulla valle dell'Oreto.

Agrigento

(54.619 ab.). La città di Agrigento è situata su un colle di tufo (326 m s/m.) a pochi km di distanza dal mare. È un centro agricolo e industriale con industrie meccaniche, alimentari, distillerie e mobilifici. Il suo importante patrimonio archeologico richiama turisti da ogni parte del mondo.
STORIA. Il territorio di Agrigento fu abitato fin dall'antichità come dimostrano i vari ritrovamenti risalenti all'Età del Rame e del Bronzo. Agrigento (in greco Akràgas e poi in latino Agrigentum) fu fondata da coloni dorici provenienti da Gela nel 581 a.C. Fra il 570 e il 555 a.C. il primo tiranno della città, Falaride, fece costruire le mura intorno all'originario centro urbano, segnato negli anni seguenti dalle lotte contro i Punici. Ma la posizione del sito, tra Gela e Selinunte di fronte alle coste africane, era piuttosto strategica e per questo la città fu considerata roccaforte contro gli sbarchi cartaginesi. Divenuta importante e potente sotto il tiranno Terone, si alleò con Siracusa e sconfisse i Cartaginesi ad Imera (480 a.C.). Seguì un periodo di espansione verso il Tirreno e proprio in questi anni di ripresa furono edificati gli splendidi templi sulla collina meridionale, e venne completata l'acropoli sulla rupe Atenea. Verso la seconda metà del V sec. a.C. venne istituito un governo democratico che garantì alla città una certa tranquillità. Conquistata dai Cartaginesi verso la fine del secolo, attraversò un periodo di decadenza che durò fino alla liberazione ad opera di Timoleonte (340 a.C.). Nel 210 a.C. venne conquistata dai Romani che la ribattezzarono Agrigentum e durante l'Impero conobbe un periodo di prosperità sia grazie all'agricoltura che grazie al commercio. La decadenza di Roma e l'avvento del Cristianesimo determinarono una forte contrazione demografica e un impoverimento della città, che fu in seguito dominata dai Bizantini, sotto i quali subì un declino totale. Gli Arabi (827-1087) ricostruirono la città in altura, e ne fecero un'importante fortezza (Karkint e poi Gergent). Testimonianze del periodo arabo sono ancora visibili non solo nei numerosi toponimi ma anche nei cortili ameni e negli stretti vicoli. Alla dominazione normanna, durante la quale si registrò una ripresa notevole nel commercio principalmente col Nordafrica, seguì quella angioina e, Agrigento sostenne Palermo durante la rivolta dei Vespri Siciliani. Il trasferimento di un'alta percentuale della popolazione nell'entroterra, che avvenne a partire dal XV secolo e fino al XVIII, quando il vescovo Gioeni promosse una tenace ripresa economica e sociale, determinò un arresto della crescita della città. Dopo l'arrivo degli Aragonesi Agrigento seguì le vicende storiche della Sicilia fino al 1860, quando insorse contro i Borboni, aderendo al proclama di Garibaldi. Degno di nota è l'ampliamento edilizio dei primi dell'Ottocento, ripreso dopo la seconda guerra mondiale.
ARTE. Ricostruita dagli Arabi in posizione più elevata rispetto alla città greca, Agrigento conserva un nucleo medievale i cui edifici più rappresentativi sono la chiesa di Santo Spirito (fine XIII sec.) con bel portale gotico e interno decorato a stucchi (XVIII sec.) e il Duomo, costruito nell'XI sec. e ingrandito in seguito. Altre chiese degne di nota sono S. Lorenzo (o chiesa del Purgatorio, con alta facciata barocca e all'interno otto statue allegoriche rappresentanti le Virtù, di Giacomo e Giuseppe Serpotta); S. Domenico, dall'imponente facciata barocca e attigua all'ex convento dei Domenicani (oggi sede del Municipio); S. Maria dei Greci, edificio medievale costruito sui resti di un antico tempio dorico del V sec. a.C. (all'interno si possono vedere ancora alcune colonne della costruzione primitiva e alcuni affreschi del Trecento; la facciata invece a differenza del resto della superficie molto semplice, ha un sontuoso portale gotico chiaramontano).
Da piazza Marconi proseguendo per viale Crispi si scende al complesso archeologico della Valle dei Templi, dove risaltano imponenti i Templi della Concordia e di Giunone, entrambi risalenti alla metà del V sec. a.C. Il Tempio della Concordia è una delle migliori realizzazioni dell'architettura greca per la perfezione delle sue proporzioni; del Tempio di Giunone rimangono le colonne del lato Nord e alcune del lato Est.Il Tempio di Ercole (V sec. a.C.), il Santuario delle Divinità Ctonie (VI-V sec. a.C.), con i resti del Tempio dei Dioscuri, diventato l'emblema della città, e le grandiose rovine del Tempio di Giove Olimpico (480 a.C.) sono altre preziose testimonianze della potenza passata di Agrigento. Il complesso urbano del Quartiere ellenistico-romano (IV sec. a.C.- V sec. d.C.) permette di ricostruire la struttura della città greca. Da visitare sono anche l'antichissimo Santuario di Demetra e Persefone (VII sec. a.C.) e la chiesa romanico-gotica di San Nicola, edificata nella forma attuale dai Cistercensi (XIII sec.) sulla sede di un santuario greco.
Il Museo Archeologico Nazionale, è importantissimo per conoscere la storia dalla preistoria alla conquista normanna. Notevoli sono la collezione di vasi (dal VI al III sec. a.C.), il telamone (7,75 m di altezza) proveniente dal Tempio di Giove Olimpico, il cratere greco del V sec. a.C. e i materiali provenienti dagli scavi del quartiere ellenistico-romano.
LA PROVINCIA. La provincia di Agrigento (448.053 ab.; 3.042 kmq), prevalentemente montuosa e collinare, si estende lungo la costa meridionale della Sicilia fra Menfi e Licata. Risorse principali sono l'agricoltura (vite, olivo, cereali, mandorle, agrumi, pistacchi, fichi d'India, cotone e liquirizia), la pesca (sardine, tonni, corallo, spugne), praticata lungo la costa, e lo sfruttamento delle miniere di zolfo, gesso e salgemma. Fra i centri principali ricordiamo Bivona, Canicattì, Casteltermini, Licata, Menfi, Porto Empedocle e Sciacca.

Luoghi d'interesse

Area archeologica
Dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, il sito antico ricopriva più di 1800 ettari comprendenti la collina di Girgenti e quella dei templi. I monumenti rimasti risalgono principalmente al V sec. a.C., l'età di massimo splendore per la città. Si contano quattro templi più i resti di quello dei Dioscuri, tutti in stile dorico e in tufo arenario conchiglifero dal colore giallo.
Tempio di Giunone Lacinia
Situato sulla sommità della collina dei templi, è preceduto da un grande altare dei sacrifici. Fu innalzato nel V sec. a.C. in stile dorico. A pianta periptera esastila, delle originarie 34 colonne ne sono rimaste 25. Nel 406 a.C. fu incendiato dai Cartaginesi, poi restaurato dai Romani e in seguito nuovamente danneggiato da un terremoto nel Medioevo.
Tempio di Giunone Lacinia ad Agrigento


Tempio della Concordia
Anch'esso in stile dorico e del tipo periptero esatilo, è giunto fino a noi quasi del tutto intatto probabilmente perché nel VI sec. d.C. fu trasformato in basilica a tre navate. Quando nel 1748 perse il suo ruolo religioso, fu spogliato della struttura chiesastica e riacquistò le forme primitive. Il nome odierno gli fu assegnato dal frate Tommaso Fazello per via di un'iscrizione latina trovata nelle vicinanze.
Agrigento: Tempio della Concordia (fine VI sec. a.C.)

Tempio di Ercole
Ritenuto il più antico dei templi agrigentini (fine VI sec. a.C.), è come gli altri peripetro esastilo, ma a 38 colonne.
Tempio di Giove Olimpico
Iniziato dopo la vittoria di Imera (480-470 a.C.) da prigionieri cartaginesi, non fu mai portato a termine, poiché fu più volte danneggiato da uomini e guerre. Il tiranno Terone lo aveva progettato come uno degli edifici più maestosi dell'architettura greca. I resti delle colonne, adagiati sul terreno, mostrano la loro grandiosità: alte almeno 17 m, con un diametro di 4.42 m, e scalanature così profonde e ampie da riuscire a contenere un uomo. Affascinanti sono i telamoni, colossali figure di pietra alte 7.75 m, usati non solo come elementi decorativi ma anche per sostenere il peso della trabeazione interna. Vicino al tempio si trova la tomba di Terone, un tempietto a base quadrata, posto su un podio e circondato da colonne doriche con capitelli e basamenti ionici.
Resti del Tempio dei Dioscuri
Si tratta di quattro colonne, ruderi dell'antico Tempio dei Dioscuri, divenute al giorno d'oggi simbolo della città di Agrigento. Il tempio edificato verso la fine del V sec. a.C., a pianta periptera esastila, aveva 34 colonne. Nel corso del sacco cartaginese fu gravemente danneggiato, successivamente restaurato, decadde rovinosamente a causa dei vari terremoti che colpirono la città.
Santuario rupestre di Demetra
Costruito in pietra e a ridosso del monte nel VII sec. a.C., è con tutta probabilità il più antico di Agrigento. Nelle gallerie interne scavate nella roccia, sono state trovate nel 1938, statuette rappresentanti Demetra e Kore. Accanto al santuario si trova la chiesa di S. Biagio eretta nel periodo normanno sui resti del tempio dedicato a Demetra e Kore (480-460 a.C.) e del quale sono ancora visibili le strutture del pronao.
Abbazia di S. Spirito
Edificata nel XIII sec. grazie al contributo della contessa di Chiaramonte, la chiesa fu in seguito rimaneggiata. La facciata in tufo venne modificata per mezzo di interventi barocchi e successivamente impreziosita da un portale gotico e da un rosone. Le decorazioni a stucchi delle pareti interne sono attribuite a Giacomo Serpotta.
Cattedrale
Eretta alla fine dell'XI sec. dal primo vescovo di Siracusa, Gerlando, fu nei secoli successivi più volte rimaneggiata. La facciata è preceduta da un'alta scalinata e affiancata dall'imponente campanile, a base quadrata, incompleto. L'interno, a croce latina, è suddiviso in tre navate da alte colonne. Il soffitto delle navate laterali presenta dipinti di santi e stemmi gentilizi del XVI sec., quello della campata centrale a lacunari lignei è stato costruito nel 1682. Nella Cappella di S. Gerlando interessanti sono l'arca, il reliquiario in argento (1639), gli stucchi barocchi del presbiterio e la quattrocentesca Madonna col Bambino, statua in marmo dello scultore palermitano Stefano di Martino.

LE SOLFARE

Durante il secolo scorso le miniere di zolfo ebbero un ruolo fondamentale nell'economia sicula (all'inizio del XX sec. la regione era una delle principali produttrici di zolfo) e la loro presenza nell'area compresa fa le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna ha modificato il paesaggio e ha lasciato tracce profonde nel costume e nelle tradizioni locali. Nel Museo della Solfara, a Caltanissetta, è stato riprodotto l'interno di una solfara e si possono vedere gli strumenti di lavoro dei minatori. Presso le principali miniere, molte delle quali sono ormai disattivate, si vedono le caverne scavate nella roccia, dove i minatori trascorrevano la notte assieme agli asini e ai numerosi bambini (i carusi, dai sette anni in su) addetti al trasporto dello zolfo all'esterno della miniera. Molto spesso i minatori dormivano nei forni o nei sotterranei delle miniere. Nella solfara di Giangagliano, ancora in attività e dotata di una moderna attrezzatura, è possibile assistere alla lavorazione dello zolfo. Interessante è il procedimento nel quale lo zolfo liquido (in gergo olio) cola dalla porta del calcarone (detta morte) e viene incanalato e fatto solidificare in appositi spazi. La più antica miniera dell'isola è quella di Trabia-Tallarita, situata sul fiume Salso. La parte più antica è la solfara di Trabia (solfara Grande), iniziata nel 1730. I lavori nella miniera Tallarita iniziarono verso la fine del XVIII sec. e vennero organizzati secondo un'impostazione tecnica più moderna e razionale. L'attività della solfara cessò nel 1976.

Caltanissetta

(61.438 ab.). Caltanissetta, situata ai piedi del Monte San Giuliano (568 m s/m.), è un importante centro agricolo e commerciale (notevole è il commercio di zolfo).
STORIA. Nissa, piccolo villaggio greco e poi romano, fu invaso dagli Arabi intorno all'830, e da allora assunse il nome di Caltanissetta che significa Castello di Nissa. Le prime notizie riguardanti la città risalgono al periodo normanno, 1086 circa, quando il conte Ruggero, seguendo il suo progetto di riorganizzazione del territorio e dell'urbanistica della regione, assegnò la zona circostante alla Chiesa latina, conquistò la fortezza di Pietrarossa (di cui non è rimasto molto) e fondò l'abbazia di S. Spirito (ancora oggi ben conservata). Successivamente fu conquistata dagli Svevi, dagli Angioini e dagli Aragonesi, e nel XV sec. divenne feudo dei Moncada, principi di Paternò, fino al '600. Fu in questo periodo che il centro abitato si espanse alquanto aggiungendo al quartiere originario tre nuove borgate. Seguì poi le sorti della Sicilia sotto i Borboni ai quali restò fedele fino al 1860, quando venne conquistata da Garibaldi.
ARTE. I principali monumenti di Caltanissetta sono la Cattedrale (1570-1622), e il Palazzo Moncada (1625), entrambi in stile barocco. La cattedrale, dedicata a S. Maria e a S. Michele Arcangelo, antico patrono della città, fu modificata nel XIX secolo, quando vennero ricostruiti il transetto e la cupola. All'interno pregevoli sono le opere di Guglielmo Borremans (1720): dipinti e la pala dell'altare maggiore con l'Immacolata e santi . Degne di nota sono anche la chiesa di San Sebastiano (risalente al 1605, ma con alta facciata ottocentesca piuttosto classicheggiante), quella di Sant'Agata (XVII sec.), detta anche del Collegio o di S. Ignazio (adiacente al collegio dei Gesuiti e caratterizzata da un'avvenente facciata barocca di color arancione, opera di Natale Masuccio; l'interno a croce greca, presenta delle decorazioni sontuose e offre capolavori d'arte sacra come la grande pala in marmo raffigurante S. Ignazio in gloria), la chiesa di S. Domenico eretta nel 1480 per volere dei Moncada (ampliata e modificata nel Settecento, esibisce un'elegante facciata curveggiante e pregevoli stucchi interni) e quella di Santa Maria degli Angeli, che conserva un bel portale gotico del XIV sec. Ad Est della città si trovano i ruderi del Castello di Pietrarossa (esempio di arte arabo-normanna), pesantemente distrutto dal terremoto del 1567 e le cui sale ospitarono i baroni di Sicilia che proclamarono Federico II d'Aragona, re.
LA PROVINCIA. La provincia di Caltanissetta (274.035 ab.; 2.128 kmq) si estende su un territorio collinare a Nord e pianeggiante a Sud, comprendendo la piana di Gela. Importante per l'economia della provincia è lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, potassio e petrolio. Prodotti dell'agricoltura sono cereali, vino, olio, mandorle, fichi, pistacchi, agrumi, cotone, tabacco. Fra i centri principali ricordiamo Gela, Mazzarino, Mussomeli, Niscemi, Riesi, San Cataldo.

Catania

(313.110 ab.). Catania è situata sulla costa orientale della Sicilia allo sbocco della piana omonima sul Mar Ionio. È un importante centro culturale ed economico ed un notevole mercato agricolo (agrumi, frutta, vino, cereali). Le industrie principali sono quelle alimentari, chimico-farmaceutiche, minerarie e conciarie.
STORIA. Katane, colonia greca fondata dai Calcidesi di Naxos nel 729 a.C., passò nelle mani dei Romani nel 263 a.C. Durante l'Impero godette di una certa prosperità economica, testimoniata ancora oggi dai resti di alcuni edifici quali l'anfiteatro in piazza Stesicoro, il teatro e l'odeon, i ruderi del foro nel cortile S. Pantaleone e quattro complessi termali. La città fu conquistata dai Bizantini nel 535 e dagli Arabi nell'875. Se dei primi non è rimasto molto, i Saraceni lasciarono una traccia importante nel campo dell'agricoltura: introdussero nuove colture e aprirono nuovi collegamenti. All'inizio del periodo normanno furono costruiti nuovi edifici tra cui il Duomo, ma il grave terremoto del 1169 distrusse gran parte della città provocando anche una profonda crisi economica. Nel 1239 l'imperatore svevo Federico II fece edificare il Castello Ursino, simbolo della nuova sovranità. In seguito la città seguì le vicende storiche della Sicilia sotto le dominazioni angioina, aragonese, spagnola e borbonica fino all'annessione al Regno d'Italia nel 1860. In questi secoli Catania è stata più volte colpita da calamità naturali: nel 1669 l'eruzione dell'Etna ha ricoperto l'intera città e nel 1693 il terremoto l'ha danneggiata pesantemente, aggravando la situazione già piuttosto seria. L'opera di ricostruzione e ripresa iniziata nel 1694, è andata avanti fino alla fine del secolo scorso.
ARTE. Artefice della ricostruzione di Catania dopo il terremoto del 1693 fu G.B. Vaccarini, che diede alla città un'impronta inconfondibilmente tardo-barocca. Dell'antica cinta muraria eretta tra il XIV e il XVII secolo, è rimasta solo la porta di Carlo V. Opera del Vaccarini sono il bel Palazzo del Municipio (1741), la Fontana dell'Elefante (1736) e la chiesa di San Giuliano (1760). Sulla piazza del Duomo, alla quale si accede dalla Porta Uzeda costruita nel 1696 e intitolata al viceré duca di Uzeda Francesco Paceco, prospetta la Cattedrale. Nell'angolo Sud-Ovest della piazza sorge l'ottocentesca Fontana dell'Amenano, mitico fiume che scorre sotto la città e che fu citato già da Ovidio. Oltre alla piazza del Duomo, nuclei principali della città sono la piazza dell'Università, con bei palazzi barocchi anch'essi del Vaccarini (Palazzo Sangiuliano, 1745; Palazzo dell'Università, terminato alla fine del XVIII sec. e restaurato dopo il terremoto del 1818, fu opera di diversi architetti), la via Etnea che dal mare sale verso le pendici dell'Etna e la via dei Cruciferi. Qui, sotto il manto stradale è stata trovata un'area archeologica con case di epoca romana, e lungo la via degni di nota sono l'Arco di S. Benedetto (1704), la Badia grande (1777, opera classicista di Francesco Battaglia), la Badia piccola attribuita a G.B. Vaccarini, l'imponente chiesa di S. Benedetto (1704-13) con pregevole porta lignea intagliata con scene di vita del santo e all'interno bei stucchi e altari in marmo pregiato, il Collegio dei Gesuiti oggi sede dell'Istituto d'Arte, il convento dei Padri Crociferi (di Francesco Battaglia, 1771-80). Interessanti sono anche l'eclettico Teatro Massimo Bellini, costruito da Carlo Sada su una preesistente costruzione progettata da Sebastiano Ittar all'inizio del XIX sec. e inaugurato nel maggio del 1890 con l'esecuzione della Norma; la Collegiata detta anche Regia Cappella, opera in stile tardo-gotico catanese, progettata da Angelo Italia e completata da Stefano Ittar nel 1758 (presenta una splendida facciata e un interno a volte affrescate da Giuseppe Sciuti alla fine del XIX secolo). Il Museo Civico, dove sono raccolte testimonianze della storia locale ha sede nel Castello Ursino, fatto costruire da Federico II di Svevia nel XIII sec.
Catania: scorci della città siciliana

Catania: scorci della città siciliana (english version)

LA PROVINCIA. La provincia di Catania (1.054.778 ab.; 3.552 kmq) è delimitata dal massiccio montuoso dell'Etna a Nord, dai Monti Iblei a Sud, e comprende la piana di Catania. Risorsa principale è l'agricoltura con produzioni di cereali, tabacco, barbabietole, pomodori, foraggi, agrumi, vino, olio, frutta e verdura. Diffuso è l'allevamento e attiva è la pesca (sardine, tonno, alici). Fra i centri principali ricordiamo Acireale, Adrano, Biancavilla, Bronte, Caltagirone, Giarre, Paternò, Randazzo e Riposto.

Luoghi d'interesse

Duomo
Costruito nel periodo normanno per volere del conte Ruggero II (1078-1093), fu gravemente danneggiato durante il terremoto del 1693. Nel 1693 fu riedificato da Girolamo Palazzotto e tra il 1733 e il 1761 rimaneggiato da G.B. Vaccarini (che ha inserito diversi elementi barocchi). Dedicato a S. Agata, patrona della città, presenta sul lato sinistro un bel portale marmoreo del 1577 opera di Giandomenico Mazzola. Dell'originaria struttura normanna sono rimasti il transetto, affiancato da due torri, e le tre absidi semicircolari. L'edificio ha le fattezze di una fortezza, fatta di conci di pietra lavica, e caratterizzata dall'addossamento alle mura e dalla merlatura. L'interno a tre navate, suddivise da pilastri, conserva numerose opere degne di nota: nel transetto destro portale marmoreo di Giovan Battista Mazzolo (1545), decorato con 14 bassorilievi rappresentanti scene di vita della Vergine Maria; nel transetto sinistro portale rinascimentale, in marmo, opera di Giandomenico Mazzola (1563), dipinto con scene della Passione; nella sagrestia affresco rappresentante l'eruzione dell'Etna del 1669 e pregevoli armadi intagliati del Seicento e del Settecento. Dalla Cappella di S. Agata si giunge al sacello che custodisce le reliquie e il tesoro della santa, tra cui il busto d'argento dorato del 1373-76 e lo scrigno con i resti della santa, iniziato nel 1460 e terminato nel 1542. Notevoli sono anche le tombe tra cui quella di Vincenzo Bellini, quella del cardinale Dusmet, quella di Costanza d'Aragona e un sarcofago romano del III sec. d.C., proveniente dall'Asia Minore e contenente le spoglie di reali aragonesi che abitarono a Catania.
Sotto la chiesa si trovano le antiche terme Achilliane, solo in parte esplorate, che presentano alle pareti stucchi con scene bacchiche.
Castello Ursino
Fu fatto costuire tra il 1239 e il 1250 da Federico II di Svevia su un'altura per meglio controllare la città ribellatasi nel 1232. Il nome deriva da castrum Sinus, cioè castello del golfo. Nel XIV secolo divenne dimora degli Aragonesi, verso la metà del XVI fu recintato da una cinta muraria e in seguito subì diversi rimaneggiamenti. A pianta quadrata, la fortezza presenta agli angoli quattro torrioni cilindrici e due torri a metà su due lati. L'interno ospita il Museo Civico, fondato nel 1934.
Il Castello Ursino a Catania

Teatro romano
Eretto su un probabile impianto greco, il teatro romano con un diamentro di 87 m circa, poteva ospitare fino a 7000 spettatori. Della struttura sono rimasti buona parte dell'orchestra, della scena e della cavea. Quest'ultima costruita in pietra calcarea, era suddivisa in nove settori e circondata da due corridoi di pietra lavica. L'orchestra con un diametro di 24 m era pavimentata da lastre di marmo, e usata anche per giochi acquatici. Attiguo al teatro, oggi circondato da palazzi, si può vedere l'odeon, edificio coperto, utilizzato per le manifestazioni poetiche e musicali.
Anfiteatro romano
Costruito nel II sec. d.C. era di dimensioni imponenti, l'arena aveva infatti un diametro di 71 m e la cavea poteva contenere fino a 15.000 spettatori. Dell'impianto di pietra lavica rivestito in marmo è rimasta solo la metà Nord con il corridoio esterno, parte degli archi e del corridoio interno.
S. Nicolò e il Monastero di S. Nicolò l'Arena
Progettata come l'edificio religioso più grande della Sicilia, la costruzione iniziata nel 1687 fu bloccata a causa del terremoto e delle dimensioni mastodontiche. L'interno a croce latina, è molto semplice, le uniche decorazioni che spiccano sono quelle marmoree degli altari. Sul pavimento del transetto si trova una meridiana di marmo con segni zodiacali, tracciata nel 1841. Degno di nota è l'organo a cassa lignea intagliata e dorata, opera di Donato Del Piano, che si trova nel presbiterio. Pregevoli sono anche gli affreschi di Giovanni Battista Piparo, sul soffitto della sagrestia. Dall'alta cupola si può vedere l'Etna e addirittura l'Aspromonte calabro.
Intorno alla chiesa si trova il complesso del monastero. La prima struttura fu costruita nel XVI sec. dai Benedettini, ma il terremoto del 1693 la distrusse e così nel 1703 fu edificato un nuovo convento. Alcuni scavi effettuati nei cortili dell'edificio hanno portato alla luce importanti vestigia tra cui una capanna preistorica, resti di costruzioni greche e una casa romana con pavimenti a mosaico e pitture parietali. Pregevoli sono anche il portale neoclassico di Carmelo Battaglia Santangelo; lo scalone d'onore sempre in stile neoclassico, con stucchi di Gioacchino Gianforma rappresentanti scene della vita di Cristo e dei santi. All'interno del primo chiostro si trova un chiosco neogotico, al centro del secondo invece sono i resti di una fontana di marmo del XVII sec. Degni di nota sono anche la porta del Vaccarini, gli stucchi dell'antirefettorio e l'affresco di Piparo S. Benedetto e S. Nicolò in gloria, nel grande refettorio; i carteggi e i cimeli del poeta catanese Rapisardi, contenuti nella sala omonima; la sala Vaccarina caratterizzata da uno splendido pavimento in maiolica napoletana del '700. Oggi il monastero è sede della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Catania.
Palazzo municipale
Chiamato Palazzo del Senato o degli Elefanti, fu costruito su una preesistente loggia dopo il terremoto del 1696. L'architetto Vaccarini eresse tre delle quattro facciate. Nel 1944 scoppiò un incendio, causato da una rivolta popolare, che distrusse gli arredi interni, il Museo del Risorgimento e l'Archivio storico del Comune. A pianta rettangolare, il suo interno conserva il busto quattocentesco di S. Agata e le carrozze del Senato usate per la processione della santa.
Palazzo Biscari
Caratterizzato da sontuose decorazioni barocche di putti e cariatidi, l'edificio fu terminato nel 1763 su progetto di Francesco e Antonio Battaglia. Sede del Museo organizzato nel 1758 dal principe Ignazio Paternò Castello, fu donato nel 1932 al Comune.

Musei di Catania

Museo Civico
Situato all'interno del Castello Ursino, fu fondato nel 1934 in seguito alla fusione di diverse collezioni appartenute ai Benedettini, al barone Zappalà-Asmundo e al principe di Biscari. Pregevoli sono la raccolta archeologica (di cui fa parte il torso di imperatore, frammento di statua romana) e quella degli affreschi provenienti dalle catacombe romane di Domitilla. Degne di nota sono anche le collezioni di sculture medievali e rinascimentali, di dipinti, maioliche e porcellane, di armature e armi, di oggetti preziosi, di presepi e tarsie in marmo. Il pezzo più importante è tuttavia la testa efebica del VI sec. a.C., pervenuta a Lentini.
Casa-Museo di Giovanni Verga
L'edificio nel quale lo scrittore siciliano visse sin dalla prima infanzia, fu trasformato nel 1980 in museo contenente tutti i suoi cimeli, mobili e ricordi.

L'Etna

Situato sulla costa Nord-orientale della Sicilia, l'Etna è il vulcano più alto d'Europa (3.340 m) ed uno dei principali vulcani attivi della terra. Questo massiccio vulcanico nacque verso la fine del Quaternario nel luogo dove era un grande golfo marino e, nel corso dei millenni, assunse la caratteristica forma a cono piuttosto schiacciato, interrotto da coni avventizi e valli di schiacciamento (Valle del Bove e Valle di Calanna). Il cono terminale si alza a circa 2.900 m dall'altopiano dell'antico cratere ed è formato da un insieme di crateri fra loro indipendenti. Alle quote più basse le falde del monte sono ricoperte da una ricca vegetazione e sono intensamente coltivate (agrumi, viti, peri e meli) fino a 1.700 m. A quest'altitudine si incontrano splendidi boschi di pini e larici. Verso i 2.000 m il paesaggio subisce un brusco cambiamento dovuto alla diminuzione delle acque, abbondanti invece a quote inferiori. I pascoli e i cespugli di ginepro e di astragolo etneo (spino santo) scompaiono dopo i 2.400 m. Fra le molte eruzioni dell'Etna ricordiamo quella del 475 a.C. È legata alla leggenda secondo cui il filosofo Empedocle, che si era ritirato in meditazione sul vulcano (Torre del Filosofo), morì inghiottito dal cratere centrale. Durante l'eruzione del marzo-luglio 1669 nacquero i Monti Rossi e si ebbe lo sprofondamento del cratere centrale: un mare di lava invase Catania e si inabissò nel mare. Fra le eruzioni più recenti citiamo quelle degli anni '70 e '80 durante le quali si aprirono nuovi crateri e nuove bocche eruttive. Nel marzo 1987 veniva istituito il Parco dell'Etna che si estende su una zona di 50.000 ha comprendente 18 comuni e divisa in quattro zone. A cavallo tra il 1991 e il 1992 si vericava una nuova, drammatica eruzione del vulcano. Per mesi la colata lavica ha minacciato il paese di Zafferana Etnea, posto sulle pendici del monte, ma grazie all'intervento della Protezione Civile l'eruzione è stata deviata senza provocare danni alla popolazione e alle zone abitate.
Veduta del cratere dell'Etna

L’Etna, il più alto vulcano d’Europa

Enna

(28.983 ab.). La città di Enna sorge su un alto terrazzo calcareo a 931 m s/m. È un attivo centro agricolo e minerario (zolfo, salgemma ecc.) con industrie tipografiche e molitorie.
STORIA. L'antico villaggio siculo di Enna, abitato inizialmente dai Sicani, fu colonizzato dai Greci nel V sec. a.C. e, grazie alla sua posizione strategica, divenne molto importante. Liberata da Pirro dopo le occupazioni siracusana e cartaginese, Enna si alleò con Roma durante la prima guerra punica. Durante il dominio romano, le aree intorno al centro abitato, coltivate a cereali, vennero ridotte, cosicché la città poté ingrandirsi. Distaccatasi da Roma nel corso della seconda guerra punica, iniziò a decadere. Passò per breve tempo in mano ai Bizantini e dall'858 al 1091 fu occupata dagli Arabi, sotto i quali incrementò il suo potere produttivo, soprattutto grazie alle tecniche innovative riguardanti l'irrigazione. Con la conquista normanna che avvenne nel 1088, fu edificato un castello a custodia della vallata e fu stanziata una colonia lombarda. In seguito Enna vide la dominazione degli Svevi che amplificarono il sistema di difesa facendo costruire la cittadella, e il Castello Vecchio (conosciuto anche come Torre di Federico II). Nel Trecento la città cambiò il nome in Castrogiovanni, toponimo che mantenne fino al 1927, e urbanisticamente acquisì l'assetto definitivo che conserva ancora oggi. Dopo l'arrivo degli Spagnoli a metà del XIV secolo, Enna mantenne la posizione di città demaniale e seguì le sorti della regione. Nel 700 e nella prima metà del secolo successivo, durante la dominazione borbonica la città visse un periodo di decadenza che, foriero di un certo malcontento, sfociò nelle insurrezioni per la causa nazionale del 1848 e del 1860. Il 6 dicembre 1926 Castrogiovanni venne proclamata capoluogo di provincia, dall'allora capo del Governo Benito Mussolini e il 27 ottobre 1927 la città riprese il nome di Enna.
ARTE. La posizione dominante la valle del Dittáino è valsa ad Enna l'appellativo di "Belvedere della Sicilia". Per rendersi conto di quanto questo titolo sia meritato basta pensare allo splendido panorama che si gode da piazza Crispi o dal Castello di Lombardia. Questo imponente edificio dalla forma irregolare chiude ad Est l'arteria principale della città, la via Roma, lungo la quale sono situati i più importanti monumenti: la chiesa barocca di San Benedetto e il Duomo (XIV sec., rifatto nel secolo successivo) dalle absidi gotiche. Degni di nota sono anche la chiesa secentesca di S. Chiara dall'interno settecentesco con pavimento in maiolica e pregevoli dipinti; quella di S. Francesco d'Assisi, fondata nel '300 e in seguito rimaneggiata più volte, è costituita da una navata unica ed è affiancata da una torre campanaria del XV sec. (la struttura complessiva la fa sembrare più una fortezza che una chiesa); Palazzo Pollicarini dimora fortificata in stile gotico, un portale barocco conduce nel cortile all'interno del quale si possono ammirare il portico e i due piani del palazzo, abbelliti da cornici abbondantemente sagomate e arabeschi; Palazzo Varisano, edificato nel '700 su un'antica costruzione del Quattrocento, presenta elementi barocchi e quattrocenteschi, ed è sede del museo archeologico. Nel Museo Alessi, fondato tra il XVIII e il XIX secolo dall'ecclesiastico Giuseppe Alessi, sono conservati il Tesoro del Duomo, dipinti di diversa origine, rare icone bizantine, una pregevole collezione numismatica e reperti greci, romani, bizantini ed egiziani (si tratta di 31 statuette funerarie chiamate ushabti).
LA PROVINCIA. La provincia di Enna (177.200 ab.; 2.562 kmq) si estende su un territorio montuoso che comprende i monti Erei e il versante meridionale dei Nebrodi. Importante è lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, salgemma e sali potassici. Prodotti dell'agricoltura sono cereali, frutta, legumi, olivi, viti, mandorli e agrumi. L'allevamento ovino e caprino alimenta la produzione di lana, ricotta, formaggi e burro. Fra i centri principali ricordiamo Agira, Barrafranca, Centuripe, Leonforte, Nicosia, Piazza Armerina, Pietraperzia, Regalbuto, Troina, Valguarnera Caropepe.

Luoghi di interesse

Castello di Lombardia
Situato nel punto più alto della città, fu tra le fortezze difensive più grandi ed importanti della Sicilia. Costruito in epoca normanna su una preesistente fortificazione araba, sembra che vi fosse un insediamento lombardo e ciò ne spiega il nome. In seguito fu modificato da Federico II d'Aragona durante il suo soggiorno. In origine aveva venti torri, oggi ne sono rimaste solo sei e la meglio conservata è la torre Pisana, la più alta e dalla quale si può ammirare uno splendido panorama.
Duomo
Edificato nel XIV secolo, fu gravemente danneggiato da un incendio nel 1446 e ricostruito nel XVI secolo. Della struttura originaria sono rimasti il transetto e le tre absidi. Pregevole il portale cinquecentesco del Gagini con un bel bassorilievo marmoreo raffigurante S. Martino e il povero. Pochi metri più avanti la porta santa murata che ricorda il giubileo del 1447 indetto da Papa Eugenio VI per favorire la ricostruzione della chiesa dopo l'incendio. L'interno a croce latina è composto da tre navate divise da archi ogivali, sorrette da colonne di alabastro nero, i cui capitelli sono adornati da rilievi con animali, foglie e santi. Il soffitto della navata centrale è a cassettoni e presenta rosoni di legno con teste di grifoni e splendidi fregi. Degno di nota è il pulpito marmoreo del XVII sec. a forma poligonale e con decorazioni classicheggianti e rinascimentali. All'interno, degni di nota sono alcuni dipinti, tra cui la Visitazione di Filippo Paladino, la quattrocentesca statua della Madonna della Visitazione, patrona della città, armadi elegantemente intagliati e monili in argento ed oro tra cui una volta spiccava la corona della Madonna decorata con brillanti, diamanti e gemme colorate, oggi conservata presso il Museo Alessi.
Torre di Federico II
Situata su di una collinetta al centro del giardino pubblico, la torre è alta 24 m, ha una base ottagonale ed è stata costruita nel XIII secolo su una preesistente fortificazione. Rimaneggiata in seguito presenta le caratteristiche tipiche dell'architettura militare federiciana. Divisa in tre piani, il soffitto delle sale è costituito da volte a ombrello.
A sinistra: l’ottagonale Torre di Federico; a destra: la torre-facciata del duomo di Enna


Messina

(252.026 ab.). La città di Messina è situata sulla sponda occidentale dello stretto omonimo. È importante nodo di collegamento fra la Sicilia e il continente e centro agricolo (produzione di uva, olive, nocciole, agrumi) e commerciale. Vi è inoltre praticata la pesca del pesce spada. Industrie principali sono quelle navali, metalmeccaniche, molitorie, enologiche, alimentari e chimiche.
STORIA. I primi insediamenti risalgono all'età del Bronzo, mentre i Greci arrivarono intorno al 740 a.C. La città di Zancle, falce, fu fondata infatti dai Calcidesi nell'VIII sec. a.C. Venne in seguito chiamata Messana e poi Messena dal tiranno Anassile che la conquistò nel V sec. a.C. e vi trasferì numerosi esuli messeni, da cui il nome. Divenuta prospera e potente, la città fu distrutta dai Cartaginesi nel 396 a.C. e venne ricostruita da Dionigi il Vecchio di Siracusa, che la ripopolò facendovi trasferire circa 6000 coloni. Nel 288 a.C. Messina fu occupata dai Mamertini che, per sconfiggere Gerone II di Siracusa, chiamarono in loro aiuto i Cartaginesi, ai quali poco dopo si ribellarono, alleandosi con i Romani che li liberarono. Questo episodio fu all'origine della prima guerra punica che si concluse con la conquista della Sicilia da parte dei Romani (264 a.C.- 241 a.C.). Messina divenne non solo la prima città siciliana in mano ai Romani ma soprattutto un prospero centro commerciale. Nonostante la caduta dell'Impero romano nel V sec. d.C. la città non sembrò risentirne particolarmente e infatti continuò ad essere importante e fiorente sotto Bizantini, Arabi e Normanni. Durante il periodo bizantino, la città fu controllata dagli Stratigoti, magistrati locali. Ma ben presto gli Arabi riuscirono ad impossessarsi della città che tuttavia non mantennero a lungo. Con il dominio normanno Messina acquistò una nuova fisionomia, furono costruiti palazzi, chiese e monasteri e la cinta muraria a difesa dell'insedimanto cittadino venne rafforzata. In mano agli Svevi, Messina consolidò la sua posizione agiata grazie alla concessione del porto franco da parte di Enrico VI, che determinò la libera importazione ed esportazione delle merci. L'accrescimento della prosperità economica portò allo sviluppo del tessuto urbano, si edificarono così nuove chiese e fu istituita la fiera di S. Sepolcro, molto importante per il commercio delle merci, in particolar modo seta, pelli e lana. La presenza degli Angioini non fu molto gradita e in seguito all'insurrezione palermitana culminata nei Vespri, anche gli abitanti della città si ribellarono ai Francesi. Nel XIV sec. gli Aragonesi la nominarono loro capitale. Sotto gli Spagnoli la città venne privata di ogni autonomia politica e amministrativa, e data in mano ai viceré. Ciò determinò un pesante declino che portò a un crescente malcontento. Così nella seconda metà del Seicento i messinesi stanchi dei soprusi spagnoli, chiamarono in aiuto i Francesi, che giunsero in città alla fine del 1674. Questi soppressero il porto franco, privarono Messina dei numerosi privilegi, delle istituzioni politiche e di quelle culturali, e inoltre depredarono gli edifici dei preziosi codici e di ogni altro bene. La città visse allora un grave declino, acutizzato anche dalla peste diffusasi nel 1743 e da un terremoto (1783). Subito dopo il terremoto il governo di Ferdinando IV di Borbone agì con grande determinazione ed efficienza: giunsero soccorsi da tutto il Regno e per facilitare la ricostruzione, la città venne sgravata per venti anni dalle imposte, inoltre le venne riconcesso il porto franco e venne promulgata una importante legge antisismica. I lavori di riedificazione andarono avanti per molto tempo fino a Ottocento inoltrato, ma la legge antisismica non fu rispettata e vennero ricostruiti edifici di oltre 5 piani senza fondamenta ben solide. Anche Messina partecipò al Risorgimento italiano e nel 1848 scoppiò una vera e propria rivolta durante la quale i messinesi riuscirono ad espugnare quasi tutte le roccaforti borboniche. La città fu riconquistata circa nove mesi dopo dagli uomini del generale Filangeri, sbarcati da una potente flotta. Alla fine del luglio 1860 Giuseppe Garibaldi e le sue truppe liberarono Messina dal dominio borbonico. La conseguente annessione al Regno d'Italia non portò subito le agevolazioni sperate, anzi l'unificazione del mercato nazionale determinò la soppressione di alcune prerogative fiscali e commerciali; solo il commercio della seta rimase in parte prospero e nacquero nuove industrie, come quella conserviera, quella dei saponi e dei sigari, il cui sviluppo rimase tuttavia a livello locale. Nel 1899 entrarono in funzione i primi traghetti che collegavano la Sicilia al resto d'Italia, ciò determinò un discreto giovamento per l'intera città, i traffici portuali infatti aumentarono notevolmente e Messina divenne lo snodo principale di tutte le arterie isolane, poiché da qui arrivavano e partivano le merci provenienti dal continente e destinati all'isola. Nel 1905 si verificarono alcune scosse telluriche che danneggiarono gli edifici della città, ma il disastro più grande avvenne nella notte del 28 dicembre 1908, quando Messina fu completamente distrutta dal maremoto generato da una forte scossa di terremoto. L'onda di 6 metri che si abbattè sulla costa non solo distrusse tutto ma mietè 80.000 persone. Gli abitanti che sopravvissero si trovarono nella miseria più profonda e nonostante fu deliberata una tempestiva ricostruzione, gran parte della gente si trasferì in altre città e paesi. Nel decennio successivo al disastro furono costruiti numerosi edifici conformi alla legge antisismica, ma la città appariva ancora un grande cantiere circondato da baracche e macerie. La ricostruzione si arrestò durante il primo conflitto mondiale, mentre con la seconda guerra mondiale, la città fu danneggiata nuovamente dai bombardamenti aerei (1943). Negli anni '50 Messina dovette riaffrontare una nuova ristrutturazione, che unita a quelle precedenti ha cancellato quasi ogni traccia di storia.
ARTE. Il terremoto del 1908 e i bombardamenti del 1943 hanno distrutto quasi tutti gli edifici antichi della città, che è stata ricostruita con una struttura regolare caratterizzata da vie ampie e parallele. Fra i pochi monumenti rimasti, risalenti quasi tutti al Medioevo, meritano una particolare attenzione il Duomo (inizio del XII sec., più volte ricostruito), la chiesa della SS. Annunziata dei Catalani (metà XII sec.), la chiesa di S. Maria degli Alemanni (prima metà del XIII sec.) e quella di S. Giovanni di Malta, progettata nel Cinquecento da Jacopo del Duca e nel Novecento inglobata nel Palazzo della Prefettura. Di notevole interesse è il Museo Nazionale, che raccoglie importanti documentazioni archeologiche e artistiche fra cui ricordiamo il polittico di San Gregorio di Antonello da Messina (1473), l'Adorazione dei Pastori e la Resurrezione di Lazzaro del Caravaggio (1609). Pregevole è anche la Fontana di Orione, costruita nel 1547 da Giovanni Angelo Montorsoli e Domenico Vanello in onore della costruzione del primo acquedotto cittadino, e resistita ai vari disastri (le figure umane che la adornano rappresentano i fiumi Nilo, Tevere, Ebro e Camaro).
LA PROVINCIA. La provincia di Messina (662.450 ab.; 3.248 kmq) si estende lungo la costa Nord-orientale della Sicilia su un territorio prevalentemente montuoso (Monti Peloritani) bagnato a Nord dal Mar Tirreno e ad Est dal Mar Ionio. l'economia è prevalentemente agricola (agrumi, viti, noccioli, prodotti ortofrutticoli) e la pesca (pesce spada) è molto diffusa. Accanto alle industrie dolciarie, delle essenze e dei profumi, sono presenti le industrie petrolifera, chimica ed estrattiva. Il turismo è sviluppato nelle isole e nelle località di interesse artistico. Fra i centri principali ricordiamo Barcellona, Lipari, Milazzo, Mistretta, Patti, Pozzo di Gotto, San Fratello, Sant'Agata di Militello, Taormina, Tortorici.
Panorama di Messina

Luoghi d'interesse

Duomo e campanile
Considerato la principale opera cittadina, fu costruito dai Normanni e consacrato sotto gli Svevi alla fine del 1100. Nel 1254 durante i funerali di Corrado IV, figlio di Federico II di Svevia, un incendio distrusse il tetto ligneo realizzato da artigiani arabi. Numerose furono le modifiche a partire dal Trecento, che se da una parte arricchirono artisticamente la cattedrale (mosaici delle absidi, portale, facciata), dall'altra alterarono l'aspetto originario. Danneggiato dai terremoti del 1638 e del 1783, fu quasi completamente distrutto da quello del 28 dicembre 1908. La ricostruzione successiva portò alla luce alcuni elementi della struttura normanna. Durante la seconda guerra mondiale fu gravemente colpito dai bombardamenti. L'aspetto attuale dovuto alle ricostruzioni postbelliche, ha mantenuto nell'esterno pregevoli parti del XIV-XVII secolo. La facciata, ricca di marmi policromi a bassorilievo rappresentanti scene di vita campestre e domestica, presenta un magnifico portale in stile gotico, fiancheggiato da leoni stilofori trecenteschi. Il portale del lato destro, attribuito a Polidoro da Caravaggio, è circondato da belle finestre quattrocentesche. Anche l'interno a croce latina commissa, è stato ampiamente rimaneggiato, sono rimaste le tre navate divise tra loro da colonne e due portali del '400. Pregevole è la statua di S. Giovanni Battista di Antonello Gagini posta sull'altare della navata destra. La Cappella del Sacramento nell'abside sinistra, progettata da Jacopo del Duca, allievo di Michelangelo, nel XVI sec. è la parte meno rimaneggiata poiché non colpita dalle diverse calamità e presenta uno splendido mosaico del XIV sec. con la Madonna in trono circondata da angeli e santi, e alcune formelle rappresentanti l'Ultima cena e la Cena in Emmaus.
Costruzione normanna, il campanile fu distrutto dal terremoto del 1783. Ricostruito, fu successivamente abbattuto per ordine comunale nel 1863 e sostituito con due torri più piccole addossate all'esterno delle absidi e distrutte definitivamente dal sisma del 1908. La ricostruzione, opera dell'architetto F. Valenti, rispecchia largamente la struttura originaria normanna. Oggi la torre campanaria è alta 60 m e presenta un grande orologio meccanico con quattro quadranti, ognuno su ogni lato del campanile, e degli automi che alle 12 e a mezzanotte si mettono in funzione e rappresentano diverse scene e allegorie varie (i giorni della settimana, le età dell'uomo, episodi del Vangelo, la consegna della lettera della Madonna agli ambasciatori di Messina e il Santuario di Montalto che sorge e scompare dietro una montagna).
S. Maria degli Alemanni
Questa chiesa, o meglio ciò che ne rimane, risale al XIII secolo, e si ritiene voluta dai Cavalieri Teutonici, ordine istituito a Messina da Federico II di Svevia. In stile gotico fu probabilmente eretta grazie all'opera di maestri provenienti dal Nord Europa. Una cronaca locale informa che già nel 1606 era in stato di abbandono; in seguito fu quasi distrutta da un fulmine che la colpì durante un violento temporale nel 1612. Usata per anni come bottega o come magazzino, non fu assolutamente danneggiata dal sisma del 1908. Recentemente restaurata.
SS. Annunziata dei Catalani
Fondata col nome di S. Maria di Castellammare nel XII secolo, durante il periodo aragonese fu cappella reale ed in seguito, verso la fine del XV secolo, fu ceduta a cortigiani e ricchi mercanti catalani al seguito di Pietro d'Aragona. Da allora è nota come la SS. Annunziata dei Catalani. Il piano di calpestio della piccola chiesa si trova più in basso rispetto alle altre costruzioni della città a causa dei vari smottamenti. Notevoli gli elementi arabi presenti nella facciata e nei prospetti laterali. L'interno a tre navate e con un'alta cupola, conserva capitelli e colonne in stile arabo-bizantino.
Forte S. Salvatore
Costruito sull'estremità della penisola di S. Ranieri intorno al 1540 per volere del viceré Ferrante Gonzaga, il forte acquisì tale nome perché sorgeva su un preesistente convento dedicato al SS. Salvatore. Progettata da Antonio Ferramolino da Bergamo, la fortezza fu il primo edificio a difesa della zona. Nel 1674, durante la rivoluzione antispagnola la costruzione fu espugnata dai Messinesi che lo tennero per quattro anni. Dopo il terremoto del 1783 che inflisse gravi danni, la fortezza fu usata principalmente contro la città: i suoi cannoni insieme a quelli della vicina Cittadella tuonarono infatti spesso contro Messina. Nel 1848 fu occupato dai Borboni e ancora una volta usato contro la città fino al 1861 anno in cui la penisola di San Raineri venne conquistata dalle truppe garibaldine.
Cittadella
Costruita tra il 1682 e il 1686, anche se i lavori continuarono nella prima parte del '700, questa fortezza fu la più possente del Mediterraneo. Sorta pochi anni dopo la rivoluzione antispagnola (1674-78) a scopo principalmente difensivo, esercitò anche un certo controllo nei confronti dei possibili nuovi tentativi di insurrezione da parte dei Messinesi. In seguito fu usata come carcere. Progettata dal fiammingo Carlo Grunenberg, uno dei migliori architetti militari del tempo, era a pianta pentagonale, circondata da fossati scavati nel mare e collegata alla terra ferma per mezzo di ponti mobili difesi da imponenti bastioni e numerosissimi cannoni, che la rendevano inespugnabile. Nella sua secolare storia la Cittadella fu presa dagli spagnoli nel 1718, l'anno dopo dagli Austriaci e nel 1735 dai Borboni di Carlo III. Ancora in mano alle truppe borboniche, durante i moti del 1848, fu bombardata dai messinesi che tuttavia non riuscirono ad espugnarla e dopo otto mesi di incursioni furono definitivamente sconfitti dagli uomini del generale Filangieri. Nel marzo del 1861 la Cittadella fu presa dalle truppe sabaude del generale Cialdini. Il catastrofico sisma del 1908 non scalfì minimamente la fortezza che fu usata come deposito per i beni recuperati, ma i bombardamenti della seconda guerra mondiale la danneggiarono gravemente. Nel periodo postbellico la progressiva industrializzazione della penisola ha portato all'abbandono della struttura, che tuttavia conserva intatti tre dei cinque bracci e notevoli pezzi di interesse artistico.

Musei di Messina

Museo regionale
Istituito all'interno dell'antica filanda Barbera-Mellinghoff nel 1914, il Museo conserva opere e pezzi provenienti dal vecchio Museo Civico Peloritano e da tutti gli edifici e monumenti danneggiati dai vari disastri (terremoti e eventi bellici). Il museo custodisce dipinti dal XII al XVIII secolo di personalità prestigiose come Antonello da Messina, Girolamo Alibrandi, Polidoro e Caravaggio. Tra le opere del periodo bizantino-normanno ricordiamo frammenti delle capriate del Duomo dipinti da maestri ignoti del XIII-XIV sec. e raffiguranti scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, Madonna col Bambino tra S. Agata e S. Bartolomeo (dipinto su tavola, anonimo) e la statua marmorea della Madonna degli Storpi, opera di Goro di Gregorio (1333); del periodo rinascimentale, notevoli Madonna in trono col Bambino tra S. Gregorio e S. Benedetto, dipinto su tavola di Antonello da Messina (1473) e una statua in marmo attribuita a Francesco Laurana, Madonna col Bambino; al periodo manierista appartengono Adorazione dei pastori di Polidoro Caldara da Caravaggio, Scilla, la statua in marmo di Giovan Angelo Montorsoli (1557) e un dipinto su tavola di Girolamo Alibrandi, S. Pietro; degna di particolare attenzione è la sala dedicata a Michelangelo Merisi, Caravaggio, che vissuto a Messina un paio d'anni (1608-1609) lasciò delle belle tele: Adorazione dei pastori e Risurrezione di Lazzaro. Il museo ospita anche tarsie con decorazioni floreali, marmi, pietre dure, paste vitree, opere di maestri locali, e reperti archeologici di epoca greca e romana.

Ragusa

(68.956 ab.). La città di Ragusa è situata su un'altura (502 m s/m) in prossimità dei monti Iblei. Il nucleo cittadino si è sviluppato su due alture calcaree collegate fra loro da una scalinata. Risorsa principale è l'industria, alimentata dalle cave d'asfalto e dai giacimenti petroliferi; sono inoltre presenti industrie alimentari, delle materie plastiche e cementifici.
STORIA. Ragusa vanta origini antiche, la collina di Ibla fu infatti abitata fin dal III millennio a.C., anche se testimonianze più assidue si registrano a partire dal IX al VII sec. a.C. I primi insediamenti furono opera dei Siculi e si ipotizza che il nucleo più antico del sito (Ragusa Ibla) coincidesse con l'antico centro siculo di Ibla Erea. Fu conquistata prima dai Romani e successivamente dai Bizantini (IV sec.) che cinsero il borgo di alte mura difensive. Un nuovo sistema di coltivazione, introdotto dagli Arabi nell'848, determinò la ripopolazione delle campagne circostanti il sito. I Normanni che si insediarono nel 1091 con il figlio del conte Ruggero, Goffredo, vi trasferirono una colonia di cosentini, che si stanziarono nella parte meridionale dell'altopiano al di fuori delle mura, dando vita a nuovi quartieri. Ragusa divenne allora Contea e assunse la classica struttura medievale con il castello a Ovest, il giardino Ibleo a Est e diversi ordini religosi all'interno delle mura. Nel periodo successivo al matrimonio di Costanza d'Altavilla con l'imperatore di Germania Enrico VI anche la città passò sotto gli Svevi e dal 1266 nelle mani degli Angioini, cacciati con la rivolta del Vespro nel 1282. Con la dominazione aragonese che ripristinò il sistema feudale, Ragusa fu assegnata come contea alla famiglia dei Chiaramonte e successivamente a quella dei Cabrera (1448). La concessione dell'enfiteusi da parte del conte Cabrera cambiò l'economia, nacque infatti una nuova e solida classe di imprenditori agricoli, i massari. Anche l'aspetto del territorio fu modificato: il frazionamento dai campi recintati dai muri a secco, fatti di pietra, permise di fatto la rotazione delle colture e il pascolo semibrado di bovini. Nel 1693 la regione fu colpita da una grave scossa di terremoto che distrusse una buona parte delle città e fra queste Ragusa, che fu privata di 5000 abitanti. La costruzione di una nuova città in stile barocco e sulla vicina collina di Patro iniziò subito soprattutto grazie all'opera della nuova classe nobiliare; la nuova Ibla barocca fu invece ricostruita solo dopo il 1730 sul preesistente tessuto medievale, al quale vennero aggiunte chiese e palazzi nobiliari. Ibla e Ragusa collegate dalle scale antiche, crebbero simultaneamente, nonostante continue divisioni fino al 1926 anno della ricongiunzione, in seguito alla quale la città assunse il nome definitivo di Ragusa.
ARTE. Ragusa ha mantenuto la caratteristica planimetria medievale, mentre gli edifici hanno aspetto e forme barocche, essendo stati ricostruiti dopo il terremoto del 1693.
Bella è la chiesa di San Giorgio (1738-75) dalla maestosa facciata barocca, opera di R. Gagliardi, come la chiesa di San Giuseppe, dall'elegante interno a stucchi. Degna di nota è anche la chiesa di S. Francesco all'Immacolata, costruita nel XVII secolo sui resti di un'antica chiesa francescana del Duecento, l'interno presenta largo uso della pietra pece, impiegata nei pavimenti, nella costruzione delle acquasantiere e in una lastra tombale del 1577. Nei pressi della chiesa di Santa Maria dell'Idria (anch'essa barocca, istituita dai Cavalieri di Malta nel 1626 e rimaneggiata nel 1739) sale la scalinata (242 scalini) che termina vicino alla chiesa di Santa Maria delle Scale (XV-XVI sec., rifatta dopo il terremoto, è posta ai piedi delle scale che congiungono la città alta e Ibla; della struttura originaria rimane il portale e il pulpito in stile gotico ai piedi del campanile; l'interno a tre navate, due barocche e una in stile misto, presenta numerose cappelle) nella nuova città (Ragusa) sorta dopo il terremoto. Il monumento più interessante di questa zona è il Duomo (1706-60), fiancheggiato da un alto campanile (dedicato a S. Giovanni Battista, è caratterizzato da una facciata barocca e da un imponente portale; l'interno a croce latina e adornato da stucchi, è a tre navate divise da colonne costruite con la pietra asfaltica ragusana). Meritevoli di attenzione sono anche i palazzi, tra cui Palazzo Zacco, in stile barocco con un ampio portale affiancato da due colonne che sostengono il balcone centrale e adornato dallo stemma gentilizio e da una maschera piuttosto grande e ridente; Palazzo Bertini (XVIII sec.) è caratterizzato da tre mascheroni posti sulle finestre e rappresentanti un povero dall'espressione incurante di tutto, un nobile dallo sguardo fermo di chi ha più potere della legge e un ricco mercante forte dell'arroganza del denaro; il settecentesco Palazzo Cosentini tipico del Barocco ragusano; Palazzo Nicastro (1760) anch'esso in stile barocco e sede della Cancelleria comunale di Ibla fino al XIX secolo; Palazzo Battaglia, probabilmente opera di Rosario Gagliardi.
LA PROVINCIA. La provincia di Ragusa (295.264 ab.; 1.614 kmq) occupa parte della Sicilia occidentale e confina con le province di Caltanissetta, Catania e Siracusa. Prodotti dell'agricoltura sono cereali, uva da vino, olive, agrumi, ortaggi. Diffuso è l'allevamento del bestiame che alimenta l'industria lattiero-casearia. Altre industrie sono quelle estrattive, dei materiali da costruzione, chimiche, petrolchimiche, alimentari e della carta. Fra i centri principali ricordiamo Comiso, Ispica, Modica, Scicli, Vittoria.
Panorama di Ragusa Ibla


Siracusa

(123.657 ab.). Siracusa è situata sulla costa Sud-orientale della Sicilia e occupa anche l'isoletta di Ortigia, cui è collegata da un ponte. Agricoltura (ortaggi, frutta, uva, agrumi) e industria (cementifici, oleifici, industrie conserviere, chimiche e petrolchimiche) sono le principali risorse della città, che è anche un importante centro commerciale con un attivo porto.
STORIA. Nel 734 a.C. un gruppo di coloni greci provenienti da Corinto fondò il centro di Syrakûsai sull'isola di Ortigia. Retta da un governo aristocratico, la città ebbe un rapido sviluppo e in breve tempo si espanse sulla terraferma. La crisi politico-sociale del V sec. a.C. portò al potere Gelone, tiranno di Gela, che instaurò la tirannide (485-78 a.C.). Sotto Gelone e il suo successore, il fratello Gerone (478-66 a.C.), Siracusa raggiunse un'importanza commerciale e culturale e una potenza politico-militare (vittoria sui Cartaginesi ad Imera, 480 a.C.) tali da infastidire Atene. Scacciato il successore di Gerone (466 a.C.), i Siracusani si diedero un ordinamento democratico, ma dopo aver sconfitto gli Ateniesi nel 413, non riuscirono a tenere testa a Cartagine e chiamarono in loro aiuto lo stratega Dionisio il Vecchio: costui, respinta l'offensiva cartaginese, ristabilì la tirannide (405-367). Nonostante il periodo di confusione seguito alla morte di Dionisio (nel 340 Siracusa fu a capo di una lega delle città siceliote organizzata da Timoleonte e nel 317 Agatocle divenne il nuovo tiranno della città), Siracusa continuò ad affermare la sua potenza politica e commerciale. Alla morte di Agatocle (289) ripresero le lotte interne fra i vari gruppi politici, che durarono fino al governo di Gerone II (265-215): questi, coinvolto nella prima guerra punica, si alleò con Roma. Traditi dal successore di Gerone II, Geronimo, che si schierò con i Cartaginesi, i Romani assediarono Siracusa, conquistata nel 212 a.C.
Sotto i Romani la città mantenne la sua importanza e la sua prosperità economica. Annessa all'Impero d'Oriente nel 535, rimase bizantina fino alla conquista araba dell'878. Alla dominazione araba seguirono quelle normanna, pisana, genovese, sveva e aragonese. Sotto gli Aragonesi la città godette di un periodo particolarmente felice e ritornò all'antica prosperità; dopo la loro caduta seguì le vicende storiche della Sicilia sotto i Borboni, cui si ribellò nel 1860.
ARTE. Siracusa conserva splendide testimonianze del suo passato di fiorente città della Magna Grecia.
Fondata sull'isoletta di Ortigia, si estese nel V sec. a.C. sulla terraferma, dove sorse l'agorà e si svilupparono i quartieri di Acradina, Neapoli, Tiche ed Epipoli. Nell'isola di Ortigia si trovano il più antico dei templi dorici siciliani (Tempio di Apollo, VII-VI sec. a.C.), il Duomo (costruito nel VII sec. d.C. inglobando il Tempio di Athena, del V sec. a.C., le cui colonne sono visibili all'interno), la Fontana Aretusa (la cui origine è legata alla leggenda della ninfa che si tramutò in fonte per sfuggire ad Alfeo) in cui crescono i papiri, il Castello Maniace (XIII sec.) situato su uno sperone roccioso all'estremità meridionale dell'isola e il Museo Archeologico, che raccoglie preziose testimonianze della storia della Sicilia dalla preistoria all'epoca romana. Il Palazzo Bellomo (XIII sec.) ospita il Museo Nazionale, dove si trova l'Annunciazione di Antonello da Messina (1474). Degni di nota sono anche Palazzo Lonza-Bucceri, Palazzo Platamone, oggi sede della Banca d'Italia, con all'interno una pregevole scala quattrocentesca in stile gotico-catalano, Palazzo Mergulese-Montalto edificato nel 1397, presenta una magnifica facciata con bifore e trifore. Sulla terraferma è il Parco Archeologico della Neapoli dove sono i principali monumenti archeologici della città. Di questi il più importante è certamente il Teatro Greco (V sec. a.C.; rinnovato nel 230 a.C.), dove ancora oggi vengono rappresentate, tragedie greche. Nei pressi del teatro sono l'Anfiteatro Romano (III sec. d.C.) e le latomie, antichissime cave di pietra dalle quali venivano estratti i blocchi di calcare grigio-bianco, usati per la costruzione di diversi edifici e monumenti della città. Le dodici latomie siracusane (estese per circa 1.5 Km) in passate furono usate anche come prigioni dove i condannati dovevano scavare la roccia. In origine inoltre erano meno ampie di come sono ora, ma i crolli delle volte e di alcuni pilastri, dovuti ai numerosi terremoti, hanno ampliato gli spazi permettendo al sole di trasformare questi luoghi bui in rigogliosi giardini. La latomia del Paradiso, ritenuta la più importante, è infatti ricoperta da un agrumeto rigoglioso.
All'interno si aprono l'Orecchio di Dionisio (grotta artificiale dalla forma curiosa) e la Grotta dei Cordari. L'Orecchio di Dionisio deve il suo nome alla leggenda secondo cui il tiranno Dionisio poteva udire, senza essere visto, le rivelazioni dei prigionieri, grazie al fenomeno acustico della risonanza. La latomia di Santa Venera è la piccola e nel Settecento fu trasformata in un grazioso giardino con un'intensa e ricca vegetazione tropicale. Nella zona ad Est della città, l'antica Acradina, è situata la Latomia dei Cappuccini, la più grande del complesso siracusano, dove si trovano suggestive formazioni rocciose. Qui morirono 7.000 prigionieri ateniesi nel 414 a.C.. Sull'altopiano di Epipoli, nell'angolo a Nord-Ovest dove si incontrano le mura della città, sorge il Castello Eurialo, una delle più complete realizzazioni dell'architettura militare greca, costruito per volere di Dionisio il Vecchio (402-397 a.C.) in posizione imprendibile. Testimonianza del periodo cristiano sono le catacombe di San Giovanni (IV-V sec. d.C.), a cui si accede dalla chiesa di San Giovanni (VI sec., distrutta dal terremoto del 1693) e di Santa Lucia (III sec.). La chiesa di Santa Lucia, costruita secondo la tradizione sul luogo dove la santa subì il martirio nel 304, risale al XII sec. e conserva il Seppellimento di Santa Lucia, dipinto dal Caravaggio nel 1609.
LA PROVINCIA. La provincia di Siracusa (396.167 ab.; 2.109 kmq) si estende su un territorio prevalentemente montuoso e collinare confinante con le province di Catania e Ragusa. Le uniche pianure sono la piana di Lentini e quella di Pachino. Le coste sono frastagliate (golfi di Augusta, Noto e Siracusa). Risorsa principale è l'agricoltura che produce agrumi, mandorle, olio, vini, ortaggi, frutta, carrube, cereali.
Diffusi sono l'allevamento ovino, caprino e bovino e la pesca (Augusta e Siracusa sono i porti principali). L'industria è presente con industrie chimiche, delle materie plastiche, metalmeccaniche, alimentari, estrattive (saline e calcare) e raffinerie di petrolio. Fra i centri principali ricordiamo Augusta, Avola, Lentini, Noto, Pachino.

Luoghi di interesse

Tempio di Apollo
I resti di uno dei templi più antichi costruiti dai Greci a Siracusa (inizio VI sec. a.C.), ci rivelano un modello molto arcaico dello stile dorico-periptero. Caratterizzato da colonne tozze e molto ravvicinate (sei sulla facciata e 17 sui fianchi), e da una cella a tre navate divisa da colonnati a due ordini, il tempio rimase in uso per tutto il periodo romano, in seguito fu trasformato in basilica cristiana sotto i Bizantini, in moschea dagli Arabi e di nuovo in chiesa cristiana dai Normanni. Nel Cinquecento sui resti fu edificata una caserma, che nel 1660 circa fu sostituita da un nuovo edificio religioso. Gli scavi che portarono alla luce i primi ruderi del monumento sono iniziati nella seconda metà dell'Ottocento, ma solo dall'inizio del Novecento il tempio è stato spogliato da tutte le sovrastrutture e sono riapparsi i resti. Della struttura originaria sono rimaste diverse colonne del lato Sud e del fronte Est. Su uno dei gradini del lato Est sono incisi la dedica ad Apollo e il nome dell'architetto costruttore.
Duomo
Costruito sui resti dell'antico tempio dorico dedicato alla dea Atena (primi del V sec. a.C.), al suo interno sono ancora visibili 24 delle 36 colonne in roccia calcarea rivestite da un sottile intonaco dipinto, che costituivano la struttura originaria del monumento greco. La cattedrale risulta il miglior esempio di sovrapposizione e convivenza di diversi stili architettonici. Durante i secoli il tempio subì molteplici trasformazioni. La prima avvenne nel VII secolo d.C., quando il vescovo Zosimo lo trasformò in basilica cristiana dedicata alla natività di Maria. Le colonne del peristilio vennero circondate da una cinta muraria e in ciascun lato della cella vennero costruiti degli archi in modo da ottenere una basilica a tre navate. Nel periodo arabo la chiesa fu depredata di molti oggetti sacri, mentre in epoca normanna fu rimaneggiata e adornata di splendidi mosaici. Il terremoto del 1693 provocò ingenti danni alla struttura: la facciata andò completamente in rovina, le absidi laterali vennero distrutte, e al posto dell'abside centrale e di quella meridionale furono costruiti il presbiterio e la Cappella del Crocifisso (abbattendo una parte delle colonne doriche). La facciata venne ricostruita tra il 1728 ed il 1753 su progetto dell'architetto trapanese Andrea Palma, in stile barocco siciliano. Pregevoli al suo interno opere scultoree dell'artista palermitano Ignazio Marabitti (la Vergine del Piliere, Santa Lucia, San Marziano, San Pietro e San Paolo di fianco alla gradinata), due acquasantiere in marmo del 1802, e il fonte battesimale in marmo ellenistico adorno di sette leoncini in bronzo del XIII secolo. Degne di nota sono anche la Cappella di Santa Lucia, quella del Sacramento e quella del Crocifisso: la prima ospita un altare decorato da un paliotto argenteo di Decio Furnò (seconda metà del XVIII secolo) sul quale è posta la nicchia che accoglie il simulacro argenteo di Santa Lucia (patrona della città), opera del palermitano Pietro Rizzo (1599); la seconda voluta nel XVII secolo dal vescovo Torres ed attribuita a Giovanni Vermexio, ha pianta poligonale, presenta una volta a botte con un ciclo di affreschi di Agostino Scilla (1657) e conserva sull'altare un ciborio di Luigi Vanvitelli (1752); l'ultima è a pianta rettangolare ed è stata fatta costruire dal vescovo Fortezza alla fine del XVII secolo.
Fonte Aretusa
Sorgente d'acqua dolce, cara ai Siracusani sin dall'antichità, la fonte è situata in uno splendido punto panoramico dell'isola di Ortigia e fu cantata da molti poeti e letterati tra cui Cicerone, Virgilio, Pindaro, Ovidio, Milton, Gide, D'Annunzio. Il luogo è legato al mito di Aretusa, ninfa di Artemide, che per sfuggire ad Alfeo, si fece trasformare dalla dea in fonte, ma Alfeo mutatosi a sua volta in fiume riuscì a raggiungere l'amata. La leggenda sottolinea i legami tra Siracusa e la Grecia. Nel XVI secolo la fonte era suddivisa in più rivoli, usati per la concia delle pelli, che alla fine formavano una specie di grande lago dal perimetro di circa 200 m, separato dal mare da enormi macigni. Nel XVII secolo gli Spagnoli costruirono un bastione, che fu in seguito abbattuto, ma del quale rimane ancora il basamento. Dopo i lavori eseguiti nel 1847, la fonte ha assunto l'aspetto attuale: circondata da alte mura sormontate da ringhierine, il bacino ospita anatre, oche, pesci e piantagioni di papiri.
Castello Maniace
L'impianto originario risale al 1038, quando il generale bizantino Giorgio Maniace fece erigere un forte a difesa del porto. Nel 1239 Federico II ampliò e modificò la struttura rendendola a grandi linee così come è visibile ancora oggi. Imponente fortezza a pianta quadrata, con agli angoli maestosi torrioni cilindrici, presentava elementi della cultura araba. Il portale posto sul lato Ovest è sormontato dallo stemma imperiale di Carlo V (secolo XVI) raffigurante un'aquila bicefala, ai lati invece si trovavano due arieti bronzei, di scuola ellenistica, donati da Alfonso di Castiglia al generale Ventimiglia (uno è oggi conservato al Museo Archeologico di Palermo, l'altro è andato perduto o distrutto nel 1848). L'interno era costituito da un unico salone, diviso da un colonnato a due file che formavano 25 volte a crociera. Durante i secoli la costruzione ha subito parecchi mutamenti (dalle trasformazioni spagnole ai danni del terremoto del 1693 e dell'incendio provocato dallo scoppio della polveriera nel 1704) e ha ricoperto ruoli diversi (fu prigione e caserma), per questo oggi appare diversa rispetto alla struttura originaria.
Teatro greco
Parte principale del Parco archeologico, la prima struttura fu edificata nel V sec. e nel III fu ampliata. La parte meglio conservata è quella scavata nella roccia, mentre quella alta della cavea e l'edificio scenico mancano del tutto. Della cavea rimangono oggi solo 46 gradini, per un diametro di 138 m suddivisi in nove settori da scalette laterali. Della platea semicircolare detta orchestra e della scena, modificate dai Romani che utilizzarono il teatro per un altro genere di spettacoli (lotte tra i gladiatori e caccia alle belve), non rimane molto oggi. In passato il teatro era sovrastato da una terrazza oggi ridottissima, che doveva servire come riparo dalla pioggia. Al centro della terrazza vi è una grotta, al centro della quale sfociava un acquedotto che riforniva una fontana, ritenuta la sede degli attori (Mouseion, e infatti al suo interno sono state rinvenute statue delle Muse oggi conservate al museo archeologico regionale).
Siracusa: il teatro greco

Ara di Ierone II
Imponente monumento del III sec., è considerato il più grande altare del mondo greco (198 m di lunghezza e 22 m di larghezza). Fatto costruire dal tiranno per ringraziare gli dei, in esso vi erano due ingressi fiancheggiati da due telamoni (di quello Nord restano i piedi). Oggi è visibile solo il basamento poiché intagliato nella roccia, mentre tutto il resto costruito con blocchi di pietra, fu demolito nel XVI secolo dagli Spagnoli.
Anfiteatro romano
Il terzo più grande in Italia dopo il Colosseo e l'Arena di Verona, fu costruito probabilmente intorno al III sec. d.C. e scavato per buona parte nella roccia. Manca di tutta la parte superiore, poiché i grossi blocchi squadrati che lo costituivano, sono stati rimossi dagli Spagnoli nel XVI secolo per la costruzione delle fortezze difensive dell'isola di Ortigia. Sotto l'arena cinta da un alto podio, c'è un corridoio chiamato crypta, che serviva per l'uscita dei gladiatori e degli animali feroci. Sopra il podio sono rimasti i primi gradini destinati agli spettatori, con sopra scolpiti i nomi delle personalità che occupavano quei posti. Al centro dell'arena si trova un sotterraneo profondo 2.50 m, dove erano collocati i macchinari destinati agli spettacoli.
Catacombe
Testimonianza storica della cristianità di Siracusa in epoca romana, il complesso delle catacombe della città è secondo solo a quelle di Roma. Le catacombe di Santa Lucia, chiuse al pubblico e risalenti in parte al 220-230 d.C., si articolano su tre piani, con un uso cimiteriale e cultuale. Furono ampliate e modificate nei periodi bizantino e normanno, e proprio dell'età bizantina è un sacello (VIII-IX sec.) affrescato con la rappresentazione dei quaranta martiri di Sebaste.
Le catacombe di Vigna Cassia, anch'esse chiuse al pubblico, sono le più vaste di tutta la Sicilia. Situate in una vecchia area cimiteriale nelle vicinanze della chiesa di S. Maria di Gesù, si chiamano così dal nome dell'antico proprietario della vigna sovrastante l'area catacombale. Iniziate verso la metà del III secolo e attive fino alla seconda metà del IV, presentano un corpo centrale a croce e numerosi ambulacri secondari con pregevoli affreschi.
Le catacombe di San Giovanni, le uniche aperte al pubblico, risalgono al 315-360 d.C. Si articolano in cuniculi, con migliaia di loculi, che si diramano da un percorso principale: una grande galleria che i cristiani ottennero scavando ed ampliando un antico acquedotto greco, le cui tracce sono visibili nelle volte. Dalle gallerie si accede a cinque cappelle dedicate ai martiri, la più importante è la Cappella Adelfia, dove è stato ritrovato un sarcofago del IV secolo scolpito con scene dell'antico e nuovo testamento. In tutto il complesso catacombale si conservano inoltre resti di affreschi e di iscrizioni funerarie in greco e latino.
Chiesa di S. Giovanni
Edificata nel VI secolo sulla tomba del primo vescovo di Siracusa, Marciano, la chiesa bizantina fu il primo duomo della città. Dell'antica basilica a tre navate suddivise da dodici colonne in stile dorico, sono rimasti solo i resti del colonnato della navata mediana e dell'abside in pietra locale. Distrutta dagli Arabi, fu restaurata dai Normanni, e dopo gli ingenti danni del terremoto del 1693 ristrutturata mediante la ricostruzione della facciata e del portico con archi ogivali e capitelli decorati con elementi quattrocenteschi. Notevole il portale sul lato Ovest ed il rosone trecentesco. Nella cripta di San Marciano, dove si crede abbia predicato San Paolo Apostolo intorno al 61 d.C., interessanti sono i capitelli con i simboli degli Evangelisti incorporati nei quattro pilastri, costruiti in età normanna. Nell'abside Nord è stato trovato un ipogeo con un affresco del V secolo, raffigurante "Le due Alessandre", in un atteggiamento di preghiera.
Chiesa di S. Lucia
Edificio di origine bizantina (VI secolo), fu edificato nell'area dove, secondo la tradizione, la Vergine siracusana subì il martirio. Fu ricostruita nel periodo normanno (XII secolo) di cui conserva le absidi, il portale ed i primi tre ordini del campanile. Restaurata dopo il terremoto del 1693, vi fu aggiunto un portico attribuito a Pompeo Picherali. L'interno a tre navate ospitava un pregevole dipinto del Caravaggio, Seppellimento di Santa Lucia, conservato oggi al Museo Regionale di Palazzo Bellomo. Attiguo alla chiesa vi è un battistero a pianta ottagonale, opera del Vermexio (XVII secolo), detto Cappella del Sepolcro, poiché qui si trova il loculo che servì alla sepoltura di santa Lucia (il corpo attualmente è a Venezia nella chiesa di S. Geremia). Sotto l'altare è posta una statua marmorea della Santa, opera di Gregorio Tedeschi (1634).
Palazzo Bellomo
Edificato nel XIII sec., risale alla ripresa edilizia che l'imperatore svevo diede alla città dopo la costruzione del Castello Maniace. Il palazzo fu costruito in due periodi diversi: dell'età sveva è la struttura bastionata del pianterreno, del Quattrocento tutto il piano superiore. La compatta facciata ricorda a pianoterra le fortezze con un'unica apertura rappresentata dal portale ogivale. Nel 1365 il palazzo passò in mano alla famiglia Bellomo, nobili romani venuti in Sicilia al seguito di Federico II d'Aragona. Della fine del Trecento è la sopraelevazione del palazzo che presenta influssi di arte catalana del XV secolo, riconoscibili in nobili bifore e trifore presenti nel prospetto e nella luminosa scalea, che si innesta al portico svevo. Per tre secoli il palazzo rimase ai Bellomo, finché nel 1722 le monache dell'attiguo monastero di San Benedetto lo acquistarono e lo utilizzarono come magazzino e dormitorio. Nel 1901, l'edificio fu ceduto all'Amministrazione delle Belle Arti, che lo fece restaurare e nel 1940 fu istituita al suo interno la Galleria regionale.

Musei e Gallerie di Siracusa

Museo archeologico regionale Paolo Orsi
Ubicato dal 1988 all'interno della Villa Landolina, fu in origine Museo del seminario (1780) e in seguito Museo Civico (1808). Divenuto nel 1878 con un decreto regio, Museo Archeologico Nazionale di Siracusa, fu inaugurato nel 1886 e diretto da Paolo Orsi fino al 1934. L'esposizione ospita reperti a partire dalla preistoria. Nel settore A sono conservati pezzi che vanno dal Paleolitico alla colonizzazione greca; il settore B raccoglie ceramiche, corredi funerari, sculture e raccolte statuarie, del periodo delle colonie greche in Sicilia, in particolar modo di Megara Hyblea e Siracusa (pregevoli sono la statua del medico Sambrotidas del VI sec. a.C., la statua in calcare dipinto raffigurante una Dea madre che allatta due gemelli, dello stesso periodo, e la Venere Anadiomene, copia dell'epoca romana); nel settore C sono custoditi i reperti provenienti da Eloro e da altre colonie quali Akrai, Kasmenai e Camarina, nonché da Gela e Agrigento.
Galleria regionale
Situata nel Palazzo Bellomo, conserva opere d'arte provenienti da chiese e conventi soppressi, di Siracusa e di altre località della Sicilia orientale oltre a reperti e capolavori provenienti da acquisti, donazioni, raccolte private e monumenti. Interessanti sono le opere scultoree sia di età paleocristiana che bizantina. Tra le opere più importanti ricordiamo una lastra marmorea di arte araba di San Marziano, due leoni stilofori del XII secolo, la raccolta di stemmi Siracusani marmorei, sia civili che religiosi, di diversa provenienza, fra cui il grande stemma con l'insegna cittadina raffigurante il castello e i monumentali stemmi vicereali spagnoli. Tra i dipinti degni di nota sono l'Annunciazione di Antonello da Messina (1474) e Il seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio (1608). La galleria ospita inoltre pregevoli collezioni di arte applicata: oggetti in argento, oro, avorio e corallo, maioliche, arredi sacri, codici miniati, mobili, ceramiche e terracotte.

Trapani

(68.346 ab.). La città di Trapani è situata all'estremità Nord-occidentale della Sicilia e si estende su una stretta penisola dominata dal Monte Erice (751 m). È un centro commerciale con un attivo porto peschereccio (pesca del tonno). La pesca alimenta l'industria conserviera del pesce, favorita anche dalla produzione di sale. Fra le altre industrie ricordiamo i cantieri navali, le industrie enologiche, i liquorifici, i pastifici e le vetrerie. Tipica dell'artigianato è la lavorazione del corallo, del legno e della madreperla.
STORIA. L'antico villaggio di Drepanon, ancorato al suo porto, divenne presto una piccola città fortificata, abitata da pescatori, commercianti ed artigiani appartenenti a popolazioni diverse. I Fenici fecero di Trapani un importante centro commerciale. Con la conquista romana la cartaginese Drepanum decadde progressivamente: venne a mancare l'autonomia politica, numerose terre vennero espropiate e la popolazione fu onerata di tasse ed imposizioni. Dopo le dominazioni vandala e bizantina Trapani venne occupata dagli Arabi (XI sec.) sotto cui divenne una delle città più fiorenti della Sicilia. L'influenza araba fu massiccia nell'architettura, nell'agricoltura, nell'arte, nella lingua e nella cultura. Gli Arabi ampliarono il porto, costruirono nuovi quartieri, nei quali è visibile ancora oggi il tipico impianto islamico, e reintrodussero la piccola proprietà. L'importanza della città aumentò durante il periodo normanno: il porto ottenne la franchigia doganale e sul territorio furono ospitati i primi consolati delle principali potenze commerciali italiane e straniere. Ciò incrementò lo sviluppo delle attività commerciali e marinare, affiancate da un florido artigianato locale del corallo e dell'oreficeria. Anche durante la dominazione sveva la città mantenne la sua prosperità, ma nel periodo angioino la situazione subì un declino e alla fine del XIII sec. Trapani si unì alla rivolta dei Vespri (1282) contro gli Angioini e sostenne gli Aragonesi nella loro conquista dell'isola. Nel 1286 Giacomo II d'Aragona non solo fece modificare l'assetto urbano, ampliandolo principalmente per via del forte incremento demografico, ma fece anche costruire un castello sul lato Nord-Est, a difesa della città. Nel '500 venne intensificata l'opera fortilizia. Al termine della dominazione spagnola (1713) la città seguì le vicende storiche del Regno delle Due Sicilie fino all'annessione al Regno d'Italia. In questo periodo i trapanesi si dedicarono principalmente al commercio e all'industria (fiorente fu l'attività marinara e l'operato delle industrie del sale e delle tonnare) ma parteciparono anche alla vita politica a partire dai moti del 1848. Dopo l'unità d'Italia la città visse un duro ed inevitabile declino causato soprattutto dalla lontananza geografica dai grandi mercati ed accentuatosi durante la prima guerra mondiale. Nel ventennio fascista si assiste ad una leggera ripresa dell'economia del territorio. I bombardamenti avvenuti durante la seconda guerra mondiale colpirono profondamente Trapani, per ben 28 volte. Il 22 luglio 1943 quando arrivarono le truppe alleate, la popolazione era in drammatiche condizioni di vita e la città gravemente danneggiata. La lenta ricostruzione diede un nuovo assetto al centro urbano e nel giro di quindici anni (dal 1950 al 1965) Trapani poté sperimentare una ripresa delle attività industriali e commerciali.
ARTE. Città di aspetto prevalentemente moderno, Trapani conserva un interessante nucleo antico che si snoda lungo il corso Vittorio Emanuele, fiancheggiato da edifici barocchi (Palazzo del Municipio, chiesa del Collegio del 1636, Liceo-Ginnasio e Cattedrale del 1636). Il monumento più interessante è il santuario dell'Annunziata (XIV sec.) e degno di nota è l'adiacente Museo Regionale Pepoli. Altri edifici pregevoli sono la chiesa di S. Maria dell'Itria edificata nel 1621 e in seguito ampliata, quella di Maria SS. del Soccorso costruita nel XV secolo e in parte rimaneggiata verso la fine dell'Ottocento, la chiesa del Purgatorio eretta nel 1683, e quella di S. Maria del Gesù (prima metà del XVI sec.), il barocco Palazzo Senatorio o ex-Municipio edificato tra il 1696 e il 1702 e affiancato dalla Torre dell'orologio, Palazzo della Giudecca costruito nel quartiere ebraico nel '500 e in seguito rimaneggiato, la Torre di Ligny fatta innalzare nel 1671 dal principe di Ligny, oggi sede del Museo della preistoria, la Villa Margherita con lo splendido giardino ottocentesco. Meritevoli di attenzione sono anche la Fontana di Saturno (XVI secolo) e quella del Tritone (1954), il monumento a Vittorio Emanuele (1882).
LA PROVINCIA. La provincia di Trapani (425.121 ab.; 2.461 kmq) occupa la punta occidentale della Sicilia e confina con le province di Agrigento e Palermo.
Si estende su un territorio collinare caratterizzato a Nord da coste alte e scoscese. Prodotti dell'agricoltura sono olive, ortaggi, mandorle, fichi, agrumi; la viticoltura alimenta l'industria enologica (marsala, moscato di Pantelleria, passolato). Altre industrie sono quelle estrattive (sale marino), del metano, della lavorazione del marmo, alimentari e conserviere. L'industria turistico-alberghiera è sviluppata nelle località di interesse paesistico (Erice, Isole Egadi) e archeologico (Segesta, Selinunte, Marsala, Erice, Mozia). Fra i centri principali ricordiamo Alcamo, Castellammare del Golfo, Castelvetrano, Erice, Marsala, Mazara del Vallo, Salemi.

Luoghi di interesse

Santuario dell'Annunziata
E' il più importante monumento della città. Edificato tra il 1315 e il 1332 fu ricostruito nel 1760. Della struttura originale è rimasta la facciata con il rosone e il portale gotico-normanno dei primi del '400. Nel 1650 fu aggiunto il campanile barocco. All'interno, la navata unica predisposta da Giovanni Biagio Amico nel Settecento, è impreziosita da due splendide cappelle in tufo, Cappella dei Pescatori e Cappella dei Marinai, entrambe del XVI secolo, la prima a pianta quadrata e sormontata da una cupola, la seconda caratterizzata da una particolare monocromaticità tipica del tufo giallo. La Cappella della Madonna (1530) che costituiva in origine il santuario vero e proprio, è caratterizzata da diversi tipi di marmi che adornano sia le pareti che i pavimenti; degni di nota sono l'arco marmoreo con la scultura del Padre eterno e dei profeti di Antonino e Giacomo Gagini, e la statua della Madonna con il Bambino di Nino Pisano.
Cattedrale
Costruita nel 1635 su una chiesa del Trecento, fu dedicata a S. Lorenzo. Nel 1740 fu ristrutturata da Giovanni Biagio Amico, che aggiunse le cappelle laterali, il coro, la cupola, il campanile ed il prospetto. Gli stucchi in stile neoclassico vennero realizzati da Girolamo Rizzo ed Onofrio Noto, mentre gli affreschi della volta sono opera di Vincenzo Manno. L'interno a tre navate custodisce una Crocefissione, attribuita al pittore fiammingo Van Dyck, un Cristo Morto, in pietra locale di Giacomo Tartaglia, un Padre Eterno di Domenico La Bruna, San Giorgio di Andrea Carreca. Il 31 maggio del 1844 la chiesa fu proclamata Cattedrale con bolla di Gregorio XVI.
Chiesa di S. Domenico
Nel 1289 Giacomo d'Aragona concesse ai padri Domenicani una piccola cappella, dedicata a Maria Vergine, che ampliata nei primi decenni del XIV secolo venne a costituire la chiesa affiancata in seguito dal convento. Il nuovo edificio fu dedicato a Santa Maria La Nova. Nel 1318 venne aggiunta una cappella funeraria nella quale fu sepolto Manfredi, figlio di Federico III d'Aragona, morto bambino cadendo da cavallo. Nel XVIII secolo la chiesa fu nuovamente ampliata con l'annessione di un'altra cappella, in stile barocco opera di Giovanni Biagio Amico, dove venne conservato un Crocifisso ligneo del XIII secolo. La Cappella Pepoli custodisce prgevoli resti di dipinti trecenteschi (Crocifissione) e quattrocenteschi (S. Caterina). Della struttura originaria sono rimaste l'abside e la cornice del rosone. L'adiacente torre campanaria risale probabilmente ai primi del Quattrocento e contiene una pregevole scala a chiocciola. Il convento ha due chiostri.
Chiesa del Collegio
Progettata dal messinese Natale Masuccio la chiesa fu edificata nel XVII secolo e consacrata all'Immacolata Concezione. La facciata piuttosto sontuosa, disegnata da Francesco Bonamici, è caratterizzata da cornici, marmi, colonne e da due statue di donna. La chiesa venne consacrata nel 1705. L'interno, a tre navate, con colonne ed archi presenta nell'abside un'icona dell'Immacolata, scolpita da Ignazio Marabutti. Le pareti sono ornate da stucchi realizzati da Bartolomeo Sanseverino, e marmi.
Chiesa di S. Agostino
Nata come Cappella dei Templari, nel 1101 fu dedicata a San Giovanni Battista. In seguito fu ampliata e donata da Federico III d'Aragona ai Padri Agostiniani, che la restaurarono e ingrandirono ulteriormente conferendole l'aspetto attuale. Gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1942 mantiene dell'originaria struttura solo l'ampio e pregevole rosone.

Musei e cose da vedere a Trapani

Museo regionale Agostino Pepoli
Il museo che si trova nell'ex convento dei Carmelitani, un imponente edificio trecentesco adiacente al santuario dell'Annunziata, vanta raccolte di archeologia, scultura e pittura e custodisce collezioni di manufatti di corallo, oro, argento, maioliche e paramenti religiosi. Il nucleo principale delle raccolte è formato dalle collezioni private del conte Agostino Pepoli che fondò l'istituzione all'inizio del XX secolo. Altre opere provenienti dalle soppresse corporazioni religiose della città e dalla Pinacoteca Fardelliana, composta essenzialmente da dipinti di scuola napoletana che il Generale G.B. Fardella aveva donato alla città natale, arricchirono la collezione originaria. E in seguito si aggiunsero nuovi pezzi da lasciti, depositi e donazioni. Tra le sculture più interessanti ricordiamo la statua in marmo di S. Giacomo Maggiore (1522) opera di Antonello Gagini e un'acquasantiera del 1486. Mentre tra i dipinti degni di nota sono una Pietà di Roberto di Oderisio (1380 c.), un Polittico del Maestro del Polittico di Trapani (fine sec. XIV - inizi sec. XV) e sempre dello stesso autore Madonna in trono e Angeli, la Stigmatizzazione di S. Francesco attribuita a Tiziano Vecellio (1530 c.). Notevoli sono le opere in corallo di Fra' Matteo Bavera tra cui una lampada in rame dorato, coralli e smalti (1633) e un Crocifisso tutto in corallo, e i piccoli e delicati presepi creati su sfondi di corallo, avorio, alabastro e altri materiali marini. Tra i reperti archeologici interessanti quelli di epoca romana e greca trovati nella zona di Selinunte, Segesta, Erice e Mozia.
La processione dei Misteri
Si svolge ogni Venerdì Santo da più di 400 anni. Le diverse corporazioni di cittadini suddivise in gruppi (della Spartenza il primo gruppo costituito dagli orefici e dell'Addolorata l'ultimo) fanno sfilare lungo il percorso di circa due km, i misteri, venti complessi lignei costruiti da abili artisti nel XVIII secolo, che rappresentano scene ed episodi della Passione di Gesù. Le statue a grandezza naturale, caratterizzate da una profonda espressività dei volti e da una rigorosa attenzione nelle incisioni, sono adornate con oggetti d'oro e d'argento, luci e composizioni floreali e trasportate in spalla lungo il percorso della città con la tipica "annacata", dondolio, che i portatori imprimono seguendo la musica delle bande. Il corteo inizia dalla chiesa del Purgatorio alle 14 e termina nello stesso luogo la mattina del Sabato Santo.

PICCOLO LESSICO

Cappero

Pianta sempreverde, della Famiglia delle Capparidacee. Cresce sulle rupi e sui vecchi muri esposti al sole. I suoi bottoni floreali, colti prima che giungano a maturazione, sono commestibili e, messi nell'aceto o nel sale, servono per condimento. Molto produttive sono le piantagioni di capperi nell'isola di Pantelleria.

Cannoli siciliani

Tra i dolci siciliani più diffusi nel mondo, i cannoli sono nati nel Palermitano e hanno dimensioni diverse a seconda della zona di produzione: a Palermo ad esempio i cannulicchi non sono più grandi di un dito, a Piana degli Albanesi invece hanno dimensioni gigantesche. Secondo una leggenda sono stati inventati nell'harem di Caltanissetta. Si chiamano così perchè venivano fatti con un pezzo di canna grossa che serviva per dare la forma cilindrica all'involucro esterno, una pasta sottile a base di farina, zucchero, cacao, caffè macinato, brandy o marsala, uova, fritta con olio di oliva. Il ripieno è di ricotta fresca di pecora, mescolata con zucchero a velo, pezzetti di cioccolato amaro e guarnita con zucca, ciliegie o arance candite.

Carretto siciliano

Da sempre simbolo della Sicilia e della sua tradizione, il carretto nacque agli inizi dell'Ottocento come strumento di trasporto e se ne ebbe maggiore utilizzo con lo sviluppo del sistema viario della città verso i campi e viceversa. E' costituito da due grandi ruote di legno con cerchioni di ferro, due lunghe aste per attaccarvi il mulo o il cavallo, e una specie di cassa con due soli lati e la piattaforma. Dipinto con colori intensi (giallo, rosso, turchese, arancione, verde), e scene di vita quotidiana o figure di santi o personaggi storici, è anche intarsiato con linee e fregi. E' del 1833 la prima descrizione di un carretto siciliano. Il letterato francese Jean Baptiste Gonzalve de Nervo, in visita nella regione, raccontò di averne visti per le strade, con le fiancate dipinte da immagini della Vergine o di qualche santo; di qualche decennio dopo furono le descrizioni del geografo francese Eliseo Reclus, venuto in Sicilia nel 1865 ("A Catania, i carretti e le carrettelle non sono come in Francia, semplici tavole messe insieme, ma sono anche lavori d'arte. Ciascuna delle pareti esterne del carretto è divisa in due scompartimenti che formano due quadri. Il giallo oro, il rosso vivo ed altri colori dominano in questi quadri. Per la maggior parte sono scene religiose, ora la storia di Gesù o quella di sua madre, ora quelle dei Patroni più venerati in Sicilia, come San Giovanni Battista, Santa Rosalia o Sant'Agata....."), e dello scrittore Guy de Maupassant, sbarcato in Sicilia nella primavera del 1885 (" Tali carretti, piccole scatole quadrate, appollaiate molto in alto su ruote gialle, sono decorati con pitture semplici e curiose, che rappresentano fatti storici, avventure di ogni tipo, incontri di sovrani, ma prevalentemente le battaglie di Napoleone I e delle crociate; perfino i raggi delle ruote sono lavorati. Il cavallo che li trascina porta un pennacchio sulla testa e un altro a metà della schiena....Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l'occhio e la mente e vanno come dei rebus che viene sempre la voglia di risolvere."). Sull'isola erano diffusi quattro tipi di carretto, che si differenziavano tra loro principalmente per le decorazioni e per alcune caratteristiche della struttura. C'era il tipo palermitano costruito anche nelle zone di Agrigento, Caltanissetta e Trapani, quello trapanese, quello catanese e il tipo di Castelvetrano. Dalla metà del Novecento l'uso del carretto ha vissuto un profondo declino, dovuto al diffondersi dei mezzi di trasporto a motore, e oggi si può ammirare solo nei musei o durante le feste paesane.

Cassata siciliana

Nata come dolce pasquale, la cassata è diventata il dolce simbolo della cucina sicula. Di origine araba, è così chiamata per via della forma circolare derivante dal contenitore usato per prepararla, quas'at, casseruola. I Saraceni avevano introdotto lo zucchero di canna, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio era un semplice involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato. Nel periodo normanno fu creata la pasta reale, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo. Gli Spagnoli diffusero nell'isola il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il Barocco si aggiunsero infine i canditi. In passato era prodotta principalmenta dalle monache. Gli ingredienti sono pan di Spagna, ricotta di pecora, frutta candita, pasta di mandorle e pezzi di cioccolato. Caratterizzata da una fatiscente e squisita decorazione,bianca glassa di zucchero, frutta candita di ogni sorta, fiorellini di ostia colorata e confetti, viene guarnita in numerevoli modi diversi a seconda della località di produzione ci possono essere infatti ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cannella, maraschino o acqua di zagara.

Conca d’Oro

Pittoresca regione che si estende intorno a Palermo, dalle propaggini dei monti Pellegrino, Gallo, Castellaccio e Cuccio sino al mare. La campagna, molto fiorente, offre imponenti raccolti di agrumi ed ortaggi. Costituita in gran parte da terreni alluvionali, deve la sua fertilità alle falde freatiche superficiali. I Romani la chiamavano giardino, ed il nome attuale risale al XV sec.

Frutta martorana e Marzapane

Si tratta di frutta di pasta di mandorle, chiamata anche "pasta reale", costituita da mandorle sbucciate, albume d'uovo, zucchero, essenza di limone e vaniglia. Le prime a produrla furono le monache del convento della Martorana di Palermo che preparavano questi dolcetti in occasione della festa di Tutti i Santi (primo Novembre). Secondo la leggenda la pasta si dice "reale" perché fu offerta a Ferdinando, re delle Due Sicilie, quando ne era proibita la produzione. La storia invece ci informa che nel 1308, durante un banchetto in onore di papa Clemente V, vennero portati a tavola due alberi carichi di ogni sorta di frutta: mele, fichi, uva, pere, fatti di pasta di mandorle. In seguito la frutta martorana fu confezionata in ogni periodo dell'anno, se ne occupavano i "Confettari", corporazione di pasticceri, e le monache stesse, che nonostante il divieto del Sinodo di Mazara del 1575, di dedicarsi ad occupazioni futili che le distraevano dalla preghiera, continuarono nel loro lavoro preoccupate della crescente concorrenza della corporazione. Anche la frutta martorana è uno dei simboli inconfondibili della tradizione siciliana, così come il marzapane. Il nome prende origine dall'arabo martaban, parola che indicava un cofanetto di porcellana usato per conservare medicamenti, spezie, pietre preziose e confetture, in seguito costruito in legno e adoperato per mantenere fresco il dolce appena fatto. Gli ingredienti utilizzati per la produzione del marzapane sono gli stessi della frutta, ma i dolcetti assumono in questo caso le forme più disparate.

Marsala

Il vino che prende nome dall'omonima città, ha un sapore dolciastro e un aroma intenso. Fu l'inglese John Woodhouse che colpito dalla bontà del vino, ne iniziò l'esportazione verso la sua terra. I connazionali apprezzarono di buon grado la bevanda simile ai vini spagnoli e così Woodhouse tornò in Sicilia, comprò una buona parte dei vigneti di Marsala, aprì uno stabilimento per la distillazione del vino e iniziò l'esportazione del prodotto in tutto il mondo. Dopo di lui arrivarono sull'isola altri inglesi spinti dalle medesime intenzioni, tra questi Benjamin Ingham e Joseph Whitaker. Ma fu il calabrese Vincenzo Florio, che nel 1832 promosse in modo vigoroso l'espansione del Marsala, grazie anche al suo genio imprenditoriale.

Pistacchio

Arbusto molto nodoso e con rami che si allungano in tutte le direzioni, l'albero del pistacchio può raggiungere gli otto metri d'altezza e vivere per 300 anni. Conosciuto sin dai tempi dei Romani, fu diffuso dagli Arabi che lo piantarono e coltivarono in tutto il bacino del Mediterraneo. Il pistacchio siciliano è un frutto molto pregiato usato principalmente in ambito culinario, ma non solo. L'alta concentrazione di acido oleico lo rende adatto per i cosmetici della pelle e in passato fu usato anche come rimedio contro i morsi di vipera e come potente afrodisiaco. Ma l'impiego principale è quello nella preparazione di dolci e piatti tipici siciliani. La zona dove viene coltivato maggiormente è quella di Bronte, nel Catanese: qui si contano migliaia di alberi e ogni anno, a ottobre, viene celebrata una sagra durante la quale è possibile gustare le numerose pietanze a base di pistacchio.

Scacciapensieri

Strumento musicale tipico siciliano, conosciuto anche come marranzanu, è costituito da un piccolo telaio di metallo, dove è fissata una linguetta libera di vibrare ad una estremità. Il suonatore tiene il telaio dello strumento appoggiato ai denti e fa vibrare la linguetta con un dito. In passato era lo strumento del carrettiere, oggi viene usato principalmente dai gruppi folkloristici.

Vespri Siciliani

Moto insurrezionale anti-francese scoppiato a Palermo il lunedì di Pasqua del 1282, da cui ebbe inizio il conflitto che vide l'uno contro l'altro Angioini e Aragonesi per il possesso della Sicilia e che si concluse nel 1302 con la Pace di Caltabellotta e la vittoria degli Aragonesi.

PERSONAGGI CELEBRI

Archimede

Matematico e fisico (Siracusa 287-212 a.C.). Scoprì la misura del diametro apparente del Sole, il principio idrostatico e altre importanti leggi fisiche. Fu ucciso da un soldato romano quando la sua città venne espugnata da Marcello.

Vincenzo Bellini

Musicista (Catania 1801 - Puteaux 1835). Figlio di un organista e maestro di cembalo, fu avviato dal padre allo studio della musica e rivelò un precocissimo ingegno, componendo, a soli sette anni, un Tantum ergo ed un Salve regina. Diciottenne si recò a Napoli, ove, in tre anni, completò i suoi studi con Furno, Conti, Tritto e Zingarelli. Appartengono a questo periodo sei sinfonie, due messe, una cantata e varie romanze. Nel 1825, al teatrino del conservatorio di San Sebastiano, il Bellini diede la sua prima opera, Adelson e Salvini, e l'anno successivo, al San Carlo, la seconda, Bianca e Fernando. Nel 1827 un nuovo lavoro, commissionatogli dall'impresario Barbaia per la Scala di Milano, Il Pirata, suscitò l'entusiasmo del pubblico. Nel 1829 un'altra opera, La straniera, data alla Scala, fu ben accolta. Non sempre, però, le opere di Bellini conobbero il successo fin dalla loro prima esecuzione: è il caso della Zaira, mal accolta a Parma nel 1829, e della Norma, che nel 1831 fu fischiata dal pubblico della Scala, mentre quello del Carcano, (un altro teatro di Milano) aveva trionfalmente accolto, nello stesso anno, La sonnambula.
Nel 1833 Bellini fu invitato a dirigere sue opere a Londra e a Parigi e in entrambe le città il musicista italiano ottenne entusiastici riconoscimenti, legandosi inoltre in amicizia con Rossini e Heine. A Puteaux, nel 1834, compose I Puritani, trionfalmente presentata l'anno seguente al Thèatre Italien di Parigi. Otto mesi dopo questa brillante affermazione, il compositore moriva.

Andrea Camilleri

Scrittore, regista, autore televisivo e teatrale (Porto Empedocle, Agrigento, 1925). Durante la sua giovinezza visse l'esperienza dello sbarco degli alleati in Sicilia, evento che segnò profondamente la sua vita. Dopo aver frequentato l'Accademia d'Arte Drammatica, nel 1949 iniziò a lavorare come regista sia per la televisione che per il teatro, noti sono i suoi adattamenti dei polizieschi Il tenente Sheridan e Il Commissario Maigret e le opere teatrali ispirate a Pirandello e a Becket. La sua carriera da scrittore, cominciata nel dopoguerra, ha raggiunto gli esiti migliori con le storie del Commissario Montalbano. Tra i titoli ricordiamo La stagione della caccia (1994), Il birrario di Preston e La concessione del telefono (1995), La mossa del cavallo . Le sue opere sono tutte ambientate in un paese immaginario, Vigàta, dai tratti tipici siciliani, mentre i suoi personaggi parlano una nuova lingua a metà tra il siciliano e l'italiano. Proprio la televisione, per la quale Camilleri aveva abbondantemente lavorato, ha contribuito notevolmente alla diffusione delle sue opere grazie alla serie di telefilm dedicati al Commissario interpretato da Luca Zingaretti.

Luigi Capuana

Scrittore (Mineo, Catania, 1839 - Catania 1915). Inizialmente poeta presto volse il suo interesse alla critica letteraria e alla narrativa. Propugnatore del romanzo naturalista, fu precursore di Verga e Pirandello, nelle sue opere infatti scandaglia la psicologia dell'uomo con arguzia e il risultato è la caratterizzazine di personaggi tipici della sua terra. Le opere più note sono le novelle Le paesane (1894), Nuove paesane (1898); i romanzi Giacinta (1879), Profumo (1890), Il marchese di Roccaverdina (1902); le opere di critica letteraria Studi sulla letteratura contemporanea (1880), Gli «ismi» contemporanei (1898); i racconti per bambini C'era una volta (1882), Scurpiddu (1898), Cardello.

Renato Guttuso

Pittore (Bagheria, Palermo, 1912-1987). Iniziò a dedicarsi alla pittura tra le file della scuola romana di tendenze anticlassiche negli anni Trenta, insieme a Cagli ad altri artisti. Verso il 1939 partecipò al movimento progressista di Corrente a Milano, una versione del movimento romano che terminò durante la guerra. Membro della Resistenza, illustrò il massacro delle Fosse Ardeatine negli amari disegni riuniti sotto il titolo Gott mit uns. Dopo la guerra fu attivo in molti gruppi di avanguardia e fece parte del Fronte Nuovo delle Arti. Pittore figurativo, fondamentalmente realista, ha dipinto soggetti di tutti i generi, con particolare interesse per la realtà sociale della Sicilia, in uno stile originale e potente.

Luigi Pirandello

Scrittore e drammaturgo (Agrigento 1867 - Roma 1936). Si stabilì a Roma nel 1893, prendendo viva parte alla vita giornalistica e letteraria della città. Per molti anni insegnò all'Istituto superiore di Magistero, finché, con il diffondersi della sua fama di drammaturgo in tutto il mondo, si dedicò interamente a questa attività, dirigendo anche, dal 1925 al 1928, la compagnia del Teatro d'Arte Accademico d'Italia. Gli fu conferito nel 1934 il premio Nobel per la letteratura. Nelle sue raccolte di versi giovanili (Mal giocondo, 1889; Pasqua di Gea, 1891; Elegie romane, 1895; Zampogna, 1901) domina una visione angosciosamente relativistica della vita e del mondo, che si rivela anche nelle prime prove in prosa (Amori senza amore, 1894; l'Esclusa, 1901; Beffe della morte e della vita, 1902-1903; Quand'ero matto, 1902; Bianche e nere, 1904) e che emerge in pieno nel romanzo Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904 e considerato il capolavoro del Pirandello narratore. I personaggi di Pirandello sono medi o piccoli borghesi, impiegati, professionisti, pensionati, squallidi rappresentanti di una società priva di ideali (in chiara antitesi con i superuomini dannunziani), e condannati, per l'incomunicabilità delle anime, a credere che l'io individuale costituisca tutta la realtà. Il suo teatro, analogamente alla narrativa, si muove dapprima sulle orme della commedia borghese. È il caso di commedie come Lumie di Sicilia (1910), Pensaci Giacomino (1916), Liolà, Così è (se vi pare) (1917), Ma è una cosa seria (1918), Il giuoco delle parti (1918), La patente (1919), Tutto per bene (1920), Come prima, meglio di prima (1920), La signora Morli, una e due(1920) ecc., desunte per lo più da sue novelle.
In seguito, con l'acuirsi in Pirandello della coscienza di questa problematica e del messaggio di cui è portatrice, i frusti schemi della commedia vengono abbandonati, e il clima si fa di dramma e di tragedia.
Ecco, allora, nascere il teatro che si suol dire della seconda maniera, ma che in verità continua e perfeziona la prima: Sei personaggi in cerca d'autore (1921), forse il suo capolavoro e certamente la sua opera scenicamente più rivoluzionaria, Enrico IV (1922), Vestire gli ignudi (1922), La vita che ti diedi (1923), Ciascuno a suo modo (1924), Lazzaro (1929), Questa sera si recita a soggetto (1930), Come tu mi vuoi (1930), Non si sa come (1935). Se Pirandello drammaturgo ha esercitato un grande influsso sul teatro di tutti i paesi, è il Pirandello narratore che più ha inciso, in Italia, su scrittori come Alvaro, Moravia, Brancati.

Salvatore Quasimodo

Poeta (Siracusa 1901 - Napoli 1968). Nella sua prima produzione, ha rievocato una Sicilia mitica e primordiale, vista come sfondo di un'esistenza perfetta e recuperata dalla memoria (Acque e terre, 1930; Oboe sommesso, 1932; Erato e Apollion, 1936; Poesie, 1938; Ed è subito sera, 1942). Dagli anni della seconda guerra mondiale e della Resistenza, la poesia di Quasimodo si è evoluta verso una ricerca di valori storico-sociali come risposta alle angosce ed alle speranze del tempo (Giorno dopo giorno, 1947; La vita non è sogno, 1949; Il falso e vero verde, 1953). Alla produzione tarda appartengono La terra impareggiabile (1958) e Avere e non avere (1966). Quasimodo ha svolto un'opera notevole di traduzione da poeti greci (Lirici greci, 1940), latini e di Shakespeare. Nel 1959 gli è stato conferito il premio Nobel.

Leonardo Sciascia

Scrittore (Racalmuto, Agrigento, 1921 - Palermo 1989). Famoso per i suoi romanzi-denuncia sulla condizione della Sicilia, asservita alla corruzione e alla mafia, scrisse moltissimo. La sua prima opera Le parrocchie di Regalpetra (1956), scaturita dalla sua esperienza di insegnante elementare, prendeva in esame le condizioni della sua terra, ancora in un stato di profonda arretratezza e sottoposta ai condizionamenti della mafia, del Partito fascista e, della diffusa dissolutezza politica. Tra i saggi ricordiamo Pirandello e la Sicilia (1961), La corda pazza (1970), Nero su nero (1979), Cruciverba (1983); mentre tra i romanzi meglio riusciti e più famosi Il giorno della civetta (1961), A ciascuno il suo (1966), Il contesto (1971), Todo modo (1974), Una storia semplice (1989), alcuni dei quali adattati cinematograficamente. Dal 1978 Sciascia si dedicò anche alla saggistica politica e scrisse L'affaire Moro (1978) e Dalla parte degli infedeli (1979).

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Scrittore (Palermo 1896 - Roma 1957). Di nobile famiglia, partecipò alla prima guerra mondiale e fu ufficiale dell'esercito sino al 1925. Durante il periodo fascista, si ritirò a vita privata e viaggiò molto. La sua fama si deve al romanzo Il gattopardo pubblicato dopo la sua morte, dall'enorme successo sia in Italia che all'estero, tanto che nel 1963 il regista Luchino Visconti ne trasse il famoso film omonimo. In vita Giuseppe scrisse inoltre numerosi saggi e racconti dati alle stampe solo a partire dal 1961: Lezioni su Stendhal (1977); Invito alle lettere francesi del Cinquecento (1979); Letteratura inglese: dalle origini al Settecento (1990); Racconti (1961) raccolta composta da: Il mattino di un mezzadro, La gioia e la legge, Lighea; I luoghi della mia prima infanzia, opera autobiografica (1961).

Alessandro Scarlatti

Compositore (Palermo 1660 - Napoli 1725). Il più famoso e fecondo compositore operistico del Settecento nacque nella capitale siciliana, ma fu condotto a Roma molto giovane, e romana fu quindi la sua formazione musicale. Suoi maestri e modelli furono, oltre a Giacomo Carissimi, i veneziani Cavalli, Cesti, Legrenzi, e soprattutto Stradella. Nel 1679 il giovane Scarlatti esordiva come operista con un lavoro intitolato Gli equivoci del sembiante, che ebbe un grande successo ed ottenne così dalla regina Cristina di Svezia la nomina a Maestro di cappella. Trasferitosi a Napoli nel 1685, fu dapprima nominato Maestro del teatro di Palazzo reale, e successivamente insegnante al Conservatorio di Santa Maria di Loreto. Nel 1707 fu a Roma, Maestro di cappella in Santa Maria Maggiore, poi tornò a Napoli, e per alcuni anni alternò soggiorni e lavoro nelle due città, fino alla morte, avvenuta a Napoli. La sua produzione fu estremamente varia e abbondante; essa comprende una ventina di oratori e altrettante serenate, oltre seicento cantate da camera, circa duecento messe, e poi concerti sacri, mottetti, toccate, preludi e fughe, sonate a quattro, a due violini, viola e violoncello, suites per flauto e cembalo, dodici sinfonie da camera, e centoquindici opere. Tutto questo lavoro creativo non gli impedì di dettare altresì le famose Regole per principianti sull'arte di realizzare un basso continuo. Oltre ad Alessandro, la famiglia Scarlatti annovera altri illustri musicisti, come i fratelli Francesco e Tommaso, i figli Pietro e soprattutto Domenico, clavicembalista e compositore di fama non inferiore a quella del padre.

Giovanni Verga

Scrittore (Catania 1840-1922). Esordì con il romanzo I Carbonari della montagna (1861-1862) e nel 1866 con Una peccatrice cominciò la serie dei romanzi passionali, che comprende Storia di una capinera (1871), Eva (1873), Tigre reale(1873), Eros (1875). Nel frattempo lo scrittore si era trasferito a Firenze (1865-1871), poi a Milano (1872), dove visse a lungo e da cui si assentò poche volte. Il lungo soggiorno milanese diede al Verga una maggiore esperienza dei problemi artistici e della vita italiana: il tardo Romanticismo, la Scapigliatura, la crisi della società risorgimentale, le suggestioni degli ambienti mondani. Con la novella Nedda, pubblicata nel 1874, si verifica il passaggio dello scrittore al Naturalismo. L'inizio della seconda maniera è chiaramente evidente nella raccolta di novelle Vita dei campi (1880). Con I Malavoglia (1881) il Verga dà inizio ad un ciclo narrativo, "I vinti", ma dei cinque romanzi in cui esso doveva articolarsi (I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni, L'uomo di lusso) soltanto i primi due, unanimemente considerati i suoi capolavori, ed un capitolo del terzo furono dati alla stampa. Interessante anche la sua produzione teatrale, sovente ispirata, nell'argomento, a trame di racconti dello stesso autore: Cavalleria rusticana (1884), Portineria (1885), La Lupa (1896), Caccia al lupo (1902), Caccia alla volpe (1902), Dal tuo al mio(1903), Rose caduche (1918), tutte opere che hanno contribuito a spazzare i residui sentimentali del teatro borghese del tempo, introducendo sul palcoscenico un linguaggio scarno ed essenziale.

Elio Vittorini

Scrittore (Siracusa 1908 - Milano 1966). Dopo le scuole tecniche si trasferì nella Venezia Giulia dove lavorò come operaio e poi assistente in un'impresa di costruzioni stradali. A ventitrè anni pubblicò il suo primo libro, Piccola borghesia. Nel 1945 fondò la rivista "Politecnico". Tra i suoi scritti più noti: Il garofano rosso, Conversazione in Sicilia, Uomini e no, Le donne di Messina, Erica e i suoi fratelli, La garibaldina.
Nel 1957 Vittorini diede alle stampe il suo Diario in pubblico, nel quale sono documentate le sue doti di saggista e di coraggioso e coerente organizzatore di cultura, doti che emersero soprattutto nella lunga attività editoriale, sempre tesa alla scoperta e alla messa in luce di nuovi valori e di nuovi talenti giovanili.

CENTRI MINORI

Acireale

(50.190 ab.). Città in provincia di Catania, sorge sul versante orientale dell'Etna. Il prefisso "Aci" deriva da un corso d'acqua sotterraneo, sparito a causa delle eruzioni vulcaniche. Il primo insediamento fu stabilito dai Romani, in seguito il borgo passò nelle mani dei Bizantini, ma presto fu distrutto da un terremoto e dalla incursioni provenienti dal mare. Così nel 1326 fu fondato un nuovo centro, a 9 km di distanza dal precedente. Dopo il 1640 Acireale divenne città demaniale e fu asservita direttamente alla corona. Dopo il terremoto del 1693 la città fu ricostruita per volere del duca di Camastra, e nuovi edifici ecclesiastici vennero edificati ad opera di diversi ordini religiosi. Acireale ha due sorgenti minerali conosciute e frequentate fin dall'antichità: una sulfurea radioattiva (malattie della pelle e del ricambio, affezioni ginecologiche), l'altra alcalina. Vanta una fonte Galatea e una caverna detta del Ciclope Polifemo. Degni di nota sono anche il Duomo (1597-1618, dedicato all'Annunziata e a S. Venera,), la basilica di S. Sebastiano (del Seicento ma ristrutturata dopo il terremoto del 1693), la basilica dei Ss. Pietro e Paolo (1642) e il Palazzo comunale (1659).
Acireale: veduta panoramica del golfo

Viaggio tra le meraviglie paesaggistiche e artistiche di Acireale

Viaggio tra le meraviglie paesaggistiche e artistiche di Acireale (english version)


Augusta

(33.820 ab.). Città in provincia di Siracusa, sullo Ionio. Base navale e militare, porto commerciale e per la pesca. Possiede una raffineria per il petrolio proveniente da Ragusa, una centrale termoelettrica ed estese saline. Produce vino, olio, grano e mandorle. Conserva numerosi monumenti come il Castello di Federico II, il Palazzo comunale e il Duomo del '700. Fondata nel 42 a.C. da Augusto, fu dominio dei Saraceni, dei Normanni e degli Svevi. Durante la dominazione angioina (iniziata nel 1268), acquistò sempre maggiore importanza grazie alla sua posizione. Passò poi nelle mani degli Aragonesi e fu dominata dalle grandi famiglie siciliane (Moncada, Londogna). Divenne un grande porto militare: da qui salpò la flotta cristiana che sconfisse i Turchi a Lepanto. Dal 1675 al 1681 fu dominio francese, poi ancora degli Spagnoli. Fu danneggiata da due scosse telluriche, nel 1693 e nel 1848, in seguito alle quali fu completamente ricostruita e infatti ha un aspetto moderno. Durante la seconda guerra mondiale, da Augusta iniziò l'avanzata alleata in Sicilia. Meritevole di attenzione sono il Castello svevo, a pianta quadrata con quattro torri angolari, nel corso dei secoli più volte rimaneggiato e divenuto prigione dal 1890 al 1978; Palazzo del Municipio (1699) ornato dall'aquila imperiale sveva; la chiesa delle Anime Sante (XVII sec.) in stile barocco e quella Madre, eretta nel 1644 e ricostruita dopo il terremoto del 1693.

Bagheria

(50.854 ab.). Città in provincia di Palermo. In ridente posizione, circondata da fiorenti agrumeti e vigneti, fu il centro di villeggiatura preferito dei patrizi palermitani, che vi eressero splendide ville fra cui ricordiamo la Villa Palagonia, fatta costruire dal principe Ferdinando Francesco Gravina nel 1715. L'edificio, ammirato da Goethe, vanta una splendida facciata ornata da una particolare scalinata e da decorazioni in tufo giallo sull'intonaco bianco. Il centro abitato si sviluppò invece intorno a Villa Butera, eretta dal principe Giuseppe Branciforte nel 1658 dopo aver messo a coltura i terreni circostanti. Altri due pregevoli palazzi sono Villa Valguarnera e Villa Cattolica, entrambe edificate nel XVIII secolo, la prima ospita la Galleria comunale d'Arte moderna e contemporanea (istituita nel 1973 la raccolta offre tele di pittori famosi come Renato Guttuso), l'altra è la più sontuosa fra tutte, circondata da uno splendido parco e da una balaustrata.

Caltabellotta

(4.448 ab.). (dall'arabo Qal'at-al-ballut: rocca delle querce). Centro in provincia di Agrigento, sulla destra del fiume omonimo. Nel 1302 venne qui firmato il Trattato di Caltabellotta fra Federico II d'Aragona e Carlo di Valois, che pose fine alla Guerra dei Vespri, dichiarando decaduti gli Angioini ed assegnando la corona di Sicilia a Federico II. La sua posizione rivela il perché della funzione militare che svolse fin dalla nascita. In origine fu terra dei Sicani, dei Fenici e dei Greci che la chiamarono Triocala, cioè "tre cose belle" riferite all'abbondanza delle acque, all'ottima posizione e alla fertilità della terra. Durante la loro occupazione gli Arabi costruirono una moschea con annessa una torre usata prima come minareto ed in seguito come postazione per gli avvistamenti. Anche la dominazione normanna ha lasciato alcune testimonianze architettoniche, quali la Cattedrale, o chiesa Madre, e l'arco di Salvoporto. Durante il periodo spagnolo si registrò la presenza di una colonia ebrea che fondò il proprio quartiere ed edificò una sinagoga, ancora presente in paese. Un altro edificio degno di nota è l'Eremo di S. Pellegrino, ampliato nel Settecento nel sito dove secondo la leggenda San Pellegrino sconfisse il drago divoratore dei giovani caltabellottesi. La parte artisticamente migliore è la cappella del XVII secolo.

Caltagirone

(37.373 ab.). (dall'arabo Qal'at-al-ghiran: castello delle grotte). Centro in provincia di Catania. Nei dintorni della città non solo si trovano necropoli greche ma sono anche stati scoperti numerosi reperti archeologici risalenti all'Età del Bronzo, a testimonianza che il sito fu abitato sin dall'antichità più remota. Della dominazione araba è rimasto il castello, mentre del periodo normanno, iniziato con la conquista di Ruggero nel 1090, vittorioso sui Saraceni, si può ammirare ancora la chiesa di S. Giacomo ricostruita dopo il terremoto del 1693. Anche Caltagirone subì in seguito la dominazione sveva e quella angioina, dalla quale si liberò grazie alla rivolta dei Vespri (1282). Durante il periodo spagnolo alla città vennero concessi diversi privilegi e divenne anche possedimento demaniale. Se nel 1542 un terremoto di lieve entità arreccò solo alcuni danni a chiese, palazzi e opere d'arte in generale, quello del 1693 sconvolse gravemente l'intera città, che necessitò di una pronta ricostruzione. Così gran parte degli ancora oggi mirabili edifici sono il risultato di una profonda opera di rifacimento e ristrutturazione. Tra questi ricordiamo il Duomo e la chiesa di San Giorgio. Il primo, edificato su un antico luogo di culto normanno e modificato in seguito più volte, custodisce al suo interno uno splendido Crocifisso ligneo del Quattrocento e una statua marmorea della Madonna con Bambino attribuita alla scuola di Antonello Gaggini; la seconda, eretta dai genovesi nel 1030 e rimasta incompleta dopo la ricostruzione del 1693, ospita un magnifico dipinto della scuola fiamminga Mistero della Trinità . Degne di nota sono anche la chiesa di S. Francesco d'Assisi, quella di Santa Maria del Monte, le due chiese di S. Domenico e del SS. Salvatore, poste una in fronte all'altra in largo S. Domenico (la seconda ospita dal 1963 le spoglie di Don Luigi Sturzo, noto sociologo, sindaco della città nei primi del Novecento e fondatore del Partito Popolare Italiano). Caratteristica di Caltagirone è l'antica industria di terrecotte artistiche, divenuta una tipica tradizione mostrata ad ogni angolo della città, dove vasi, decorazioni d'ogni tipo, indicazioni turistiche, balaustre e persino scalinate (nota è la Scala di Monte con i suoi 142 gradini, rifatti in pietra lavica e adornati di maioliche che rappresentano la storia della ceramica calatina) sono fatte o ricoperte da questo materiale policromo.

Canicattì

(31.713 ab.). Centro in provincia di Agrigento, le origini sono molto antiche e il nome sembra derivi dall'arabo. Antico feudo dei Bonanno, che governarono la città per circa tre secoli a partire dal Cinquecento, vi si ammirano i resti di un castello normanno, intorno al quale si costituì il borgo medievale. Nel Seicento, sotto il principe Giacomo I Bonanno, Canicattì fu arricchita di numerose costruzioni: fontane, chiese e conventi, in parte ancora oggi ammirabili (pregevole è quel che resta della Fontana barocca del Nettuno). La città, colpita tra l'altro dal terremoto e da epidemie di colera, seguì le sorti dell'isola fino all'Unità d'Italia. Tra i monumenti degni di nota la chiesa Madre costruita intorno alla metà del XVIII secolo e ristrutturata nel Novecento e parte della chiesa seicentesca dello Spirito Santo demolita perché pericolante ma con una splendida facciata barocca.
Oggi Canicattì è importante centro agricolo (soprattutto per la coltivazione della vite) e industriale con fabbriche e opifici.

Cefalù

(13.789 ab.). Cittadina in provincia di Palermo, presso la riva tirrenica, fu fondata intorno al V sec. a.C. in un sito abitato sin dall'antichità, numerosi sono infatti i ritrovamenti a testimonianza di ciò, come ad esempio le tracce rinvenute in alcune grotte dei dintorni, i resti delle mura megalitiche e il Tempio di Diana. Durante i periodi romano, bizantino e arabo ebbe un ruolo politico importante principalmente per via della sua posizione sul mare. Nel 1064 la città fu invasa dai Normanni, che cancellarono ogni caratteristica orientale e la ricostruirono totalmente secondo i loro criteri: divenne così emblema dei nuovi conquistatori e di una cristianità restaurata. Nel XIII-XIV secolo Cefalù passò nelle mani dei Ventimiglia. Tra il XVI e il XVII secolo furono costruiti i conventi dei Domenicani, degli Osservanti e dei Carmelitani. Alla fine del XIX secolo quando i diversi regimi feudali scomparvero, Cefalù visse un certo declino in seguito ad una profonda crisi economica. La città conserva nei suoi monumenti evidenti tracce delle varie dominazioni, specialmente di quella araba. Tra gli edifici degni di nota si ricordano: la cattedrale fatta costruire da Ruggero II nel 1131, ricca di pregevoli mosaici bizantini; i resti della residenza trecentesca dei Ventimiglia; i ruderi del cosiddetto Tempio di Diana e quelli di numerose fortificazioni come il Bastione di Marchiafava e la Rocca.

Centuripe

(5.903 ab.). Centro in provincia di Enna. Di antichissima origine, fu abitata dai Siculi e dal V sec. divenne prima colonia greca e successivamente alleata di Roma. Inizialmente Centuripe godette di questa posizione ma in seguito, durante la guerra tra Ottaviano e Sesto Pompeo, subì un grave declino. Dopo essersi schierata nel 1232 contro Federico II di Svevia, la cittadina fu completamente distrutta da Carlo I d'Angiò nel 1268. La città attuale fu fondata nel 1548 da Francesco Moncada. Tra gli edifici degni di nota: la secentesca chiesa Madre, il Castello di Corradino e i resti degli Augustales (II sec.) edificio adibito al culto imperiale. Il territorio è fertile; notevole la produzione di zolfo. Nel 1943 vi si svolsero lunghi ed aspri combattimenti.

Comiso

(29.076 ab.). Centro agricolo in provincia di Ragusa, situato su un colle delle propaggini Sud-occidentali dei Monti Iblei, presso le sorgenti del fiume Ippari. Cave di pietra da costruzione e da calce. Fabbriche di sapone e di vasi di terracotta. Nelle vicinanze di Comiso nel 1980 fu impiantata un'importante base NATO, oggi smantellata. Città di origine antica, come testimonia il ritrovamento nei pressi della Fonte di Diana di mosaici pavimentali del II sec, e nota in età bizantina, passò nel XIII secolo dalla Signoria dei Lubera a quella dei Chiaromonte; nel 1453 fu acquistata dai Naselli della Mastra, che la tennero fino all'abolizione della feudalità in Sicilia (1813). Nel frattempo, nel 1571 era divenuta contea e nel 1693 rimase duramente colpita dal terremoto. Fra i monumenti dell'età medievale e moderna vanno ricordati il battistero bizantino di San Gregorio al Castello; la chiesa di San Francesco del XIII sec., quella dell'Annunziata e la chiesa Madre; il castello del XIV-XVI secolo.

Corleone

(11.393 ab.). Centro agricolo in provincia di Palermo, a 542 m s/m. sul fiume omonimo. Cereali, olio. Industria casearia e molitoria. Probabilmente già esistente in epoca bizantina, ebbe una grande importanza economica nel periodo saraceno. In seguito fu feudo dei Normanni (venne conquistata nel 1080), passò poi nelle mani dei vescovi di Palermo e infine in quelle dei vescovi di Monreale (1176). Nel 1418 una frana investì gran parte della città alta e nel corso dei secoli successivi proprio il terreno argilloso su cui poggiava il borgo, franò spesse volte arrecando notevoli danni alle costruzioni e all'assetto urbano. Decadde sotto gli Aragonesi soprattutto a causa delle ingenti tasse e più volte si oppose alla vendita da parte del re. Tra gli edifici degni di nota: la chiesa Madre del 1382, dedicata a S.Martino e ampliata tra il XV e il XVII sec.; la chiesa di S. Rosalia costruita nel XVII sec., al cui interno si possono ammirare numerose opere d'arte.

Egadi

Isole situate ad Ovest della Sicilia e, geologicamente, appartenenti al sistema orografico della Sicilia occidentale. Anticamente si chiamavano Aegates. Il gruppo è formato da 8 isole di cui le principali sono Favignana, Levanzo e Marettimo. Le minori si chiamano S. Pantaleo, Mozia, Isola degli Asinelli, Maraone e Formica. Recentemente sono diventate meta turistica ambita, tanto da far istituire nel 1991 l'Area marina protetta Isole Egadi, a salvaguardia dello straordinario ambiente naturale. I graffiti ritrovati nella Grotta Genovese a Levanzo dimostrano che le isolette sono state abitate sin dall'antichità più remota, in seguito furono insediamento fenicio-punico e nel 241 a.C. divennero territorio romano. A metà del XVI sec. gli Spagnoli vendettero le isolette a una nota famiglia genovese, i Pallavicino-Rusconi, che a loro volta le passarono ai Florio e questi ai Parodi.

Eolie o Lipari, Isole

Arcipelago (114,8 kmq) del Mar Tirreno, a Nord della Sicilia: comprende sette isole principali, tra cui le tre maggiori, Lipari, Salina e Vulcano, formano un gruppo molto ravvicinato. Le altre sono Alicudi, Filicudi, Stromboli e Panarea. Tutte di origine vulcanica e di straordinaria bellezza, nel 2000 sono state dichiarate patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Erice

(29.338 ab.). Centro in provincia di Trapani in suggestiva posizione panoramica; fino al 1934, Monte San Giuliano. Di origine antichissima, la città era sacra già agli elimi e divenne celebre per il Tempio di Venere fondato da Enea e distrutto durante le guerre puniche. Dopo il periodo di splendore raggiunto con i Cartaginesi, decadde in epoca romana per poi risollevarsi sotto gli Arabi e con i Normanni. A questi ultimi si deve la costruzione del castello (XII-XIII sec. ancora visibile), il rifacimento delle mura di cinta erette dai Cartaginesi (V sec. a.C.) e il ripopolamento del borgo. Altri monumenti sono il Castello Pepoli (XII-XIII sec.), la chiesa Matrice (1314), San Giovanni Battista, con opere di A. Gaggini e San Martino (fatta erigere da Ruggero il Normanno nel XIII sec. e ristrutturata tra il Seicento e il Settecento).

Gela

(72.774 ab.). Città in provincia di Caltanissetta, sul golfo omonimo, tra capo Scaramia e capo Sant'Angelo. Centro agricolo e commerciale; nel 1961 è stato costruito un grande impianto petrolchimico, che se da una parte ha portato lavoro, dall'altra ha incrementato l'inquinamento e ha aggravato la costruzione abusiva. La piana di Gela è per estensione la seconda pianura della Sicilia dopo quella di Catania. Fu fondata da coloni di Rodi e di Creta nel 688 circa a.C., secondo la tradizione. Primo tiranno di Gela fu Cleandro (V sec.), cui successe il fratello Ippocrate e più tardi Gelone che, impadronitosi di Siracusa, vi trasferì la capitale del suo Stato; gli succedettero i fratelli Gerone e Trasibulo. La città riacquistò l'indipendenza nel 466. Nel 456 vi morì Eschilo.
Divenuta possesso dei Siracusani, fu distrutta nel 282 dai Mamertini. Nel 1230 venne fondata da Federico II la città attuale, che ebbe il nome di Terranova di Sicilia, rimastole fino al 1927. In località Caposoprano, è stato recentemente ritrovato un tratto di 200 m della cinta meridionale di mura, databile alla seconda metà del V sec. a.C., e restaurato al tempo di Timoleonte. Ricco il materiale archeologico rinvenuto nella necropoli e nella città, tra cui i resti del tempio arcaico (VI sec. a.C) e quelli del tempio dorico (V sec. a.C.) scoperti nelle vicinanze dell'acropoli. Degne di nota sono la chiesa Madre rifatta nel 1766, quella del SS. Salvatore e del Rosario, la chiesa del Carmine (del '500), la chiesa di S. Francesco d'Assisi (XVII sec.) e quella di S. Francesco di Paola (XVII sec.).

Lampedusa

Piccola isola del Mediterraneo nel gruppo delle Pelagie. Appartiene alla provincia di Agrigento. È un grande scoglio scosceso dal suolo sterile; importante l'allevamento di conigli, abbondante la pesca. Nonostante siano stati ritrovati resti che attestano l'antica presenza di Fenici, Greci, Romani e Arabi, l'insediamento vero e proprio sull'isola avvenne solamente nel 1843, quando Ferdinando II di Borbone vi impiantò una colonia. L'isola è oggi metà di un crescente turismo, facilitato dal collegamento aereo recentemente attivato tra Palermo e Lampedusa.

Lampedusa e Linosa

(5.725 ab.). Centro in provincia di Agrigento, formato dalle due isolette omonime, le quali costituiscono il gruppo delle isole Pelagie. Vennero occupate dai Borboni nel 1843 e nel 1845. Pesca delle sardelle e delle spugne.

Lentini

(24.748 ab.). Centro agricolo in provincia di Siracusa, sulle prime propaggini collinari al margine meridionale della piana di Catania. Commercio agricolo (agrumi, prodotti ortofrutticoli). Industrie alimentari, del vetro e del cemento. È l'antica Leontinoi, una delle prime colonie greche in Sicilia, fondata nel 729 a.C. dai Calcidesi, caduta poi in potere dei Siracusani. Decadde sotto i Romani che l'avevano conquistata durante la seconda guerra punica. Occupata dagli Arabi nell'848, passò poi ai Normanni. Devastata da diversi terremoti, tra i quali il più distruttivo fu quello del 1693, venne ricostruita nello stesso luogo. Notevoli resti archeologici.

Licata

(37.976 ab.). Centro agricolo ed industriale in provincia di Agrigento su un promontorio, posto all'estremità occidentale del golfo di Gela. Commercio agricolo (cereali, ortaggi, mandorle, cotone). Pesca. Industrie chimiche (concimi), dello zolfo, del cemento, cantieristiche, alimentari. Sorge sulle rovine dell'antica Phintias, fondata dai Greci nel III sec. a.C. presso il capo Ecnomus (attuale Capo Sant'Angelo) nelle cui acque Attilio Regolo sconfisse la flotta cartaginese (256 a.C.). Fiorente di traffici sotto gli Svevi (XII-XIII sec.), riprese importanza tra il XVII e il XVIII sec. dopo la quasi completa distruzione da parte dei Turchi nel 1553. Tra gli edifici degni di nota ricordiamo il Palazzo del Municipio (costruito nel Novecento da Ernesto Basile, in stile Liberty), la chiesa del Carmine (eretta nel XIII sec. subì in seguito numerose ristrutturazioni), la chiesa Matrice (edificata nel primo Quattrocento ) e sul colle S. Angelo il Castello omonimo costruito nel XVII secolo.

Marsala

(77.784 ab.). Città in provincia di Trapani, presso il Capo Boeo, è l'antica Lilibeo, situata all'estremità più occidentale della Sicilia. Nota per la produzione del vino omonimo. È sede di un importante istituto agrario. Attivo porto. Estrazione di salgemma. Il monumento principale è il Duomo, con facciata barocca; notevoli anche la chiesa del Carmine (XVI sec.) e quella di Santa Maria della Grotta, di stile romanico siculo, con affreschi bizantini. Degni di nota sono anche Palazzo VII Aprile (1576), il monastero di S. Pietro e l'Insula romana costituita dai resti di una villa del III sec. e di un complesso termale (pregevoli sono i mosaici pavimentali). Museo comunale. La città fu costruita dai Cartaginesi al principio del IV sec. a.C. e fortificata in modo inespugnabile. Occupata dai Romani dopo la prima guerra punica (241), divenne un importante centro commerciale. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la città decadde. Gli Arabi la ricostruirono e le diedero il nuovo nome di Marsa Alì (porto di Alì), dal quale proviene il nome attuale. Fu emporio commerciale fiorente sotto i Normanni, nel XII sec. Prospera nei secc. XV e XVI, in seguito decadde, per risorgere alla fine del XVIII sec. come centro di commercio vinicolo. A Marsala sbarcò, l'11 maggio 1860, Garibaldi coi Mille.

Mazara del Vallo

(50.377 ab.). Centro in provincia di Trapani sulla riva del mare. Di origine molto antica, costruita forse sulle rovine dell'emporio di Selinunte, la città prosperò soprattutto durante la dominazione araba. Nel periodo normanno Mazara divenne vescovato, fu fortificata da mura e da un castello (ridotto oggi a rudere), e fu arricchita da una cattedrale, dalla chiesa di S. Nicolo Regale e dalla chiesetta di S. Maria della Giummare. Tra il '600 e il '700 furono costruiti numerosi edifici religiosi quali la chiesa di S. Michele (fondata nell'XI sec. ma ristrutturata nel 1637), quella di S. Ignazio (inizi del XVIII sec.) e quella di S. Veneranda (antica costruzione normanna rifatta nel Settecento, la facciata è tipica barocca), il seminario dei Chierici (costruzione a portici del 1710), il collegio dei Gesuiti (1675-86) e il Palazzo vescovile (eretto nel 1596 ma ampliato e rimaneggiato nel '700).
Stazione balneare, centro agricolo e importante porto peschereccio.

Menfi

(12.783 ab.). Centro agricolo in provincia di Agrigento, a 119 m s/m. Allevamento. Ricordata dai tempi di Giacomo d'Aragona, re di Sicilia (m. 1327); dal 1654 al 1812 appartenne, col titolo di contea, ai Pignatelli, duchi di Monteleone. La città ha un impianto urbanistico secentesco che dopo il terremoto del 1968 è stato danneggiato e in parte ricostruito. Tra i monumenti degni di nota: la torre Federiciana, parte di un antico castello svevo fatto costruire nel 1238 da Federico II e andato distrutto; il Palazzo baronale Pignatelli e il Palazzo Ravidà del 1700; la chiesa Madre dedicata a S. Antonio da Padova (iniziata nel 1660 circa e gravemente danneggiata durante il sisma).

Milazzo

(32.108 ab.). Città in provincia di Messina. È sede di industrie chimiche, tonnare, industria conserviera, ed è il più importante centro vinicolo della provincia di Messina. Grande importanza ha il porto. Nel territorio si producono limoni, vino, olio, pomodori e ortaggi, che vengono esportati. Milazzo, colonia di Zancle (l'antica Messina), fondata nel VII sec. a.C., rimase sempre dipendente da questa città. Dopo essere stata possedimento romano, la città sotto i Bizantini divenne sede vescovile. Nel periodo saraceno i commerci subirono un incremento e la città divenne sempre fiorente. L'epoca di splendore perdurò con i Normanni, che giunsero nel 1061, e anche durante le dominazioni successive degli Svevi e degli Aragonesi. Gli Spagnoli rimasero a Milazzo fino al 1713 quando furono cacciati dalla conquista sabauda. Vano fu il loro tentativo di rientrare al posto dei Piemontesi e degli Imperiali nel 1718, così gli Austriaci, sbarcati con imponenti forze presso Milazzo, costrinsero gli assedianti a ritirarsi su Messina. Tra il 1820-21 la città fu teatro di alterne vicende, mentre nel luglio del 1860, proprio a Milazzo le truppe garibaldine sconfissero le truppe di Francesco II di Borbone. Con l'avvento del Regno d'Italia, la città perse la sua importanza strategico-militare e durante la seconda guerra mondiale subì pesanti bombardamenti, che danneggiarono gravemente e addirittura distrussero diversi edifici. Tra i monumenti degni di nota vi sono: il Castello di Federico II di Svevia, costruito nel 1237-40 sopra a precedenti nuclei, fu rimaneggiato in seguito dagli Spagnoli che vi aggiunsero la cinta muraria a torrioni circolari (dopo il 1880 la fortezza fu trasformata in carcere: nel periodo della prima guerra mondiale esso divenne campo di prigionia per i militari austroungarici, nel periodo fascista, luogo di detenzione politica e, fino al maggio 1960, prigione giudiziaria); il Duomo antico iniziato nel 1608 su progetto di Camillo Camilliani, che ampliò anche la cinta aragonese; i ruderi del trecentesco Palazzo dei Giurati, un tempo sede del Senato e del Municipio della città; la chiesa della Madonna del Rosario (1538) eretta dai Domenicani, fu sede del tribunale dell'Inquisizione e del Sant'Uffizio; il Santuario di S. Francesco di Paola, fondato dal santo stesso nel 1465; la chiesa di S. Giacomo apostolo eretta nel 1434 per un voto fatto in seguito alla liberazione della città, ad opera degli Aragonesi, dall'assedio angioino, fu in seguito più volte rimaneggiata (pregevole l'altare maggiore del Duomo antico trasferito qui nel 1866); la chiesa del Carmine eretta nel 1574 su due vecchi templi, gravemente danneggiata durante l'assedio spagnolo del 1717-19, fu successivamente ricostruita tra il 1726 ed il 1752.

Modica

(52.639 ab.). Cittadina in provincia di Ragusa; è situata a 381 m s/m., sulle pendici meridionali dei Monti Iblei. Mercato agricolo (cereali, legumi, uve, olive, ortaggi) e del bestiame; industrie connesse. Fu la Mòtyka dei Siculi, fiorente anche in epoca romana. Occupata dagli Arabi che la ribattezzarono Mohac, raggiunse con i Normanni il suo massimo splendore data la sua posizione strategica (non solo per l'altitudine ma anche perché circondata da due torrenti oggi coperti, per via dei numerosi straripamenti conseguenti alle alluvioni). Divenuta contea sotto Pietro I d'Aragona, fu in seguito uno dei feudi più potenti della Sicilia. Passò in mano ai Chiaramonte, ai Cabrera, agli Henriquez-Cabrera. Dopo il terremoto del 1693, che distrusse molti edifici storici, la ricostruzione cambiò l'assetto urbano e furono innalzate diverse residenze barocche. Meritevoli di attenzione sono la cattedrale barocca, o chiesa di S. Giorgio, più volte ricostruita e inaugurata definitivamente nel 1738 (notevole la scalinata di 250 gradini); la chiesa del Carmine riedificata dopo il terremoto del 1693, (della struttura originaria sono rimasti il portale ad arco acuto e il rosone); la chiesa di S. Domenico ricostruita dopo il terremoto del 1613 e risparmiata dal sisma del 1693, con all'interno pregevoli stucchi settecenteschi; la chiesa trecentesca di S. Pietro, rifatta dopo il 1693 e introdotta da una elegante scalinata adornata dalle statue dei dodici apostoli; la chiesa di S. Maria di Betlemme, eretta nel XV sec. e riedificata dopo i terremoti del '600 (splendida la Cappella del Sacramento di architettura tardo-gotica rinascimentale); Palazzo Polara, in stile barocco introdotto da un'elegante gradinata.

Noto

(23.065 ab.). Città in provincia di Siracusa, presso la fiumara omonima. Ricostruita dopo il terremoto del 1693 sul colle Meti, lontana quindi dal vecchio sito, ha edifici e numerose chiese con pregi artistici, di spiccato carattere settecentesco. Ricordiamo il Duomo (XVIII sec.) affiancato da due torri campanarie e con un ricco interno; l'ex Convento dei Domenicani (1727); il Monastero del SS. Salvatore (1706) che ospita il Museo Civico; il Palazzo Ducezio o comunale (1746); il Palazzo Villadorata (1737) in stile barocco; la chiesa di Santa Chiara (1743); la chiesa del Santissimo Crocefisso (1715) con all'interno la statua della Madonna della Neve (1471) di Francesco Laurana. Noto è stata dichiarata "capitale del Barocco" dal Consiglio d'Europa.

Pantelleria

(7.224 ab.) Isola (83 kmq) del Mediterraneo centrale. Ha morfologia accidentata e culmina, al centro, nella Montagna Grande (836 m). La sua origine vulcanica è rivelata dalla natura delle rocce, dai frequenti movimenti sismici e da fenomeni secondari. Quasi del tutto priva d'acqua potabile, ha tuttavia un suolo molto fertile. L'isola è costituita in comune dipendente amministrativamente dalla provincia di Trapani, e ha per capoluogo il centro omonimo. Agricoltura (uve pregiate, cereali, fichi, capperi, cotone), con una buona produzione di vini. Allevamento di pecore e asini. Pesca. Movimento turistico in sviluppo. L'isola fu abitata inizialmente dai Fenici, poi dai Cartaginesi e dai Romani (217 a.C.). Nel 700 circa venne conquistata dagli Arabi che regnarono per 400 anni, trasformandola in una terra fertile riccamente coltivata grazie alle loro tecniche innovative di irrigazione e terrazzamento. Ancora oggi gli abitanti dell'isola sono più dediti all'agricoltura che alla pesca e notevole è la produzione della famigerata uva Zibibbo e di capperi.
Il paese vero e proprio, ricostruito dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, è gremito delle tipiche case cubiche di pietra lavica, i dammusi, risalenti al X secolo. L'isola vanta una costa meravigliosa caratterizzata da spiaggette e calette stupende, faraglioni, grotte, la cui natura incontaminata offre spettacoli straordinari come ad esempio l'incantevole scultura naturale dell'Arco dell'Elefante e le favare, getti di vapore acqueo espulsi dai crepacci delle rocce.

Patti

(13.108 ab.). Cittadina in provincia di Messina, alle falde dei Nebrodi; è situata a 153 m s/m. Fu edificata dai Normanni di Ruggero I nell'XI sec., nei pressi della distrutta Tindari. Qui costruirono un'abbazia che diventò presto sede vescovile. Schieratasi dalla parte degli Angioini, fu messa a fuoco e fiamme da Federico II d'Aragona e nel 1544 fu saccheggiata da un pirata detto il Barbarossa. Degna di nota è la Cattedrale (XVIII sec.) sorta su un'antica chiesa normanna fatta costruire da Ruggero II come luogo di sepoltura della madre, morta a Patti nel 1118.

Piazza Armerina

(21.038 ab.). Centro in provincia di Enna; è situato a 697 m s/m sulle pendici del colle Armerino, presso il torrente Nociara. Centro agricolo (uva, olive) e minerario (solfatare). Industrie alimentari. Abitata sin dall'VIII-VII sec. a.C., la cittadina conobbe la presenza dei Romani, dei Bizantini e degli Arabi. Nell'XI secolo giunsero i Normanni (il cui insediamento viene ricordato tutti gli anni con il Palio a metà agosto), che costruirono il borgo. Dell'antica cittadella rimangono il Duomo, eretto nel 1604 su un precedente edificio religioso, la chiesa di S. Pietro dall'interno piuttosto regale, quella di S. Rocco in stile barocco, e la chiesa di S. Andrea edificata nel 1096, il settecentesco Palazzo di Città con balconate in ferro battuto e Palazzo Trigona del XVIII sec., il Castello Aragonese (XIV sec.) a pianta quadrata con imponenti torri agli angoli. Nella contrada Casale, interessanti sono i resti di una villa romana (IV sec. d.C.) con pregevoli pavimenti a mosaico, dichiarata patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Porto Empedocle

(15.957 ab.). Centro in provincia di Agrigento. Porto artificiale per l'imbarco dei prodotti dell'interno (zolfo, gesso, fertilizzanti, salgemma) e per l'importazione di prodotti chimici e carbone. Centrale termoelettrica. Attiva è la pesca. Fiorente il turismo. Nel XV secolo il paese era chiamato Marina di Girgenti e poiché era considerato uno dei principali caricatori di grano della Sicilia, il re Carlo V vi fece costruire un'imponente torre quadrangolare. Nel 1749 fu costruito il primo molo artificiale con pietre prelevate dal tempio di Giove Olimpico di Agrigento.

Sciacca

(40.240 ab.). Centro in provincia di Agrigento, alle falde del monte Cronio. Venne fondata tra il VI e il V secolo a.C. come stabilimento termale dipendente dalla vicina Selinunte, infatti all'inizio era chiamata Thermai Selinuntinae o Thermae Selinuntinae, poi gli Arabi le diedero il nome attuale (IX sec.). Distrutta nel 409 a.C. dai Cartaginesi, si risollevò in epoca romana, durante la quale ci fu un incremento della popolazione dovuto principalmente ai miglioramenti dell'attività agraria. La città divenne così un importante centro economico e culturale. Sotto i musulmani e i Normanni l'assetto urbano fu modificato sostanzialmente, vennero erette mura tra i vari quartieri e il territorio cittadino si estese a tal punto da contenere le più diverse etnie abitanti nella città. Degni di nota sono l'antico Castello dei Conti Luna (fatto costruire nel 1380 dal conte di Caltabellotta, passò in seguito nelle mani dei Luna), il Palazzo Steripinto eretto nel 1501 in stile siculo-spagnolo, e varie chiese, tra cui la chiesa Madre (eretta nel 1108 e rimaneggiata nel 1656), quella di San Domenico (fondata nel 1534 e rifatta nel Settecento), la chiesa e il collegio dei Gesuiti (oggi Municipio), la chiesa di S. Michele Arcangelo (XIV sec., rifacimenti del '600) e quella di S. Margherita (del XIV sec. ma ricostruita nel Settecento). Costruzioni navali; fabbriche di terraglie, artigianato figulino. Salnitro, soda, zolfo. Pesca delle sardelle. Celebri e piuttosto frequentate sono le terme sul Monte Cronio (395 m), perforato da molte caverne dalle quali si ricava il salnitro, ottimo per la cura delle malattie respiratorie e reumatiche.

Segesta

Antica città della Sicilia, a Nord-Ovest dell'odierna Calatafimi, fondata dagli Élimi, popolazione mista di sicani e di stranieri immigrati. Fu l'eterna nemica di Selinunte, contro la quale combattè a lungo a causa di problemi di confine e che sconfisse grazie all'aiuto dei Cartaginesi. Nel 307 a.C. fu distrutta dal siracusano Agatocle, si risollevò in epoca romana, ma in seguito fu abbattuta dai Vandali e dai Saraceni, finché non scomparve definitivamente nel Medioevo. Importanti sono i resti archeologici risalenti in gran parte al V sec. a.C.: il tempio dorico (fra i meglio conservati della Sicilia), privo di cella interna; il santuario circondato da un grande muro e con all'interno ruderi di un altro tempio dorico; e il teatro, probabilmente di epoca ellenistica. Non lontano dal sito archeologico ci sono le Terme segestane avvolte nella leggenda, secondo la quale Ercole vi si immerse insieme ai buoi di Gerione, mentre era diretto da capo Peloro all'agro ericino.
Il tempio greco di Segesta


Selinunte

Antica città greca, a poca distanza del mare, nel settore Sud-occidentale dell'isola (nel territorio dell'odierna Castelvetrano). Fu fondata nella seconda metà del VII sec. a.C. da coloni provenienti da Megara Hyblaea come caposaldo difensivo contro l'espansionismo fenicio nell'occidente dell'isola. Durante la prima guerra punica cadde in mano ai Cartaginesi, alleati di Segesta sua acerrima rivale; e quando costoro vennero costretti a ritirarsi, la città fu di nuovo distrutta e la popolazione evacuata (409 a.C.).
Da allora Selinunte, città già fiorentissima, fu soltanto un borgo che sopravvisse stentatamente in epoca romana, bizantina e musulmana. Gli scavi iniziati nel 1823 ad opera di due inglesi, William Harris e Samuel Angell, e divenuti sistematici nel 1864, hanno messo in luce le rovine imponenti dell'antica città, sì che oggi Selinunte è uno dei centri archeologici più importanti d'Italia.
La zona archeologica è compresa tra due corsi d'acqua, il Gorgo Cottone e il Modione (antico Selinon, da cui deriva il nome, che a sua volta si rifà al nome greco del prezzemolo selvatico, selinon appunto, molto abbondante nell'area dell'antico insediamento), alle foci dei quali si trovavano due porti, oggi completamente interrati.
L'importanza di Selinunte nella storia dell'arte greca è dovuta soprattutto ai suoi otto templi (il Tempio C, è il più grande e il più antico dell'acropoli, metà VI sec. a.C.) che presentano caratteristiche architettoniche tali da distinguerli nettamente dalle contemporanee costruzioni d'altre città siceliote e più ancora da quelle della Grecia. Di grande interesse sono anche le necropoli e il santuario della Malophoros, costituito da diversi altari di varie dimensioni. Selinunte è l'unico centro della Sicilia che abbia lasciato resti di valide sculture eseguite sul luogo; anche in questo settore è evidente un gusto locale che interviene a modificare forme di importazione ellenica.
Famoso l'efebo bronzeo ora conservato nel municipio di Castelvetrano (è databile verso la metà del V sec.); grande importanza hanno anche le metope conservate nel Museo Nazionale di Palermo.

Taormina

(10.780 ab.). Centro climatico in provincia di Messina; è situato a 204 m s/m. su un terrazzo del Monte Tauro, in posizione dominante il Mar Ionio. Per il suo incantevole scenario di bellezze naturali è stazione turistica di fama internazionale dotata di buona attrezzatura alberghiera. Rinomato il lido di Mazzarò con l'isola Bella.
Miniere di zolfo. Fondata dai Siculi, fu centro della Magna Grecia e in seguito colonia romana. Nel Medioevo conobbe le dominazioni bizantina (durante la quale divenne sede dell'arcivescovado) e araba (dal 962 al 1079). Occupata dai Normanni nell'XI sec., fu prospero centro commerciale fiorente con gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi. Nel XV sec. ebbe inizio la sua decadenza. Conserva parte del Teatro greco, eretto in epoca ellenistica lungo il pendio della collina e ricostruito dai Romani, che lo usarono come arena per i gladiatori; l'Odeon edificato in età imperiale su un edificio già esistente, le Terme e la Naumachia, complesso di raccolta delle acque. Numerosi anche i monumenti medievali quali il castello, la Cattedrale (eretta nel XIII sec. e rimaneggiata in seguito), le chiese di Santa Caterina (XVII sec.) e di Sant'Agostino, il Palazzo Corvaia in stile arabo normanno (sec. XI-XV) e quello normanno dei Duchi di S. Stefano, decorato con particolari musulmani.
Suggestivi scorci di Taormina

Suggestivi scorci di Taormina (english version)

Ustica

(1.335 ab.) Isola (8,1 kmq) del Mar Tirreno, a Nord delle coste settentrionali della Sicilia, in provincia di Palermo. Unico centro il paese omonimo. Viti, cereali, ortaggi e frutta. In crescita il turismo. Abitata sin dalla preistoria, fu terra di Fenici, Romani, Normanni e Saraceni. Questi ultimi la dominarono dall'VIII sec. sino al 1763, anno durante il quale il governo borbonico riuscì a difendere il borgo, respingendo gli aggressori e ripopolando l'abitato. Durante il ventennio fascista, fu luogo di confino.
Nel 1986 nelle acque dell'isola è stata creata la prima area marina protetta d'Italia, seguita nel 1997 dall'istituzione della Riserva naturale Isola di Ustica a tutela della parte terrestre.
Sulla cima di Capo Falconara si può ammirare la fortezza borbonica, in paese invece degna di nota è la torre di S. Maria eretta in difesa del territorio e oggi ospitante il Museo Archeologico. Da ricordare l'acquario in località Spalmatore e alcuni siti naturali di straordinaria bellezza come ad esempio la Grotta Azzurra, così chiamata per il colore delle sue acque, e la Grotta della Pastizza, con alti scogli piramidali, conosciuta per i suoi particolari fenomeni sonori. Infine interessante è l'itinerario archeologico marino, che permette ai sub di vedere reperti di epoca romana adagiati sui fondali.
A largo di Ustica il 27 giugno 1980 precipitò e andò a fondo un aereo Dc9 dell'Itavia con 81 passeggeri a bordo. Nessuno si salvò e ancora oggi le cause di tale disastro sono in parte misteriose.