Luigi Pirandello Teatro e Opere.

Luigi Pirandello

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Luigi Pirandello.

Teatro e opere.

"L'uomo non conosce e non comprende neppure se stesso. Egli conosce di sè solo un lato: oltre l'io cosciente esistono infatti altri aspetti del proprio io, che l'uomo non conosce: esiste in lui un subcosciente: forze ignote, le quali sono le vere padrone della sua esistenza, istinti e impulsi che egli non sa né guidare né reprimere. Dal che deriva che l'uomo non possiede neppure una personalità propria ma ne ha molte, le quali anche si contraddicono."

Nasce a Girgenti (oggi Agrigento) nel 1867, da una famiglia borghese. Nel 1891 si laurea all'Università di Bonn. Tornato in Italia, nel 1893 si stabilisce a Roma dove inizia a collaborare a riviste letterarie, per l'interessamento di Luigi Capuana; dal 1897 - ed ininterrottamente fino al 1922 - insegna all'Istituto superiore di Magistero, prima stilistica, poi letteratura italiana. Comincia a pubblicare poesie, saggi, romanzi e novelle (che, a principiar dal 1909, apparivano sul "Corriere della Sera"), per poi affermarsi come autore drammatico nei due lustri seguenti al primo conflitto mondiale. Se "Liolà", "La giara", "Il berretto a sonagli", "Pensaci, Giacomino!", "Così è (se vi pare)", "Il piacere dell'onestà" sono i lavori più significativi del periodo 1915-20, è nel 1921 - anno della prima, sfortunata rappresentazione dei "Sei personaggi in cerca d'autore" - che la fama del Nostro varca i confini nazionali, con il consenso unanime di pubblico e critica. Da ricordare, ancora, i drammi "Vestire gli ignudi" (1923) e "L'amica delle mogli" (1927), dedicati a Marta Abba. Accademico d'Italia dal 1929, nel '34 è insignito del premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel 1936, mentre sta lavorando a "I giganti della montagna". I tratti salienti dell'arte di Pirandello si presentano sin dalle sue prime prove narrative: se già nel romanzo breve "Il turno" (1895) il gusto dell'autore siciliano pel grottesco corrosivo risulta infatti evidente, ne "L'esclusa" (1901) - storia di una donna cacciata di casa dal marito per un'ingiusta accusa di adulterio e riammessavi proprio quando adultera è diventata - si precisa una visione dell'uomo prigioniero delle convenzioni e smarrito nel dedalo di una verità proteiforme. Tali concetti trovano definitiva sistemazione ne "Il fu Mattia Pascal" (1904) - dove un individuo ritenuto morto cerca invano di crearsi un'identità nuova, finendo per perdere anche l'originaria - e vengono integrati dalle riflessioni contenute nel saggio "L'umorismo" (1908), incentrato sui problemi della creazione artistica. Se "I vecchi e i giovani" (1906) segna un ritorno ai canoni del verismo, nel confronto tra illusioni risorgimentali e scorciatoie cercate dalle nuove generazioni, in "Suo marito" (1911) e "Si gira" (1915) si fa più pessimistico il suo sguardo sull'umanità, ingabbiata nella finzione ed impossibilitata a decrittare il reale. Uguali tematiche si riscontrano nelle sue novelle, raccolte nel 1922 sotto il titolo "Novelle per un anno", e nel suo ultimo romanzo "Uno, nessuno e centomila"(1926).

Nasce a Girgenti (oggi Agrigento) nel 1867, da una famiglia borghese.

Nel 1891 si laurea all'Università di Bonn.

Tornato in Italia, nel 1893 si stabilisce a Roma dove inizia a collaborare a riviste letterarie, per l'interessamento di Luigi Capuana; dal 1897 - ed ininterrottamente fino al 1922 - insegna all'Istituto superiore di Magistero, prima stilistica, poi letteratura italiana.

Comincia a pubblicare poesie, saggi, romanzi e novelle (che, a principiar dal 1909, apparivano sul "Corriere della Sera"), per poi affermarsi come autore drammatico nei due lustri seguenti al primo conflitto mondiale.

Se "Liolà", "La giara", "Il berretto a sonagli", "Pensaci, Giacomino!", "Così è (se vi pare)", "Il piacere dell'onestà" sono i lavori più significativi del periodo 1915-20, è nel 1921 - anno della prima, sfortunata rappresentazione dei "Sei personaggi in cerca d'autore" - che la fama del Nostro varca i confini nazionali, con il consenso unanime di pubblico e critica.

Da ricordare, ancora, i drammi "Vestire gli ignudi" (1923) e "L'amica delle mogli" (1927), dedicati a Marta Abba. Accademico d'Italia dal 1929, nel '34 è insignito del premio Nobel per la letteratura.

Muore a Roma nel 1936, mentre sta lavorando a "I giganti della montagna".

I tratti salienti dell'arte di Pirandello si presentano sin dalle sue prime prove narrative: se già nel romanzo breve "Il turno" (1895) il gusto dell'autore siciliano pel grottesco corrosivo risulta infatti evidente, ne "L'esclusa" (1901) - storia di una donna cacciata di casa dal marito per un'ingiusta accusa di adulterio e riammessavi proprio quando adultera è diventata - si precisa una visione dell'uomo prigioniero delle convenzioni e smarrito nel dedalo di una verità proteiforme.

Tali concetti trovano definitiva sistemazione ne "Il fu Mattia Pascal" (1904) - dove un individuo ritenuto morto cerca invano di crearsi un'identità nuova, finendo per perdere anche l'originaria - e vengono integrati dalle riflessioni contenute nel saggio "L'umorismo" (1908), incentrato sui problemi della creazione artistica.

Se "I vecchi e i giovani" (1906) segna un ritorno ai canoni del verismo, nel confronto tra illusioni risorgimentali e scorciatoie cercate dalle nuove generazioni, in "Suo marito" (1911) e "Si gira" (1915) si fa più pessimistico il suo sguardo sull'umanità, ingabbiata nella finzione ed impossibilitata a decrittare il reale.

Uguali tematiche si riscontrano nelle sue novelle, raccolte nel 1922 sotto il titolo "Novelle per un anno", e nel suo ultimo romanzo "Uno, nessuno e centomila"(1926).

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Novelle per un anno.

Nel 1922 Luigi Pirandello progettò di riunire tutte le sue novelle in una raccolta complessiva intitolata Novelle per un anno, che avrebbe dovuto includere ventiquattro volumi di quindici novelle ciascuno (in tutto 360, quindi, all'incirca una per ogni giorno dell'anno). Il progetto in realtà non fu portato a termine e i volumi pubblicati furono quindici (l'ultimo, postumo, uscì nel 1937). In una nuova edizione postuma, pubblicata nel 1937-38, venne aggiunta un'appendice di ventisei novelle, non comprese nella precedente. L'ordinamento interno dei racconti non segue la cronologia della composizione, né criteri rigorosamente tematici. In un'avvertenza premessa all'intera raccolta l'autore chiede scusa ai lettori «se dalla concezione che egli ebbe del mondo e della vita troppa amarezza e scarsa gioja avranno». Lo schema di racconto più abituale è infatti quello del conflitto di un personaggio con la realtà e della sua autodifesa attuata in maniere non di rado paradossali o anche autodistruttive.

La giara.

Pubblicata nel 1928, la raccolta La giara costituisce l'undicesimo volume delle Novelle per un anno e include racconti già editi tra il 1900 e il 1918: al 1900 risale la prima edizione di La paura del sonno; al 1902 quelle di Un'altra allodola e di Pallottoline; al 1905 quelle di Guardando una stampa (che aveva il titolo Allegri) e di Tirocinio (che fornì lo spunto alla commedia Il piacere dell'onestà); al 1906 quella di Richiamo all'obbligo; al 1909 quelle di La giara (da cui l'autore trasse nel 1917 la commedia La giara), di L'illustre estinto e di Due letti a due; al 1908 quella di Il guardaroba dell'eloquenza (che nel 1915 ebbe un'edizione col titolo Il commesso pensatore o La guardaroba dell'eloquenza); al 1910 quelle di La lega disciolta, di La morta e la viva, di Pensaci, Giacomino! (da cui l'autore trasse l'omonima commedia, andata in scena in versione siciliana nel 1916 e in versione italiana nel 1920) e di Non è una cosa seria (da questa novella e dall'altra La signora Speranza, del 1903, inserita nell'Appendice alle novelle, l'autore trasse nel 1918 il dramma Ma non è una cosa seria); al 1918 quella di La cattura.

Maschere nude.

Dopo alcune prove giovanili rimaste senza esito, Pirandello debuttò come autore teatrale nel 1910.

Si misurò agli inizi con il teatro dialettale siciliano.

A partire dal 1916 passò al teatro in lingua e da allora fino alla morte dedicò gran parte delle sue energie proprio all'attività drammaturgica.

La sua opera sconvolse gli schemi del dramma borghese.

Al centro dell'attenzione viene posto il personaggio, scomposto nella molteplicità delle sue maschere e dei suoi ruoli, posto in bilico continuo tra la realtà e la finzione, rappresentato nel conflitto tra la vita apparente e la vita segreta.

Ne risulta un teatro drammatico, grottesco, che dopo le sperimentazioni del teatro nel teatro approda al simbolismo mitico.

Il titolo di Maschere nude fu attribuito dallo stesso Pirandello alla prima raccolta delle sue opere teatrali, pubblicate presso Treves tra il 1918 e il 1921.

L'esclusa.

Primo romanzo di Pirandello, scritto nel 1893, pubblicato nel 1901 a puntate sul quotidiano romano «La Tribuna» e poi in volume nel 1908. La storia è quella della giovane Marta, scacciata dal marito, il quale le rimprovera un tradimento che in realtà non c'è mai stato. Ritenuta colpevole da tutti, Marta si trasferisce a Palermo, dove ottiene un posto d'insegnante, e dove finirà per cedere a un corteggiatore. Quando, convinto della sua innocenza, il marito va a riprenderla con sé, lei gli racconta tutto quanto è accaduto; lui le chiede perdono e l'invita a tornare a vivere con lui.

Il turno.

Secondo in ordine cronologico dei romanzi di Pirandello, fu scritto attorno al 1895 e pubblicato nel 1902. Il titolo allude all'attesa del proprio turno da parte degli aspiranti alla mano della giovane Stellina. Infatti il padre la dà prima in sposa al vecchio e benestante don Diego, pensando che presto rimarrà vedova e potrà sposare il giovane povero da lei amato, Pepè Alletto; ma, una volta sciolto da don Diego il matrimonio impossibile, sarà un altro a sposarla: l'avvocato Ciro Coppa, cognato di Pepè, vedovo, innamoratosi anche lui di Stellina. Quando poi Ciro morirà in seguito ad un attacco apoplettico sarà spianata la strada per il nuovo matrimonio della ragazza con il primo spasimante.

Il fu Mattia Pascal.

Pubblicato nel 1904, è il più celebre dei romanzi di Pirandello. La storia è quella di un modesto bibliotecario di provincia, Mattia Pascal, che conduce una vita meschina e inappagata. Dopo un litigio con la moglie, si allontana da casa e si reca a Montecarlo, dove gioca al casinò e vince una grossa somma di danaro. Sulla via del ritorno, legge su un giornale la notizia del suo suicidio; decide allora di scomparire veramente. Non torna più a casa e assume una nuova identità (il nuovo nome scelto è quello di Adriano Meis), stabilendosi a Roma. Ma di fatto è per lui impossibile costruirsi una vera vita, a causa dei limiti obbiettivi che gli pone il timore che la sua falsa identità venga scoperta; decide perciò di inscenare un altro suicidio, che faccia scomparire Adriano Meis, e di tornare in famiglia. Ma, rientrato al suo paese, trova che la moglie intanto si è risposata: è costretto a ritirarsi a vivere da solo, riprendendo il vecchio impiego di bibliotecario. In quest'opera Pirandello scardina gli schemi della narrativa naturalistica, da cui aveva preso le mosse, e crea nella figura del protagonista uno dei personaggi più emblematici della narrativa italiana novecentesca.

Illustratori, autori e traduttori.

Saggio pubblicato nel 1908, incluso nella raccolta Arte e scienza. È dedicato alla natura delle attività di illustratori, attori e traduttori in rapporto al testo letterario, e afferma la sostanziale identità della loro funzione.

Arte e scienza.

Saggio pubblicato nel 1908 (ma è la rielaborazione del precedente Scienza e critica estetica, già edito nel 1900), che dà il titolo all'intera raccolta di saggi. Prendendo esplicitamente le distanze dall'estetica di Benedetto Croce, Pirandello rifiuta sia la dicotomia tra arte e scienza sia la concezione crociana dell'arte come intuizione lirica.

Soggettivismo e oggettivismo nell'arte narrativa.

Saggio pubblicato nel 1908 nella raccolta Arte e scienza. Discute le teorie letterarie del Naturalismo e il problema dell'oggettività della rappresentazione narrativa.

Suo marito.

Romanzo pubblicato nel 1911; dopo molti anni l'autore prese a correggerlo, ma la sua rielaborazione fu interrotta dalla morte: il risultato di questo lavoro fu pubblicato postumo nel 1941 col titolo Giustino Roncella nato Boggiolo. La storia è quella di Giustino Boggiolo, mediocre impiegato che fa l'agente letterario di sua moglie, la scrittrice di successo Silvia Roncella, senza però comprenderne il talento. Tale incomprensione è la causa di fondo della separazione fra i due, che a un certo punto Giustino crede di poter ricomporre; ma la morte del figlio rende la riconciliazione impossibile. L'ambiente del racconto è quello degli intellettuali romani tra '800 e '900.

I vecchi e i giovani.

Romanzo scritto tra il 1906 e il 1908, pubblicato parzialmente a puntate sul periodico «La Rassegna contemporanea» nel 1909 e poi in volume nel 1913, rivisto e stampato in redazione definitiva nel 1931. Ambientato a Girgenti (questo il nome che aveva allora la città di Agrigento), ma anche a Roma, mira a presentare un movimentato affresco della condizioni della Sicilia allo scadere dell'Ottocento, cioè in uno dei periodi più tormentati della storia italiana postunitaria, mettendo in scena l'aperto e aspro conflitto fra reazionari e innovatori, o pretesi tali.

Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

Romanzo pubblicato a puntate nel 1915 nella «Nuova Antologia» e in volume l'anno successivo col titolo Si gira..., successivamente rielaborato e pubblicato col titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore nel 1925. L'ambiente è quello della neonata industria cinematografica. Con impassibile oggettività, il cineoperatore Serafino Gubbio segue le vicende che s'intrecciano intorno alla lavorazione di un film, e proprio grazie a ciò riesce a girare una scena reale che si verifica sul set: un attore uccide per gelosia la propria amante, l'attrice russa Vera Nestoroff, e subito dopo si fa sbranare da una tigre. La drammaticità dei fatti non distoglie l'operatore dal continuare a riprendere ciò che sta accadendo, ma il trauma che ne riceve è tale che non riuscirà più a parlare. Il personaggio di Serafino Gubbio, che narra la storia in prima persona, è stato visto come proiezione autobiografica dell'autore e del suo atteggiamento lucido e indagatore di fronte alla realtà.

Uno, nessuno, centomila.

Romanzo scritto a partire dal 1910, pubblicato a puntate sulla «Fiera letteraria» tra il 1924 e il 1925, e poi in volume nel 1926. Sviluppa un nucleo tematico già presente in una novella del 1909, Stefano Giogli, uno e due (inclusa nella raccolta Colloquii coi personaggi), e che è fra i più caratteristicamente pirandelliani: quello della destrutturazione della personalità e dell'impossibilità di coglierla secondo una prospettiva unica e oggettiva. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, si rende conto degli innumerevoli modi in cui viene percepito dagli altri e di come le immagini che gli altri hanno di lui non coincidano con quella che egli stesso ha; ed anche che, non potendosi osservare mentre vive, rimane estraneo a sé stesso. Si rende conto, insomma, di essere nel medesimo tempo uno, nessuno e centomila. È per questo che, incurante del fatto di esser ritenuto un pazzo, si sbarazza dell'impaccio delle sue ricchezze, si separa dalla moglie e si ritira in un ospizio.

Scialle nero.

Pubblicato nel 1922, è il primo volume delle Novelle per un anno e raccoglie novelle già pubblicate fra il 1894 ed il 1920, ambientate in parte in Sicilia in parte a Roma: al 1894 risale la prima edizione di Se...; al 1900 quella di Prima notte; al 1901 quella di E due!; al 1902 quella di Amicissimi; al 1903 quelle di Il tabernacolo e Il ventaglino; al 1904 quelle di Scialle nero, di Il «fumo» e di Formalità; al 1909 quella di Difesa del Meòla; al 1911 quella di I fortunati; al 1912 quella di Risposta; al 1915 quella di Visto che non piove; al 1920 quelle di Il pipistrello e di Rimedio: la geografia (col titolo Le parti del mondo).

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La vita nuda.

Già pubblicata nel 1910, la raccolta La vita nuda includeva diciassette novelle, che vennero ridotte a quindici quando fu ripubblicata nel 1922, diventando il secondo volume delle Novelle per un anno. Include racconti le cui prime edizioni risalgono agli anni fra il 1902 ed il 1907: del 1902 quella di Il dovere del medico (da cui l'autore trasse nel 1913 il dramma Il dovere del medico); del 1904 quelle di Nel segno, di La fedeltà del cane e di La buon'anima; del 1905 quelle di Acqua amara, di Paolino e Mimì, di La casa del Granella e di Senza malizia; del 1906 quelle di La toccatina, di Tutto per bene (da cui l'autore trasse nel 1920 il dramma Tutto per bene) e di L'uscita del vedovo; del 1907 quelle di La vita nuda, di Pari e di Distrazione.

La rallegrata.

Pubblicata nel 1922, la raccolta La rallegrata costituisce il terzo volume delle Novelle per un anno e include racconti già pubblicati tra il 1896 ed il 1918: del 1896 la prima edizione di Sole e ombra; del 1901 quella di Nenia; del 1904 quella di Sua maestà; del 1905 quella di I tre pensieri della sbiobbina; del 1911 quelle di Canta l'epistola e di La patente (da cui l'autore trasse nel 1918 il dramma La patente); del 1912 quelle di L'Avemaria di Bobbio, di L'imbecille (da cui l'autore trasse nel 1922 il dramma L'imbecille), di Notte e di Nené e Ninì; del 1913 quelle di La rallegrata e di «Requiem aeternam dona eis, Domine!»; del 1914 quella di Sopra e sotto; del 1915 quella di O di uno o di nessuno (già edita parzialmente nel 1911); del 1918 quella di Un «goj».

L'uomo solo.

Pubblicata nel 1922, la raccolta L'uomo solo costituisce il quarto volume delle Novelle per un anno e include racconti già pubblicati tra il 1899 ed il 1914: del 1899 la prima edizione di Dono della Vergine Maria; del 1901 quella di Notizie del mondo; del 1905 quella di Di guardia; del 1907 quelle di La cassa riposta e di Volare; del 1910 quella di Il professor Terremoto; del 1911 quelle della novella L'uomo solo e di La tragedia d'un personaggio (che contiene spunti sviluppati dall'autore nel dramma Sei personaggi in cerca d'autore, del 1921); del 1912 quelle di I nostri ricordi, di La verità, di Il coppo e di La trappola; del 1913 quella di La veste lunga; del 1914 quelle di Il treno ha fischiato... e di Zia Michelina.

La mosca.

Pubblicata nel 1923, la raccolta La mosca costituisce il quinto volume delle Novelle per un anno e include racconti già pubblicati tra il 1901 ed il 1922: del 1901 la prima edizione di Con altri occhi; del 1902 quelle di La berretta di Padova e di Lontano; del 1904 quelle di La mosca e di Le medaglie; del 1905 quella di L'eresia catara, di Le sorprese della scienza e di Lo scaldino; del 1906 quella di Il sonno del vecchio; del 1907 quella di Tra due ombre; del 1909 quella di Mondo di carta; del 1913 quella di La Madonnina; del 1921 quella di La distruzione dell'uomo; del 1922 quella di La fede e di Niente.

In silenzio.

Pubblicata nel 1923, la raccolta In silenzio costituisce il sesto volume delle Novelle per un anno e include racconti già pubblicati tra il 1897 ed il 1920: del 1897 la prima edizione della novella Il giardinetto lassù (che aveva il titolo Nonno Bauer); del 1902 quelle di Il corvo di Mìzzaro (che aveva il titolo Corvo, 77 - Asino, 23 - Caduta, 80) e di Alla zappa; del 1903 quella di La balia; del 1904 quelle di La veglia (da cui l'autore trasse nel 1920 il dramma Come prima, meglio di prima) e di Una voce; del 1905 quelle di In silenzio, di L'altro figlio (da cui l'autore trasse nel 1923 il dramma L'altro figlio), di La morte addosso (da cui l'autore trasse nel 1923 il dramma L'uomo dal fiore in bocca) e di Va bene; del 1910 quella di Lo spirito maligno (che aveva il titolo Una piastra e quattro centesimi); del 1918 quella di La maschera dimenticata; del 1920 quella di Pena di vivere così (ma le prime cinque parti e l'inizio della sesta di questa novella furono riviste nel 1936 da Pirandello, che morì prima di portar a termine il lavoro per l'intera novella; nel testo che qui viene proposto si riproduce per quelle parti l'ultima redazione dell'autore, pubblicata postuma nel 1937).

Tutt'e tre.

Edita nel 1924, la raccolta Tutt'e tre costituisce il settimo volume delle Novelle per un anno e include racconti già pubblicati tra il 1897 ed il 1923: al 1897 risale la prima edizione di Acqua e lì; al 1899-1900 quella di La maestrina Boccarmè (in rivista, a puntate e col titolo Salvazione); al 1901 quella di Marsina stretta; al 1903 quelle di Il marito di mia moglie e di Come gemelle; al 1912 quelle di Tu ridi e di I due compari; al 1913 quelle di Tutt'e tre (che aveva il titolo Le vedove) e di Il bottone della palandrana; al 1914 quelle di L'ombra del rimorso (da cui l'autore trasse nel 1927 il dramma Bellavita), di Filo d'aria, di Un matrimonio ideale e di La liberazione del re; al 1923 quelle di Ritorno e di Un po' di vino.

Dal naso al cielo.

Pubblicata nel 1925, la raccolta Dal naso al cielo costituisce l'ottavo volume delle Novelle per un anno e include racconti già editi tra il 1902 ed il 1923: del 1902 la prima edizione della novella Il figlio cambiato (che aveva il titolo Le Nonne, e da cui l'autore trasse il libretto La favola del figlio cambiato, musicato da Gian Francesco Malipiero e andato in scena nel 1934); del 1906 quella di Nel dubbio; del 1907 quelle di Dal naso al cielo e di La corona; del 1910 quelle di Benedizione, di Lo storno e l'Angelo Centuno e di Musica vecchia; del 1912 quelle di Certi obblighi, di Ciàula scopre la luna, di Chi la paga e di «Superior stabat lupus»; del 1913 quelle di Male di luna e di Nel gorgo (che aveva il titolo Il gorgo; da questa novella, oltre che da altre due, La realtà del sogno, inclusa nella raccolta Candelora e Cinci, inclusa nella raccolta Berecche e la guerra, l'autore trasse nel 1935 il dramma Non si sa come); del 1919 quella di Jeri e oggi; del 1923 quella di Fuga.

Donna Mimma.

Pubblicata nel 1925, la raccolta Donna Mimma costituisce il nono volume delle Novelle per un anno e include racconti già editi tra il 1896 ed il 1924: del 1896 la prima edizione di Visitare gl'infermi; del 1907 quella di Un cavallo nella luna; del 1911 quella di Paura d'esser felice (che aveva il titolo Il saltamartino); del 1913 quelle di L'abito nuovo (da cui l'autore trasse un adattamento teatrale dallo stesso titolo per la compagnia dei fratelli De Filippo, andato in scena nel 1937), di Il capretto nero, di La vendetta del cane e di Rondone e Rondinella; del 1914 quella di I pensionati della memoria; del 1917 quelle di Donna Mimma e di Un gatto, il cardellino e le stelle; del 1918 quella di Quando si comprende; del 1924 quelle di Sedile sotto un vecchio cipresso e di Resti mortali.

Il vecchio Dio.

Pubblicata nel 1926, la raccolta Il vecchio Dio costituisce il decimo volume delle Novelle per un anno e include racconti già editi tra il 1894 ed il 1903: al 1894 risale la prima edizione di Le tre carissime; al 1895 quella di «In corpore vili»; al 1900 quella di Lumie di Sicilia (da cui l'autore trasse nel 1910 il dramma Lumie di Sicilia); al 1901 quella di Il vecchio, di Il vitalizio e di La levata del sole; al 1902 quella di Tanino e Tanotto, di Al valor civile, di Quand'ero matto..., di Concorso per referendario al Consiglio di Stato e di Un invito a tavola; al 1903 quella di La disdetta di Pitagora.

Il viaggio.

Pubblicata nel 1928, la raccolta Il viaggio costituisce il dodicesimo volume delle Novelle per un anno e include racconti quasi tutti già editi tra il 1897 ed il 1926: del 1897 la prima edizione di «Vexilla regis»; del 1902 quella di Gioventù; del 1909 quella di L'ombrello e di Il lume dell'altra casa; del 1910 quelle di Il viaggio, di L'uccello impagliato, di «Leonora, addio!» e di Leviamoci quest'altro pensiero; del 1911 quelle di Il libretto rosso, di Zafferanetta e di Felicità; del 1912 quella di Ignare; del 1917 quella di La mano del malato povero; del 1926 quella di Pubertà; inedita era invece Spunta un giorno.

Candelora.

Pubblicata nel 1928, la raccolta Candelora costituisce il tredicesimo volume delle Novelle per un anno e include racconti già editi tra il 1911 e il 1917: al 1911 risale la prima edizione di «Ho tante cose da dirvi»; al 1913 quella di Da sé; al 1914 quelle di La rosa (da cui il figlio dell'autore, Stefano, con lo pseudonimo di Stefano Landi, trasse la sceneggiatura del film dal medesimo titolo, diretto nel 1921 da A. Frateili), di La realtà del sogno (da questa novella, oltre che da altre due, Nel gorgo, inclusa nella raccolta Dal naso al cielo, e Cinci, inclusa nella raccolta Berecche e la guerra, l'autore trasse nel 1935 il dramma Non si sa come), di Un ritratto, di Zuccarello distinto melodista e di Servitù; al 1916 quelle di Il Signore della Nave (da cui l'autore trasse nel 1925 il dramma Sagra del Signore della Nave) e di La camera in attesa; al 1917 quelle di Candelora, di Romolo, di Piuma, di Mentre il cuore soffriva, di La carriola e di Nell'albergo è morto un tale.

Berecche e la guerra.

Pubblicata nel 1934, la raccolta, che riprende il titolo e in parte la materia di una precedente raccolta pubblicata nel 1919, costituisce il quattordicesimo volume delle Novelle per un anno e include in tutto solo otto novelle e non quindici come i volumi precedenti (ma la novella che apre la raccolta e le dà il titolo è divisa in otto parti, sicché in qualche modo viene costituita una compagine anch'essa di quindici unità narrative). La novella Berecche e la guerra riutilizza e rielabora materiali già pubblicati: la novella Un'altra vita, edita del 1915, l'altra novella Frammento di cronaca di Marco Leccio, edita nel 1919, e una precedente redazione della novella Berecche e la guerra, edita nel 1915. Le altre novelle della raccolta erano già state edite a partire dal 1931: del 1931 le prime edizioni di Uno di più e di Soffio; del 1932 quelle di Lucilla e di Cinci (da questa novella, oltre che da Nel gorgo, inclusa nella raccolta Dal naso al cielo, e da La realtà del sogno, inclusa nella raccolta Candelora, l'autore trarrà nel 1935 il dramma Non si sa come); del 1934 quelle di Un'idea (la cui prima ideazione risale però agli anni 1906-1913), di I piedi sull'erba e di Di sera, un geranio.

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Una giornata.

Pubblicata postuma nel 1937, Una giornata costituisce il quindicesimo volume delle Novelle per un anno e include novelle già pubblicate a partire dal 1898: del 1898 la prima edizione di Padron Dio (di cui nello stesso anno l'autore aveva realizzato una redazione in versi); del 1913 quella di Quando s'è capito il giuoco (da cui l'autore aveva tratto nel 1918 il dramma Il giuoco delle parti); del 1917 quella di La signora Frola e il signor Ponza, suo genero (da cui l'autore aveva tratto nel 1917 il dramma Così è (se vi pare)); del 1934 quella di C'è qualcuno che ride; del 1935 quelle di La prova, di La casa dell'agonia, di Fortuna d'esser cavallo e di Una giornata; del 1936 quelle di Effetti d'un sogno interrotto, di Visita, di Vittoria delle formiche, di La tartaruga, di Una sfida e di Il chiodo; del 1937 quella postuma di Il buon cuore.

Appendice alle Novelle.

L'Appendice alle Novelle per un anno venne pubblicata postuma e contiene ventisei novelle, escluse da Pirandello dal piano generale della sua raccolta. Al 1884 risale la prima pubblicazione del «bozzetto siciliano» Capannetta; al 1892 quella di La ricca; al 1894 quelle di L'onda, di La signorina, di L'amica delle mogli (da cui l'autore aveva tratto nel 1927 il dramma L'amica delle mogli) e di I galletti del bottajo; al 1895 quelle di Il «no» di Anna (di cui una diversa stesura era stata pubblicata nel 1906, col titolo Lillina e Mita), di Il nido e della prima parte di Dialoghi tra il Gran Me e il piccolo me; al 1896 quelle di Chi fu?, di Natale sul Reno e di Sogno di Natale; al 1897 quelle della seconda e della terza parte di Dialoghi tra il Gran Me e il piccolo me, di Le dodici lettere, di Creditor galante, e di La paura (il cui argomento era già stato affrontato nell'atto unico La morsa); al 1898 quella di La scelta; al 1900 quella di Alberi cittadini e di Prudenza; al 1903 quella di La signora Speranza (da cui, oltre che dall'altra novella Non è una cosa seria, inclusa nella raccolta La giara, l'autore aveva tratto nel 1918 il dramma Ma non è una cosa seria); al 1905 quella di La messa di quest'anno; al 1906 quella della quarta parte di Dialoghi tra il Gran Me e il piccolo me; al 1909 quella di Stefano Giogli, uno e due (che costituisce il primo nucleo narrativo poi sviluppato dall'autore nel romanzo Uno, nessuno e centomila); al 1912 quella di Maestro Amore; al 1915 quella della novella Colloquii coi personaggi (tenuta presente nell'elaborazione del dramma Sei personaggi in cerca d'autore); al 1916 quella di I due giganti; al 1919 quella di Frammento di cronaca di Marco Leccio. Inedita era invece Sgombero, la cui stesura risale al 1933.

La morsa.

Dramma in un atto di Luigi Pirandello; scritto probabilmente nel 1892, fu pubblicato per la prima volta nel 1898 col titolo L'epilogo e riveduto in occasione di una nuova edizione nel 1914, in cui ebbe il titolo definitivo. Rappresentato per la prima volta nel 1910 insieme a Lumie di Sicilia dalla compagnia di Nino Martoglio, segnò l'esordio teatrale di Pirandello. L'intreccio, basato sul classico triangolo borghese, è stato ripreso dall'autore nella novella La paura, pubblicata per la prima volta nel 1898 e poi inclusa nell'Appendice alle Novelle per un anno (ed è uno dei rari casi in cui la stesura della novella segue quella del testo teatrale). Nel 1918 ne venne messa in scena una versione in dialetto siciliano ('A morsa).

Lumìe di Sicilia.

Commedia in un atto messa in scena per la prima volta nel 1910 insieme a La morsa dalla compagnia di Nino Martoglio: fu questo l'esordio teatrale di Pirandello. Tratto dalla novella dallo stesso titolo (1900, poi inclusa nella raccolta Il vecchio Dio), ha temi e modi vicini al teatro ottocentesco. La storia è quella di un giovane siciliano, Micuccio, che va in una città del nord a cercare Sina, ragazza del suo paese da lui amata e aiutata in momenti difficili, adesso divenuta una cantante affermata; ma resta amaramente deluso quando si accorge che al successo s'è accompagnata la corruzione morale. Pirandello ne redasse anche una versione in dialetto siciliano, messa in scena nel 1915 dalla compagnia di Angelo Musco.

Il dovere del medico.

Dramma in un atto di Luigi Pirandello tratto dalla novella dallo stesso titolo (1902, poi inclusa nella raccolta La vita nuda), messo in scena per la prima volta nel 1913. Un uomo, che ha ucciso il marito della propria amante e poi ha tentato di suicidarsi, rifiuta le cure che potrebbero salvarlo quando si rende conto che non potrà sottrarsi a una condanna e alla prigione.

Cecè.

Commedia in un atto pubblicata nel 1913, messa in scena per la prima volta nel 1915. Il viveur Cecè, per recuperare delle cambiali rilasciate a una donna in cambio dei suoi favori, ricorre ad un amico, incaricandolo di farsele riconsegnare offrendo una somma assai più modesta; ma poi fa credere alla donna di essere all'oscuro di tutto e che lei è stata ingannata da qualcuno che vuole rovinarlo.

La ragione degli altri.

Dramma in tre atti di Luigi Pirandello; scritto nel 1899 e messo in scena per la prima volta nel 1915, intitolato dapprima Il nido e poi Il nibbio, se non così. Era tratto dalla novella Il nido (1895, poi inclusa nell'Appendice alle novelle). Un matrimonio senza figli: il marito ha una figlia da una relazione extraconiugale e sua moglie vorrebbe lasciarlo, ma lui si accorge di amare lei e non la madre della bambina. La moglie allora accetta di restare con lui, ma solo a patto che la bambina entri a far parte della famiglia, allontanandosi dalla madre e andando a vivere con loro.

All'uscita.

Dramma in un atto pubblicato nel 1916 e messo in scena per la prima volta nel 1922, definito dall'autore «mistero profano». Sulla porta d'un cimitero si svolge un dialogo fra l'ombra d'un filosofo e quella d'un altro uomo: conserveranno la loro esistenza finché resteranno vivi in loro i desideri che li tenevano legati alla vita; e a render tangibile l'immagine di simili desideri intervengono in scena la moglie dell'uomo e un bimbo.

Pensaci, Giacomino!

Commedia in tre atti tratta dalla novella dallo stesso titolo (1910, poi inclusa nella raccolta La giara), messa in scena per la prima volta nel 1916 nella versione dialettale siciliana (Pensaci, Giacuminu!), interpretata dalla compagnia di Angelo Musco; al 1917 risale la prima pubblicazione, in lingua. Il vecchio professor Toti sposa la giovane Lillina, amante di Giacomino Delisi e di lui incinta. Dopo la nascita di una bambina, il Toti, sfidando pettegolezzi e convenzioni sociali, fa sì che Giacomino possa frequentare la propria figlia e Lillina; e quando il giovane, spinto dallo scandalo che la sua insolita condotta ha destato anche tra i suoi familiari, interrompe quella consuetudine, lo stesso Toti lo convince a ritornare sui suoi passi e continuare a vivere accanto alla bambina e alla madre di lei, che costituiscono la sua vera famiglia.

Liolà.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta in versione siciliana nel 1916 dalla compagnia di Angelo Musco e pubblicata insieme alla traduzione italiana nel 1917. Liolà è uno spiantato seduttore di paese, scapolo e con tre figli a carico, che nessuna donna vuole sposare, nemmeno Tuzza, incinta di lui. Tuzza anzi intende sfruttare la propria gravidanza, cedendo il nascituro al vecchio Simone, il quale lamenta che sua moglie Mita non gli abbia dato figli. Ma Liolà manda all'aria il progetto ingravidando Mita. Da Liolà venne tratto nel 1935 un melodramma dallo stesso titolo (libretto di Arturo Rossato, musica di Giuseppe Mulè).

Così è (se vi pare).

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1917, tratto dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero (1917, poi inclusa nella raccolta Una giornata). Dopo un terremoto catastrofico, la signora Frola e suo genero, il signor Ponza, si stabiliscono in una città diversa dalla loro, e lì diventano un enigma per i loro nuovi concittadini: l'uno presenta la suocera come una pazza che non vuole rassegnarsi alla perdita d'ella figlia, l'altra presenta il genero come un violento stravolto dalla gelosia, che tiene la moglie segregata in casa. Tutti i tentativi di trovare riscontri oggettivi alle affermazioni dell'una o dell'altro, ricorrendo alla moglie di Ponza, non hanno esito, in quanto la donna si rifiuta di risolvere l'enigma della sua identità, dando ragione allo scetticismo di uno dei personaggi, Laudisi. È uno dei testi più tipicamente pirandelliani, al cui centro è posto esplicitamente il tema della sostanziale inconoscibilità del reale.

La patente.

Commedia in un atto pubblicata nel 1918, tratta dalla novella dallo stesso titolo (1918, poi inclusa nella raccolta La rallegrata). Fu messa in scena per la prima volta nel 1918 dalla compagnia di Angelo Musco, in una versione con diverse parti in dialetto siciliano (intitolata 'A patenti). Rosario Chiàrchiaro, ritenuto da tutti uno jettatore, intende ottenere una sanzione ufficiale di tale sua qualità mediante una condanna in tribunale, per poterla poi sfruttare economicamente a suo vantaggio, approfittando del timore superstizioso che la sua persona suscita.

Il piacere dell'onestà.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1917, che trova il suo spunto nella novella Tirocinio (1905, poi inclusa nella raccolta La giara). Angelo Baldovino, uomo dal passato discutibile, accetta di sposare Agata per salvarne l'onore: infatti essa è rimasta incinta del marchese Fabio Colli, già sposato. Ma dopo il matrimonio Baldovino esige il rigoroso rispetto dei ruoli che si sono venuti a determinare, rifiutandosi di considerare il suo matrimonio come una finzione di comodo. Questo atteggiamento suscita dapprima reazioni d'insofferenza negli altri personaggi, ma alla fine Agata se ne innamora e accetta la vita familiare con lui.

Il berretto a sonagli.

Commedia in un atto messa in scena per la prima volta nel 1917 in versione siciliana (col titolo 'A birritta cu 'i ciancianeddi) dalla compagnia di Angelo Musco, pubblicata per la prima volta in versione italiana nello stesso anno e poi rivista per le successive pubblicazioni fino al 1925. Protagonista un modesto impiegato, Ciampa, che viene tradito dalla moglie, ma non reagisce fino a quando la moglie dell'amante di lei, gelosa, non provoca uno scandalo: Ciampa allora vede distrutta l'immagine di rispettabilità che ha costruito di sé (ciò che lui chiama il proprio «pupo») e sarebbe costretto a reagire rovinosamente, se non riuscisse a risolvere la situazione facendo apparire l'accusatrice come pazza.

Ma non è una cosa seria.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1918, tratta dalle novelle Non è una cosa seria (del 1910, poi inclusa nella raccolta La giara) e La signora Speranza (del 1903, poi inclusa nell'Appendice alle novelle). Memmo Speranza, giovane dalla vita assai libera, sposa una ragazza di modesta condizione, col patto che la loro non sarà che una messa in scena, destinata a evitargli il rischio di dover contrarre qualche altro e ben più impegnativo matrimonio; ma, a dispetto delle proprie previsioni, egli si innamorerà della moglie e il legame coniugale diventerà una cosa seria. Da questo dramma furono tratti due film dallo stesso titolo: uno muto (di Augusto Camerini e Arnaldo Frateili, 1921), l'altro sonoro (di Mario Camerini, 1935).

Il giuoco delle parti.

Dramma in tre atti di Luigi Pirandello (1867-1939), andato in scena per la prima volta nel 1918, tratto dalla novella Quando s'è capito il giuoco (1913, poi inclusa nella raccolta Una giornata). Leone Gala accetta che sua moglie Silia, da cui vive separato, abbia un amante. Quando la donna, insultata da un ubriaco, pretende che venga posto riparo all'offesa con un duello, dà per scontato che sarà Leone, suo marito, a battersi. Leone accetta la sfida, mandando però l'amante della donna ad affrontare l'offensore: è infatti quest'ultimo a svolgere effettivamente il ruolo del marito, e quindi colui che deve sostenere gli oneri sostanziali del matrimonio.

L'innesto.

Commedia in tre atti andata in scena per la prima volta nel 1919. Laura Banti viene aggredita e violentata da un bruto e anche suo marito Giorgio ne resta sconvolto, combattuto fra la pietà per la moglie e il sentimento dell'onore offeso. Laura, dopo il fatto, si dà a lui con rinnovato ardore, e quando rimane incinta, non si sa se del marito o dello stupratore, respinge le pressioni di Giorgio, che vorrebbe farla abortire.

L'uomo, la bestia e la virtù.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1919, definito dall'autore un «apologo». Il capitano di marina Perrella è un uomo dai modi rudi e grossolani, che trascura la moglie ed è quasi sempre lontano da casa. Quando la donna intreccia una relazione con un altro uomo e resta incinta, è costretta a sedurre il marito, il quale abitualmente non dimostra il minimo interesse per lei, per evitare che si accorga del tradimento.

Tutto per bene.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1920. È la storia di Martino Lori, un vedovo molto attaccato alla sua unica figlia e alla memoria della moglie, il quale viene a sapere che quest'ultima aveva un amante, il quale è il vero padre della ragazza; e, rendendosi conto che ogni suo tardivo tentativo di rivalsa sarebbe destinato alla frustrazione, è costretto ad accettare la situazione senza reagire.

Come prima, meglio di prima.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1920, tratta dalla novella La veglia (1904, poi inclusa nella raccolta In silenzio). Fulvia ha lasciato il marito e la figlia Livia, conducendo una vita assai libera e dissoluta, che la porta a tentare il suicidio. Salvata dal marito, che è medico, torna in famiglia e resta incinta una seconda volta; ma nasce un conflitto con Livia, alla quale era stato detto che sua madre era morta. Fulvia, che al suo rientro in casa è stata presentata alla figlia come un'altra donna, alla fine rivela a lei la verità e se ne va nuovamente di casa con il suo nuovo bambino e un amante.

Sei personaggi in cerca d'autore.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1921, definito dall'autore «commedia da fare»; rielabora spunti presenti in alcune novelle, in particolare in La tragedia d'un personaggio (1911, poi inclusa nella raccolta L'uomo solo), e in Colloquii coi personaggi (1915, poi inclusa nell'Appendice alle novelle). Durante le prove in teatro per la rappresentazione di un dramma, si presentano sul palcoscenico i personaggi scaturiti dalla fantasia d'un autore, il quale non ha portato a termine il suo testo: questi personaggi reclamano adesso il proprio diritto all'esistenza e mettono in scena le proprie vicende, che consistono in una storia familiare dagli esiti tragici. È forse l'opera più famosa di Pirandello, tradotta e rappresentata nei teatri di tutto il mondo, dopo l'insuccesso dell'esordio al teatro Valle di Roma (ma già nello stesso anno le repliche avevano ottenuto grandi consensi). Importante la prefazione al testo del 1925, in cui l'autore illustra le premesse teoriche del suo lavoro. Insieme a Ciascuno a suo modo e a Questa sera si recita a soggetto costituisce quella che lo stesso autore designò come la trilogia del teatro nel teatro, non solo perché questi drammi travalicano il palcoscenico e coinvolgono l'intero teatro, compresa la platea, ma anche perché rappresentano tutti i conflitti che possono sorgere tra le entità che interagiscono nell'evento teatrale, dall'autore agli attori, dai personaggi al pubblico.

Enrico IV.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1922, definito dall'autore «tragedia». Un giovane, a causa d'un incidente provocato da un suo rivale in amore durante una cavalcata in maschera, ha perduto il senno ed è rimasto fissato di essere il personaggio che stava impersonando, l'imperatore medievale Enrico IV. In seguito a ciò continua a vivere convinto di essere davvero Enrico IV, rinchiuso in una villa arredata in stile medievale e circondato da persone in costume. Dopo molti anni riacquista la ragione; ma, esasperato per essersi reso conto di aver sprecato la propria vita, ferisce colui che era stato responsabile del fatale incidente. In conseguenza di ciò è costretto a continuare la finzione della follia, per evitare di dover scontare la pena del proprio gesto.

Vestire gli ignudi.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1922. Ersilia Drei, governante in casa di un diplomatico, amante prima di un ufficiale di marina e poi di quello stesso diplomatico, per una propria negligenza si è resa responsabile della morte accidentale di una bambina affidata alle sue cure: ne deriva un intrico di passioni e di risentimenti a cui la giovane non sa sottrarsi altrimenti che col suicidio.

L'imbecille.

Commedia in un atto rappresentata per la prima volta nel 1920, tratta dalla novella dallo stesso titolo (1912, poi inclusa nella raccolta La rallegrata). Il politicante repubblicano Leopoldo Paroni definisce pubblicamente imbecille un suo concittadino che si è suicidato, con la considerazione che prima di uccidersi avrebbe potuto rendere utile il suo gesto assassinando un avversario politico. Subito dopo però Luca Fazio, condannato da una malattia mortale all'ultimo stadio, lo impaurisce minacciandolo con una pistola e dicendogli di esser stato incaricato di ucciderlo, e gli fa poi confessare per iscritto di essere lui un imbecille.

L'uomo dal fiore in bocca.

Dramma in un atto rappresentato per la prima volta nel 1923, tratto dalla novella La morte addosso (1904, poi inclusa nella raccolta In silenzio). È il monologo di un uomo che sa di avere ancora poco tempo da vivere a causa di un tumore al labbro.

La vita che ti diedi.

Dramma in tre atti rappresentato per la prima volta nel 1923. Una madre perde il proprio figlio, che dopo un'assenza di sette anni era tornato assai diverso da com'era prima, per lei irriconoscibile. La donna cerca allora di tenere in vita la memoria di lui com'era prima, e quando le si presenta una sua amante, la accoglie facendole credere che il figlio è ancora in vita; ma è una finzione impossibile e ben presto è costretta a confessare la verità, perdendo anche l'ultima illusione di far rivivere il figlio perduto.

Ciascuno a suo modo.

Commedia in tre atti rappresentata per la prima volta nel 1924. L'azione scenica prende le mosse da un suicidio, di cui vengono ricercate le responsabilità, e si dipana in un intrico di vicende da cui emerge l'impossibilità di certezze oggettive; si svolge in parte in platea, in parte all'ingresso del teatro, in parte sul palcoscenico, con un disorientante rimescolamento dei piani (quello della finzione scenica, quello del pubblico). Insieme a Sei personaggi in cerca d'autore e a Questa sera si recita a soggetto costituisce quella che lo stesso autore designò come la trilogia del teatro nel teatro.

L'altro figlio.

Commedia in un atto rappresentata per la prima volta nel 1923. La vecchia Maragrazia, abbandonata da due figli emigrati, non vuole riconoscere come suo figlio il fedele e affezionato Rocco, natole in seguito alla violenza subita da un brigante.

Sagra del Signore della Nave.

Commedia in un atto rappresentata per la prima volta nel 1924, tratta dalla novella Il Signore della Nave (1916, poi inclusa nella raccolta Candelora). Nel corso d'una sagra paesana, rappresentata a tinte forti, si svolge la discussione fra un grasso signore e un giovane pedagogo a proposito della dignità degli uomini a paragone degli animali; ma a fronte delle argomentazioni dei due interlocutori si pongono i comportamenti sfrenati della folla che partecipa alla sagra.

La giara.

Commedia in un atto tratta dalla novella dallo stesso titolo (1909, poi inclusa nella raccolta intitolata anch'essa La giara), scritta dapprima in dialetto siciliano (col titolo 'A giarra) e messa in scena per la prima volta in quella versione nel 1917 dalla compagnia di Angelo Musco; successivamente lo stesso autore ne trasse anche il testo per un balletto musicato da Alfredo Casella (1924) e ne realizzò una versione in lingua, pubblicata nel 1925. L'azione si svolge nella Sicilia rurale: il ricco don Lolò chiede a zi' Dima di riparare col suo mastice una sua grande giara di terracotta. Dato che don Lolò non vuole che vengano usati anche dei punti per rinforzare l'incollatura, zi' Dima è costretto a fare il lavoro entrando all'interno del recipiente; ma poi, una volta riparatolo si accorge di non poterne uscire. Si accende allora una disputa fra lui e il padrone su chi debba addossarsi l'onere del danno che l'inevitabile nuova rottura della giara, necessaria per liberare zi' Dima, comporterà. La situazione si scioglie quando don Lolò, in preda all'ira, con un calcio provocherà la rottura della giara.

Diana e la Tuda.

Dramma in tre atti rappresentato per la prima volta nel 1927 (ma nel 1926 era andata già in scena una sua traduzione in tedesco), definito dall'autore «tragedia». Fu scritto pensando per il ruolo di protagonista a Marta Abba, attrice particolarmente cara a Pirandello. Il giovane scultore Sirio Dossi vuole realizzare un capolavoro assoluto ritraendo la bellissima modella Tuda, e per averla completamente a sua disposizione giunge a sposarla; ma il vecchio scultore Nono Giuncano, quando si rende conto che Sirio col suo modo di agire sta conducendo Tuda alla consunzione, lo uccide.

L'amica delle mogli.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1927, tratta dalla novella dallo stesso titolo (1894, poi inclusa nell'Appendice alle novelle). Marta è divenuta l'amica fidata e insostituibile delle mogli dei diversi uomini che in passato, pur essendone stati innamorati, non hanno avuto l'animo di chiedere la sua mano. Una di esse, Elena, è malata e anche logorata da un sentimento di gelosia che convive con l'amicizia per Marta, e vorrebbe che dopo la sua morte, che prevede prossima, suo marito Fausto la sposasse. Ma quando Elena muore, un altro degli innamorati di Marta, geloso di Fausto, lo uccide.

Bellavita.

Dramma in un atto messo in scena per la prima volta nel 1927, tratto dalla novella L'ombra del rimorso (1914, poi inclusa nella raccolta Tutt'e tre). Bellavita è stato un marito compiacente in un ménage à trois con la moglie e il notaio Denora, che fra l'altro si ritiene padre dell'unico figlio della donna. Una volta che costei è morta, Bellavita respinge la richiesta dell'altro di prendere con sé il bambino; pretende invece di tenere Denora legato a sé nel ricordo della scomparsa, ridicolizzandolo e consumando così la sua vendetta.

La signora Morli, una e due.

Commedia in tre atti messa in scena per la prima volta nel 1920. Abbandonata con un figlio dal marito, la signora Morli si è rifatta una vita: convive con l'avvocato Carpani, da cui ha avuto una figlia. Ma dopo quattordici anni il marito ritorna, ed il figlio va a vivere con il padre. Anche la Morli si sente attratta dalla prospettiva di tornare con loro, ma finisce per rinunciarvi e rimanere vicino alla figlia nata dalla seconda unione.

La nuova colonia.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1928; la sua trama è delineata già nel romanzo Suo marito (1911). È uno dei drammi risalenti agli ultimi anni dell'autore, che lui stesso designava come «miti». Il tentativo d'un gruppo di uomini di fondare su un'isola deserta una nuova società non ha esito felice, a causa dello scatenarsi delle loro meno nobili passioni. L'isola sprofonderà e si salveranno solo una donna e il suo bambino.

Lazzaro.

Dramma in tre atti di Luigi Pirandello rappresentato per la prima volta nel 1929, dapprima in una traduzione inglese e poi nell'originale italiano dalla compagnia di Marta Abba. È uno di quei drammi degli ultimi anni, che lo stesso autore designava come «miti»; in esso si affronta il tema dell'aldilà attraverso la vicenda d'un uomo il quale, morto in un incidente, viene fatto rivivere mediante un'iniezione.

Sogno (ma forse no).

Dramma in un atto rappresentato per la prima volta nel 1931 in traduzione portoghese; la prima italiana si ebbe in una trasmissione radiofonica del 1936. Le possibili gelosie di un amante sognate da una donna sfumano e si confondono con una situazione reale, che sembra ripercorrere le situazioni del sogno.

Questa sera si recita a soggetto.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1930, prima in traduzione tedesca e poi nell'originale italiano. Insieme a Sei personaggi in cerca d'autore e a Ciascuno a suo modo costituisce quella che lo stesso autore designò come la trilogia del teatro nel teatro. In Questa sera si recita a soggetto il contrasto fra il regista Hinkfuss e i suoi attori, che in disaccordo con lui vorrebbero portare nell'azione scenica la loro carica emotiva, si innesta sull'argomento del dramma da recitare, tratto dalla novella dello stesso Pirandello «Leonora, addio!» (1910, poi inclusa nella raccolta Il viaggio), nel quale la protagonista Mommina, vittima della gelosia del marito, muore dopo aver cantato con partecipazione una celebre romanza.

O di uno o di nessuno.

Commedia in tre atti scritta nel 1927 e messa in scena per la prima volta nel 1929. Due amici condividono tutto in buona armonia: casa, lavoro e anche l'amante, Melina, che è pure la loro domestica. Quando costei resta incinta la loro convivenza entra in crisi, e ambedue si rendono conto dell'insostenibilità della nuova situazione che si è venuta a creare. Ma Melina morirà poco dopo il parto e il bambino verrà affidato in adozione a un signore che ha perso da poco un figlio.

Come tu mi vuoi.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1930 dalla compagnia di Marta Abba. L'impossibilità di rintracciare, al di sotto dell'immagine sociale, una consistenza oggettiva della persona viene messa in evidenza tramite la vicenda d'una donna scomparsa durante la prima guerra mondiale, che viene riconosciuta in una ballerina, Elma, la quale accetta di tornare con il presunto marito: in realtà ciò che interessa al marito è tornare in possesso di una villa della moglie, passata ad altri eredi. Ma quando si fa vivo l'uomo di cui Elma era l'amante quando faceva la ballerina, portando con sé una demente nella quale pretende di riconoscere lei, la donna decide di tornare con lui e tagliare definitivamente i ponti col passato.

La favola del figlio cambiato.

Libretto di Luigi Pirandello per la musica di Gian Francesco Malipiero, scritto nel 1930-1932, pubblicato nel 1933, messo in scena per la prima volta nel 1934, tratto dalla novella Il figlio cambiato (1902, poi inclusa nella raccolta Dal naso al cielo). A una madre viene scambiato il figlio neonato, preso per sostituire il figlio di un re, di salute fisica e mentale precaria. Ma la donna, pur allevando il bambino non suo, continua a cercare il suo, finché non lo trova, divenuto adulto e sul punto di ereditare il trono; conosciuta però la verità, il figlio rinuncia al regno e torna con la madre.

Trovarsi.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1932 dalla compagnia di Marta Abba. L'attrice Donata Genzi quando recita s'identifica totalmente coi suoi personaggi, ma il prezzo che paga per ciò è la mancanza d'una vita reale pienamente sua e autentica, al punto che proprio per tale motivo perderà l'uomo che ama.

Quando si è qualcuno.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1933, prima in Argentina, in traduzione spagnola, poi in Italia dalla compagnia di Marta Abba. Il cinquantenne Qualcuno è scrittore ormai consacrato, ma come tale è costretto a rinunciare all'amore per una giovane donna e ad accettare il ruolo sociale di monumento vivente.

I Giganti della Montagna.

Dramma lasciato incompiuto dall'autore, e messo in scena per la prima volta dopo la sua morte, nel 1937. Pirandello ne scrisse le prime tre parti e continuò a lavorarci fino agli ultimi giorni della sua vita; suo figlio Stefano ha riassunto la conclusione dell'azione, basandosi su quanto gliene aveva detto il padre. Il conflitto fra chi vive consacrandosi all'arte (sia pur con il rischio di estraniarsi dalla realtà) e chi invece le è estraneo, ed è tutto proiettato in un mondo bassamente materiale, è espresso nella vicenda di una compagnia di attori. Questi, giunti in una vecchia villa isolata dove vive uno strano personaggio, il mago Cotrone, vengono condotti a recitare la Favola del figlio cambiato, dello stesso Pirandello, in occasione del matrimonio di due dei «giganti della montagna», stirpe di esseri umani particolarmente prestanti che non compaiono mai in scena; ma i servi dei giganti, popolo ignorante e brutale, non comprenderanno lo spettacolo e trucideranno selvaggiamente gli attori.

Non si sa come.

Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1935 (ma già l'anno precedente era stato rappresentato in ceco), tratto dalle novelle Nel gorgo (1913, poi inclusa nella raccolta Dal naso al cielo), La realtà del sogno (1914, poi inclusa nella raccolta Candelora) e Cinci (1932, poi inclusa nella raccolta Berecche e la guerra). Un intreccio di sospetti e di adultèri messi a nudo da quelle che sembrano le farneticazioni del protagonista Romeo Daddi (consapevole di come le azioni possano andare al di là delle intenzioni consapevoli di chi le compie) si conclude con l'uccisione di questi da parte del suo più caro amico.

L'Umorismo.

Saggio scritto tra il 1906 e il 1908, pubblicato per la prima volta nel 1908 e poi, dopo una revisione, nel 1920. Costituisce lo scritto di poetica e teoria letteraria più noto di Pirandello. In esso viene data la definizione dell'umorismo come «sentimento del contrario», atteggiamento che si distingue dal comico in quanto non si limita a ritrarre ciò che nella vita esce dalla normalità («il contrario di ciò che [...] dovrebbe essere»), ma analizza, scompone, fa intervenire la riflessione sugli stravolgimenti della realtà.

La comicità e l'umorismo.

Nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice;

lo analizza, spassionandosene;

ne scompone l'immagine;

da questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira:

quello che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario.

Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca;

e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili.

Mi metto a ridere.

Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere.

Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica.

Il comico è appunto un avvertimento del contrario.

Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s'inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario.

Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico.

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