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Vittorino, Càio Màrio.

Retore e filosofo latino. Aderì alla Scuola neoplatonica e per lunghi anni insegnò retorica a Roma. In età avanzata, nel 335, si convertì al Cristianesimo e sei anni dopo si vide costretto ad abbandonare l'insegnamento a seguito dell'editto di Giuliano l'Apostata che impediva la professione a letterati della nuova religione. Si dedicò quindi allo studio e alla scrittura aggiungendo nuove opere al già ampio bagaglio fino ad allora accumulato. Oltre a numerosi trattati di eloquenza e di logica (andati perduti), nel periodo precedente la conversione si dedicò a una serie di traduzioni e commenti: Perì hermeneias e Categorie, di Aristotele; Isagoge, di Porfirio; Ars grammatica, Liber de definitionibus, Explanationes in Ciceronis Rhetoricam (commento al De inventione); De regressu animae, di Porfirio (traduzione perduta); Enneadi, di Plotino (traduzione perduta). Delle opere successive alla conversione ricordiamo: tre trattati sulla controversia trinitaria (De generatione divina, Adversus Arium, De homoousio recipiendo), tre inni alla Trinità di stampo anti-ariano, i commenti alle epistole di Paolo a Galati, Filippesi ed Efesini. Le sue opere, cariche di suggestioni e di influenze plotiniane, influenzarono, tra gli altri Sant'Agostino, Boezio e buona parte della retorica medioevale (n. in Africa 280-285 circa).