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Volo.

L'azione del volare; la facoltà, la capacità di volare. • Zool. - La facoltà di procedere e sostenersi in aria propria degli animali volatori, come gli uccelli, gli insetti, i chirotteri e in minor misura i mammiferi (petaurista, galeopiteco, ecc.), dotati di ali o di patagio. Negli uccelli, vi sono vari adattamenti al v. osservabili nella leggerezza delle ossa cave e comunicanti coi sacchi aerei, nella frequente fusione delle ossa dello scheletro, nello sterno carenato che favorisce l'inserzione dei potenti muscoli pettorali motori delle ali, ecc. Si hanno varie forme di v.: il v. planato in cui le ali distese ad angolo retto rispetto all'asse del corpo fanno scivolare l'uccello, il v. a vela quando l'uccello sembra planare e può elevarsi o conservare l'altezza acquistata spostandosi utilizzando la forza del vento. ║ V. nuziale: negli insetti sociali è il volo che la femmina feconda, poco dopo lo sfarfallamento, compie con molti maschi e durante il quale avviene l'accoppiamento. • Aer. - Meccanica del v.: ramo della meccanica che studia il comportamento dei velivoli in v. e nelle fasi di partenza e di atterraggio. La meccanica del v. di un corpo elastico soggetto a forze aerodinamiche e a forze gravitazionali è completamente descritta, dal punto di vista matematico, da tre gruppi di equazioni differenziali: le equazioni delle forze, che descrivono il moto del centro di massa del velivolo; le equazioni dei momenti, che descrivono il moto di rotazione del velivolo intorno al suo centro di massa; le equazioni dell'elasticità, che descrivono le deformazioni subite dalla struttura sotto l'azione delle forze e dei momenti esterni agenti su di essa. Come conseguenza, i problemi connessi allo studio della meccanica di v. possono essere raggruppati in tre categorie generali, la cui risoluzione coinvolge in modo preminente, di volta in volta, uno dei tre gruppi di equazioni elencati: lo studio delle prestazioni del velivolo, i problemi di stabilità e controllo, i problema di aeroelasticità. Di seguito saranno considerati principalmente i problemi connessi al v. dell'aeroplano. Per quanto riguarda il calcolo delle forze esterne e dei momenti, viene normalmente assunto come riferimento una terna ortogonale, detta terna aerodinamica, avente origine nel baricentro dell'aeroplano, con asse x parallelo al vettore velocità, asse y diretto secondo l'apertura alare e asse z diretto verso la parte inferiore dell'aeroplano; in questo modo restano definiti i piani di volo alare (piano x y), frontale (piano y z) e di simmetria (piano x z). Il valore delle tre componenti della forza aerodinamica, rispettivamente la resistenza R, la devianza D e la portanza P, sono espresse dalle formule:

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dove il termine ρV2/2 è la pressione dinamica, ρ è la densità dell'aria, V la velocità di v. ed A la superficie alare; i coefficienti delle forze aerodinamiche Cr, Cd e Cp sono funzioni note, per via sperimentale o teorica, dell'angolo di incidenza dell'aeroplano rispetto al vettore velocità di v., dei numeri di Mach e del numero di Reynolds. Poiché i numeri di Mach e di Reynolds dipendono solo dalla velocità di v. V e dalla quota H, i coefficienti delle forze aerodinamiche risultano essere, in ultima analisi, funzioni dell'angolo di incidenza α, di V e di H. Per le componenti del momento della forza aerodinamica rispetto ai tre assi della terna valgono formule analoghe. I coefficienti delle forze e dei momenti aerodinamici consentono la determinazione delle forze agenti sull'aeroplano in assenza di rotazione intorno al baricentro; in presenza di un moto di rotazione, è necessario considerare anche i cosiddetti coefficienti dinamici o derivate aerodinamiche. Per quanto riguarda le relazioni tra deformazioni subite dalle strutture e sollecitazioni esterne, per ogni elemento infinitesimo della struttura viene assunto come riferimento il vettore adimensionale n definito come n = df/g0dm, dove df indica il risultante delle forze esterne agenti sull'elemento di massa dm, ad esclusione della forza di gravità, e g0 rappresenta l'accelerazione di gravità a quota zero. Per lo studio delle prestazioni di v. di un aeroplano è sufficiente considerare le equazioni del moto del centro di massa del velivolo nel piano di simmetria verticale, trascurando, così, le eventuali azioni di disturbo laterali. Verranno analizzate di seguito le tre fasi principali di v. di un aeroplano: la fase di decollo, la fase di v. propriamente detta e la fase di atterraggio. Durante la fase di decollo, il velivolo parte da fermo, accelera, sotto l'azione dei propulsori, fino a raggiungere la velocità vs di stallo, corrispondente alla velocità minima di sostentazione; continua quindi ad accelerare sulla pista fino a raggiungere la velocità minima di controllo, vmc, alla quale divengono attivi i controlli aerodinamici. Raggiunta la velocità di rotazione vr = 1,1 vmc, il pilota dispone il velivolo all'assetto aerodinamico per il decollo, mentre il distacco dalla pista avviene solo alla velocità di decollo vd; il velivolo continua quindi ad accelerare fino a raggiungere una velocità di salita prefissata. Tutti i valori delle velocità citati tengono conto di un margine di sicurezza, nel caso di eventuale perdita di potenza di un motore. Di notevole importanza è, inoltre, il calcolo della cosiddetta velocità critica, che deve essere raggiunta ad un certo punto della pista dal velivolo: se il velivolo raggiunge una velocità inferiore, può ancora essere arrestato entro l'intera lunghezza della pista, mentre in caso contrario può continuare il decollo. Per quanto riguarda le forze agenti sul velivolo in fase di v., nel caso di moto orizzontale e a velocità costante si ottiene

S = Crρv2A/2

P = mg0 = Cp ρv2A/2

dove S e P indicano la spinta e la portanza, e v è la velocità di v., che è data da

C:\#transit\CONVERT\alfabetica\volume 20\VOISENON11.wmf

La velocità ascensionale è data da vsenθ, dove θ indica l'angolo di incidenza del velivolo; altre caratteristiche di v. possono essere ottenute integrando l'equazione differenziale

Sv = Rv + md(v2/2 + H)/dt

che esprime il bilancio dell'energia, dove R indica la resistenza, H la quota ed m la massa del velivolo. Una caratteristica importante per la fase di v. di un aeroplano è il raggio di azione massimo del velivolo stesso, ossia l'autonomia di v. consentita. Nel caso di un velivolo con gruppo propulsore a elica, il raggio di azione massimo si ottiene volando all'angolo di incidenza per cui l'efficienza aerodinamica E, data da E = P/R, è massima; nel caso di velivolo a turboreattori, invece, il raggio di azione massimo si ottiene volando ad un angolo di incidenza per il quale è massimo il prodotto vE della velocità per l'efficienza aerodinamica. La fase di atterraggio di un velivolo è costituita da una primo momento di approccio alla pista, effettuato a velocità costante, da un secondo momento di raccordo e da un'ultima fase di rullaggio, per la quale valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per la fase di rullaggio nel decollo. Per quanto riguarda i problemi di stabilità, ricordiamo che un velivolo viene detto stabile dal punto di vista dinamico se, rimosso dalla posizione di equilibrio dinamico di regime, vi ritorna entro un certo tempo. La stabilità dinamica di un velivolo può essere comandata, ottenuta, cioè, mediante intervento del pilota, strumentale, cioè ottenuta mediante un'apposita strumentazione, o intrinseca, propria del sistema. Mentre nel passato era richiesta una certa stabilità intrinseca, nei velivolo moderni, militari ed anche civili, si preferisce quella strumentale, in quanto consente una maggiore manovrabilità del velivolo stesso. Lo studio della stabilità dinamica di v. viene eseguito integrando le equazioni cardinali della dinamica, riferite alla terna baricentrica e centrale di inerzia del velivolo; nel caso di un velivolo rigido e con struttura convenzionale, è possibile considerare le corrispondenti equazioni linearizzate, che possono essere suddivise in due gruppi di equazioni indipendenti, uno per lo studio della stabilità longitudinale e l'altro per lo studio della stabilità dinamica laterale. A comandi bloccati un velivolo, considerato come un tutt'uno rigido, presenta sei gradi di libertà; in questo caso, per quanto riguarda il problema della stabilità longitudinale, si presentano normalmente due oscillazioni, una di lungo periodo e debole smorzamento, detta fugoide, che non influisce sulla qualità di v. del velivolo, e l'altra a corto periodo e fortemente smorzata, che passa quasi inavvertita. A comandi liberi, invece, i gradi di libertà aumentano, ed è necessario aggiungere un grado di libertà per ogni comando in più (alettoni, equilibratori e timone), fino ad un massimo di nove gradi; in questo caso ad ogni comando libero si aggiungono due oscillazioni simili a quelle presenti a comandi bloccati, ed una terza oscillazione di corto periodo provocata dall'oscillazione dell'equilibratore libero, l'unica che può risultare realmente pericolosa, per velivoli molto veloci, se non è fortemente smorzata. L'unico aspetto pericoloso per la stabilità dinamica longitudinale di un velivolo, pertanto, riguarda l'oscillazione a comando libero. Per quanto riguarda la stabilità laterale, a comandi bloccati si presentano usualmente un'oscillazione e due moti aperiodici, dei quali uno è fortemente smorzato e passa, quindi, inavvertito, e l'altro è debolmente convergente o divergente; quest'ultimo provoca la cosiddetta instabilità spirale, poiché il velivolo, prendendo lentamente un'inclinazione laterale, tende ad andare in un v. a spirale. Poiché la divergenza è molto lenta, il pilota ha tutto il tempo per effettuare le opportune manovre di correzione; allo stesso modo l'oscillazione non genera preoccupazioni, poiché di solito risulta di corto periodo e sufficientemente smorzata. A comandi liberi il problema della stabilità dinamica laterale diventa molto complesso, e viene di solito affrontato considerando di volta in volta bloccato qualche comando. Oltre al problema di stabilità dinamica va considerato anche quello della stabilità statica: un velivolo viene detto staticamente stabile in senso longitudinale quando, variando l'incidenza di equilibrio α, si genera un momento Mg che tende ad annullare la variazione stessa; i momenti Mg e l'incidenza α vengono usualmente considerati positivi se cabranti. Come misura della stabilità statica può essere assunta la derivata dMg/dα: se tale derivata è negativa si ha stabilità statica, se è nulla si ha equilibrio indifferente, mentre se è positiva si ha instabilità statica. Ha un ruolo molto importante anche la considerazione del centro aerodinamico Sca, definito come il punto nel quale è applicato il risultante di resistenza e portanza e rispetto al quale resta costante il momento aerodinamico: affinché vi sia stabilità statica il baricentro G deve risultare davanti alla posizione del relativo centro aerodinamico Sca. L'influenza del propulsore sulla stabilità statica è molto complessa, e di solito agisce provocando variazioni ragguardevoli dei punti limite di stabilità; tali punti, poi, possono variare notevolmente nel passaggio da un regime di v. subsonico al campo supersonico. Un velivolo, inoltre, viene detto staticamente stabile in direzione quando, variando l'angolo d'imbardata d'equilibrio, si genera un momento che tende ad annullare la variazione stessa; le considerazioni sulla stabilità statica direzionale hanno importanza solo in moto di regime con deviazione, cioè con vettore velocità non giacente nel piano di simmetria del velivolo. Sempre in assetto di v. deviato, le manovre degli alettoni consentono di controllare il velivolo attorno all'asse longitudinale x, mentre i comandi direzionali consentono il controllo lungo l'asse del velivolo z. ║ V. a motore: attività di v. svolta mediante l'ausilio di un sistema motore. Questo tipo di v. è caratterizzato da una sostentazione dinamica o aerodinamica, dovuta alla pressione che si esercita su un corpo di forma appropriata che si muove con velocità relativa rispetto all'aria: ad essa è contrapposta la sostentazione aerostatica, caratteristica degli aerostati, nella quale la spinta verso l'alto è garantita dalle pressioni esercitate dall'aria sulla superficie esterna dell'aerostato, che deve, pertanto, contenere un gas più leggero dell'aria. Nel v. a motore, hanno ruolo fondamentale la portanza, che è la forza sostentatrice vera e propria, di direzione normale al vettore velocità, e la resistenza, che è la componente del risultante delle forze esterne parallela alla velocità, e rappresenta l'opposizione al moto del velivolo nell'aria: la resistenza deve essere continuamente equilibrata dalla spinta dei motore, affinché il velivolo prosegua a muoversi e a sostentarsi alla quota desiderata. La sostentazione dinamica può essere ottenuta facendo muovere tutta la macchina nell'aria con opportuna velocità, come negli aeroplani, o solo una sua parte, come negli elicotteri. ║ V. a vela: attività di v. svolta con un'aerodina senza motore, ad ali fisse, sfruttando masse d'aria animate di moto ascendente. In assenza di correnti ascendenti, un velivolo privo di motori può volare in modo uniforme con un'inclinazione γ rispetto al piano orizzontale locale per effetto dell'equilibrio delle forze che agiscono su di esso; l'angolo di inclinazione γ dipende dalle caratteristiche aerodinamiche e costruttive del velivolo, essendo tg γ = Cr/Cp = E, dove Cr e Cp sono i coefficienti di resistenza e di portanza all'ala, ed E prende il nome di efficienza aerodinamica o alare. Per questo motivo nella progettazione di un aliante è fondamentale il requisito di un'elevata efficienza alare, che, a sua volta, dipende principalmente dall'allungamento alare. Se un aliante che plana con una certa perdita di quota entra in una corrente d'aria ascendente, pur continuando a scendere rispetto all'aria nella quale si trova, può tuttavia salire rispetto al suolo. Pur essendo idoneo a percorrere distanze considerevoli in v. senza l'ausilio di un motore, l'aliante necessita di un aiuto esterno per iniziare il v.; fra i sistemi di lancio i più diffusi attualmente sono il rimorchio mediante un cavo agganciato a un velivolo a motore e il lancio mediante un verricello da terra. Sono diffusi anche i motoalianti, provvisti di un piccolo motore a pistoni che, oltre a consentire il decollo autonomo, permettono di mantenere il v. anche in assenza di condizioni idonee al veleggiamento. ║ V. a coltello: moto pressoché rettilineo di un velivolo che si mantenga in v. con piano alare verticale per un certo periodo di tempo. ║ V. autoguidato: v. di un missile eseguito su indicazioni fornite dal bersaglio verso cui esso si dirige. ║ V automatico: v. eseguito mediante n pilota automatico. ║ V. deviato: v. eseguito con contributo della devianza, al di fuori del piano di simmetria. ║ V. imbarcato: v. che viene trasformato da picchiato diritto in rovescio. ║ V. in cabrata: v. che inizia con una rotazione a cabrare. ║ V. in picchiata: v. che inizia con una rotazione a picchiare. ║ V. librato: v. con traiettoria inclinata, ottenuta mediante la sola azione della gravità. ║ V. radente: v. veloce eseguito a quote molto basse. ║ V. radioguidato: v. eseguito dal pilota secondo comandi inviati via radio o telecomandato. ║ V. rovescio: v. eseguito mantenendo il dorso delle ali rivolto verso l'esterno della traiettoria, in genere verso il basso. ║ V. simmetrico: v. eseguito senza contributo della devianza, caratterizzato da simmetria aerodinamica rispetto al piano di simmetria. ║ V. strumentale: v. eseguito solo con l'ausilio della strumentazione di bordo, senza riferimenti visivi esterni. ║ V. telecomandato: v. eseguito mediante telecomando, usualmente a onde radio. ║ V. a vista: v. condotto in base a riferimenti a terra visibili.