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Viterbo.

Città del Lazio, capoluogo della provincia omonima; è situata a 325 m s./m., su un piano ondulato, alle estreme falde nord-occidentali dei Cimini e al margine di una vasta pianura (piano di Viterbo) che si estende fino alle radici dei Volsini. 59.308 ab. CAP 01100. • Econ. - Centro agricolo e commerciale di rilievo, vi si trovano diverse industrie (pastifici, oleifici, caseifici, distillerie di liquori, concerie). • St. - Probabilmente sede di un vico etrusco (Surrena) e, poi, di un piccolo centro romano, Castrum Viterbi risulta menzionata per la prima volta verso la fine del VII sec.; fu, però, solo nell'XI sec. che acquistò una qualche importanza. Dopo esseri data ordinamento comunale, Nel 1167 V. ottenne molti privilegi da Federico Barbarossa e nel 1192, divenuta ormai la principale città della Tuscia romana, fu elevata a sede vescovile. Approfittando delle lotte tra le famiglie dei Gatti, guelfi, e dei Tignosi, ghibellini, Federico II se ne impadronì (1240), ma, alla sua morte, la città tornò alla Chiesa e da allora fu quasi sempre schierata con la parte guelfa. Nel 1251 vi si rifugiò Alessandro IV, in lotta con i Romani e con Manfredi; per trent'anni i papi soggiornarono quasi sempre a V. e là tennero molti conclavi, contribuendo in misura decisiva allo sviluppo della città (che proprio in quegli anni assunse la fisionomia artistica che tuttora conserva). Abbandonata dalla corte papale (1281), V., dilaniata dalle fazioni e sempre in guerra con Roma, iniziò un periodo di decadenza, in cui si alternarono al potere vari signorotti locali, finché nel 1435 il cardinale Vitelleschi stabilì definitivamente sulla città il dominio della Chiesa. Tale dominio durò sino all'11 settembre 1860, allorché V. insorse contro il governo pontificio con l'aiuto di volontari venuti dall'Umbria; occupata dalle truppe italiane il 12 settembre 1870, entrò a far parte del Regno d'Italia. • Arte - Dell'antica città sussistono solo pochi tratti di mura, forse etrusche. L'aspetto medioevale di V., gravemente compromesso a causa dei bombardamenti avvenuti durante la seconda guerra mondiale, è tracciato, oltre che alle costruzioni principali, dagli edifici civili, dalle fontane, ai chiostri, riuniti in un insieme unico specie nel quartiere di San Pellegrino. Cinta di mura (secc. XIII-XV), V. possiede alcune grandi chiese romaniche fortemente classicheggianti: San Sisto (secc. IX e XIII), San Giovanni in Zoccoli (XI sec.), Santa Maria Nuova (XI sec.), la cattedrale (XII sec.). Non mancano, però, belle chiese gotiche, come San Francesco e Santa Maria della Verità. Grande sviluppo ebbe anche l'architettura civile, per la maggior parte gotica, della quale si ricordano il palazzo papale (1266), l'attigua loggia (1267), il palazzo degli Alessandri e la casa Poscia (XIV sec.). Del XV sec. sono, invece, palazzo Farnese e palazzo Chigi, mentre al XVI sec. risale il palazzo comunale. V. è anche sede di un museo civico (ospitato nel chiostro gotico di Santa Maria della Verità), di un museo archeologico nazionale (collocato nella rocca di Albornoz) e di una ricca biblioteca (Biblioteca comunale degli Ardenti e provinciale Anselmi, istituita nel 1810). ║ Provincia di V. (3.612 kmq; 288.783 ab.): divisa in 60 comuni, comprende la parte occidentale dell'Alto Lazio, tra Tirreno e Tevere, a volte indicata con il nome storico di Tuscia. Il clima mediterraneo (anche se verso l'interno le temperature invernali sono abbastanza rigide) favorisce le coltivazioni: in effetti, quella di V. è una provincia essenzialmente agricola, con prevalenza di seminativi (semplici o alternati ad alberi) e di colture legnose. La popolazione vive in centri di piccole dimensioni, che non riescono a costituire una rete urbana vera e propria. Oltre al capoluogo, le città principali sono Tarquinia, Civita Castellana, Montefiascone, Vetralla.