(Torino 1759 - Moncalieri 1824). Re di Sardegna (1802-1821). Fratello e
successore di Carlo Emanuele IV, rifugiatosi in Sardegna durante l'occupazione
francese, riprese possesso del Piemonte nel 1814. Ottenuto dal congresso di
Vienna il territorio della Repubblica di Genova, governò in modo assolutistico.
Scoppiati i moti del 1821, abdicò in favore del fratello Carlo Felice.
(Torino 1820 - Roma 1878). Re di Sardegna (1849-1861) e re d'Italia (1861-1878).
Figlio e successore di Carlo Alberto, salito al trono per l'abdicazione del
padre dopo la sconfitta nella battaglia di Novara, mantenne lo Statuto e sciolse
la Camera che rifiutava di approvare la pace di Milano, riuscendo, con pressioni
sull'elettorato (proclama di Moncalieri), a far eleggere un parlamento a
maggioranza moderata. Dopo il ministero d'Azeglio (1849-1852), durante il quale
furono approvate le antiecclesiastiche leggi Siccardi, chiamò al governo Cavour,
iniziando una lunga collaborazione tra reciproche diffidenze e aspri contrasti.
Fautore dell'intervento in Crimea (1855), aderì alla politica cavouriana tesa
alla guerra contro l'Austria con l'appoggio di Napoleone III (1859), ottenendo
dall'armistizio di Villafranca la Lombardia. Più indipendente fu la sua condotta
durante la spedizione dei Mille, segretamente appoggiata contro il parere di
Cavour. Cedute Nizza e la Savoia alla Francia e annesse le regioni centrali e
meridionali della penisola, fu proclamato re d'Italia (1861), inaugurando dopo
la morte di Cavour una politica personale. Ottenuto il Veneto dalla guerra del
1866, approfittò del conflitto franco-prussiano per strappare Roma al papa
(1870), portando a compimento l'unità d'Italia.
Curiosità.
Vittorio Emanuele II trovava noiosa la vita di corte, così quando voleva
divertirsi se ne andava a caccia oppure a giocare a biliardo.
(Napoli 1869 - Alessandria d'Egitto 1947). Re d'Italia (1900-1945) e d'Albania
(1939-1943), imperatore d'Etiopia (1936-1943). Succeduto al padre Umberto I,
assunse un contegno costituzionalmente corretto, lasciando libertà a G. Giolitti
di attuare il suo programma di aperture sociali. In politica estera fu
favorevole sia al mantenimento della Triplice alleanza sia all'avvicinamento
alla Francia e alla Gran Bretagna. Fu fautore dell'intervento in Libia e nella
Prima guerra mondiale. Dopo la disfatta di Caporetto (ottobre 1917) sostituì
Cadorna con Diaz al comando dell'esercito. Impaurito dal biennio rosso, in
occasione della marcia su Roma favorì l'ascesa di Mussolini, dandogli l'incarico
di formare il governo (28 ottobre 1922). Esautorato progressivamente dalle
proprie funzioni, avallò la politica fascista. Tentò di salvare il regime
monarchico-militare con un colpo di palazzo il 25 luglio 1943, quando depose
Mussolini dopo il voto del Gran consiglio del fascismo (1943) affidando il
potere a P. Badoglio. L'8 settembre, dopo l'armistizio, fuggì da Roma, ponendosi
sotto la protezione anglo-americana a Brindisi. Ostile alla formazione di
governi antifascisti, fu costretto dall'iniziativa di P. Togliatti (svolta di
Salerno) ad affidare la luogotenenza al figlio Umberto dopo la liberazione di
Roma (giugno 1944). Alla vigilia del referendum istituzionale, nell'estremo
tentativo di mettere la monarchia al riparo dalla vergogna delle sue numerose
colpe, nel maggio del 1946 abdicò e si ritirò in Egitto.