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Whitehead, Alfred North.

Matematico, logico e filosofo inglese. Insegnò Matematica al Trinity College di Cambridge, all'University College di Londra e all'Imperial College of Science and Technology di Kensington. Trasferitosi negli Stati Uniti nel 1924, insegnò Filosofia alla Harvard University, influendo su G.H. Mead, J. Dewey, W.V.O. Quine e in generale sul neorealismo americano. In un primo tempo si occupò dei fondamenti e dei problemi della logica matematica e della teoria della relatività (Trattato di algebra universale, 1898; Introduzione alla matematica, 1911); con B. Russell compose i celebri Principia Mathematica (3 volumi, 1910-13), uno dei testi fondamentali della moderna logica matematica. Nelle opere epistemologiche della seconda fase del suo pensiero (L'organizzazione del pensiero, 1917; Ricerca sui principi della conoscenza naturale, 1919; Il concetto di natura, 1920; Il principio della relatività, 1922) W. volse la sua riflessione filosofica alla fondazione della stessa indagine scientifica e logistica, criticando la separazione tradizionale tra qualità primarie e secondarie, nonché l'errore di considerare come reali le astrazioni fisico-matematiche e i concetti teorico-operativi della scienza, invece degli oggetti concretamente percepiti. La terza e ultima fase, "metafisica", iniziata con La scienza e il mondo moderno (1925), trova la sua più compiuta espressione in Processo e realtà (1929). Altre opere sono: Il divenire della religione (1926); Simbolismo (1927); La funzione della ragione (1929); Avventure di idee (1933); Modi del pensiero (1938); Scienza e filosofia (1947). Contrario a ogni dualismo filosofico, in particolare al dualismo tra pensiero e natura, W. elaborò una cosmologia filosofica volta a superare la contrapposizione soggetto-oggetto e l'analisi metematico-meccanica della natura. In antitesi con la metafisica classica che riduceva la realtà alle semplici relazioni della sostanza con le sue qualità, per W. la realtà è più fedelmente descrivibile come un processo costituito da eventi in connessione reciproca. Ogni evento, centro di una prensione che si estende sull'intero universo, intenzionalmente comprende la totalità, quasi in un atto di sentire profondo (feeling). Il soggetto viene a essere un evento percipiente che si estende immediatamente sulle cose stesse, afferrandole: è quindi un supergetto; e la razionalità, propria della mente conoscente, non è che una forma della relazionalità che lega tutte le cose. Oltre che dagli eventi il processo è poi costituito da forme e strutture ricorrenti che W. chiama oggetti eterni, in sé astratti, sino a quando non entrano nella concreta occasione attuale di un evento, determinandone il modo e la qualità della prensione. Al più alto grado tali oggetti costituiscono i valori, colti in un'esperienza insieme estatica e religiosa. Nella sua singolare concezione del divino, Dio non è il creatore del mondo, ma il suo salvatore: è la possibilità del valore e il principio della sua realizzazione; ogni evento trova in Dio la sua ultima giustificazione e interpretazione (Ramsgate, Kent 1861 - Cambridge, Massachusetts 1947).