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Vitamina.

(dall'inglese vitamine, composto del latino vita e di ammine: ammina vitale). Sostanza essenziale per il mantenimento di funzioni metaboliche normali, che non viene sintetizzata nell'organismo e che, quindi, deve essere fornita da una sorgente esogena. Le v., in particolare, governano la trasformazione dell'energia e la regolazione del metabolismo delle unità strutturali. Scoperte da C. Funk nel 1912 (ma sintetizzate solo nel 1935), si trovano quasi universalmente diffuse nel regno animale e vegetale e funzionano essenzialmente nello stesso tipo di sistemi biochimici nelle forme di vita più basse e in quelle più elevate. Più specificamente, esse funzionano come coenzimi, vale a dire come parti attive di sistemi enzimatici che catalizzano molte delle varie reazioni anaboliche e cataboliche degli organismi viventi; in questo senso, le v. sono necessarie per la sintesi di componenti tessutali, ormoni, regolatori chimici e la detossicazione e degradazione di prodotti di eliminazione e tossici. A motivo del loro ruolo nel metabolismo, le v. sono generalmente concentrate in quei tessuti animali e vegetali che sono metabolicamente i più attivi (in questo senso, fegato e reni sono una sorgente più abbondante di v. che il muscolo o la pelle e il germe di un seme contiene più v. che le altre parti). Se uno o più di questi composti manca nella dieta, può determinarsi uno squilibrio nei normali processi metabolici, con rallentamento o anche arresto della crescita e lo sviluppo di malattie da carenza. Per comodità si è soliti dividere le v. in due gruppi: liposolubili e idrosolubili. Le prime si ritrovano nel citoplasma e nel sangue e raggruppano le v. A, D, E, K; le seconde sono, invece, presenti nelle membrane e comprendono l'acido ascorbico (v. C) e le v. del gruppo B. Quest'ultimo è a sua volta costituito da una decina di composti più o meno ben definiti: tiamine o aneurina (v. B1); riboflavina o lattoflavina (v. B2); acido nicotico e nicotinamide o niacinamide (v. PP o fattore antipellagroso); pirodossina, piridossale e piridossamina (v. B6); cianocovalamina (v. B12 o antianemica perniciosa o fattore estrinseco); acido folico o acido pteroilglutamico. Le v. assunte per via alimentare non possono essere considerate farmaci; vi sono però particolari situazioni in cui la concentrazione di una o più vitamine nei tessuti dell'organismo può essere insufficiente, o per inadeguata introduzione o per aumentato bisogno da parte dei tessuti. In questi casi si somministrano v. in forma chimicamente pura e sotto forma di concentrati ad alta attività; impiegate in tal modo le v. devono essere considerate veri e propri farmaci, che servono per la cosiddetta terapia di sostituzione, per supplire a ipovitaminosi o ad avitaminosi (anche se, poi, si impiegano dosi di ordine fisiologico). Vi sono viceversa casi in cui si usano dosi elevate di v. per curare malattie che non hanno a che fare con stati eziologicamente in rapporto con deficienze di v.: in questa eventualità, le v. vengono chiamate a esercitare azioni farmacodinamiche e, pertanto, devono essere considerate veri e propri farmaci (e, come tali, somministrate in dosi che non causino fenomeni tossici).